Rimpallo di responsabilità fra governo e regioni
Licenziati per email 1.322 lavoratori AirItaly
Sindacati sul piede di guerra. Continuano le iniziative di protesta delle lavoratrici e dei lavoratori. AirItaly va nazionalizzata

 
Alla fine, com'era ormai nell'aria, per i 1.322 dipendenti di AirItaly distribuiti tra gli hub di Olbia e Malpensa è arrivato il licenziamento con effetto immediato. A sancire la fine “istituzionale” dell’ex Meridiana finita in liquidazione nel febbraio del 2020 dopo il fallimento del piano di rilancio tentato dall’Aga Khan insieme con Qatar Airways, è stato l'invio delle lettere di licenziamento collettivo datate 2 gennaio ma anticipate via mail, che significano per le lavoratrici e i lavoratori disoccupazione senza alcun ulteriore ammortizzatore sociale.
Si è consumato così, tra lo strapotere padronale e l'immobilismo del Governo, l’ultimo atto di una vertenza durata sino alle ultime ore del 31 dicembre 2021 nella quale si sono succeduti gli appelli affinché da parte dei liquidatori ci fosse una richiesta della proroga della Cig; in realtà già qualche giorno prima, il 29 dicembre, con chiaro intendimento, essi non si erano presentati neppure al tavolo previsto con Governo e sindacati.
La compagnia è attualmente partecipata al 49% da Qatar Airways e al 51% da Alisarda del principe Aga Khan, e secondo la stampa sarebbe in particolare il socio di maggioranza a non aver voluto intervenire in alcun modo a difesa della forza lavoro; tuttavia come vedremo, le responsabilità coinvolgono tutto il sistema capitalistico con i suoi apparti sociali e di governo.
 

Sindacati sul piede di guerra
“Più volte in questi mesi – commentano unitariamente Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti – abbiamo sollecitato un intervento da parte del governo. Abbiamo fatto proposte concrete, che però sono rimaste inascoltate. Una via d’uscita c’era, ma l’esecutivo presieduto da Mario Draghi non ha voluto percorrerla. Bastava infatti una norma in deroga alla legge di bilancio e si sarebbe potuto estendere la cassa integrazione a tutti i 1.320 lavoratori e lavoratrici di AirItaly anche per il 2022 a prescindere dalle decisioni prese dall’azienda. Continuiamo poi a ribadire l’importanza di costituire un bacino nazionale di riqualificazione e ricollocazione del personale del trasporto aereo, fondamentale per non disperdere l’enorme bagaglio di professionalità dei lavoratori non solo di AirItaly, ma di tutto il settore”.
Certamente un ulteriore anno di cassa integrazione non avrebbe rappresentato una soluzione, ma certamente in casi come questo di grosse crisi aziendali, come ha dimostrato anche la vertenza GKN, prendere tempo mantenendo comunque un salario è molto importante anche per consentire alle lavoratrici e ai lavoratori di intraprendere o continuare a realizzare iniziative di organizzazione, di protesta e di lotta.
Insomma, le critiche più dure sono state rivolte al governo del banchiere massone Draghi e ai suoi ministeri: “Siamo esterrefatti – concludono le quattro sigle sindacali – dall’inerzia del governo. (...) Una grave mancanza, che ci induce a pensare a prossime azioni di lotta che coinvolgano tutto il settore”. Ci auguriamo che i sindacati confederali, assieme a quelli di base, sappiano dare unitariamente gambe a queste dichiarazioni di mobilitazione, perchè è proprio ciò che serve.
Ci pare parziale invece la linea proposta dal sindacato autonomo Confael Trasporto Aereo che chiede l’applicazione delle “stesse misure previste per i lavoratori di altre compagnie che sono, di fatto, già chiuse, come purtroppo Alitalia (...)” poiché è evidente che neppure la gestione sconsiderata di quella crisi può essere presa a modello. Comprendiamo bene la diversità di trattamento formale fra l'ultradecennale tavolo Alitalia e la rigida liquidazione di AirItaly, ma nella sostanza non si può ignorare fra le altre cose che il “piano industriale” della nuova compagnia aerea ITA presieduta da Alfredo Altavilla annuncia l'uscita da Assaereo con il relativo “dumping contrattuale” in ribasso in stile FCA, ma soprattutto una riduzione dei dipendenti dai 10.500 (ultima stima in Alitalia) ai 2.700 di ITA a causa delle cessioni dei servizi a terra e della riduzione degli aerei che saranno applicate.
Tornando ad AirItaly la Cgil ha annunciato di aver messo al lavoro i suoi legali per verificare se vi sia nei meandri della legge borghese sul lavoro, un qualche margine per poter impugnare le lettere di licenziamento.
 

Il rimpallo delle responsabilità fra Governo e Regione
Il primo grande licenziamento di massa del 2022 ha imposto un intervento - di facciata, poiché altro di concreto in questi anni non si è verificato - da parte della regione Sardegna nel tentativo di allontanare da sé le proprie responsabilità. Infatti oggi, a buoi scappati, è la vicepresidente e assessora al Lavoro Alessandra Zedda, a sollecitare un intervento del governo affinchè si convochi con la massima urgenza un incontro con regioni e sindacati per scongiurare “lo spettro della NASPI”. La regione inoltre ostenta come un grande successo l'accesso al Feg, il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, che per la vertenza Air-Italy ha previsto uno stanziamento di 4,5 milioni (3,8 quota Feg, 683mila euro Regione), che in realtà, numeri alla mano, rappresenta soltanto un pannicello caldo che si raffredderà fra pochi mesi.
Alle sue dichiarazioni, risponde Romina Mura presidente della Commissione Lavoro alla Camera dei deputati, che scarica a sua volta la responsabilità affermando: “A giugno 2021 con il ministro Andrea Orlando ci siamo inventati 6 mesi di Cig per i lavoratori di Air Italy per dare il tempo necessario a Mise, ministero Trasporti e regioni Sardegna e Lombardia di mettere in campo un progetto industriale (...). Abbiamo anche previsto, con mozione approvata all'unanimità da Camera dei deputati, che la vertenza Air Italy finisse sullo stesso tavolo di quella di Alitalia. Ma quel tavolo non è mai stato apparecchiato (…) Mi pare abbastanza chiaro che chi doveva non ha creduto in questa battaglia, salvo agitarsi, purtroppo inutilmente, nelle scorse settimane”.
Ma insomma, allora, di chi è la responsabilità dell'ennesima catastrofe economica e occupazionale che rischia di gettare sul lastrico 1.322 famiglie?
La lotta di classe è lo strumento che serve alle lavoratrici e ai lavoratori di Air-Italy
Responsabili di questa ennesima catastrofe economica e occupazionale sono il sistema economico capitalista che mercifica tutto, inclusi i servizi essenziali come quelli di trasporto e assieme ad essi anche le lavoratrici e i lavoratori ivi impiegati, la prepotenza padronale e il ricatto per il profitto in mancanza del quale si licenzia in massa senza alcuna remora e, infine, la complicità diretta e indiretta delle istituzioni, dei governi centrale e locale che nulla fanno se non salvaguare nei fatti le dinamiche liberiste di mercato.
E i lavoratori e le lavoratrici lo sanno bene, ed è per questo che nei primi giorni di gennaio, ormai senza più un contratto che li leghi al vettore e senza cassa integrazione si sono radunati in una assemblea di protesta nel parcheggio dello scalo gallurese, davanti alla palazzina della loro ormai ex compagnia, dove hanno dato fuoco anche ad alcuni indumenti.
Si tratta di una protesta che non si placa, iniziata lo scorso 2 dicembre quando una delegazione si era recata davanti al parlamento europeo di Bruxelles per poi spostarsi successivamente davanti alla residenza del principe Aga Khan, a Aiglemont, vicino Parigi, per chiedere la proroga della Cig per tutto il 2022. Una settimana dopo un centinaio di lavoratori di Air Italy, tra piloti, assistenti di volo, comandanti e personale di terra, tornarono a protestare al Ministero dello Sviluppo economico denunciando: “La politica è arrivata tardi, dietro le nostre storie ci sono famiglie da portare avanti, mutui da pagare, così non possiamo andare avanti.(...) Ora serve l’immediata apertura di un tavolo interministeriale con Giorgetti, Giovannini e Orlando, colpevolmente assenti durante tutta la vertenza”. Eppure quel tavolo non si è aperto.
Noi, che fin dall'inizio abbiamo espresso la nostra solidarietà militante alle lavoratrici e ai lavoratori in lotta in difesa del posto di lavoro, auspichiamo che le iniziative di protesta si moltiplichino e diventino ogni giorno più forti e più larghe, sulla base di ciò che ha insegnato la vertenza GKN che rimane un modello al quale ispirarsi a prescindere dal settore di riferimento. A nostro avviso, come per tutte le crisi aziendali, a partire da quelle che coinvolgono asset strategici di interesse pubblico, anche Air-Italy dovrebbe essere nazionalizzata, gestita e rilanciata con soldi pubblici attraverso un nuovo piano industriale che ritiri immediatamente tutti gli oltre 1.300 licenziamenti.

12 gennaio 2022