Il punto più basso della degenerazione della democrazia e dell'elettoralismo borghesi
Lo squallido spettacolo della rielezione di Mattarella a presidente della Repubblica
"Il Manifesto" trotzkista esulta per la rielezione del democristiano presidenzialista, europeista e atlantista
Anticapitalisti, partiti con la bandiera rossa, uniamoci per concordare un progetto comune per il futuro dell'Italia socialista

Il 29 gennaio, alla fine di una settimana che ha mostrato il punto più basso raggiunto dalla degenerazione della democrazia e dell'elettoralismo borghesi, Sergio Mattarella è stato rieletto presidente della Repubblica, dopo aver accettato di rispondere all'appello del presidente del Consiglio, dei partiti e del parlamento, nonostante egli stesso avesse ripetutamente e pubblicamente dichiarato di non voler rimanere al Quirinale, ed espresso perfino un parere di inopportunità costituzionale riguardo ad un secondo mandato per il capo dello Stato.
A creare lo squallido spettacolo andato in scena per sei giorni a Montecitorio e a determinare il congelamento finale dello status quo, con Mattarella al Quirinale e Draghi a Palazzo Chigi, hanno contribuito l'ambizione del banchiere massone di salire al Colle e da lì dirigere anche la politica di governo come in una repubblica presidenziale di fatto; i veti incrociati dei vari leader politici della destra e della “sinistra” borghese, impegnati a bruciarsi i candidati, a farsi le scarpe a vicenda, anche con disinvolti rovesciamenti di alleanze, e a guardarsi contemporaneamente le spalle dai propri alleati e dai capicorrente dei propri partiti; nonché il terrore dei parlamentari che l'elezione di Draghi o di un altro candidato avrebbe portato alle elezioni anticipate, con la perdita del lauto stipendio e della ricca pensione e la quasi certezza di non essere rieletti al prossimo giro.
Come giustamente avverte l'importantissimo Comunicato dell'Ufficio stampa del PMLI (pubblicato integralmente a parte): “Dati i poteri e le funzioni che la Costituzione attribuisce al presidente della Repubblica, nessuna persona, donna o uomo, anche la più democratica e finanche marxista-leninista potrebbe rappresentare gli interessi immediati e a lungo termine e gli obiettivi strategici del proletariato e delle masse popolari. (…) Non può esistere in teoria e nella pratica un presidente della Repubblica al di sopra delle parti e delle classi. O sta con la borghesia o sta col proletariato.”
 

Altro che garante della Costituzione
Mattarella è stato eletto con 759 voti all'ottava votazione, ben oltre il quorum di 505 voti della maggioranza assoluta dei grandi elettori, dopo che nei cinque giorni precedenti erano naufragati uno dopo l'altro tutti i tentativi di mediazione e fallito il tentativo di spallata della destra con la candidatura dell'ambiziosa presidente del Senato Elisabetta Casellati, andata a schiantarsi in aula totalizzando solo 382 voti, una settantina in meno di quelli a disposizione della stessa coalizione di “centro-destra” che l'aveva incautamente lanciata. Alla fine è andata come si auguravano la Commissione europea, la grande finanza internazionale e il capitalismo italiano, che Draghi restasse cioè a dirigere il governo e soprattutto i miliardi del Recovery fund, e che al Quirinale salisse un europeista e atlantista, meglio ancora se lo stesso Mattarella ed eletto con la stessa maggioranza che sostiene il governo, come poi è stato.
Matterella è infatti un fervente europeista e atlantista, un presidenzialista e un democristiano di lungo corso della scuola di Moro e di De Mita, già membro della bicamerale golpista di D'Alema e padre della legge elettorale maggioritaria che porta il suo nome, che affossò il sistema proporzionale inaugurando la seconda repubblica neofascista e presidenzialista. È anche un convinto interventista, già ministro della Difesa coi governi D'Alema 2 e Amato e da allora a oggi patrocinatore di tutte le missioni interventiste e della “lotta al terrorismo”.
È significativo che sette anni fa, nel discorso alle Camere che inaugurò il suo primo settennato, esordì mettendo l'accento proprio sulla controriforma presidenzialista della seconda parte della Costituzione voluta dal neoduce Renzi (che poi fu bocciata col referendum del 2016), auspicando “che questo percorso sia portato a compimento con l'obiettivo di rendere più adeguata la nostra democrazia. Riformare la Costituzione per rafforzare il processo democratico”. Altro quindi che garante della Costituzione! Già da allora mal celava le sue tendenze presidenzialiste, che sono emerse prepotentemente con il golpe bianco che un anno fa portò alla nomina a premier del banchiere massone Draghi e del suo governo del capitalismo, della grande finanza e dell'UE imperialista.
 

Il presidenzialismo è un dato di fatto
Il carattere spiccatamente presidenzialista della sua figura istituzionale esce ulteriormente rafforzato da questa rielezione, perché ha mostrato tutto il fallimento dei partiti e del parlamento borghesi, che dopo aver offerto lo squallido spettacolo dell'incapacità di eleggere un suo successore e di pensare solo alla sopravvivenza di questo governo e delle loro poltrone parlamentari, alla fine hanno dovuto supplicarlo di restare al Quirinale.
A tal proposito, in un'intervista a “La Stampa”, lo storico Luciano Canfora ha osservato: “Oramai i governi sono strettamente condizionati da una Presidenza della Repubblica sempre più forte, incisiva, determinante. In questo scenario, che si è determinato negli ultimi 20-25 anni, è fondamentale conquistare il Quirinale. Tanto più che oramai il Capo dello Stato ha come appendice la carica di primo ministro che guida governi che legiferano, mentre il Parlamento in ginocchio dice 'signorsì'”.
Mattarella, aggiungiamo noi, non è affatto quel “garante” della Costituzione e quell'“arbitro imparziale” che vorrebbe far credere, ma è colui che ha portato e porta avanti quel processo di dilatazione presidenzialista dei poteri del capo dello Stato di cui parla il professore, e che iniziato da Pertini è proseguito ininterrottamente con Cossiga, Scalfaro, Ciampi e Napolitano. Fra l'altro con Napolitano e ancor più con Mattarella la presidenza della Repubblica ha finito per assumere i tratti della monarchia. Come ha messo in guardia il costituzionalista Gaetano Azzariti in un'intervista a “Il Fatto”: “7 più 7 fa 14, il tempo di un regime. Inoltre, una volta aperta la strada alla reiterazione si può ipotizzare – perché no? – persino un terzo mandato. Non c’è violazione costituzionale, ma si pone a rischio il sacro principio democratico della temporaneità delle cariche di vertice dello Stato”.
 

Ritorna a bomba l'elezione diretta del capo dello Stato
Questa rielezione ha mostrato anche che il passo successivo non può che essere l'affossamento definitivo della repubblica parlamentare e l'instaurazione della repubblica presidenziale, che non a caso in molti hanno invocato proprio in questa occasione, con in testa la fascista Meloni a braccetto con l'ex premier Renzi. La prima augurandosi che “questo sia l’ultimo anno dove si elegge il Capo dello Stato attraverso il Parlamento e non con il voto espresso dai cittadini”, come chiesto nel disegno di legge depositato di recente in parlamento dal suo partito. Il secondo dichiarando a La7 che “questa sia l’ultima volta che si elegge un presidente della Repubblica in questo modo. Bisogna andare al presidenzialismo o semipresidenzialismo, cioè l’elezione diretta dei cittadini. E questo pone il tema delle riforme costituzionali. Che sia l’ultima volta di questi catafalchi, di queste schede bianche”. E in una successiva intervista al “Corriere della Sera” ha sentenziato che “questo tema sarà oggetto della legislatura 2023-2028”.
Gravissima a questo riguardo la dichiarazione al “Corriere della Sera” dell'ex consigliere di Craxi ed ispiratore della sua “Grande riforma istituzionale” presidenzialista e piduista, Giuliano Amato, che dal suo scranno di presidente della Corte costituzionale ha aperto all’elezione diretta del capo dello Stato in quanto “comporta diversi benefici, come il fatto che tutto si decide in un solo giorno”, a patto di “intervenire sull'intero impianto istituzionale”.
 

Nel coro anche falsi marxisti-leninisti e trotzkisti
In ogni caso il presidenzialista Mattarella non rappresenta il popolo italiano ma la classe dominante borghese, così come tutti i suoi predecessori, liberali, democristiani, socialdemocratici e rinnegati del comunismo, che si sono succeduti da De Nicola in poi. In realtà non può esistere, né in teoria né nella pratica, un presidente della Repubblica al di sopra delle parti o delle classi. O sta con la borghesia o sta con il proletariato.
Secondo certi falsi marxisti-leninisti, come l'imbroglione Marco Rizzo, sarebbe invece possibile in questo parlamento eleggere un capo dello Stato che stia dalla parte del proletariato e del popolo, visto l'appoggio da lui dato, tramite il suo senatore Emanuele Dessì (un transfuga del M5S che ha aderito al PC) al candidato del gruppo di ex M5S de L'alternativa C'è”: il giurista cattolico Paolo Maddalena, poi rimpiazzato, dopo il suo ritiro, dal pm antimafia e membro del CSM, Nino Di Matteo, che hanno ottenuto ciascuno una quarantina di voti.
Ma questo dimostra solo che Rizzo accetta la democrazia, il parlamentarismo e l'elettoralismo borghesi, nonché la Costituzione borghese del 1948, che considera “una bussola sui diritti sociali, sulle libertà, sulla lotta alla militarizzazione, sul controllo sociale”; nonché “contro la grande finanza, le multinazionali, le privatizzazioni” (intervento all'assemblea nazionale dei promotori dell’appello “Ora l’unità. Per il Partito Comunista in Italia” del 22 gennaio 2022 a Roma, ndr). Tant'è che egli appare molto presente in parlamento, così come è super presente in tv, su La7 e sulle reti di Berlusconi, anzitutto Rete4. Anche per lui Draghi avrebbe dovuto rimanere a Palazzo Chigi, il che significa che di fatto accetta questo sistema e questo governo.
C'è poi “Il Manifesto” trotzkista del 30 gennaio, che con la sua direttrice Norma Rangeri si vanta di essere “l'unico giornale che ha chiesto il Mattarella-bis”, ed esulta per la rielezione del presidente democristiano, presidenzialista, europeista e atlantista, spacciandola per una spinta “dal basso” dei parlamentari che non hanno seguito gli ordini dei capipartito. E chiude il suo editoriale confessando che “ci godiamo l’applauso e la standing ovation del Parlamento nei confronti di Sergio Mattarella, un lungo applauso liberatorio quando i numeri hanno raggiunto il quorum elettorale”. E meno male che non volevano morire democristiani!
 

Occorre liberarsi dal capitalismo
Dati i poteri e le funzioni che la Costituzione attribuisce al presidente della Repubblica, tra cui in particolare il comando delle forze armate imperialiste e la presidenza del Consiglio supremo della Difesa (un supergabinetto che riunisce i capi di Stato maggiore delle forze armate e i ministri dei dicasteri più strategici), nessuna persona, donna o uomo, anche la più democratica e finanche marxista-leninista potrebbe rappresentare gli interessi immediati e a lungo termine e gli obiettivi strategici del proletariato e delle masse popolari.
Questa squallida rielezione di Mattarella conferma la verità enunciata da Lenin secondo cui: “La completa elettività di tutti i funzionari, compreso il capo dello Stato non soppianta il dominio del capitale, non sopprime la ricchezza di pochi e la miseria delle masse” . (Lenin, “Il proletariato e i contadini”, 12 novembre 1905, Opere complete, Editori Riuniti, vol.10, p.32).
Questo dominio va distrutto, altrimenti non ci libereremo mai dal capitalismo, dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, dalla società divisa in classi, dall'oppressione delle masse, dalle disparità territoriali e di sesso e dalla guerra imperialista.
La prima tappa di questo lungo e complesso cammino è che tutti gli anticapitalisti e i partiti con la bandiera rossa e la falce e martello si uniscano per costituire un largo fronte unito antidraghiano e per concordare un progetto comune per il futuro dell'Italia socialista.

2 febbraio 2022