In 40 città, da Torino a Catania, Fermo e Cosenza
200 mila studentesse e studenti in piazza contro la scuola dei padroni e le morti in stage
A Torino bersagliato il palazzo della Confindustria. Venti studenti denunciati per violenze e lesioni . Chieste le dimissioni di Bianchi e Lamorgese

 
“C’era un furgone, un ragazzo di 16 anni che stava facendo uno stage e un sistema che educa allo sfruttamento come unico modello di sviluppo. Lunedì sera il furgone ha avuto un incidente, il ragazzo di 16 anni è morto, il sistema è ancora lì. Per l’azienda il furgone è una perdita da mettere a bilancio, per i media la morte di uno studente obbligato a lavorare a 16 anni è una fatalità, per il sistema tutto questo è solo un errore di percorso”. In questo quadro che parla di Giuseppe Lenoci, il secondo giovane che negli ultimi 15 giorni è morto durante l'alternanza scuola-lavoro, il movimento studentesco è sceso ancora una volta il 18 febbraio in oltre 40 piazze d'Italia.
All'interno della piattaforma rilanciata dai promotori (La Lupa, Fronte della Gioventù Comunista, l'Unione degli Studenti, oltre a vari comitati e collettivi locali, come Opposizione Studentesca Alternativa a Roma, il Kollettivo Studenti Autorganizzati a Torino e il Coordinamento dei Collettivi Studenteschi a Milano) oltre allo stop immediato del PCTO che sfrutta e che prepara i giovani a diventare schiavi salariati, rimangono in primo piano anche temi generali quali il ritiro della seconda prova scritta all'esame di stato, le classi pollaio, la mancanza di insegnanti e personale ATA che dovrebbero essere assunti stabilmente e le carenze strutturali.
“Anni di promesse – scrivono gli studenti – ma nulla è cambiato. Vogliamo un piano di assunzioni a tempo indeterminato, la messa in sicurezza degli spazi scolastici, campagne di screening, mascherine e tamponi gratis”.
La mobilitazione già annunciata dopo i cortei del 4 febbraio è stata rilanciata in una conferenza stampa fatta sulle scalinate del Ministero dell’Istruzione in viale Trastevere a Roma, organizzata tra gli altri dalla FGC, dall'OSA (Opposizione Studentesca d'Alternativa), e dal movimento La Lupa in lotta per un sistema scolastico diverso, elemento essenziale di una società anticapitalista.
“Per noi – è stato detto in Viale Trastevere – la morte di Lorenzo Parelli è stata come lo sparo di Sarajevo”, quello che innescò una serie di avvenimenti che portarono alla prima guerra mondiale, come a dire che quel disagio dei due anni di pandemia, ma anche culturale e politico che gli studenti e le studentesse hanno subito, ha iniziato a trovare una reazione e a consolidare la nascita di un movimento ampio e interessante sotto tutti i punti di vista e sul quale si è già scagliato il manganello di un governo preoccupato e al centro delle critiche come il sistema capitalista che rappresenta.
Le studentesse e gli studenti hanno chiesto infatti a gran voce in tutte le manifestazioni le dimissioni della ministra degli interni Luciana Lamorgese, responsabile dei pestaggi in diverse manifestazioni del gennaio, e in particolare in quella di Torino. Proprio a Torino, come poi vedremo più avanti, una semplice azione dimostrativa degli studenti è stata fortemente strumentalizzata dai media, nel chiaro tentativo di far passare in secondo piano le legittime rivendicazioni del movimento. Una vecchia tattica, sempreverde, quando il potere borghese è nel merito con le spalle al muro.
Nei giorni precedenti, subito dopo la morte di Giuseppe, gli studenti in diverse città d'Italia come Roma, Bologna, Torino, Milano e Bari, hanno organizzato immediatamente delle iniziative di protesta continuando a chiedere anche le dimissioni del Ministro Bianchi che, oltre a non recedere sul secondo scritto e a non voler interloquire con i ragazzi in lotta, nega anche l'evidenza, affermando che il PCTO non sarebbe un surrogato del lavoro: “No a ogni idea che questo sia dare forza lavoro – ha detto - È un rapporto con il mondo del lavoro per educare i ragazzi”, eppure oggi le aziende fanno la fila per scaricare su di essi tutte le attività di “manovalanza” che, se prima costavano poco, ora costano zero poichè svolte appunto da studenti e studentesse “in formazione”.
Addirittura Bianchi va in direzione assolutamente opposta alla volontà del movimento studentesco che vuole le aziende fuori dalla scuola pubblica, quando afferma della necessità di “coinvolgere di più le imprese come soggetti attivi del territorio e per questo insistiamo molto sul patto educativo di comunità”. L’intenzione è dunque non solo proseguire, ma anche rafforzare, la scuola-azienda di oggi con tutto ciò che ne consegue.
Non è infatti un caso, ma una precisa volontà politica, se ci troviamo di fronte ai numeri che seguono: ogni anno circa un milione di studenti in scuola-lavoro senza retribuzione accumulano un monte ore pari a 100mila lavoratori a tempo pieno, con l'aggravante di non avere alcun diritto sindacale. Inoltre, tornando alla sicurezza, dalla manifestazione del 18 febbraio ad oggi lo stesso contesto lavorativo nel quale vengono inviati i giovani, ci sono stati altri 3 morti “bianche”.
Bianchi inoltre continua a sfuggire dal confronto con il movimento studentesco in tutte le sue componenti. Pochi giorni fa ha infatti annunciato che, dopo i rappresentanti delle “consulte”, incontrerà le organizzazioni che hanno organizzato gli “stati generali della scuola” nello scorso fine settimana romano, e cioè esclusivamente quelle più istituzionalizzate e con posizioni più “morbide”, quali Uds, Rete della conoscenza e collettivo Link. Nessuna apertura dunque con la vera anima del movimento studentesco rappresentata da OSA, Lupa, FGC ed altri organismi indipendenti, ma un’offerta strumentale ed opportunista, buona solo per dividere il movimento stesso.
I confederali CGIL, CISL e UIL hanno partecipato alla manifestazione di Torino, mentre la FIOM ha aderito ufficialmente alla giornata di lotta, così pure i COBAS e l'USB che hanno rilanciato lo sciopero generale della scuola chiedendo, per lo meno finchè resterà in piedi l'alternanza, l'introduzione di “reato di omicidio sul luogo di lavoro”, da applicare anche alle morti di Lorenzo e Giuseppe. Pesa come un macigno invece la mancata adesione della CGIL che ancora scandalosamente latita, coprendo di fatto PCTO, ministero e governo su temi essenziali come la retribuzione del lavoro e la sicurezza.
“Ci sentiamo appartenenti ad un movimento – ha detto uno studente di Torino – Lo stiamo ricostruendo. Pensiamo che più siamo, prima riusciamo a risolvere i problemi”. Nella stessa settimana le scuole occupate di quella città sono diventate 40, segno evidente della crescita esponenziale del movimento e della sua qualità politica, che continua a legarsi con le lavoratrici, coi lavoratori e con i sindacati che lo sostengono. Insomma, questo movimento studentesco nasce da una generazione che ha compreso a fondo che il suo futuro sarà di precarietà, sfruttamento e assenza di diritti, inseriti in un sistema capitalista che non concede loro nulla, e non è disposta ad accettarlo senza dare battaglia.
A Fermo , nella regione di Giuseppe Lenoci, sono scesi in piazza gli studenti e le studentesse marchigiane assieme alle bandiere rosse di Usb, Fiom Cgil, alla Casa del Popolo, e agli operai della Caterpillar di Jesi in lotta per il loro posto di lavoro che hanno mandato a Fermo una delegazione per testimoniare la loro vicinanza e per ribadire, una volta di più, che la loro lotta “è la lotta di tutti”.
Fra i pochi partiti presenti, spicca l'assenza del PD che è stato pesantemente attaccato a causa dello sciagurato commento sulla morte del giovanissimo Giuseppe da parte del segretario locale dei Giovani Democratici, che ha definito “macabra demagogia” questa giornata protesta.
“Sono loro i responsabili di questa situazione”, sostengono gli studenti del collettivo Depangher di Macerata, “La morte di Lenoci non è un incidente. C’è un problema strutturale, il ministro Bianchi lo sa bene ma ha scelto di voltarsi dall’altra parte. Noi non chiediamo un cambiamento dell’attuale modello di alternanza scuola-lavoro, ma la sua abolizione. La formazione non può essere affidata a chi mira solo allo sfruttamento degli studenti.”. Ed ecco il punto, in risposta al PD e compagnia; il ragazzo è morto in un incidente stradale, ma non doveva essere lì, perché non doveva lavorare a sedici anni.
Critiche anche al ministro degli interni. Angela Lenoci, zia del ragazzo deceduto, e presente assieme ai genitori e al fratello, ha detto: “Vorrei far arrivare un messaggio alla ministra Lamorgese. Lei dice che fatti come quello di Giuseppe non vanno strumentalizzati. Ma lei dov’è? Venga nelle piazze”.
Sugli striscioni appesi davanti alle logge della piazza le scritte sono chiare: “Questo non è un incidente di percorso”, “Alternanza, repressione, maturità. No alla scuola dei padroni”, che raccoglie in se tutte le rivendicazioni portate avanti a livello nazionale dal neonato movimento studentesco.
Al termine degli interventi, studenti e studentesse in corteo da piazza del Popolo hanno raggiunto l’istituto Fermanelli, il centro di formazione che frequentava Giuseppe, dove sono stati appesi gli striscioni e lanciati alcuni slogan per affermare che la mobilitazione è solo agli inizi.
A Cosenza oltre un migliaio di giovani e le delegazioni di Cgil e USB hanno sfilato nel corteo promosso dagli studenti del Valentini Majorana di Castrolibero dopo 15 giorni di occupazione, scaturita dalle denunce e segnalazioni di casi di molestie subite da alcune studentesse da parte di un docente. Numerosi gli slogan, fra i quali “Meno abusi, più rispetto“, “Via i pedofili dalle scuole”, “Fuori chi molesta”, “Abusi, alternanza, repressione: No alla scuola dei padroni” e ancora “Di alternanza non si può morire“, che accompagnano la mobilitazione nazionale, oltre alla richiesta specifica di prevedere un centro antiviolenza nelle scuole.
Il corteo, che ha chiesto ripetutamente le dimissioni della preside del Valentini Majorana accusata di ignavia e poi effettivamente rimossa dalla carica nei giorni a seguire, ha scandito anche slogan per l'emancipazione femminile: “ma che diffamazione, ma che reato, la lotte delle donne distrugge il patriarcato“.
Lo spezzone è poi passato di fronte all'Ufficio scolastico provinciale dove ha sostato per ascoltare testimonianze ad alcune studentesse vittime degli abusi, concludendosi poi in piazza dei Bruzi lanciando slogan contro chi ha tentato di insabbiare le loro denunce e il loro malessere. Un altro aspetto della scuola borghese, omertosa e classista, in pugno a pochi burocrati dirigenti, anziché alle studentesse e agli studenti ai quali per diritto appartiene.
A Roma il movimento studentesco “La Lupa” e l'OSA hanno portato con entusiasmo in piazza migliaia di studenti e di studentesse al corteo nazionale capitolino che si è svolto in contemporanea alle altre iniziative organizzate su tutti il territorio nazionale. Un corteo colorato e combattivo partito da Piazza Vittorio e terminato in piazza Venezia, durante il quale gli studenti hanno bruciato simbolicamente l'effige di confindustria al grido “No alla scuola dei padroni”, portando cartelli con slogan per Lorenzo Parelli e Giuseppe Lenoci. Durante il corteo, gli studenti hanno anche contesto la guerra, denunciandone il carattere "imperialista".
"Il segnale proveniente dalla piazza di Roma è molto importante – dicono gli studenti - Dopo mesi di mobilitazione, tentativi di repressione e minacce gli studenti sono ancora in piazza dimostrando che la loro lotta non si ferma. La protesta degli studenti non mette in discussione soltanto l’alternanza scuola-lavoro, ma un modello d’istruzione piegato sugli interessi delle imprese e sempre più aziendalistico e privatistico voluto dal Governo Draghi”.
Adesso per gli studenti dell'OSA e della Lupa è il momento di continuare ad allargare il fronte di lotta ad un numero sempre maggiore di studenti e studentesse, e unire le rivendicazioni con quelle delle lavoratrici e dei lavoratori in questa potentissima unità di azione anticapitalista.
Firenze . Nel capoluogo toscano un migliaio di studenti si sono riuniti in piazza Adua, di fronte alla stazione centrale e con fumogeni, musica e l'immancabile tamburo della GKN a cementare l'unità di classe fra lavoratori e studenti, sono partiti in corteo percorrendo piazza Indipendenza, San Marco, Santissima annunziata, per terminare con un microfono aperto in piazza d'Azeglio.
Presenti numerosi collettivi studenteschi fra i quali quelli del Pascoli e del Balducci di Pontassieve, i sindacati di base USB e CoBAS, la FIOM, lo striscione “Insorgiamo!” del collettivo di fabbrica GKN, la rappresentanze delle fabbriche Esaote e Nuovo Pignone, e il movimento per la casa di Firenze.
Gli studenti e le studentesse hanno lanciato molti slogan durante il percorso, fra i quali “Di scuola-lavoro non si può morire”, “No alla scuola dei padroni”, Uniti nella lotta studenti e operai”, “I morti sul lavoro gridano vendetta, Confindustria che tu sia maledetta”, “Draghi boia”. È stato anche cantato più volte il coro di lotta dei lavoratori e delle lavoratrici GKN.
Su altri striscioni si leggeva: “Ascoltateci, la scuola siamo noi”, “Contro il vostro modello di scuola, per Lorenzo, per Giuseppe”. In apertura quello significativo “Ci avete tolto troppo, ci riprenderemo tutto”.
Nell'assemblea conclusiva, i giovani e le giovani che si sono alternate al microfono hanno denunciato l'atteggiamento repressivo dei dirigenti scolastici nei confronti dei collettivi studenteschi che hanno occupato le scuole(come ad esempio i atti giudiziari giunti ai ragazzi del Pascoli), il PCTO e la riforma Renzi, fino alla critica del volontariato e il servizio civile perché si tratta comunque di lavoro gratuito, e ancora la Dad, le strutture scolastiche fatiscenti la salute psicologica degli studenti completamente ignorata, e la scuola basata esclusivamente sulla meritocrazia. Al termine della manifestazione è stata annunciata per mercoledì un presidio di solidarietà agli studenti del Pascoli denunciati.
A Torino Il corteo di circa quattromila giovani è partito da piazza XVIII Dicembre dopo una breve assemblea davanti agli uffici del Miur di corso Vittorio. In piazza i collettivi delle 40 scuole occupate in questo inverno, ma anche studenti universitari, i centri sociali e i sindacati confederali e di base. Ad aprire il corteo lo striscione “Contro alternanza maturità e repressione no alla scuola del padrone". Gli studenti hanno protestato contro la sede di Confindustria in via Vela e in via Fanti forzandone l'ingresso e lanciando uova di vernice rossa. L'episodio è stato ripreso da un video che mostra un gruppo di manifestanti che ha forzato una cancellata rimasta semichiusa, immediatamente coperta da un gruppo di poliziotti in assetto antisommossa, e il conseguente lancio di uova; nulla di più, eppure la ministra dell’interno Lamorgese ha espresso la sua solidarietà a sette tra carabinieri e un poliziotto, rimasti “feriti” nella colluttazione che non c'è stata. Il tentativo di far passare in secondo piano le legittime aspettative degli studenti è evidente, soprattutto perchè la violenza che tutti hanno visto è quella che ha provocato decine di teste spaccate e feriti in piazza Arbarello il 28 gennaio. Comunque sia, il dato politico più importante è che gli studenti contestano Confindustria, e in tutta Italia, non solo a Torino; “come Confindustria entra ogni giorno nelle nostre scuole, noi oggi abbiamo messo un piede dentro la loro casa”, hanno dichiarato con la giusta fierezza gli studenti.
A seguito dei pestaggi delle scorse manifestazioni, il corteo aveva l'obiettivo di raggiungere la Prefettura, ma l'imponente dispiegamento di “forze dell'ordine” l'ha impedito, proponendo agli studenti di inviare una piccolissima delegazione. Proposta respinta al mittente dal movimento che rivendicava il diritto a manifestare, evidentemente negato. Tuttavia non si ferma la repressione nei confronti dei manifestanti poiché la prefettura ha già fatto scattare altre 20 denunce che si sommano a quelle delle manifestazione delle scorse settimane.
A Napoli sono stati due i cortei in città (articolo a parte). Il primo si è riunito in piazza del Gesù e si è diretto verso piazza dei Martiri, sede di Confindustria, contestata duramente con cori e striscioni sui quali era scritto "Assassini in giacca e cravatta. Lorenzo e Giuseppe vivono". Durante il corteo, gli studenti hanno bruciato simbolicamente i simboli dell'associazione, al grido "No alla scuola dei padroni". In precedenza, tre studenti vestiti da operai si sono spogliati e si sono versati addosso della vernice rossa davanti alla sede del Pd Campania in via Santa Brigida. Altri hanno esposto uno striscione con la scritta in napoletano "C'at accis" (Ci avete uccisi).
Un secondo corteo organizzato da Coordinamento Kaos, Unione degli studenti Napoli, Studenti autonomi napoletani, Coordinamento studenti flegrei e Fronte della gioventù comunista, è partito da piazza Garibaldi e ha protestato di fronte alla sede dell'ufficio scolastico regionale della Campania.
In totale oltre 1.500 studentesse e studenti che studenti hanno denunciato le condizioni reali nelle quali si fa “alternanza”, e cioè eseguendo i lavori più semplici, ad esempio come far accogliere i turisti alla Reggia dei Portici a studenti dei licei scientifici, andando al “lavoro” a proprie spese anche la domenica.
Nelle manifestazioni di gennaio gli studenti napoletani furono caricati dalla polizia e la ministra Lamorgese diede la colpa agli infiltrati, fra i quali quelli dei disoccupati del “Movimento 7 novembre”, che in barba agli attacchi era ancora una volta in piazza: “La morte di due ragazzi non è un problema degli studenti ma della società”, è stato l'importante commento di Eduardo Sorge portavoce del movimento.
A Milano oltre un migliaio di studenti al grido di "Non si può morire di scuola" e "Riprendiamoci il presente e occupiamoci del futuro", sono partiti in corteo da Largo Cairoli per poi fermarsi in piazza Affari e davanti ad Assolombarda (articolo a parte).
In piazza Affari, alcuni studenti hanno dato vita a un flash mob accendendo fumogeni e srotolando uno striscione con scritto 'recovery school', hanno emulato la statua di Cattelan alzando contemporaneamente il dito medio verso la Borsa.
In piazza Edison c'è stato un blitz simbolico alla sede di Unicredit dove sono stati lanciati palloncini con vernice rossa sul muro esterno e incollati dei volantini con su scritto "Unicredit ha investito 5,5 miliardi nelle armi" e "1,71 miliardi di euro all'anno nei combustibili fossili". La stessa contestazione si è ripetuta, per i medesimi motivi, alla sede dell'altra banca d'affari JP Morgan in via Cordusio.
Gli studenti hanno poi bloccato corso Buenos Aires sedendo sulle carreggiate stradali e provocando nella zona rallentamenti e problemi alla circolazione. Il corteo si è concluso poco dopo mezzogiorno in piazza Fontana.
A Bologna il corteo di circa 500 studenti e studentesse è partito da piazza Aldrovandi e è sfilato per le vie del centro fino a giungere all'ufficio scolastico regionale in via dè Castagnoli dove alcuni giovani volevano entrare per chiedere un incontro. La polizia in tenuta antisommossa li ha respinti e gli studenti hanno risposto con il lancio di palloncini contenenti vernice rossa.

23 febbraio 2022