Sull'Assemblea nazionale degli aderenti a “Ora l'unità per il partito comunista in Italia”
Impossibile riunire tutti i partiti comunisti in un solo partito. Uniamoci invece per concordare una linea comune sul futuro dell'Italia
L'iniziativa di Rizzo, Dinucci e Giannini ispirata dai governanti imperialisti di Cina e Russia

Il 22 gennaio si è svolta al Teatro Flavio a Roma l'assemblea nazionale dei promotori dell'appello “Ora l'unità. Per il Partito Comunista in Italia”. L'iniziativa ha fatto seguito ad una lettera aperta indirizzata “Ai partiti comunisti, alle forze e alle esperienze comuniste italiane”, recante la proposta di un progetto di “unità dei comunisti in un unico, coeso e più forte partito comunista in Italia”.
I suoi promotori e primi firmatari sono Manlio Dinucci, già membro dell'ufficio politico del PCd'I (ml) e direttore del suo organo “Nuova unità”, ed oggi collaboratore per la politica estera e militare de “Il Manifesto” trotzkista, e Fosco Giannini, ex PRC, poi PdCI e PCI, ex direttore della rivista internazionale trotzkista “L'Ernesto”, ex Senatore e attuale direttore della rivista “Cumpanis”. La lettera ha raccolto circa 200 firme tra sindacalisti, giornalisti, intellettuali e diversi dirigenti politici di vari livelli del PCI e del PRC, e ha ricevuto successivamente circa 1000 adesioni a detta degli stessi organizzatori dell'assemblea. All'iniziativa ha aderito con una lettera di risposta anche il Segretario del PC, Marco Rizzo.
La lettera-appello si apre con una descrizione della situazione internazionale caratterizzata dall'offensiva guerrafondaia degli Usa, della Nato e del “fronte imperialista mondiale ad essi subordinato” contro la Repubblica popolare cinese, la cui “grande crescita economica e politica, anche sul piano internazionale” viene da essi “vissuta con timore, come cardine del fronte antimperialista mondiale in progress”. E anzi – aggiungono gli estensori - “la stessa Russia di Putin, agli occhi degli Usa e della Nato, appare ormai come un avversario politicamente indomabile. Da piegare con l'attacco militare”. Tutto ciò “contiene in sé le basi materiali di una nuova guerra mondiale”. Quanto all'Unione europea essa appare sempre più come un “polo neoimperialista in costruzione”, mentre i governi italiani appaiono sempre più come “pure proiezioni politiche dei dettami di Bruxelles e della Bce. Oltreché essere, come e ancor più di prima, 'governi Quisling' degli Usa e della Nato”.
 

Falsificazione della situazione internazionale
Già da queste premesse traspare abbastanza scopertamente l'intento dei promotori di raccogliere le forze dei sinceri comunisti sparsi in Italia in un partito dichiaratamente schierato con il socialimperialismo cinese e con la Federazione russa imperialista, promossi di fatto come punta di lancia di un presunto “fronte antimperialista mondiale in progress”. Una rappresentazione del tutto falsa della situazione internazionale, poiché oggi Cina e Russia sono lontane anni luce dalla Cina di Mao e dall'Unione sovietica di Lenin e Stalin, ma sono due economie capitaliste e due superpotenze imperialiste a tutti gli effetti, al pari e in concorrenza con gli imperialismi di Usa, Ue e Giappone, ed altri imperialismi regionali per contendersi territori, materie prime, mercati e sfere di influenza.
Basti pensare per esempio all'espansionismo russo nel Mediterraneo, con gli interventi militari in Siria e Libia. Per non parlare dell'interventismo militare del nuovo Zar Putin a livello continentale, come nel Caucaso e in Asia centrale (vedi Kazakistan), e il suo contenzioso strategico-militare con l'Ucraina, la Ue e la Nato. Mentre il socialimperialismo cinese del nuovo imperatore Xi Jimping, grazie all'enorme surplus economico prodotto con lo sfruttamento capitalistico selvaggio del proletariato e delle masse popolari cinesi, sta penetrando sempre più in Africa, Asia, America Latina e perfino in Europa (Nuova via della Seta), e sta procedendo ad un'imponente corsa agli armamenti in previsione di uno scontro diretto con la superpotenza Usa per contenderle l'egemonia sul mondo.
Non siamo cioè, come gli estensori dell'appello vorrebbero far credere, in un periodo simile alla vigilia della Seconda guerra mondiale, con l'Urss socialista baluardo della lotta contro l'imperialismo delle potenze nazifasciste; o nei primi anni della “guerra fredda”, quando c'erano l'Urss di Stalin, la Cina di Mao, tutto il campo socialista e il movimento comunista internazionale a difendere la pace, sostenere la liberazione dei popoli dal colonialismo e guidare i popoli contro l'imperialismo americano e i suoi lacché. Ma piuttosto siamo tornati in una situazione simile alla vigilia della Prima guerra mondiale, magistralmente analizzata da Lenin nel sempre attuale “Imperialismo fase suprema del capitalismo”, dove tutte le forze in campo sono costituite da paesi capitalisti e imperialisti in lotta tra di loro per spartirsi il mondo, e tutti ugualmente nemici giurati del proletariato e dei popoli.
Inoltre c'è una (voluta?) sottovalutazione dell'Unione europea imperialista, vista con gli occhiali del passato e non come una superpotenza ormai del tutto autonoma e con proprie ambizioni geostrategiche, ma come ancora unicamente vassalla degli Usa e della Nato. Mentre l'Italia imperialista, con le sue proprie ambizioni espansioniste nel Mediterraneo e la sua presenza politica e militare in molti teatri di guerra, dal Nord Africa al Medio Oriente, viene ridotta ad un semplice Quisling dell'imperialismo a stelle e strisce, della Ue e della Nato, una rappresentazione caricaturale che poteva andare bene al massimo fino agli anni '50, ma non certo oggi.
 

Le spinte revisioniste e riformiste di Dinucci e Giannini
Tutto quanto sopra si riflette anche nei sei punti che secondo i promotori dovrebbero definire il partito comunista che si vorrebbe rifondare. Tra i quali, per inciso, non compare l'obiettivo del socialismo, né tanto meno il potere politico del proletariato, che dovrebbero essere i primi due capisaldi imprescindibili di un partito comunista. Ci sono solo l'assunzione del centralismo democratico, il conflitto capitale-lavoro da mettere al centro, il rifiuto ad alleanze elettorali col PD e il “centro-sinistra” (ma non dell'elettoralismo e del parlamentarismo). In Compenso gli altri tre punti sono che questo partito chieda l'uscita dell'Italia dalla Ue, dall'euro e dalla Nato, “rifiuti ed osteggi ogni equidistanza tra l’imperialismo USA e dei suoi alleati e la Repubblica Popolare Cinese”, ed “esprima e pratichi un sostegno attivo ad ogni Paese aggredito dall’imperialismo” (escludendo da tale definizione Cina e Russia, come abbiamo visto).
La visione contraffatta della realtà internazionale spacciata dai due principali promotori dell'appello è espressa più fuori dai denti nei loro interventi personali. Tra cui l'intervento in collegamento audio all'assemblea romana di Manlio Dinucci, il quale ha esordito dicendo che siamo ancora nella fase dell'imperialismo tracciata da Lenin nel 1916, ma poi ha ribaltato completamente quell'insegnamento sostenendo che “Cina e Russia non sono quelle dell'epoca socialista, ma non sono nemmeno, come dice qualcuno, nuove potenze imperiali che vogliono spartirsi la torta del mondo. Cina e Russia stanno lavorando e lottando per un nuovo mondo non più unipolare”.
E concludendo l'intervento, dopo aver esaltato la Costituzione borghese del 1948 come il fondamento del programma del nuovo partito comunista, ha esclamato con forza: “Russia e Cina fanno parte del fronte internazionale antimperialista. Chi non è convinto lo dica esplicitamente già in questo teatro”. Col che ha confermato in pieno la sua fama di agente al soldo di Putin, fama che si è guadagnato da sempre con la sua lunga attività pubblicistica a sostegno della politica estera e militare di Mosca.
In perfetta sintonia con questa visione anti marxista-leninista della realtà, si muove
un editoriale di Fosco Giannini su “Cumpanis” del 24 dicembre (“Il Partito che vogliamo”), in cui egli afferma testualmente che “oggi, i partiti comunisti del mondo, o direttamente dalle loro postazioni di potere rivoluzionario (Cina, Vietnam, Laos, Corea del Nord, Cuba, Angola, Congo-Brazzaville, Sud Africa, Kerala, con i suoi 35 milioni di abitanti) o essendo parte, a partire dall’America Latina, di coalizioni o fronti rivoluzionari, governano circa un quinto dell’intera umanità”. E come se non bastasse aggiunge: “Siamo anzi convinti che... l'attuale movimento comunista e antimperialista mondiale, a partire dal titanico ruolo guadagnato sul campo dal Partito Comunista Cinese, abbia un peso specifico, sul piano internazionale, persino più alto di quello che si ebbe nella fase della Rivoluzione d’Ottobre”.
Quanto al nuovo partito comunista Giannini vuole che “affondi le proprie radici ideologiche nel vasto e profondo sistema di pensiero marxista, leninista, gramsciano” (altrove parla di ispirarsi alla “straordinaria lezione organizzativa leninista, gramsciana, secchiana” del vecchio PCI revisionista, e perfino alla “via togliattiana della 'forzatura delle compatibilità capitalistiche'”), e che si doti di un “Programma generale” che “indichi la via della transizione al socialismo e delinei il socialismo per cui si lotta”. In sostanza continua volutamente ad aggirare la madre di tutte le questioni, la conquista del potere politico da parte del proletariato, per suggerire la via revisionista gramsciana e togliattiana della “transizione” pacifica e riformista ad un socialismo tutto da definire.
 

Il rifiuto di PCI e PCL di aderire all'iniziativa
All'appello dei promotori ha risposto negativamente il PCI, con un duro comunicato della Segreteria nazionale dall'eloquente titolo “Noi non ci saremo!”, che però non contesta nel merito le tesi revisioniste dei firmatari, ma piuttosto sconfessa l'iniziativa romana (sostenuta tra l'altro da molti dirigenti, anche nazionali del PCI) rivendicando la primogenitura della “Ricostruzione del Partito Comunista” avvenuta già con l'Assemblea nazionale costituente che nel luglio 2016 portò alla nascita del PCI.
Neanche il PCL ha aderito all'iniziativa, stroncata da una secca risposta del suo Segretario Marco Ferrando (“L'operazione truffa di Rizzo e Giannini”), che però a differenza del PCI è entrato in merito alle tesi dei firmatari, criticando un'unificazione “senza una base programmatica comune”, che si risolverebbe in un “pasticcio senza futuro”; bollando lo schieramento con la Cina di Xi e la Russia di Putin come “una legittima posizione sciovinista”, mentre invece “occorre contrapporsi a tutti gli imperialismi nel nome della fraternizzazione internazionale degli operai”; e sottolineando anche come “non vi sia alcun cenno alla prospettiva socialista, né ad un programma d'azione anticapitalista, né a un bilancio dei decenni passati”. Anche se poi finisce per auspicare l'unità dei comunisti sui “fondamenti su cui venne fondato il PCd'I diretto da Bordiga, Gramsci e Tresso” e sulla contrapposizione “tra i comunisti e gli stalinisti”.
 

Il cappello dell'opportunista Rizzo sull'operazione
Invece ha aderito all'appello, con una dichiarazione di tono entusiastico, Marco Rizzo, che con questa risposta e il suo applauditissimo intervento all'assemblea Romana si è preso la scena e ha voluto mettere il suo cappello all'operazione. Anche lui nella risposta ha portato acqua alla falsa rappresentazione dei pericoli di guerra dovuti esclusivamente all'aggressività dell'imperialismo occidentale contro Cina e Russia alla testa del fronte antimperialista mondiale. Ed ha anzi dipinto un quadro del tutto immaginario della realtà internazionale, sostenendo che “il movimento comunista mondiale, guidando circa un quinto dell’intera umanità, vive oggi una grande e fulgida fase di rilancio e la vive al cospetto di una crisi storica profondissima, sia di progetto politico ed economico che di prestigio, del capitalismo mondiale”. Confermando così di essere - con questo evidente riferimento alla Cina socialimperialista quale nucleo principale di tale quinto - il referente diretto in Italia del nuovo imperatore Xi.
Nell'intervento al Teatro Flavio, Rizzo, da quel consumato opportunista che è avendo praticato tutte le stagioni del revisionismo e del trotzkismo italiano, da Lotta continua al PCI, da Rifondazione al PdCI, ha messo l'accento sull'importanza della lotta parlamentare, e in particolare sull'appoggio dato alla candidatura del giurista Paolo Maddalena alla presidenza della Repubblica, nonché sull'esaltazione della Costituzione borghese, peraltro già liquidata di fatto e da tempo dal regime capitalista neofascista, e che invece a suo dire rappresenterebbe “una bussola sui diritti sociali, sulle libertà, sulla lotta alla militarizzazione, sul controllo sociale. E quindi una bussola contro la grande finanza, le multinazionali, le privatizzazioni”. Rivelando con ciò anche la sua vera concezione revisionista e trotzkista del Partito comunista. Oltretutto ha detto anche la falsità che il suo partito è stato “il primo a denunciare il governo del banchiere e della grande finanza Draghi”, fingendo di ignorare che il CC del PMLI lo aveva fatto già alla sua nomina, con il documento del 17 febbraio 2021.
 

Aprire subito una discussione sul futuro dell'Italia.
In conclusione si tratta di un'iniziativa truffaldina e decisamente fuorviante verso i sinceri comunisti, volta a ingabbiarli in un ennesimo “partito comunista rifondato” revisionista, riformista, parlamentarista e fiancheggiatore del socialimperialismo cinese e dell'imperialismo russo. Ma è anche un'operazione fallimentare, imbastita da due vecchi imbroglioni revisionisti come Dinucci e Giannini, che poi hanno finito per mettersi nelle mani del volpone revisionista Rizzo e del suo falso Partito Comunista, l'unica forza di una certa consistenza ad aver aderito all'iniziativa, mentre tutti gli altri partiti e organizzazioni con la bandiera rossa e la falce e martello hanno o rifiutato nettamente di sciogliersi in un ennesimo nuovo partito comunista, o hanno espresso un'adesione solo formale e generica, ma poi non si sono nemmeno presentati a Roma.
Non è probabilmente un caso, conoscendo benissimo le nostre posizioni, che i promotori non abbiano inviato l'appello e l'invito all'assemblea romana anche al PMLI. Per quanto ci riguarda l'unità dei comunisti in un unico partito può avvenire solo sui principi del Socialismo, della via dell'Ottobre e della dittatura del proletariato, e sulla base del marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Prima andrebbe discusso di questo, tutto il resto verrebbe in seguito.
Attualmente questa unità è impossibile, non solo perché è una strada vecchia e fallimentare che non porta da nessuna parte; non solo perché nessuno degli attuali partiti comunisti ha voglia di sciogliersi e confluire in un nuovo partito; ma soprattutto perché l'autentico partito comunista in Italia c'è già ed è il PMLI: col quale occorre confrontarsi prima di qualunque altra ipotesi di costruzione di un nuovo partito comunista.
Quello di cui invece c'è urgente bisogno e che si può fare subito, per il bene della classe operaia e della lotta per il socialismo in Italia, è aprire una franca discussione tra i partiti e le organizzazioni comuniste per concordare una linea unitaria contro il governo Draghi e per elaborare insieme un progetto per il futuro dell'Italia. Una discussione da fare il prima possibile, con apertura mentale, a cuore aperto, senza pregiudizi, preclusioni e personalismi, da pari a pari e con la piena disponibilità ad apprendere l’uno dall’altro. È questa la proposta di incontro inviata lo scorso 20 ottobre dal compagno Erne Guidi a nome del CC del PMLI a PC, PCI, PCL, PRC e diversi altri partiti e organizzazioni che si richiamano al comunismo, e che riteniamo sia oggi ancor più valida e necessaria che mai.
Come ha detto il Segretario generale del PMLI Giovanni Scuderi, nel discorso tenuto a nome del Comitato centrale in occasione della 45ª Commemorazione della scomparsa di Mao del settembre 2021: “Noi siamo disponibili fin da subito a sederci attorno a un tavolo per discutere tale disegno con i partiti con la bandiera rossa per poi poter allargare il tavolo con le altre forze interessate e disponibili a collaborare con i comunisti e con i marxisti-leninisti. Se i partiti con la bandiera rossa vogliono lasciare un segno nella storia della lotta di classe in Italia, debbono unirsi ed elaborare un progetto comune per cambiare l’Italia in senso socialista”.

26 gennaio 2022