Sostegno bellico spacciato per “aiuti umanitari”
Manifestazione davanti all'aeroporto di Pisa contro l'invio di armi italiane al governo ucraino
La Cellula “Vincenzo Falzarano” di Fucecchio del PMLI diffonde il volantino di condanna dell'aggressione russa all'Ucraina

Dal corrispondente della Cellula “Vincenzo Falzarano” di Fucecchio
In tanti si sono presentati davanti all'aeroporto “Galileo Galilei” per protestare contro l'invio di armi, anche “letali”, che il governo Draghi ha deciso di spedire in gran quantità al governo ucraino. Proprio dallo scalo pisano, il più importante della Toscana, assieme a quello di Pratica di Mare vicino Roma, decolla la gran parte di questo arsenale bellico, dopo la decisione del governo e del parlamento con l'elmetto (con un voto quasi all'unanimità) che di fatto, pone il nostro Paese in guerra contro la Russia.
Una mossa sciagurata che viola la stessa Costituzione e la legge che vieta l'invio di armi da parte dell'Italia ai Paesi che sono in guerra e mette a repentaglio la sicurezza del popolo italiano che oltretutto è nettamente contrario a un coinvolgimento nel conflitto. Non a caso dalla Russia si sono rinnovate le minacce verso l'Italia e il suo ministro della difesa, il PD Guerini, definito “uno dei principali falchi e ispiratore della campagna anti Russia”. Ma il governo italiano vuole stare in prima fila e, se si esclude il Regno Unito (ora fuori dalla UE) si dimostra il più indefesso esecutore delle decisioni della Nato, e i rappresentanti del PD (Letta, Pinotti, ecc,) ne sono i primi paladini.
La manifestazione del 19 marzo era stata indetta da tempo da Potere al Popolo e dal sindacato USB. Non è un segreto per nessuno che Pisa si trova al centro del crocevia dell'invio di armi all'Ucraina. A fianco dell'aeroporto civile si trova quello dell'aeronautica militare, dove ha sede la 46a brigata aerea, mentre a meno di 10 chilometri si trova la base militare Usa di Camp Darby che gestisce il deposito di materiale bellico più grande al di fuori del territorio degli Stati Uniti.
Alla tematica legata all'invio di armi si è aggiunta quella del coinvolgimento dei civili nel traffico di armi. Il 14 marzo infatti, nell'area del Gargo Village, quindi fuori dall'area militare, alcuni aeroportuali erano chiamati a caricare un aereo diretto in Ucraina che doveva trasportare aiuti umanitari. Ma si sono ritrovati davanti una brutta sorpresa: invece di viveri, medicinali e quant’altro utile per le popolazioni tormentate da settimane da bombardamenti e combattimenti, i lavoratori addetti al carico si sono trovati davanti casse piene di armi di vario tipo, munizioni, esplosivi.
Di fronte a questo fatto gravissimo i lavoratori si sono rifiutati di caricare il cargo e hanno riferito l'accaduto al sindacato. A sua volta l'USB nel suo comunicato ha denunciato con forza “questa vera e propria falsificazione, che usa cinicamente la copertura umanitaria per continuare ad alimentare la guerra in Ucraina” e chiede “alle strutture di controllo del traffico aereo dell’aeroporto civile di bloccare immediatamente questi voli di morte mascherati da aiuti umanitari” e “ai lavoratori di continuare a rifiutarsi di caricare armi ed esplosivi che vanno ad alimentare una spirale di guerra che potremo fermare solo con un immediato cessate il fuoco e il rilancio di dialoghi di pace”. Inoltre si è messo a repentaglio la sicurezza dei lavoratori che non dovrebbero certo movimentare materiale bellico, mansione riservata al personale militare.
Alcuni organi di “informazione” locali e nazionali mettevano in dubbio la denuncia affermando che ciò non era possibile, poi smentiti clamorosamente dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI), che sulla stampa nazionale precisava: “I materiali erano parte del sostegno militare per l'Ucraina deliberato dal parlamento, in attesa di essere caricati su un volo civile abilitato al trasporto di quella tipologia di merci”. Si tratta di un B-737 cargo appartenente a una compagnia aerea autorizzata dalla Nato a trasportare materiale bellico. “L'attività - conclude il COVI - è stata condotta presso una piazzola di parcheggio civile del Galilei anziché, come avviene usualmente, nei parcheggi aeroportuali militari, per l'eccezionale e contemporanea attività di trasporto richiesta dalla situazione in atto”.
Mentre il presidente di Toscana aeroporti Marco Carrai dichiarava alla stampa che il trasporto di armi dal G. Galilei non accadrà più: “Lo posso garantire”. In pratica hanno candidamente ammesso che la quantità di armi da smaltire e inviare era talmente tanta che alla fine, in via eccezionale, ci si è dovuti appoggiare alle strutture dello scalo civile. Anche dalla Cgil, che pure non ha partecipato alla manifestazione del 19 marzo, è giunta la solidarietà ai lavoratori che si sono rifiutati di caricare le armi.
Questo non ha fatto altro che rafforzare le motivazioni della protesta che ha portato in piazza circa duemila manifestanti. Oltre a Potere al Popolo e all'Usb vi hanno aderito i sindacati di base Cobas e Sgb, Non Una di Meno, tante associazioni, organizzazioni e partiti politici, sia della città di Pisa, della provincia e del resto della Toscana. Nel lungo elenco di adesioni c'era anche il PMLI, Cellula “Vincenzo Falzarano” di Fucecchio. Presenti anche delegazioni del gruppo solidale con i lavoratori ex GKN e dei portuali di Genova. I loro rappresentanti sono intervenuti all'inizio della manifestazione ricordando, tra l'altro, la prossima manifestazione nazionale di Firenze del 26 marzo e le lotte dei lavoratori del porto ligure, anche loro attivi nel boicottaggio del traffico di armi verso paesi belligeranti.
Nei cartelli, negli interventi e negli slogan, accuse al governo Draghi anche per l'escalation guerrafondaia e l'aumento delle spese militari, no alla Nato e alle sue basi che in Italia sono più di un centinaio, più una ventina segrete. I compagni del PMLI, oltre a tenere alte le rosse bandiere del Partito indossavano i “corpetti” con i manifesti che rivendicavano l’Ucraina indipendente e contro le ingerenze di Russia, Usa, Nato e Ue, riportati e diffusi anche in volantini, assieme a quello di condanna dell'aggressione russa. Viste le tante sigle partecipanti, le posizioni verso Putin non erano tutte dello stesso tenore, in ogni caso erano tutti uniti contro la guerra e contro l'invio di armi da parte dell'Italia.
Dal piazzale antistante il “Galileo Galilei” il corteo si è mosso poi verso l'aeroporto militare distante circa un chilometro, dove l'ingresso era presidiato da un forte contingente di poliziotti e dove si trovavano già un centinaio di manifestanti che avevano organizzato un proprio presidio, a cui hanno partecipato il sindacato Cub, il PC di Rizzo, il Comitato NO Camp Darby e il Comitato No green pass.

23 marzo 2022