Courtois, La Repubblica e Putin uniti contro Lenin

Col titolo “Lenin, l'Ucraina e lo spettro di Orwell”, La Repubblica del 4 marzo pubblica un lungo articolo di Stéphane Courtois che, col pretesto di confutare il delirante discorso di Putin del 21 febbraio, quello cioè con cui il nuovo zar si è fabbricato il movente ideologico pseudo-storico per la criminale invasione dell'Ucraina, sferra in realtà un infame attacco a Lenin e a Stalin, accusandoli di aver impedito l'indipendenza dell'Ucraina e averla annessa a forza all'Unione Sovietica.
Courtois è un sedicente “storico” francese, già maoista quando era studente e poi sessantottino pentito, attualmente membro del think tank neoconservatore Cercle de l'Oratoire, sostenitore dell'equiparazione del comunismo al nazismo (che anzi secondo lui non fece che applicare i metodi imparati dai comunisti russi), e meglio noto come l'autore del famigerato “Libro nero del comunismo”, una volgare accozzaglia di falsità e contraffazioni della storia che attribuisce al comunismo 100 milioni di morti nel XX secolo. In Italia, non a caso, è stato pubblicato a fine anni '90 dalla Mondadori di Berlusconi, il quale ne distribuì gratuitamente migliaia di copie come propaganda elettorale e ne fece una specie di bibbia personale da citare ad ogni occasione.
Il principale quotidiano del gruppo Gedi della famiglia Agnelli-Elkann, però, ha pubblicato l'articolo di Courtois senza specificare che era l'autore di questo truculento e squallido “best seller”, ma lo ha presentato semplicemente come uno “storico del comunismo”, per dargli evidentemente quello straccio di credibilità di cui non gode affatto tra gli storici seri. Con ciò La Repubblica si conferma ancora una volta come quel campione dell'atlantismo e dell'anticomunismo che è ormai diventata, superando in questo perfino i quotidiani di destra tradizionali.
 

Lo “storico” Courtois bara con i fatti storici
Come già detto Courtois finge di attaccare Putin per attaccare in realtà Lenin. Così facendo va a braccetto di fatto col nuovo zar del Cremlino nel raddoppiare le falsità e le calunnie contro il padre della Rivoluzione d'Ottobre e dell'URSS socialista. Infatti esordisce lasciando subito perdere Putin e lanciandosi in una lunga ricostruzione “storica” (tra l'altro confusa e anche piena di imprecisioni, tra cui perfino l'esistenza dell'Unione sovietica già nel dicembre 1917), per dimostrare che Lenin e i bolscevichi non solo non crearono, come dice Putin, l'Ucraina con un pezzo di Russia, in quanto essa già esisteva, bensì ne soffocarono l'indipendenza nella culla e ne cancellarono l'identità nazionale per poi incorporarla nella Russia bolscevica. In tutto questo insulso sproloquio, per inciso, Orwell c'entra come il cavolo a merenda, se non per citare un paio di volte ad effetto quel trotzkista e spia anticomunista al soldo dei servizi inglesi.
In sostanza, per sintetizzare la torrenziale esposizione della sua tesi, Courtois sostiene che Putin avrebbe dimenticato che nel 1917 vi furono due rivoluzioni, “quella democratica nel mese di febbraio e quella di ottobre che consentì a Lenin, il 7 novembre, di creare il primo regime totalitario della Storia”. Fu dopo la prima delle due, aggiunge costui, e con l'abdicazione di Nicola II, che l'impero zarista conosciuto come “prigione dei popoli” crollò portando le sue diverse identità nazionali ad “emanciparsi”. Tra cui gli ucraini, che il 17 marzo crearono una Rada (parlamento) che proclamò l'indipendenza e creò un suo governo autonomo.
Se questo processo non fosse stato fermato dai bolscevichi, suggerisce implicitamente lo “storico” anticomunista, l'Ucraina avrebbe potuto diventare già da allora una nazione indipendente e democratica quale essa è diventata solo nel 1991, invece di essere costretta con la forza ad entrare a far parte dell'URSS. Ma l'autore bara spudoratamente con i fatti storici, perché dà per scontato che la Repubblica Popolare Ucraina, creata a Kiev sotto l'influenza del nazionalista antisemita Symon Petljura, godesse del sostegno della maggioranza di tutto il popolo ucraino e controllasse la maggior parte del Paese, ma non era affatto così. Il sostegno popolare e il controllo del Paese erano infatti contesi tra la Rada borghese e nazionalista e i bolscevichi ucraini, che sotto la spinta della Rivoluzione d'Ottobre e ispirandosi a Lenin avevano costituito un governo dei Soviet a Kharkov il 25 dicembre 1917.
 

La vera storia dell'Ucraina dal 1917 alla nascita dell'URSS
All'inizio Lenin e i bolscevichi cercarono di trattare con la Rada, riconoscendo lealmente il diritto dell'Ucraina a rendersi indipendente dalla Russia. Non va dimenticato infatti che il 18 dicembre 1917 Lenin e Stalin firmarono il decreto che riconobbe l'indipendenza della Finlandia. Ma in quel caso fu lo stesso Partito socialdemocratico finlandese a chiederla e Stalin, Commissario alle nazionalità, la caldeggiò pur non potendo fare a meno di rilevare che “i socialdemocratici finlandesi solo a causa della loro irresolutezza e della loro incomprensibile viltà non hanno compiuto con decisione i passi necessari per prendere essi stessi il potere e strappare la loro indipendenza dalle mani della borghesia”. Diverso fu invece il caso dell'Ucraina e delle altre nazionalità dell'ex impero russo, dove si sviluppò la lotte di classe del proletariato e dei contadini poveri contro le rispettive borghesie nazionaliste, contestualmente alla guerra del governo dei Soviet contro le armate bianche sostenute dai paesi imperialisti che volevano schiacciare la rivoluzione.
Per quanto riguarda l'Ucraina, appena insediata la Rada cercò subito di allearsi con i cosacchi di Kaledin e i generali monarchici da lui rifugiatisi per tramare contro il governo operaio di Pietrogrado, e fu questo che determinò la rottura con esso e l'occupazione di Kiev da un piccolo contingente di truppe rivoluzionarie inviate dal Soviet dell'ucraina orientale. Ma Courtois ignora volutamente tutto ciò e fornisce questa sua versione dei fatti: “Il 25 dicembre Lenin fece proclamare a Kharkov una Repubblica Sovietica di Ucraina che riconobbe all’istante. Poi alcuni reparti di Giubbe rosse si impadronirono di Kiev l’8 febbraio 1918. E così, a meno di sei settimane da quando aveva preso il potere, il capo bolscevico aveva dichiarato la sua prima guerra a una nazione di cui ufficialmente riconosceva il diritto all’indipendenza”.
Dopo il trattato di Brest-Litovsk del gennaio 1918 che i bolscevichi furono costretti ad accettare per salvare la rivoluzione, l'Ucraina venne occupata dalle truppe tedesche, che nel primo periodo si servirono anche dei ritornati capi della Rada come potere fantoccio collaborazionista per impadronirsi del grano e del carbone ucraini. Successivamente e per tutta la durata della guerra civile i bolscevichi e i nazionalisti ucraini, alleati con le armate bianche del generale zarista Denikin, si contesero aspramente il territorio, tanto che Kiev passò di mano 13 volte, finché tra l'ottobre 1919 e l'aprile 1920 l'Armata Rossa, di cui le forze ucraine costituivano la 12ª e 14ª armata, mise definitivamente in fuga gli eserciti della controrivoluzione bianca.
Nel marzo 1919 fu proclamata la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, che il 30 dicembre 1922, insieme alla Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa già costituita da Lenin nel 1918, alla Repubblica Socialista Sovietica Bielorussa e alla Repubblica Socialista Federativa Sovietica Transcaucasica diedero vita all'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, sulla base dei principi della volontarietà dell'adesione e della libera uscita dall'Unione.
 

Indipendenza nazionale e lotta di classe rivoluzionaria
Questa è la verità storica sulla nascita dell'Ucraina socialista, non quella spacciata per tale dall'anticomunista di professione Courtois, secondo il quale l'indipendenza e la libertà di aderire e di uscire dall'URSS garantite da Lenin e Stalin erano soltanto finzioni. Egli semplicemente non concepisce che tali garanzie non erano affatto in contrasto con la lotta di classe e con la legittima aspirazione del proletariato e dei bolscevichi delle varie nazionalità a strappare l'egemonia alle rispettive borghesie nazionaliste per istituire delle Repubbliche sovietiche al posto dei loro governi reazionari collusi con le armate bianche.
Nell'articolo “La politica del potere sovietico nella questione nazionale in Russia” pubblicato il 10 ottobre 1920 sul n. 226 della Pravda , Stalin aveva chiarito perfettamente tale questione: “Tre anni di rivoluzione e di guerra civile in Russia hanno mostrato che senza il mutuo appoggio della Russia centrale e delle sue regioni periferiche la vittoria della rivoluzione è impossibile, ed è impossibile la liberazione della Russia dagli artigli dell'imperialismo... Naturalmente le regioni periferiche della Russia, le nazioni e le stirpi che popolano queste regioni, come, in generale, tutte le altre nazioni, hanno l'imprescrittibile diritto di separarsi dalla Russia, e se una qualsiasi di queste nazioni decidesse nella sua maggioranza di separarsi dalla Russia, come fece la Finlandia del 1917, la Russia probabilmente prenderebbe nota del fatto e sancirebbe la separazione. Ma non si tratta qui dei diritti delle nazioni, che sono incontestabili, bensì sulla volontà delle masse popolari sia del centro che delle regioni periferiche, si tratta del carattere, determinato di questi interessi, dell'agitazione che il nostro partito deve condurre se non vuole rinnegare se stesso, se vuole esercitare un'influenza sulla volontà delle masse lavoratrici delle varie nazionalità e dare a questa volontà un determinato orientamento. Ebbene, gli interessi delle masse popolari indicano che la richiesta di separazione delle regioni periferiche nell'attuale stadio della rivoluzione è profondamente controrivoluzionaria”.
 

Le falsità su Holodomor e “partigiani nazionalisti ucraini”
Naturalmente il sedicente “storico” non poteva non cogliere l'occasione per rispolverare anche tutto il repertorio delle classiche falsità storiche sull'Ucraina e sulla sua presunta persecuzione da parte del “potere sovietico”, come la carestia del 1932-1933 - il cosiddetto Holodomor (un termine coniato apposta per significare uccisione per fame) che una legge del 2006 della Rada ucraina equipara ad un olocausto provocato deliberatamente, e che infatti Courtois definisce “una carestia genocida organizzata da Stalin contro i contadini” che avrebbe provocato 4 milioni di morti - e come “lo sterminio di tutti i partigiani nazionalisti antisovietici per mano degli uomini del Kgb nel 1945 e 1956”.
Quella della carestia provocata a suo dire volutamente da Stalin è una sporca operazione propagandistica anticomunista già propalata a quel tempo dai nazisti, ripresa negli anni '80 da Robert Conquest, un giornalista anticomunista già collaboratore dei servizi segreti inglesi, e rilanciata da Reagan. Nel mondo accademico questa tesi è considerata quantomeno con scetticismo e non suffragata da prove, mentre è sostenuta a spada tratta solo da sedicenti “storici” dichiaratamente faziosi e anticomunisti alla Courtois.
Nel 1932-1933 vi fu effettivamente una gravissima carestia in Ucraina (ma anche in altre regioni dell'URSS, dovuta alla siccità eccezionale, alcune malattie del grano, un'epidemia di tifo e altre calamità naturali), come del resto ve ne furono di altrettanto gravi in Russia tra il 1918 e il 1920, nel 1924 e nel 1928-1929. I metodi di coltivazione arcaici delle campagne ereditati dallo zarismo, il boicottaggio della collettivizzazione e industrializzazione dell'agricoltura da parte dei contadini ricchi (kulaki), che nascondevano e bruciavano i raccolti e macellavano il bestiame, e gli errori e gli eccessi nell'applicazione delle direttive sulla collettivizzazione, peraltro criticate da Stalin, furono altrettante concause che aggravarono gli effetti della carestia. La propaganda anticomunista sostiene invece che la carestia fu provocata intenzionalmente da Stalin, arrivando ad attribuirgli fino a 7 milioni di morti, cifra questa sì volutamente gonfiata per poter essere equiparata allo sterminio degli ebrei. Tra gli studiosi la cifra più accreditata sarebbe invece di circa 2,5 milioni.
Al contrario Stalin intervenne più volte per correggere gli errori nella collettivizzazione e per raccomandare interventi a sostegno della popolazione ucraina, tanto che già all'inizio del 1933 fu possibile mettere in atto un massiccio invio di cibo, frumento e foraggio all'Ucraina che, grazie anche all'entrata in funzione della collettivizzazione, permise di superare il disastro. Non a caso non vi furono più altre carestie salvo quella del 1946-1947, attribuibile però alle distruzioni lasciate dalla guerra.
Quanto al presunto “sterminio dei partigiani nazionalisti antisovietici”, Courtois omette semplicemente di precisare che si tratta dei dirigenti e militanti del famigerato Esercito insurrezionale ucraino (UPA), braccio militare dell'Organizzazione dei nazionalisti ucraini capeggiata da Stepan Bandera, che accolsero i nazisti invasori come “liberatori” e furono loro collaborazionisti, macchiandosi dei peggiori crimini come l'identificazione degli ebrei ucraini e la partecipazione al loro rastrellamento e cattura. Come e peggio dei repubblichini italiani. E che continuarono a combattere il legittimo potere sovietico anche dopo la sconfitta dei nazisti, con attentati terroristici e omicidi che si protrassero nel dopoguerra, fino alla cessazione di ogni attività alla metà degli anni '50. Non a caso Bandera è stato riabilitato come eroe nazionale dal governo nazionalista ucraino nel 2010 e l'anniversario della fondazione dell'UPA è stato proclamato festa nazionale.


16 marzo 2022