Il summit del Negev consolida il patto di Abramo con la benedizione degli Usa
Israele guida l'alleanza militare strategica e di intelligence con Bahrain, Emirati, Marocco ed Egitto
Il loro comune nemico è l'Iran

 
La necesità di dare priorità alla sfida diretta sullo scenario asiatico col principale concorrente imperialista mondiale, la Cina di Xi Jinping, ha portato al graduale disimpegno militare dell'imperialismo americano dalla regione mediorientale, un ancora parziale disimpegno dopo due decenni di invasioni di stati sovrani, massacri, distruzioni di città e un campionario completo di crimini di guerra, e la conseguente ricerca di un sostituto di primo livello per tenere a bada le potenze egemoni locali avversarie, prima fra tutte l'Iran. Il summit del 27 e 28 marzo che si è svolto nel deserto del Negev, ovviamente presentato come un summit di pace, su iniziativa del premier sionista Naftali Bennet ha posto le basi per la creazione di una alleanza militare strategica e di intelligence con Bahrain, Emirati, Marocco ed Egitto, guidata dall'entità sionista. Una alleanza benedetta dalla presenza dell'inviato Usa e diretta apertamente contro il loro comune nemico, l'Iran, sulla scia del patto di Adamo stretto durante l'amministrazione Trump per rendere esplicita la sintonia raggiunta tra sionisti e diversi paesi arabi che tra l'altro tenta di seppellire definitivamente la questione palestinese. Ancora assente l'Arabia saudita.
Al summit hanno partecipato i ministri degli Esteri dei paesi che hanno firmato gli Accordi di Abramo del 2020, ossia Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein; di chi ha normalizzzato successivamente le relazioni coi sionisti, il Marocco; dell'Egitto del dittatore al Sisi e il segretario di Stato americano Antony Blinken. Non ci sono stati documenti pubblici conclusivi, i partecipanti probabilmente non sono riusciti a trovare un compromesso tra le loro posizioni diverse su almeno due temi importanti, l’invasione russa in Ucraina e l’accordo sul nucleare iraniano, e i giudizi possono andare da quello che annuncia la nascita di una più volte annunciata Nato israelo-araba guidata da Tel Aviv e benedetta dagli Stati uniti, sulla base della potenza militare di Israele e Egitto, fino a quello del New York Times, che prendeva atto della posizione non allineata agli Usa di Tel Aviv e degli Emirati contro la Russia di Putin e contro quelli che definiscono cedimenti all'Iran nella trattativa sul nucleare di Teheran e scriveva che forse la cosa più significativa dell’incontro è stato il fatto che ci sia stato. E che ha messo nel mirino l'Iran, potenza egemone locale concorrente e alleata con il nuovo zar Putin.
Il senso del vertice era riassunto dal premier sionista Bennet: "La nostra pace più di lungo corso, quella con l'Egitto, incontra la pace più recente, quella degli Accordi di Abramo. Stiamo tutti lavorando perché queste relazioni vengano a includere sempre più contenuti - diplomatici, economici e su questioni legate alla sicurezza - per forgiare un legame tra gli Stati moderati del Medio Oriente." Una alleanza diretta contro l'Iran perché, spiegava Bennet "mentre noi discutiamo di pace, c'è un attore nella regione che non smette di fare la guerra," come l'attacco del giorno precedente degli yemeniti Houthi, appoggiati dall'Iran, contro una raffineria a Jeddah, in Arabia Saudita. È incredibile come il leader sionista giochi in maniera ipocrita con un episodio di una lunga e sanguinosa guerra nello Yemen che è caratterizzata dai massacri di civili da parte dell'aviazione saudita con le bombe fornite anche dall'Italia.
“Gli accordi di pace regionali non sostituiscono un processo di pace con i palestinesi”, ricordava l'americano Antony Blinken che provava a mettere una pezza al mancato invito di rappresentanti dell'alleato presidente palestinese Abu Mazen. Una mancanza messa in evideneza anche da re Abdullah della Giordania, l'unico paese arabo che ha normalizzato le relazioni con Tel Aviv ma che invece di andare summit ha visitato la Cisgiordania occupata. Blinken sosteneva che “una delle questioni discusse è come i Paesi che partecipano a questo vertice possono aiutare i palestinesi”, che nella fraseologia dell'imperialismo americano e dei sionisti di Tel Aviv si traduce con nessun diritto per il popolo paletinese, discriminazione e repressione in Israle e negli altri territori occupati.

20 aprile 2022