Intervenendo dall'aria, dalla terra e dal mare
L'armata del nuovo zar mette a ferro e fuoco le principali città dell'Ucraina
Eroica resistenza del popolo e dell'esercito ucraini. Strage di civili. Criminale attacco alla centrale atomica. Bombardati ospedale, scuole e asili. Dichiarazione guerrafondaia di Putin contro le sanzioni. Partiti comunisti della Federazione russa condannano l'invasione. L'Ucraina chiede di entrare nella Ue. Colloqui tra Russia e Ucraina. Arrestati in Russia oltre 10 mila contrari alla guerra.
Zelensky: Vogliono cancellarci

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov in un'intervista telefonica all'agenzia Reuters il 7 marzo assicurava che la Russia era disposta a mettere fine "in un istante" alle operazioni militari in Ucraina se il governo di Kiev accettasse le richieste di Mosca di cambiare la Costituzione per dichiararsi neutrale e di conseguenza rinunciasse ad entrare nella Nato, riconoscesse la Crimea come territorio russo e l'indipendenza delle Repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk nel Donbass. "Per il resto l'Ucraina è uno Stato indipendente che vivrà come vuole", asseriva come se non avesse appena esposto delle condizioni verso uno stato non sovrano ma vassallo e in ogni caso non forniscono la minima giustificazione all'invasione del paese e all'azione dell'armata del nuovo zar Putin che sta mettendo a ferro e fuoco le principali città dell'Ucraina.
 
Eroica resistenza popolare e militare
Una aggressione quantomeno rallentata dall'eroica resistenza del popolo e dell'esercito ucraini che al dodicesimo giorno di guerra tengono il fronte nelle regioni nordorientali, nelle città di Kharkiv e Chernihiv, in attesa dell'annunciata nuova ondata offensiva a sud su Mariupol e Odessa e al centro sulla capitale Kiev. Intanto l'Ucraina incassava la solidarietà della stragrande maggioranza dei paesi all'Assemblea generale dell'Onu, politicamente importante seppur priva di conseguenze dirette.
Alla conclusione del terzo round di colloqui diretti tra Mosca e Kiev del 7 marzo la Russia annunciava una tregua per l'istituzione di corridoi umanitari in modo da permettere l'evacuazione dei civili dalle città di Kiev, Chernihiv, Sumy, Kharkiv e Mariupol, più volte fallita. Ma intanto nella notte continuava a bombardare le città assediate e in un’intervista esclusiva al programma World News Tonight della ABC dell'8 Marzo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky accusava il presidente russo Vladimir Putin di essere un criminale di guerra e sottolineava che "questa guerra non finirà così. Scatenerà la guerra mondiale". Ma sosteneva anche che "possiamo discutere e trovare un compromesso su come questi territori continueranno a vivere", riferendosi alla Crimea e alle Repubbliche separatiste del Donbass e chiudeva con "sono pronto a un dialogo, non alla capitolazione”, aprendo a un negoziato nel quale sembra voler entrare in maniera determinate la Cina, alleato strategico della Russia ma anche primo partner commerciale dell'Ucraina.
La parte nord-orientale del paese, a oriente del fiume Dnepr da Kiev al Mar Nero, è l'enorme campo di battaglia contraddistinto non da una linea del fronte ma di continui scontri attorno ai nuclei di resistenza ucraini e ai centri abitati assediati e colpiti da cannonate, missili e bombardamenti aerei e in alcuni casi dalle proibite “cluster bomb” che non avrebbero risparmiato scuole e ospedali. Secondo Kiev ci sono state stragi di civili negli ultimi giorni a Borodyanka, nelle cittadine alla periferia della capitale, a Kharkiv come a Volnovakha, presso Mariupol, dove quasi il 90% della città è stata danneggiata dai bombardamenti.
Non è certo credibile il bilancio delle vittime civili emesso il 7 marzo dall'Onu relativo a 406 morti e 801 feriti certificati dall'inizio dell'invasione russa. Fonti ucraine denunciavano almeno 2 mila morti solo nell'assedio di Kharkiv e sostenevano che al 5 marzo avevano distrutto 39 aerei, 40 elicotteri, 269 carri armati, 945 veicoli corazzati, 105 pezzi di artiglieria russi e ucciso oltre 10mila soldati. Nessun riferimento alle perdite militari ucraine. Mosca sosteneva di aver avuto quasi 500 morti e oltre 1.500 feriti.
Difficile distinguere tra realtà e propaganda in una cronaca di guerra scritta dagli aggressori imperialisti russi e dagli imperialisti occidentali sulla testa del popolo ucraino. Per esempio ricordava lo storico progressista israeliano Ilan Pappé fin dall'inizio una foto diventata virale di un grattacielo colpito dai bombardamenti russi e spacciato per ucraino in realtà ritraeva, anche secondo Usa Today, un grattacielo nella Striscia di Gaza demolito dall’aviazione israeliana nel maggio del 2021.
 
Criminali bombardamenti perfino sulla centrale nucleare
Ci sono meno dubbi sulle impressionanti devastazioni e sul numero dei profughi, oltre 2 milioni registrava l'Onu, la gran parte accolti nei paesi confinanti, circa 200 mila diretti verso altri paesi europei in un flusso che continua a crescere grazie alla politica di porte aperte decisa, in questo caso, dalla Ue. Non ha invece fatto eccezioni alla politica dei muri verso migranti e profughi la Gran Bretagna: il premier Johnson pronto a inviare armi e volontari a Kiev finora ha dato il permesso solo per i ricongiungimenti familiari degli ucraini già residenti, 50 persone.
Altro episodio raccapricciante è stato il criminale attacco russo del 4 marzo alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa che fornisce un quarto dell'energia elettrica del paese. Dal bombardamento di strutture periferiche della centrale non risulta nessuna fuoriuscita di materiale radioattivo, assicurava l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) in base alle segnalazione del personale ucraino. Una assicurazione per nulla tranquillizzante dato che le truppe russe si stavano avvicinando alla seconda centrale nucleare, quella di South Ukraine a Yuzhnoukrainsk nella parte sud-occidentale del paese. Questa situazione rende chiaro tra l'altro quale sia il pericolo indiretto delle centrali nucleari, quello di avere una pericolosissima bomba atomica in casa.
Al 7 marzo l'offensiva russa arrivava alla periferia di Kiev, con attacchi a Bucha, Hostomel, Vorzel, Irpin mentre dalle navi schierate di fronte a Odessa partiva un attacco missilistico sul villaggio di Tuzla. Come Kharkiv a nord anche Mariupol e Volnovakha resistono eroicamente dopo dodici giorni di pesante offensiva. Le due città meridionali si trovano sulla strada tra la regione indipendente di Donetsk e la Crimea e la loro conquista permetterebbe agli invasori russi di collegare i due territori e controllare il Mare di Azov.
Mariupol, una città di 500 mila abitanti, è da una settimana senza acqua potabile, corrente elettrica e cibo ma resiste. Lo stesso nella più piccola Volnovakha dove si combatte casa per casa come confermato da uno dei rari servizi degli invasori che mostrava le milizie d’assalto delle repubbliche indipendenti avanzanti nelle strade al seguito dei carri armati. A Kherson, la prima grande città tra la Crimea e Odessa a cadere in mano ai russi, migliaia di persone si sono radunate il 5 marzo nella piazza principale a cantare l'inno nazionale e a sventolare la bandiera nazionale di fronte ai carri armati russi.
 
Arresti e repressione contro chi si oppone alla guerra
Nonostante la repressione e la censura che prevede fino a 15 anni di galera solo per chi pronuncia la parola guerra invece che operazione militare , in Russia continuano le proteste dell'opposizione contro la guerra in Ucraina. Sono decine di migliaia le persone che hanno manifestato il 6 marzo in almeno 21 città in tutto il paese, non solo nella capitale Mosca e a San Pietroburgo, ma anche in Siberia e fino a Vladivostok, attaccate dalla polizia che ha effettuato oltre 4.300 arresti; sono più di diecimila i dimostranti arrestati dall'inizio dell'invasione.
Fra le varie iniziative contro la guerra registriamo la condanna espressa il 24 febbraio dalla risoluzione della Tavola rotonda della sinistra russa, il documento dei partiti comunisti della Federazione russa che abbiamo pubblicato sullo scorso numero. I firmatari chiedono di "fermare immediatamente l'aggressione contro il fraterno popolo ucraino" con una ferma denuncia che smaschera la posizione imperialista del maggior partito di opposizione in parlamento, il Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF) e del suo leader Gennady Zjuganov, a favore della guerra di Putin.
Fra le proteste in Russia registriamo l'importante appello del movimento femminista russo contro l'invasione dell'Ucraina: "la Russia ha dichiarato guerra al suo vicino. Non ha concesso all’Ucraina il diritto all’autodeterminazione né alcuna speranza di una vita pacifica. Dichiariamo, e non per la prima volta, che la guerra è stata condotta negli ultimi otto anni su iniziativa del governo russo. La guerra nel Donbas è una conseguenza dell’annessione illegale della Crimea. Crediamo che la Russia e il suo presidente non siano e non siano mai stati preoccupati per il destino delle persone a Luhansk e Donetsk, e il riconoscimento delle repubbliche dopo otto anni è stato solo una scusa per l’invasione dell’Ucraina con il pretesto della liberazione.
Come cittadine russe e femministe, condanniamo questa guerra" (a parte il testo completo dell'Appello).
Invece di rompere le relazioni diplomatiche, economiche e commerciali con la Russia, il capitolo delle sanzioni si arricchisce della palese ipocrisia imperialista che riduce un'arma importante a una questione di affari, sia per le misure finanziarie che energetiche. Il Cremlino nel 2019 ha coperto un terzo del bilancio nazionale coi proventi di petrolio e gas e rende chiaro che se il canale dei rifornimenti fosse chiuso metterebbe veramente in difficoltà il nuovo zar. Invece il senato americano solo ai primi di marzo ha iniziato a discutere quando chiudere i rubinetti con la Russia perché, spiegava la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki che "il nostro obiettivo è massimizzare l'impatto su Putin e la Russia, riducendo al minimo quello su noi, i nostri alleati e i partner. Non abbiamo interesse strategico a ridurre la fornitura globale di energia. Ciò aumenterebbe i prezzi della benzina per gli americani, perché diminuirebbe la fornitura disponibile". Gli imperialisti europei non sono stati da meno e tra le sanzioni finora messe in atto in campo finanziario per l'esclusione di diverse banche russe dal sistema dei pagamenti internazionali hanno escluso la più grande banca dalla quale transitano i pagamenti per gas e petrolio.
Gravissime dichiarazioni di Putin contro le sanzioni
Il presidente ucraino Zelensky più volte ha chiesto nuove sanzioni compreso l'embargo totale sul petrolio russo, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba chiedeva agli europei di chiudete tutti i porti alle navi russe.
Che questa sia una strada efficace per colpire l'aggressione russa lo confermano le gravissime parole del nuovo zar Putin che il 5 marzo minacciava così i paesi che le avevano adottate: “queste sanzioni che ci vengono imposte sono come una dichiarazione di guerra”. E con ciò si riservava nient'altro che risposte di guerra. Bocciava le sanzioni “che avranno un impatto negativo sulla stabilità della finanza globale, dell’energia, dei trasporti e delle catene di approvvigionamento”, trascinando al ribasso “l’economia mondiale e “saranno dannose per tutte le parti” anche il presidente cinese Xi Jinping nel colloquio telefonico con Macron e Scholz dell'8 Marzo.
Il Cremlino rispondeva intanto stilando una lista di 42 paesi "ostili" nei confronti di quali è previsto che i debiti contratti in valuta estera, compresi i titoli di Stato, possano essere saldati in rubli. Nella lista ci sono l'Italia tra i 27 paesi dell'Unione Europea, Australia, Islanda, Canada, Liechtensetn, Monaco, Nuova Zelanda, Norvegia, Corea del Sud, San Marino, Singapore, Stati Uniti, Taiwan, Ucraina, Montenegro e la Svizzera.
Zelensky ha chiesto più volte anche di entrare nella Ue attraverso una nuova procedura accelerata e semplificata.
Il presidente americano Biden che da tre mesi strepita contro l'invasione russa e da dicembre, seguito a ruota dalla Gran Bretagna del fido Jonhson, ha mandato le armi in Ucraina a quasi due settimane dall'inizio della guerra non ha chiuso i rubinetti delle risorse energetiche russe così come i suoi partner imperialisti europei. Usa e Ue continuano invece a inviare armi all'Ucraina, a partecipare direttamente alla guerra tramite mercenari sul campo e informazioni dai satelliti spia; la Casa Bianca paventa l'istituzione della no fly zone chiesta da Kiev che Mosca ha definito come una dichiarazione di guerra. Gli imperialisti occidentali camminano a braccetto con la Russia lungo la spirale che porta a una guerra mondiale che va assolutamente scongiurata. Ma coi fatti, non solo a parole come quelle pronunciate dal segretario generale della Nato Jens Stoltenberg in visita in Lettonia: "abbiamo la responsabilità di garantire che il conflitto non si intensifichi e non si diffonda oltre l’Ucraina, che sarebbe ancora più pericoloso, distruttivo e ancora più mortale. La situazione porterebbe a una spirale fuori controllo”.
Il presidente ucraino Zelensky, in un post in lingua ebraica sulla sua pagina Facebook lo scorso 3 marzo esortava gli ebrei di tutto il mondo di far sentire la loro voce e accusava la Russia di voler "cancellare" gli ucraini, il loro paese e la loro storia. E ricordava l'attacco missilistico russo del giorno prima su un edificio dell'emittente televisiva che aveva danneggiato anche il vicino sito commemorativo dell'Olocausto di Babyn Yar.
All'appello rispondeva col viaggio a Mosca del 5 marzo il primo ministro sionista Naftali Bennett che può vantare un buon rapporto col correligionario Zelensky e una collaudata intesa con Putin che da gestore della guerra in Siria permette all'aviazione sionista di colpire a piacimento le basi delle formazioni sue alleate filo-iraniane, una libertà di violare la sovranità dei paesi vicini che Tel Aviv non può giocarsi con l'adesione alle sanzioni Usa e Ue. Questo intervento al momento è passato agli atti senza colpo ferire. La Turchia, membro della Nato ma anche alleato di Putin nella spartizione della Siria tanto da non aver aderito alle sanzioni dei compari imperialisti occidentali, annunciava l'apertura di un nuovo canale negoziale, grazie a Ankara, con l'incontro del 10 marzo a Antalya tra il ministro degli Esteri russo Lavrov e ucraino Kuleba.
Per il momento valgono le parole del ministero della Difesa ucraino del 7 marzo che a fronte del bombardamenti russi sulle città assediate dichiarava "siamo pronti alla seconda ondata di un'offensiva in grande scala". Che si infrangerà contro l'eroica guerra di resistenza del popolo e dell'esercito ucraino, destinata inevitabilmente a vincere perché come spiega Mao: “Chi dispone di forze esigue, ma è legato al popolo, è forte; chi dispone di forze ingenti, ma è contro il popolo, è debole… I grandi e potenti non riescono a vincere, i piccoli e deboli finiscono sempre per vincere.

9 marzo 2022