Papa Francesco: Mi vergogno del riarmo al 2%, una pazzia
L'armata neonazista del nuovo zar Putin spiana le città dell'Ucraina, bombarda i civili e affama la popolazione
Usate bombe al fosforo a Irpin e a Lugansk
La resistenza ucraina libera numerose città e costringe gli aggressori allo stallo

 
All'alba del 23 marzo fonti statunitensi affermavano che le forze di occupazione russa, inclusi i separatisti del Donbass erano riuscite a entrare a Mariupol dopo giorni e giorni di assedio, trovando una forte e determinata resistenza da parte del popolo e dell'esercito ucraino.
Eppure l'isolamento imposto dall'armata zarista continua attraverso il blocco dei convogli umanitari che stanno arrivando in città ed il blocco dei corridoi umanitari, come ha denunciato in un video notturno il presidente Zelensky nel quale afferma che i russi avrebbero anche sequestrato il personale di soccorso. Centinaia di navi cariche di grano sono bloccate nel Mar Nero.
Oggi a Mariupol, che è divenuta il simbolo dell'aggressione zarista del Paese del grano, sarebbero intrappolate secondo fonti ucraine quasi centomila persone che tentano di sopravvivere senza cibo, né acqua, né medicine, in un paesaggio infernale cosparso di cadaveri e di edifici distrutti che è divenuto ormai il comune denominatore delle principali città ucraine. Secondo l'agenzia Afp sarebbero 300 le vittime civili rimaste schiacciate dal crollo del teatro d'arte drammatica di Mariupol centrato dal bombardamento russo del 16 marzo scorso. L'ONU intanto ha dichiarato che gli osservatori presenti in città stanno ricevendo informazioni sull'esistenza di fosse comuni nella città assediata.
Sempre da Mariupol, il sindaco della città afferma che il tragico bilancio dell'assedio conta oltre cinquemila morti, di cui 210 bambini, e che circa 15mila residenti, fra i quali duemila bambini, siano stati deportati illegalmente in Russia e condotti in campi di smistamento verso città remote. “Secondo i dati forniti dalla Russia, a oggi sono già state deportate dall'Ucraina 402.000 persone, di cui 84.000 bambini”; a denunciarlo è la commissaria del Parlamento ucraino per i diritti umani, Lyudmila Denisova, definendolo l'ennesimo "crimine di guerra" dell'esercito russo.
 
I successi della Resistenza e dell'esercito ucraini
Dopo Makariv la resistenza ucraina ha ripreso anche Irpin, alla periferia nordoccidentale di Kiev (dove peraltro continuano i bombardamenti russi e le forze di terra sono bloccate dai combattenti di casa), Husarivka, Moscun, Poltavka e Malynivka nella regione sudorientale di Zaporizhzhia e Trostyanets nella regione settentrionale di Sumy segno che, invece di liquefarsi a un mese dall'inizio del conflitto, lotta eroicamente con l'esercito assieme al suo popolo, capace di distruggere anche tre navi russe nel porto di Berdyansk.
Tuttavia in Ucraina si registrano ancora furiosi combattimenti su tutto il territorio nazionale. Attacchi diffusi, sia a ovest sia a est, tanto che la tesi per cui la guerra sarebbe entrata in una fase nuova data l'ipotetica volontà dell'armata russa di dare priorità al Donbass e alla presa delle città che si affacciano sul mar Nero è smentito dai fatti. La città di Cernihiv è stata circondata e poi rasa al suolo dalle forze russe, che hanno preso anche Slavutych, cittadina nel nord dell'Ucraina a pochi chilometri da Chernobyl che ospita il personale della centrale nucleare. Esplosioni e raid aerei sono iniziati anche nella città di Leopoli, prossima al confine polacco, nella quale è stato distrutto un deposito petrolifero.
Naturalmente la Russia conta su soverchianti risorse militari, tuttavia continuano le perdite di aerei, carri armati, artiglieria, elicotteri e di 40mila soldati russi uccisi, feriti, fatti prigionieri o dispersi, secondo fonti Nato. Nonostante ridimensioni i soldati morti ad “appena” 1.351, Mosca deve fare i conti anche con episodi di diserzione rilevati da fonti militari ucraine, secondo le quali a Sumy alcune unità delle truppe russe tornerebbero indietro, rifiutandosi di combattere. Sarebbero già due i casi di rifiuto organizzato nell'esercito russo a prendere parte al genocidio degli ucraini durante la guerra. Ecco perchè, secondo gli USA, gli ufficiali di Putin starebbero reclutando combattenti georgiani, 800 hezbollah oltre all'impiego di battaglioni militari privati – mercenari dunque – come il “Wagner” fondato nel 2013 dall’ex colonnello dei servizi segreti militari russi Dmitry Utkin, di dichiarate simpatie naziste tali da ribattezzarlo, appunto, Wagner, il compositore tedesco caro ai nazisti.
Certo è che i piani di Putin – nonostante la Russia abbia annunciato nuove esercitazioni militari nell'arcipelago delle isole Curili contese col Giappone e nell'enclave russa di Kaliningrad per mostrare i muscoli - sono costretti allo stallo che da giorni contraddistingue le offensive alle città ucraine a partire proprio da Kiev, mette in luce la difficoltà incontrate dall'esercito neozarista. Stallo dovuto, secondo fonti ucraine, soprattutto alla mancanza di rifornimenti, combustibili e munizioni. Tuttavia, secondo l'intelligence britannica, i russi sarebbero pronti a puntare ad Ovest verso Odessa che si prepara da giorni alla difesa e dove fonti militari ucraine hanno annunciato di aver respinto un primo tentativo di sbarco russo dal mar Nero.
 
La minaccia nucleare zarista
Putin, che ad oggi ha perso ben sette generali caduti per mano della resistenza e dell'esercito ucraini, deve fare anche i conti col crescente dissenso interno: pochi giorni fa infatti Anatolj Chubais, inviato russo alle Nazioni Unite per le questioni climatiche, si è dimesso in dissenso con Mosca per l'invasione. Chubais, che ha lasciato la Russia dichiarando di non voler più rientrare, è la figura di più alto profilo a dimettersi da quando la Russia è entrata in guerra.
Mosca, attraverso il portavoce del Cremlino, affermava alla stampa internazionale di aver scoperto l'esistenza di trenta laboratori, a dimostrazione che gli Stati Uniti stanno sviluppando progetti biologici militari in 14 siti ucraini; allo stesso tempo il portavoce del Cremlino Peskov minacciava i Paesi Nato che hanno inviato armi a Kiev, tuonando che la Russia utilizzerà le armi nucleari se vedrà “la sua stessa esistenza minacciata”.
A questa affermazione rispondeva il Pentagono, capofila dell'imperialismo atlantista, sostenendo che questo “non è il modo in cui dovrebbe agire una potenza nucleare responsabile”. A Washington però replicava il direttore generale dell'agenzia spaziale russa Roscosmos Dmitry Rogozin in questo confronto a distanza: "Voglio confermare, conoscendo il lato tecnico della questione, che la Federazione Russa è in grado di distruggere fisicamente qualsiasi aggressore o qualsiasi gruppo di aggressori a qualsiasi distanza in pochi minuti".
Intanto però è Kiev che denuncia l'uso di bombe a grappolo e al fosforo – smentite dal Cremlino - nelle città di Hostomel, Irpin, Kramatorsk, Severodonetsk, Lysychansk, Rubizhne, Kreminna, Novodruzhesk e Voevodivka. Jens Stoltemberg, segretario Nato, ribadiva che darà ulteriore sostegno all'Ucraina sia per quanto riguarda la difesa da attacchi cyber, ma sprattutto equipaggiamento contro armi chimiche, biologiche e nucleari: "L'uso di armi chimiche da parte della Russia cambierebbe la natura del conflitto e avrebbe enormi conseguenze".
Che la Russia di Putin muova la sua armata d'occupazione con metodi nazisti trova conferme nel bollettino del Procuratore generale ucraino rilanciato dall'agenzia Unian al 28° giorno di guerra: sono stati uccisi oltre millecento civili, i bombardamenti hanno colpito 548 strutture educative fra le quali 220 scuole e 155 asili nido, oltre ad ospedali, impianti sportivi e biblioteche. La situazione peggiore è nelle regioni di Donetsk, Kharkiv (dove i russi anche hanno danneggiato il memoriale dell'olocausto nella vicina Drobitsky Yar e un laboratorio di ricerca nucleare in città), Mykolaiv, Sumy, Kherson, Chernihiv e Kiev, senza dimenticare ovviamente Mariupol.
Una mattanza senza fine che va ben oltre alla sistematica distruzione delle installazioni militari con ondate di raid aerei (oltre duemila secondo Kiev dall'inizio della guerra) che sganciano bombe ovunque, radendo al suolo città intere nel tentativo di annientarne la popolazione. Anche il bombardamento di un ponte a Chernihiv, a 130 chilometri da Kiev, ritenuto cruciale per portare aiuti umanitari ed evacuare i civili, è un episodio che dimostra come agisce l'esercito di Mosca che fino ad oggi, oltre a seminare morte e terrore, ha spinto oltre 3,8 milioni di ucraini a lasciare la propria terra rifugiandosi nei Paesi dell'UE, oltre ad 8 milioni di sfollati.
Lo Stato Maggiore ucraino ha anche affermato che i soldati russi stanno minando i campi destinati alla semina, mentre distruggono deliberatamente le macchine agricole per impedire la stessa campagna di semina primaverile, di vitale importanza per l'Ucraina.
In questa settimana di guerra si registra anche la morte della giornalista russa di The Insider, Oksana Baulina, che è stata uccisa a Kiev mentre stava filmandondo la distruzione del quartiere Podolsk, ed anche del giornalista ucraino Oleg Yakunin, caporedattore di Afisha.zp ed ora combattente, rimasto ucciso nei combattimenti a Zaporizhzhia. Finora sono 12 i giornalisti rimasti uccisi dall'inizio dell'occupazione.
Nonostante questo quadro generale al quale è seguita la proposta di alcuni Paesi imperialisti e da altrettante organizzazioni internazionali come il WTO di espellere Mosca dal G20, la Cina si erge a difesa di Putin affermando che “la Russia è un membro importante del G20, nessun paese ha il diritto di escluderne un altro da questo organismo", confermando il suo fattuale sostegno al ruolo internazionale della superpotenza zarista. Quello di Pechino è stato anche l'unico voto a favore alla risoluzione all'ONU presentata da Mosca sulla situazione umanitaria in Ucraina, che però non faceva alcun riferimento all'invasione e al ruolo di Mosca nella crisi. Eppure la Cina continua nell'ambigua equidistanza che si manifesta nella mancanza di un sostegno esplicito e diretto a Mosca mentre poi chiede opportunisticamente insieme all'India un cessate il fuoco immediato in Ucraina.
Nel frattempo i negoziati fra Russia ed Ucraina proseguono con le parti che si accusano reciprocamente: l'Ucraina afferma che le posizioni di Mosca chiedono semplicemente la sua capitolazione, La Russia invece che Kiev cambierebbe continuamente le carte in tavola rendendo vani i progressi compiuti fin qui. In una intervista con alcuni giornalisti russi indipendenti, Zelensky ha affermato di essere disposto ad accettare: “Garanzie di sicurezza e lo status neutrale e non nucleare del nostro Stato (…) era il primo punto di principio per la Federazione Russa, per quanto ricordo, e per quanto ricordo, hanno iniziato la guerra per questo".
Il presidente ucraino intanto continua a chiedere l'accoglimento del suo Paese nell'UE, oltre l'invio di armi, anche di carattere offensivo e in questo trova la disponibilità di UE, Nato e del G7 del 24 marzo, prontissimi a fornire armi anticarro, difese antimissili e droni, che si sono dimostrati molto efficaci, oltre ad ulteriori e corposi aiuti finanziari e umanitari. Anche la richiesta di Kiev di instaurare una No-fly zone nel cielo ucraino è al momento al palo per il rischio, evidente, di scatenare una terza guerra mondiale.
Nonostante tutti si dichiarino d'accordo sull'inasprimento delle sanzioni, i Paesi europei nicchiano oltremodo e non affondano il colpo che potrebbe essere decisivo per la resa di Mosca, nonostante i suoi analisti finanziari ostentino sicurezza; infatti tutti i governi UE sono concordi nel non imporre lo stop immediato alle importazioni di petrolio, ma soprattutto di gas, che rappresentano circa un miliardo di euro al giorno per le casse russe. Tuttavia USA ed UE hanno parlato di una progressiva indipendenza energetica da Mosca in futuro che starebbero già preparando, poi vedremo come, ed in quale ottica di compatibilità ecologica e ambientale.
Questo temporeggiamento ha consentito a Putin di far ancora leva sul gas stesso per mettere in difficoltà l'imperialismo occidentale, imponendo il pagamento in rubli anziché in dollari; condizione che i leader europei hanno al momento etichettato come una “violazione del contratto”, ma che Mosca pretende per rafforzare il rublo reso debole dalle sanzioni.
In questo contesto, importante e degna di nota è l'affermazione del Papa che in una udienza generale, parlando della guerra in Ucraina, ha chiesto ai governanti di capire che “comprare armi e fare armi non è la soluzione al problema. La soluzione è lavorare insieme per la pace". Un messaggio forte, rivolto ai potenti della Terra, nel quale descrive la corsa al riarmo “una vergogna” ed “una pazzia; tuttavia le parole del Papa oggi toccano gli interessi del governo interventista Draghi che ha deliberato il raddoppio delle spese militari rispetto al 2019, e perciò per il capo della Santa Sede stavolta sono pochi i rilanci in “pompa magna”, e al contrario, le sua affermazioni sono state criticate e ignorate dalla maggioranza dai media di regime italiani. “Quando c’è, - afferma in un articolo il quotidiano Avvenire - il tema scivola oltre la metà dei tg o si limita a una breve dichiarazione su alcuni grandi quotidiani nazionali.”.
Eppure lo spettro di uno scontro bellico tra forze russe e Nato che ad oggi tutti hanno dichiarato di voler evitare, non è così remoto: all'annunciata proposta della Polonia – che ha recentemente espulso 45 diplomatici russi in un quadro generalizzato di espulsioni reciproche - di voler portare al prossimo vertice Nato una ipotesi di invio di forze di “peacekeeping” in Ucraina, il portavoce del Cremlino ha risposto che si tratterebbe di una decisione “imprudente ed estremamente pericolosa che potrebbe avere serie conseguenze difficilmente rimediabili”.
Di questa disputa ai margini orientali del blocco Nato, ne approfittano gli USA che sono pronti alla costruzione di una nuova base nell'est Europa, come affermato da Biden, unita al rafforzamento Nato di tutta la striscia di confine con la Russia.
Mentre l'invasore zarista imperialista russo semina sangue, distruzione e barbarie in Ucraina, le ingerenze della Nato e degli Usa nella regione non fanno che gettare benzina sull'escalation militare finendo così per accentuare i pericoli di una guerra mondiale.

30 marzo 2022