Sotto bombardamenti di tipo nazista Kiev, Mariupol, Mykolaiv, Kharkiv, Odessa
L'armata del nuovo zar Putin fa terra bruciata in Ucraina
Stupri, deportazioni e omicidi. Missile ipersonico su Deliatyn. Minacce all'Italia. Il papa: “Fermate questo massacro. Barbarie uccidere bambini e civili inermi”
Eroica resistenza: la controffensiva Ucraina libera Makariv

 
Il primo mese della guerra di aggressione dell'imperialismo russo all'Ucraina è segnato dalle cannonate delle navi russe di fronte a Odessa e dalla pioggia di missili che si abbatte su diverse città assediate, prima fra tutte la città meridionale di Mariupol dove sembra essere arrivata all'estremo l'eroica resistenza del popolo e dell'esercito ucraini. In attesa di cogliere altri parziali successi sul fronte meridionale l'armata del nuovo zar Putin fa terra bruciata in tutta la parte orientale del paese, a est del fiume Dniepr, tiene sotto la minaccia di assedio la capitale Kiev dove pure il 15 marzo sono arrivati per una breve visita ufficiale i premier di Polonia, Repubblica ceca e Slovenia; colpisce coi missili le caserme delle più lontane città nella parte occidentale al confine con la Polonia dove sono concentrati gli arrivi di mercenari e armi dell'imperialismo occidentale, Usa in testa, cui non interessa difendere il popolo ucraino ma contendere il controllo del paese ai nemici del Cremlino in una inziativa dipinta come una difesa della democrazia contro gli autoritarismi. Un segnale positivo è la controffensiva dell'esercito ucraino che il 22 marzo liberava Makariv.
Secondo fonti militari ucraine il grosso delle forze russe schierato nei pressi della capitale sembra essere bloccato sulle stesse posizioni da un paio di settimane e potrebbe rimanere bloccato per ancora altre due settimane. Procede invece anche grazie all'intervento delle milizie cecene e forse dei mercenari della Wagner ritirati dal fronte libico e del Sahel l'offensiva su Mariupol. La città di 400 mila abitanti affacciata sul mare di Azov resiste ma è completamente distrutta. Non si sono avute più notizie sul teatro trasformato in rifugio per un migliaio di persone colpito da un missile, probabilmente russo, che per alcuni giorni ha tenuto banco nelle cronache come probabile massacro ma con il bilancio ufficiale fermo a un ferito. Frattanto si moltiplicano le denunce di stupri e impiccagioni di donne compiute dagli occupanti russi e raccontate da alcune parlamentari ucraine ricevute dal governo inglese. Sono episodi che evidenziano la difficoltà dall'esterno a distinguere tra realtà e propaganda, con gli aggressori russi interessati a nascondere le loro vere perdite e con una reale difficoltà degli aggrediti ucraini a contare i propri morti sotto le macerie con gli attacchi ancora in corso.
Il sindaco di Mariupol ha denunciato che una parte della popolazione dei quartieri già occupati "viene prelevata con la forza da case e rifugi, per essere deportata in Russia. L'invasore offre salvezza, cibo, riparo e lavoro". Sarebbero oltre 60mila gli abitanti trasferiti in pochi giorni nei quartieri est oltre il fiume Kalmius e deportati coi treni nella confinante regione russa di Rostov. Così come almeno 2.389 bambini sequestrati nella regione occupata del Donbass e "illegalmente deportati in Russia", secondo una denuncia del 20 marzo del ministero degli Esteri ucraino.
Vitali Klitschko, il sindaco della capitale, denunciava il 18 marzo che diverse bombe russe avevano colpito nella zona residenziale nel distretto di Podolsk sei case, asili nido e una scuola causando un morto e 19 feriti mentre non si registravano vittime nel bombardamento notturno di un centro commerciale, così come in uno dei più grandi della città di Kharkiv investita dalla prima offensiva degli invasori ma dalla quale arrivano pochissime notizie. Nella stessa giornata si registrava un attacco russo con tre missili balistici su una caserma a nord di Mykolaiv ridotta a un cumulo di macerie; l'invasione dell'Ucraina serve al nuovo zar del Cremlino anche a testare l'efficacia delle sue armi di punta come i missili balistici e i modernissimi ipersonici, metteva in evidenza una nota del ministero della Difesa di Mosca sottolineando il successo del lancio per la prima volta di un missile balistico ipersonico Kinzhal contro un deposito di munizioni sotterraneo delle truppe ucraine a Deliatyn, nella regione sud-occidentale di Ivano-Frankivsk vicino al confine con Slovacchia, Ungheria e Romania.
La cronaca di guerra simile a quella del 18 marzo si replicava con una tragica regolarità nei giorni successivi. Per il bilancio militare possiamo affidarci al ministero della Difesa britannico che ha da mesi i suoi uomini sul campo e il 20 marzo ha comunicato che "l'invasione russa dell'Ucraina è ampiamente in stallo su tutti i fronti. Le forze russe hanno fatto progressi minimi sulla terra, il mare e l'aria negli ultimi giorni, e continuano a soffrire pesanti perdite (a causa dei razzi Javelin e Stinger forniti da Usa e gran Bretagna e dei droni turchi Bayraktar, ndr). La resistenza ucraina rimane solida e ben coordinata. La stragrande maggioranza del territorio nazionale, incluse le città più grandi, resta in mani ucraine". Anzi "i continui contrattacchi ucraini - prosegue il comunicato inglese - stanno costringendo la Russia a dirottare un gran numero di truppe per difendere le proprie linee di rifornimento. Questo sta limitando gravemente il suo potenziale offensivo".
Il bilancio delle vittime civili era diffuso dell'Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani e registrava almeno 925 civili uccisi, fra cui 115 bambini, e 2.421 feriti, ma era palesemente sottostimato. Di altro peso la denuncia del direttore generale dell'Oms, Tedros Adan Gebreesus, nell'intervento al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sull'attacco da parte della Russia di 43 presidi medici.
Un dato più vicino alla realtà è quello dei profughi ucraini, del totale dei 10 milioni in tutto il paese la metà si sono diretti verso i Paesi dell’Unione europea. Di questi 5 milioni accolti nei paesi Ue, poco meno della metà sono un Polonia, 400 mila nella sola Varsavia. Il governo reazionario polacco di Morawiecki ha aperto le porte ai profughi ucraini ma continua a respingere le poche migliaia di profughi mediorientali che dal dicembre scorso premono al confine con la Bielorussia. Un pugno di profughi delle guerre causate dagli imperialisti occidentali e usati dal dittatore bielorusso Lukashenko per rispondere alle sanzioni Ue, vittime dei criminali di Minsk come quelli di Varsavia, che registrano senza colpo ferire episodi di neonazisti a caccia di profughi mediorientali nelle città di confine come Przemysl e occupati a trovare un loro spazio imperialista nella regione di confine con la Russia.
Molto meglio l'iniziativa polacca del 19 marzo di bloccare l'autostrada che collega la Polonia alla Bielorussia, causando cinquanta chilometri di code. Una delle organizzatrici definiva la protesta "un messaggio all'Europa: basta commerci con la Russia e la Bielorussia. Stiamo finanziando la guerra di Putin, stiamo uccidendo gli ucraini". Una giusta inziativa che risponde all'appello del 18 marzo del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a "tutti gli europei affinché blocchino i porti alle navi russe e a tutte le aziende occidentali che lascino il mercato russo, senza coprire con marketing da quattro soldi la loro voglia di mero guadagno, come Nestlè o Aushan". Un appello che, nel ringraziare il “caro” popolo italiano, il presidente ucraino ripeteva il 22 marzo nel discorso al parlamento italiano.
Da questo orecchio la Ue non ci sente, preoccupata di mantenere aperti gli indispensabili gasdotti con la Russia. E che pensa di cavarsela solo aumentando i finanziamenti per inviare armi all'Ucraina. E a riarmarsi, se ci riuscirà, al vertice del 24 e 25 marzo sulla base delle decisioni della riunione dei ministri degli Esteri e della Difesa del 21 marzo a Bruxelles che ha formalmente approvato lo Strategic Compass, la cosiddetta Bussola strategica, ossia "un ambizioso piano d'azione per rafforzare la sicurezza dell'Unione europea e la politica di Difesa entro il 2030". Un piano "ambizioso" di cui i paesi imperialisti europei parlano a vuoto da almeno una ventina di anni, ognuno coi propri interessi specifici, e tornato di attualità dopo che avevano dovuto subire la decisione dell'imperialismo americano di fuggire dall'Afghanistan. Al momento ha più peso la decisione del riarmo tedesco decisa dal cancelliere Sholz che ha messo sul tavolo 100 miliardi di euro e da imperialista ipocrita è fra i maggiori oppositori alla chiusura del rubinetto del gas russo.
Accanto alla risposta sul piano militare i 27 paesi Ue cercheranno una intesa anche sul piano delle sanzioni comuni in particolare sulle diverse conseguenze economiche che si avranno come contraccolpo nei singoli paesi. Il 18 marzo a Villa Madama il presidente del consiglio italinao riceveva i premier di Spagna e Portogallo, Pedro Sánchez e Antonio Costa, mentre quello greco Mitsotakis si è collegato in videoconferenza, per mettere a punto una strategia comune dei paesi mediterranei perché se "l'Unione Europea ha reagito con unità e determinazione all'aggressione russa, dobbiamo mostrare la stessa coesione e la stessa convinzione nel tutelare le nostre economie dalle conseguenze della guerra, in particolare dai rincari energetici'', sottolineava Mario Draghi chiedendo le eventuali compensazioni rimandate a questo vertice da quello straordinario di fine febbraio.
L'imperialismo italiano intanto doveva mettere in conto una reazione russa all'escalation guerrafondaia del parlamento nero che votava per l'invio di armi all'Ucraina e per l'aumento delle spese militari mentre lo Stato maggiore pensava ai piani di guerra. La reazione, non direttamente del governo russo, era affidata alle parole del capo del Dipartimento Europa del ministero degli esteri di Mosca, Aleksej Vladimirovich Paramonov, tra l'altro insignito dei titoli di Commendatore e di Cavaliere della Repubblica italiana dal primo governo Conte anche per aver partecipato all'organizzazione della missione russa di aiuto all’Italia nella prima fase della pandemia. Paramonov in una intervista all’agenzia di stampa di stato Ria Novosti attaccava il ministro della Difesa italiano ricordando che "una richiesta di assistenza alla parte russa fu inviata allora anche dal ministro della difesa italiano Lorenzo Guerini, che oggi è uno dei principali 'falchi' e ispiratori della campagna anti russa nel governo italiano"; ricordava la natura storica e speciale dei legami tra i due paesi e sottolineava che "non abbiamo mai utilizzato le esportazioni di energia come strumento di pressione politica" ma ricordando che il ministro dell’economia francese Bruno Le Maire aveva dichiarato la "totale guerra finanziaria ed economica" alla Russia, auspicava che questa posizione non trovasse seguaci nella Ue e in particolare in Italia perché poteva provocare "una serie di corrispondenti conseguenze irreversibili". Una minaccia ben più concreta e pesante delle parole indirizzate a Guerini respinte al mittente da una solidarietà unanime al ministro.
I paesi imperialisti occidentali sono in guerra con la Russia perché forniscono singolarmente armi, istruttori e mercenari all'esercito ucraino; collettivamente si muoveranno come Nato per il "sostegno degli alleati all'Ucraina e per definire le misure per rafforzare la difesa collettiva per la sicurezza a lungo termine", sottolineava un comunicato al termine della riunione straordinaria il 16 marzo a Bruxelles dei ministri della difesa dell'Alleanza atlantica, allargata a Finlandia, Svezia, Georgia e in collegamento col ministro della difesa ucraino Oleksii Reznikov. La riunione si teneva in preparazione del vertice straordinario dei capi di stato convocato per il 24 marzo nella quale "dobbiamo reimpostare la nostra difesa collettiva e la deterrenza a lungo termine; oggi abbiamo incaricato i nostri comandanti militari di sviluppare opzioni in tutti i settori", a partire dall'aumento della presenza militare nella parte orientale dell'Alleanza, l'aumento della forza aerea alleata e di un numero significativo di navi da combattimento grazie anche al comune impegno dei partner imperialisti di investire un minimo del 2% del PIL nella difesa, precisava il segretario Stoltenberg; che era dimissionario e doveva lasciare il posto forse a un rappresentante dell'imperialismo italiano ma che data la situazione è stato riconfermato ancora per un anno.
Nella conferenza stampa a fine riunione Stoltenberg ripeteva che a fronte delle continue richieste del presidente Zelensky sull'istituzione di una no fly zone o della più recente proposta polacca di inviare le forze della Nato in Ucraina in una missione di "mantenimento della pace" la posizione dell'Alleanza restava quella
di non "schierare forze sul terreno o nello spazio aereo dell'Ucraina. Perché abbiamo la responsabilità di assicurare che questo conflitto, questa guerra, non si intensifichi oltre l'Ucraina. Vediamo morte, vediamo distruzione, vediamo sofferenza umana in Ucraina. Ma questo può diventare ancora peggio se la Nato intraprende azioni che in realtà trasformano questo in una guerra vera e propria tra la Nato e la Russia". Tanto a sostenere militarmente Kiev ci pensano i singoli paesi e la Nato finge di essere neutrale nella guerra e si prepara a rafforzare la sua presenza ai confini della Russia, a partire dai paesi baltici.
L'organizzazione militare imperialista a guida Usa elabora un progetto di guerra dietro l'altro, e prepara le contromosse al concorrente imperialista russo sul fronte europeo. Nel suo orizzonte non c'è il tema della pace ma della guerra, contrabbandata come sicurezza e una sordità agli appelli alla pace. Come quello autorevole del papa che anche nell'angelus del 13 marzo ha ripetuto la richiesta di "fermate questo massacro. Barbarie uccidere bambini e civili inermi”. Ricordando la città martire di Mariupol, che porta il nome della Vergine Maria, denunciava la "barbarie dell'uccisione di bambini, di innocenti e di civili inermi", per la quale "non ci sono ragioni strategiche che tengano"; parlava di "inaccettabile aggressione armata" e chiedeva di porre fine "ai bombardamenti e agli attacchi" puntando "veramente e decisamente sul negoziato", perché "c'è solo da cessare l'inaccettabile aggressione armata prima che riduca le città a cimiteri".
Occorre isolare ancor di più politicamente, diplomaticamente, economicamente e commercialmente l'invasore zarista russo che continua a fare terra bruciata in Ucraina e si macchia di crimini sempre più inenarrabili e barbari, come i bombardamenti contro obiettivi civili nelle città per tentare in ogni modo di fiaccare la resistenza del popolo e dell'esercito ucraini che tengono testa eroicamente e rispondono colpo su colpo alle preponderanti forze dell'invasore imperialista russo.
 

23 marzo 2022