Interessato esclusivamente all'offensiva militare nel Dombass
Il nuovo zar Putin blocca le trattative di pace

 
L'Occidente "fa di tutto per far durare" le ostilità in Ucraina accusava il 19 aprile il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu per scaricare sugli avversari imperialisti occidentali la colpa dell'inizio della guerra, che è tutta a carico del nuovo zar Putin, e del suo proseguimento proprio nel momento in cui le armate di Mosca rilanciavano l'offensiva su Mariupol e il Donbass. Una tattica sperimentata dagli occupanti sionisti in Palestina per accreditare l'occupazione e la repressione e negare financo il diritto alla resistenza del popolo palestinese, che subirebbe i massacri e i crimini di guerra di Tel Aviv perché non si arrende. Ma se le trattative di pace si sono fermate al primo passaggio durante i negoziati di Istanbul lo dobbiamo certamente alle notizie sui crimini di guerra compiuti dagli occupanti russi nella regione attorno a Kiev e a una situazione di difficoltà e di mancanza di qualsiasi risultato a favore di Putin nell'aggressione all'Ucraina. Indipendentemente dai reconditi obiettivi dell'imperialismo americano, resta il fatto inoppugnabile che la Russia è l'aggressore e l'Ucraina l'aggredito da sostenere. Putin non sembra disposto a fermarsi fino a che non sarà assicurato militarmente il controllo del Dombass, ecco perché non vuol neppure sentir parlare di una tregua, che ponga fine alla carneficina in atto, e ostacola qualsiasi cessate il fuoco e via di uscita negoziale che preservi i diritti sovrani dell'Ucraina.
Durante il negoziato a livello di ministri degli Esteri tra il ministro ucraino Dmytro Kuleba e quello russo Sergei Lavrov, che si sono incontrati in Turchia il 10 marzo ad Antalya e il 28 marzo a Istanbul i colloqui erano arrivati alla decisione di elaborare una bozza di d’accordo da portrare a un incontro al massimo livello fra Zelensky e Putin. Il 7 aprile Lavrov sosteneva che l'Ucraina gli aveva presentato una bozza di accordo di pace non corrispondente alle proposte che entrambe le parti avevano precedentemente concordato e il 12 aprile Putin dichiarava che i colloqui di pace erano in un vicolo cieco.
Nel nuovo cosmodromo di Vostochny ospitava la visita dell'alleato bielorusso Lukashenko, per festeggiare "un trionfo", il Giorno della Cosmonautica in ricordo del volo del primo uomo nello spazio il 12 aprile 1961, Putin sosteneva che a Istanbul le parti avevano raggiunto alcuni accordi in base ai quali "le garanzie di sicurezza per l'Ucraina non si applicheranno a Crimea, Sebastopoli e Donbass", che non dovevano diventare però un tema a parte.
Il processo negoziale secondo il nuovo zar del Cremlino si sarebbe fermato per "la provocazione a Bucha", che liquida come un falso costruito da chi è stato responsabile di altri crimini, come "nella città siriana di Raqqa rasa al suolo dall'aviazione americana"; un esempio che accomuna i paesi imperialisti nei crimini contro la popolazione civile e non assolve certo l'imperialismo russo nel nome di così fan tutti. Ma soprattutto, dichiarava Putin, con impareggiabile faccia di bronzo, è stata la parte ucraina che si è allontanata dagli accordi di Istanbul e ha definito questioni di sicurezza fra paesi status di Crimea, Sebastopoli e Donbass come questioni separate. I negoziati sarebbero quindi finiti in un vicolo cieco per colpa di Kiev e quindi la controparte ucraina sarebbe responsabile della continuazione della guerra, di quella che Mosca chiama "operazione militare che continuerà fino a quando non sarà completata e gli obiettivi che sono stati fissati all'inizio di questa operazione saranno soddisfatti". Dunque la guerra di aggressione e l'invasione russe non si fermeranno finché l'appetito dell'imperialismo zarista non sarà pienamente soddisfatto.
Non c'è dubbio che le atrocità commesse dalle truppe russe a Mariupol e nella periferia di Kiev, a Bucha e Borodyanka, abbiano ulteriormente ridotto le possibilità del proseguimentoi dei colloqui di pace con i russi, dichiarava il 14 aprile il presidente Zelensky in un'intervista alla Bbc . Eppure ripeteva che l'Ucraina era pronta a discutere con la Russia la permanenza fuori dalla Nato e lo status della Crimea ma solo dopo la cessazione delle ostilità e il ritiro delle truppe russe dal territorio ucraino.
"Il trattato di pace con la Russia dovrebbe prevedere due diversi documenti: uno sulle garanzie di sicurezza per l'Ucraina, l'altro sulle sue relazioni con la Federazione Russa", ribadiva Zelensky, indicando in Gran Bretagna, Usa, Italia e Turchia i paesi che "si stanno dimostrando disponibili a fare da garanti" dell'intesa. Dopo lo stop seguito alla scoperta dei crimini russi a Bucha e a Borodyanka, i negoziati non sono ripresi e difficilmente lo saranno a breve sempre per responsabilità della Russia, interessata unicamente all'offensiva militare lanciata nel Dombass. La minacciata "distruzione del nostro esercito, dei nostri ragazzi a Mariupol, porrà fine a tutti i negoziati", dichiarava il presidente ucraino il 16 aprile, "Mariupol potrebbe essere come dieci Borodyanka e voglio dire che l'eliminazione dei nostri militari, dei nostri ragazzi, porrà fine a tutti i negoziati. C'è un punto di non ritorno, perchè non scambiamo i nostri territori e la nostra gente. E più posti ci saranno come Borodyanka, più difficile sarà".

20 aprile 2022