Su iniziativa della Rete italiana pace e disarmo
In piazza a Roma uniti contro l'invasione russa all'Ucraina. Ma con linee diverse
Sfilano in 50 mila nelle vie di Roma. Delegazioni di 200 forze politiche sindacali e sociali, fra cui quelle cattoliche. In prima fila tanti giovani e giovanissime. Gli studenti della Lupa invocano lo sciopero generale contro la guerra. La delegazione del PMLI diffonde il volantino “Isolare l'aggressore russo” sostenuto da Guidi e Panzarella nelle interviste ai media. Tra le parole d'ordine: né con Putin né con la Nato. No armi all'Ucraina.
“Non staccarsi mai dalle masse in lotta, anche quando non condividiamo la piattaforma della manifestazione”

Dal nostro corrispondente
Oltre 50 mila manifestanti hanno preso parte il 5 marzo a Roma alla grande e combattiva manifestazione nazionale contro l'invasione russa all'Ucrania, per la pace e il disarmo organizzata nell'ambito dell' “Europe for peace” dalla Rete italiana per la pace e il disarmo (Ripd) insieme a Cgil e altre 200 forze politiche, sociali, sindacali e dell'associazionismo cattolico, fra cui Anpi, Arci, Acli, Libera, Legambiente, Emergency, Greenpeace, i comitati per la Costituzione, varie Ong, Movimento nonviolento, Un ponte per, archivio Disarmo, Save the children.
Due i concentramenti convocati con linee e parole d'ordine diverse dopo che
l’appello, lanciato lunedì 1 marzo dalla Ripd, è stato completamente stravolto con un atto di forza da parte di Cgil-Cisl-Uil, che hanno imposto di eliminare dal testo ogni riferimento alla condanna dell’invasione dell’Ucraina da parte del governo e dell’esercito russo e delle mire espansionistiche della Nato, l'opposizione all’invio delle armi all’Ucraina da parte del governo Draghi, la piena solidarietà al popolo ucraino e ogni riferimento al disarmo nucleare.
In Piazzale Dei Cinquecento nei pressi della stazione Termini si sono dati appuntamento i movimenti sociali e studenteschi schierati dietro un grande striscione con su scritto “Né con Putin, né con la Nato. Nessun’arma, nessun soldato”; in Piazza Della Repubblica è confluita invece tutta la Cgil e l'associazionismo intorno a una grande bandiera della pace. Mentre i Carc, il PCI e il PC di Rizzo non si sono fatti nemmeno vedere.
Tutti e due i concentramenti sono poi confluiti in unico grande corteo con alla testa lo striscione d’apertura “Europe for peace” che, dopo quasi due ore di marcia, si è concluso in Piazza San Giovanni con gli interventi dei vari rappresentanti.
Una manifestazione di popolo che ha visto sfilare in prima fila, insieme alle Camere del lavoro e i comparti della Cgil (Flc e Fiom su tutti), anche tantissimi giovani e giovanissime ragazze, studenti e attivisti delle reti ambientaliste e di Fridays for future, intere famiglie con i bambini al seguito, l'Unione degli studenti medi e universitari, la Rete studenti medi e della Lupa, ma anche tanti giovani dei centri sociali, delle associazioni e movimenti cattolici con tanti striscioni, bandiere della pace e cartelli con su scritto: “Fuori l'Italia dalla Guerra, Fuori la Nato dall'Italia”, “L'Italia ripudia la guerra”, “No Putin no Nato uniti per la pace e contro la guerra imperialista”, “Né con Putin né con la Nato”, “No armi all'Ucraina”, gli “Studenti per la pace e il disarmo” dell’Udu e quelli di Link, che reggono lo striscione: Nessuna alternativa alla pace, coooperazione tra i popoli”. A seguire il camion della Rete No War di Roma, che raccoglie studenti, spazi sociali e le transfemministe di Non Una di Meno, che hanno rilanciato il loro 8 marzo contro la guerra.
Purtroppo va detto che, in polemica con le modifiche imposte dai confederali alla piattaforma iniziale; Potere al Popolo e l'USB in piazza dell'Esquilino hanno organizzato una contro-manifestazione e diviso la piazza giustificata così: "Non si sono realizzate per noi le condizioni per una manifestazione unitaria capace di dire forte e chiaro “Fermare la guerra!”, “No alle scelte del governo Draghi”, che sta approfittando di questa drammatica situazione per portare l'Italia in guerra insieme alla Nato e all'Unione Europea. Per questo abbiamo scelto di essere comunque in piazza sabato 5 marzo, ma in un presidio a piazza dell'Esquilino con tutte quelle forze che hanno deciso di non aderire ad una manifestazione che, nel corso dei giorni, si è trasformata in una manifestazione di copertura oggettiva delle scelte del governo Draghi. Non vogliamo stare con chi legittima la scelta del governo di inviare armamenti in Ucraina. Questa è una guerra della Nato" . Tant'è che al passaggio del corteo della Ripd si è creata un po' di tensione quando i contromanifestanti hanno iniziato a lanciare slogan contro la Nato, la guerra e l'invio di armi all'Ucraina da parte del governo Draghi.
Rivendicazioni e preoccupazioni sacrosante, condivisibili al 100%, che però non possono essere utilizzate come pretesto per convocare una contromanifestazione e confondere ancora di più le idee alle masse in lotta.
Non bisogna mai lasciare campo libero agli opportunisti, come in questo caso al segretario generale della CGIL Landini, che non hanno nessun interesse a fare chiarezza e a sviluppare un'opposizione di classe alla guerra in Ucraina e contro il governo Draghi che con l'invio di uomini e mezzi rischia di trascinare l'Italia in un conflitto mondiale.
Come ha chiarito il segretario generale del PMLI Giovanni Scuderi nel corso di un saluto telefonico ai membri della delegazione in rientro dalla manifestazione di Roma “Non staccarsi mai dalle masse in lotta, anche quando non condividiamo la piattaforma della manifestazione”.
Staccarsi dalle masse in lotta noi lo riteniamo sempre e comunque un errore politico e strategico anche quando, come in questo caso, non condividiamo la piattaforma della manifestazione o riteniamo insufficienti le rivendicazioni.
In piazza San Giovanni tra i primi a intervenire è stato proprio Landini il quale, non contento di aver svuotato l'appello da ogni rivendicazione contro la Nato e il governo Draghi, per evitare una sonora bordata di fischi e contestazioni ha rinunciato al comizio conclusivo e, prima che la parte più combattiva del corteo entrasse in San Giovanni, ha fatto un breve intervento in cui fra l'altro si è guardato molto bene dal proclamare lo sciopero generale contro la guerra e non ha mai attaccato e nemmeno nominato il governo atlantista e europeista del banchiere massone Draghi, l'imperialismo Usa, Nato, Ue e del nuovo zar Putin. Al termine del suo intervento Landini ha lanciato quella che egli stesso ha definito una grande ambizione, un grande progetto, un'utopia: “Vorrei avanzare una proposta – ha scandito il boss della CGIL – Io credo sia venuto il momento del coraggio, della responsabilità ma anche dell’utopia. L’obiettivo non deve essere solo fermare la guerra, deve essere ancora più alto: la battaglia per un nuovo modello sociale di sviluppo deve assumere l’obiettivo di abrogare la guerra, come è stata abrogata la schiavitù... La guerra si ferma inviando in Ucraina l’Onu, che è nato dopo la seconda guerra mondiale proprio per impedire lo scoppio di altre guerre”.
Parole e frasi ad effetto pronunciate solo per strappare qualche applauso ma destinate a rimanere lettera morta dal momento che Landini stesso sa benissimo che la schiavitù fu possibile abrogarla solo dopo l'abbattimento del sistema schiavista che la generava; allo stesso modo sarà possibile abrogare la guerra solo quando il sistema che la genera ossia l'imperialismo sarà spazzato via dalla faccia della terra. Mentre la storia di questi ultimi decenni ha dimostrato che l'Onu, in quanto organizzazione di stati imperialisti, non è mai riuscita e non potrà mai fermare le guerre.
L'intervento di Landini è stato comunque contestato da un gruppo di manifestanti che ha iniziato a urlare: "Basta. Fuori l'Italia dalla Nato”. Mentre Dal palco Syria e Pietro, studenti della Lupa, hanno invitato a proseguire e intensificare la mobilitazione chiedendo l’indizione di uno sciopero generale contro la guerra e rilanciando la partecipazione allo sciopero femminista dell’8 marzo.
Dal palco ha risposto anche Francesco Vignarca, coordinatore di Rete per la pace e il disarmo, che ha detto: “Inviare armi, come deciso dall’Unione europea e come fatto dall’Italia, è una scelta sbagliata. Lo abbiamo già visto in Iraq, Afghanistan, Libia: inviare armi non funziona e mette a rischio i civili”.
Mentre Riccardo Noury di Amnesty ha aggiunto: “Comprendo il dovere morale, ma non è la soluzione migliore. C’è il timore che finiscano nelle mani sbagliate e vengano usate per violazioni dei diritti umani. È poi preoccupante che risulti segreto l’elenco delle armi da noi inviato” ha attaccato.
Imma Battaglia, attivista del movimento Lgbtq+ ha sottolineato che: “Siamo ad un passo da un conflitto che riguarda tutti. Non è pensabile dire che l’Italia sta facendo solo una missione di sostegno perché quando si danno le armi in realtà si è nel conflitto”.
Al corteo ha preso parte anche una delegazione del PMLI che ha portato in piazza le bandiere e un cartello con le parole d'ordine del Partito superfotografato e ripreso da tanti cineoperatori Tv ma anche da tantissimi manifestanti che ci hanno fatto i “complimenti per la chiarezza delle parole” e si sono avvicinati alla nostra delegazione per farsi fotografare col nostro cartello segno evidente del riconoscimento della giustezza delle nostre parole d'ordine.
In particolare in Piazza San Giovanni alcune manifestanti ucraine dopo essersi fatti alcuni selfie con il nostro cartello ci hanno detto di condividere in pieno la nostra linea e le nostre parole d'ordine.
Al termine del corteo i compagni sono riusciti a diffondere anche alcune centinaia di volantini “Isolare l'aggressore russo” con la posizione e le parole d'ordine del PMLI contro la guerra che ha riscontrato grande successo e interesse fra i manifestanti.
I compagni Guidi e Panzarella sono stati intervistati a più riprese dalle TV di Mediaset e Agenzie. Rispondendo alle domande hanno chiarito e rilanciato la linea del Partito dichiarato fra l'altro che: "Occorre isolare l'aggressore russo che condanniamo fermamente. Il nuovo zar Putin vuole restaurare l'impero russo e va fermato con l'isolamento politico, diplomatico ma soprattutto economico e commerciale. Occorre intensificare le sanzioni contro la Russia e non inviare armi all'Ucraina. Noi non appoggiamo né l'imperialismo dell'Est né l'imperialismo dell'Ovest e chiediamo fuori Russia USA e NATO dall'Ucraina, così come chiediamo l'uscita dell'Italia dalla NATO e dalla UE".

9 marzo 2022