"Bilancio di genere” 2021"
Crollo dell'occupazione femminile
Le più penalizzate le donne che vivono al Sud

 
Che l'emergenza sanitaria avesse scoperchiato tutto il marciume del capitalismo e il suo carattere profondamente antifemminile lo abbiamo denunciato fin da subito: essa si è abbattuta come una mannaia sulle spalle delle donne, non solo per quanto riguarda l'aumento delle violenze all'interno delle quattro mura domestiche, ma anche e soprattutto la perdita del lavoro. “Effetti differenziati in base al sesso”, e nell'occupazione femminile “siamo rovinosamente scivolati indietro”, con “numeri drammatici” è quanto afferma Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria al Ministero dell'Economia, nel presentare in Parlamento il “Bilancio di genere” 2021.
L'occupazione femminile dal 2013, secondo i dati ministeriali, era faticosamente in lieve crescita, e aveva raggiunto nel 2019 la soglia del 50,1% (un dato comunque negativo se confrontato con le percentuali degli altri Paesi europei), nel 2020 questa percentuale è scesa al 49%. Ad oggi il divario che separa il dato dell'occupazione femminile italiano a quello europeo è pari al 10,1%, la media europea si attesta al 62,7%.
Emerge dal “Bilancio” che a pagare di più le conseguenze sono state le donne con figli in età prescolare. Il tasso di occupazione delle madri è del 53,3%, mentre quello di chi non ha figli il 72,7%. È stato registrato un peggioramento di quasi l’1% rispetto al 2019, l’anno precedente dell'inizio dell'emergenza covid. Molte donne hanno dovuto rinunciare al lavoro per occuparsi dei figli piccoli, per via dei servizi essenziali chiusi per le misure governative anticovid, e l'impossibilità di poter svolgere il lavoro da casa. “I dati – sostiene Guerra – evidenziano una discriminazione nella discriminazione: l’aggravarsi della situazione delle madri, soprattutto quelle più giovani, dimostra, come se ve ne fosse ancora bisogno, che al di là della retorica del sostegno alla maternità. Nel nostro paese figli e lavoro continuano a essere largamente inconciliabili”. E se lo dice lei...
Ma anche nel cosiddetto “smart working” o “lavoro agile” la situazione non è rosea. Nel 2020 è cresciuto in maniera macroscopica il numero delle donne che sono state costrette a ricorrere a questa modalità del lavoro a distanza: il 16,9%, con un aumento di 15,3 punti percentuali rispetto all’1,3% del 2019, mentre la percentuale degli uomini è passata dall’1,5% del 2019 al 12,8% del 2020. E al carico di lavoro in “smart working” queste donne hanno dovuto sobbarcarsi anche quello del lavoro domestico, una disuguaglianza messa in luce anche dai dati Inps della distribuzione dei carichi familiari all’interno delle mura domestiche: i 300 mila minori interessati sono stati presi in carico per il 79% dalle madri e per il 21% dai padri.
Discriminate fra le discriminate le donne che vivono nel Sud: il loro tasso di occupazione precaria sprofonda al 32,5%. Cresce il divario tra tasso di occupazione femminile e maschile che arriva a 18,2%.
Il “Bilancio” segnala anche la crescita delle donne “Neet” - cioè tutte le giovani che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione – che aumentano dal 27,9% al 29,3%, contro una media dell’Unione europea del 18%.
Infine, brusco aumento anche del numero di donne costrette al lavoro part-time involontario (ossia tutte quelle donne che accettano un lavoro part-time anche se alla ricerca di un full-time): dal 60,8% del 2019 al 61,2% del 2020. In Europa questo tasso è circa tre volte meno: 21,6%.
Questi dati drammatici smascherano come demagogiche le parole di Draghi pronunciate in occasione della giornata contro la violenza sulle donne a novembre 2021: “La tutela delle donne è una priorità assoluta per il governo”, soprattutto la dice lunga sulla sua legge di bilancio, approvata a colpi di fiducia, che non ha previsto niente per il lavoro e ignorato il Sud. Ma anche quanto sia urgente e fondamentale la battaglia per il lavoro alle donne, affiancata a quella della socializzazione del lavoro domestico. Le donne hanno bisogno di un lavoro vero, un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato, con salario pari a quello degli uomini, altrimenti si tratta di forme di assistenzialismo, sottoccupazione e sottosalario che favoriscono solo gli interessi dei capitalisti e la conservazione della doppia schiavitù della donna.

26 gennaio 2022