Consiglio europeo e dibattito parlamentare
La Ue imperialista adotta la Bussola strategica dell'esercito interventista
Draghi: Rafforzare l'esercito europeo è rafforzare la Nato. Il parlamento coll'elmetto approva a larga maggioranza

Il 21 marzo il Consiglio dei ministri degli Esteri e della Difesa dell'Ue ha approvato a tambur di guerra battente la “Bussola strategica per rafforzare la sicurezza e la difesa dell'Ue nel prossimo decennio”, ossia la direttiva di politica industriale e militare comune che deve portare, “con un calendario di attuazione preciso”, alla costruzione dell'esercito europeo imperialista e interventista.
Lo stesso documento del 21 marzo, approvato e ratificato dal successivo Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo dell'Ue del 24 e 25 marzo, sottolinea che la Bussola “fornisce all'Unione europea un ambizioso piano d'azione per rafforzare la politica di sicurezza e di difesa dell'Ue entro il 2030”, a fronte “dell'accresciuta ostilità del contesto di sicurezza” che impone “un deciso salto di qualità”, e che essa “potenzierà l'autonomia strategica dell'Ue e la sua capacità di lavorare con i partner per salvaguardare i suoi valori e interessi”. Un linguaggio tipicamente comune alle potenze imperialiste e guerrafondaie. Tutto questo, si tiene a specificare, senza sminuire il ruolo dell'Alleanza atlantica, perché “un'Ue più forte e più capace in materia di sicurezza e difesa apporterà un contributo positivo alla sicurezza globale e transatlantica ed è complementare alla Nato, che resta il fondamento della difesa collettiva per i suoi membri”.
Ciononostante poco dopo si afferma che la Bussola dovrà mettere in grado l'Europa di “agire in modo rapido ed energico quando scoppia una crisi, con i partner se possibile e da soli se necessario”: cioè, tradotto, anche al di fuori dell'ambito Nato, e a tale scopo si comincerà subito col creare una forza di intervento rapido di 5.000 uomini, assistita da adeguate forze aeronavali per proiettarsi velocemente in qualsiasi teatro di operazioni anche oltre i confini europei, ed un corpo di 200 “esperti di missioni di politica di sicurezza e difesa comune (Psdc) pienamente equipaggiati entro 30 giorni, anche in ambienti complessi”. Saranno inoltre potenziate le capacità di intelligence e della ciberdifesa e sarà sviluppata una “strategia spaziale dell'Ue”.
 

La guerra all'Ucraina sblocca l'esercito europeo
La Bussola prevede anche che gli Stati membri si impegnino “ad aumentare in modo sostanziale le spese per la difesa affinché siano all'altezza della nostra ambizione collettiva di ridurre le carenze critiche in termini di capacità militari e civili, nonché per rafforzare la nostra base industriale e tecnologica di difesa europea”. Cosa che molti hanno già cominciato a fare in proprio, vedi il riarmo della Germania da 100 miliardi deciso dal governo di “centro-sinistra” e quello che si appresta a fare anche l'Italia di Draghi.
Si sottolinea poi che oltre a rafforzare la cooperazione con la Nato e altre organizzazioni internazionali di cui fa parte, l'Europa “svilupperà partenariati bilaterali più mirati con paesi e partner strategici che condividono gli stessi principi, come gli Stati Uniti, il Canada, la Norvegia, il Regno Unito, il Giappone e altri”. E svilupperà altresì “partenariati su misura nei Balcani occidentali, nel vicinato orientale e meridionale, in Africa, in Asia e in America latina”, a rimarcare le sue ambizioni non puramente difensive e solo concertate con i suoi alleati, ma anche imperialiste e interventiste per proprio conto su scala globale.
L'approvazione della Bussola europea, che dà attuazione all'agenda decisa a Versailles con la creazione del primo nucleo dell'esercito europeo interventista, realizza la proposta già avanzata in sede europea a novembre 2021 dopo lo shock dell'umiliante ritirata delle truppe Usa e Nato dall'Afghanistan. Proposta rimasta finora sospesa di fronte all'ostacolo dell'unanimità della decisione, stante l'ostilità dei paesi baltici e dell'Europa orientale, che temevano un indebolimento della Nato, e di altri paesi come Olanda e Danimarca, più legati a Stati Uniti e Gran Bretagna. Ma la guerra di Putin all'Ucraina ha spuntato ogni loro obiezione e fornito ai suoi sponsor – Francia, Germania e Italia in primis – l'occasione giusta per sbloccare il progetto. Anche se poi sarà tutta da vedere e in che tempi la sua messa a terra effettiva, vista la pluridecennale e tormentata gestazione che ha attraversato il progetto di esercito europeo di cui si parla dalla fine degli anni '90.
Il Consiglio europeo del 24 e 25 marzo, comunque, ha deciso all'unanimità la sua approvazione disponendo di “sfruttare tutto il potenziale degli strumenti e delle iniziative di finanziamento dell'Unione europea, in particolare il Fondo europeo per la difesa e la cooperazione strutturata permanente”, e che entro la fine del 2022 saranno adottate “misure per promuovere e facilitare l'accesso ai finanziamenti privati per l'industria della difesa”, anche coinvolgendo la Banca europea per gli investimenti.
 

I tentennamenti di Conte sull'aumento della spesa militare
Il 23 marzo Mario Draghi si è recato prima alla Camera e poi al Senato per illustrare la linea del governo in vista del suddetto vertice europeo, incentrata sui due temi principali dell'energia e delle misure per rendere l'Italia indipendente dal gas russo; e, appunto, della bussola europea e della decisione di aumentare la spesa per la difesa al 2% del Pil, portandola di qui al 2027 dagli attuali 25 miliardi a 40 miliardi di euro. Collegati a ciò c'erano anche i temi dell'invio di armi all'Ucraina e dell'impegno dell'Italia a sostenere l'ingresso dell'Ucraina nella Ue, che Draghi aveva ribadito con enfasi bellicista in parlamento durante il collegamento video con il presidente ucraino Zelensky.
Particolarmente caldo per il governo era il tema dell'aumento delle spese militari. Il 16 marzo la Camera aveva approvato, con i voti di tutti i partiti di governo e quelli di FdI, un ordine del giorno della Lega che chiedeva di aumentare la spesa al 2% del Pil, come stabilito dal 2014 in sede Nato. Ma subito dopo sono iniziati i ripensamenti di Salvini, ancora tentennante sull'invio di armi all'Ucraina e impegnato attualmente a sfoggiare un'improbabile postura “pacifista”, e soprattutto c'è stata la marcia indietro di Conte, preoccupato del contraccolpo sui sondaggi, che in diverse dichiarazioni annunciava che il M5S non era intenzionato a votare l'aumento anche al Senato, mettendo in conto anche una possibile crisi di governo nel caso il governo imponesse il voto di fiducia.
Questo non perché Conte sia contrario in linea di principio all'aumento al 2% del Pil chiesto dalla Nato (e come potrebbe, visto che anche i suoi due governi l'avevano confermato aumentando la spesa da 20 a 24,4 miliardi in due anni, ndr), ma perché questo non è il “momento opportuno”: “L'Italia non sarebbe all'altezza della Costituzione se oggi invece di intervenire con fondi per famiglie e imprese scegliessimo la strada di investimenti massicci sulle spese militari”, aveva detto infatti intervenendo in video al Congresso nazionale dell'Anpi.
 

Draghi stronca ogni tentazione “pacifista” e “trattativista”
Segnali inquietanti, questi, per la tenuta del governo in vista dell'approvazione in Senato del decreto per gli aiuti all'Ucraina comprensivo dell'invio di armamenti, anche perché FdI annunciava la presentazione di un'odg per l'aumento della spesa militare al 2% per stanare il M5S e rendere visibile la frattura nella maggioranza. Per queste ragioni Draghi è stato particolarmente perentorio nel suo discorso in parlamento nel sostenere l'aumento delle spese militari, e soprattutto particolarmente duro nelle due repliche nel respingere ogni critica o anche semplice manifestazione di dubbi di alcuni parlamentari, appoggiandosi spesso e platealmente agli interventi di FdI che, insieme al PD, è stato in aula il più strenuo sostenitore della sua linea militarista, interventista e guerrafondaia.
Perciò Draghi già nel suo discorso ha subito prevenuto ogni possibile obiezione “pacifista” e “trattativista” verso la Russia ancora aleggiante tra i banchi del M5S e della Lega, mettendo subito in chiaro che anche lui vuole la pace ma “la nostra volontà di pace si scontra però con quella del presidente Putin, che non mostra interesse ad arrivare a una tregua”, e che l'Italia è decisamente “a fianco dell'Ucraina” nel processo di integrazione nell'Unione europea, anzi si propone di essere il suo sponsor principale, in modo da “mandare a Kiev ulteriori segnali di incoraggiamento”.
Sull'esercito europeo Draghi ha detto che “la guerra in Ucraina ha messo in evidenza, ancora una volta, l'importanza di rafforzare la politica di sicurezza e di difesa dell'Unione europea in complementarietà con l'Alleanza atlantica: un'Europa più forte nella difesa, rende anche la Nato più forte”, ha sentenziato. Anzi, per l'atlantista ed europeista di ferro il contingente di 5.000 uomini deciso dalla Bussola europea è troppo piccolo. Rispondendo ad un deputato di FdI, ha detto infatti: “Lei ha ragione: la Bussola è un primo ma piccolo passo; non è un grosso passo. Il numero di 5.000 venne fuori circa un anno fa e, come dire, ci fu un po' di delusione quando quel numero venne fuori. Il nostro Presidente della Repubblica era Ministro della Difesa all'inizio degli anni 2000 e mi disse che all'epoca si parlava di una forza di 150 mila; quindi, insomma, ci sono delle sproporzioni”.
 

Muso duro del premier sul 2% “che abbiamo promesso alla Nato”
Quanto all'aumento delle spese militari Draghi le ha rivendicate, manco a dirlo, per mantenere “la pace” in Europa, obiettivo per il quale “i padri fondatori dell'Ue, tra cui De Gasperi, avevano progettato la Comunità europea di difesa”. “Ed è proprio per questo - ha aggiunto il banchiere massone con l'elmetto tagliando corto ai mal di pancia nel M5S, e anche ai dubbi presenti tra i cattolici dopo le aperte dichiarazioni del papa contro il riarmo - che noi vogliamo creare una difesa europea, ed è proprio per questo che noi vogliamo adeguarci all'obiettivo del 2 per cento che abbiamo promesso nella Nato”. Perfino il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, ha avuto da ridire sul piglio decisionista e militarista sfoggiato da Draghi nei confronti del parlamento, tanto da chiedere “di usare toni più pacati perché in qualche occasione sono stati percepiti un po' troppo belligeranti. La popolazione si spaventa”.
Comunque sia alla fine il parlamento con l'elmetto ha votato ad ampia maggioranza la risoluzione del governo che dava mandato a Draghi di sostenere nel Consiglio europeo “l'aspirazione europea dell'Ucraina” e l'“implementazione nel più breve tempo possibile, della Bussola Strategica al fine di rafforzare il coordinamento europeo in questo settore, in cooperazione con la Nato”. Con tutto ciò Draghi si sta distinguendo come uno dei leader europei più interventisti e guerrafondai, che con la sua politica di aumento delle spese militari, di sponsorizzazione dell'ingresso dell'Ucraina nella Ue e di invio di armamenti sta coinvolgendo il nostro Paese in uno stato di guerra di fatto a fianco degli Usa e della Nato. Con il sostegno a tutto campo e in prima fila del PD di Letta e Guerini, e perfino il puntello dell'“opposizione patriottica” dei fascisti di FdI.

30 marzo 2022