Su iniziativa degli Usa
Vertice dei ministri della difesa di 43 paesi per sostenere con nuove armi l'Ucraina
Diversi paesi, come la Germania, invieranno “armi pesanti” all'Ucraina. La Russia minaccia ritorsioni
Putin: “Senza Crimea e Donbass accordo impossibile”

 
Il potere decisionale del Consiglio di sicurezza dell'Onu è reso inutile dal meccanismo dei veti, la Nato ha un numero limitato di partner e meccanismi di intervento definiti dagli atti fondativi solo in caso di membri aggrediti quindi per la Casa Bianca la riposta più efficace all'aggressione dell'imperiaismo russo a Kiev passa dalla costituzione di un Gruppo consultivo per la difesa dell'Ucraina che ha tenuto la prima di una serie di riunioni, da ora in avanti svolte a livello mensile, il 26 aprile nella sede centrale dell'aviazione americana in Europa a Ramstein, in Germania. Uno strumento essenzialmente militare costituito su iniziativa degli Usa a cui hanno partecipato i ministri della difesa di 43 paesi, compresi Giordania e Israele finora "neutrali", che hanno anzitutto deciso di sostenere con nuove armi, "armi pesanti" la resistenza Ucraina.
Nell'intervento di apertura dei lavori e nella conferenza stampa finale di "questo storico incontro" il segretario alla Difesa americano Lloyd Austin ha sinteticamente tracciato i compiti del gruppo consultivo a partire dal principale, "aiutare l'Ucraina a vincere la battaglia contro la Russia", perché "la guerra scatenata da Vladimir Putin è ingiustificabile, così come le atrocità commesse dalle forze russe. È un conflitto di natura imperiale. È un affronto per i popoli liberi. L’Ucraina invece lotta per difendere la propria sovranità”. Finora, sottolineava Austin, "l’Ucraina ha fatto un lavoro straordinario per difendere la sua sovranità contro l'aggressione russa e la battaglia di Kiev entrerà nei libri di storia. Ma ora la situazione sul campo è cambiata, con l’offensiva nel sud e nel Donbass e dobbiamo capire di cosa ha bisogno l’Ucraina per combattere” e cosa fare per fornirglielo urgentemente, "compresa la mobilitazione della nostra base industriale”.
Austin ricordava che finora l'assistenza militare per sostenere l'autodifesa ucraina è stata di più di 5 miliardi di dollari di attrezzature, dei quali circa 3,7 miliardi di dollari da parte americana, ed è arrivata a velocità record e "tutto il mondo può vedere la differenza che sta facendo sul campo di battaglia".
Nella conferenza stampa a fine lavori il segretario alla Difesa americano ufficializzava la decisione annunciata dal ministro tedesco Lambrecht dell'invio all'Ucraina di circa 50 sistemi antiaerei Cheetahha e altri armamenti pesanti necessari alla guerra campale nel sud del paese aggredito, così come le nuove forniture di armi e "istruttori" decise dai governi britannico e canadese. Berlino con questa decisione si può dire che rompe gli indugi e così risponde alle richieste di Kiev di fornire un aiuto consistente senza il timore di ritorsioni che mettano in pericolo le essenziali forniture di gas dalla Russia. Al salto di qualità nella fornitura di "armi pesanti" all'Ucraina contribuiscono anzitutto Usa e Gran Bretagna ma anche l'Italia non vuol essere da meno e a Ramstein il ministro Guerini annunciava che l’Italia farà la sua parte.
Già il 30 aprile i nuovi sistemi di difesa aerea arrivavano a Odessa grazie alla accelerazione impressa ai rifornimenti militari dal nuovo comando logistico creato apposta dagli Usa, l'European Control Center Ukraine (ECCU), che viaggia al ritmo di consegna di quasi 10 voli al giorno. Attraverso questa corsia preferenziale viaggiano le nuove armi americane, ammesso che non siano già arrivate all'esercito ucraino e ai circa 3.000 volontari americani che già combattono nel paese, annunciate alla vigilia dell'incontro di Ramstein e che includono cannoni Howitzer da 155mm e almeno 121 droni tattici Phoenix Ghost.
Nella conferenza stampa Austin sottolineava che il primo passo era quello di porre fine a questo conflitto, ricordava che era stato Putin a iniziare la guerra e potrebbe porre fine al conflitto se iniziasse una deescalation militare e tornasse al tavolo dei negoziati; il primo passo non spetta al'Ucraina che "sta combattendo una guerra di necessità per difendere la sua democrazia, la sua sovranità e i suoi cittadini" e avvisava che "la posta in gioco va oltre l'Ucraina e persino oltre l'Europa" e quindi il gruppo di contatto lavorerà per la "vittoria nella lotta di oggi e nelle lotte a venire".
La risposta della Russia era un misto di ritorsioni e minacce a partire dal nuovo zar Putin che annunciava di essere pronto a "usare armi mai viste”, e non solo quelle nucleari che già basterebbero. Armi modernissime tipo i missili intercontinentali Samat in grado di perforare lo scudo difensivo americano, i siluri con armi nucleari Poseidon, i missili ipersonici come il Khinzal e lo Zircon, un modo per dire che il Cremlino non teme il braccio di ferro sull'Ucraina e oltre. Il presidente della Duma, la camera bassa del Parlamento russo, Vyacheslav Volodin, attaccava il 2 maggio "i leader degli Stati europei guidati dalla Germania che possono trascinare i loro popoli in enormi problemi. Essi diventano parte del conflitto fornendo armamenti all'Ucraina".
Putin ripeteva che "senza Crimea e Donbass l'accordo è impossibile”. L'aggressore vorrebbe dettare le condizioni della resa all'aggredito a partire dal riconoscimento a prescindere dell'annessione della Crimea sancita dal referendum del 2014 ma organizzato da Mosca e dell'occupazione delle repubbliche indipendentiste del Donbass, gli oblast di Donetsk e Lugansk.
Ma non solo. Il ministro degli Esteri russo Lavrov dipingeva "l'operazione militare speciale russa in Ucraina" come un contributo anche "alla liberazione del mondo dall'oppressione neocoloniale dell'Occidente" in una intervista del 29 aprile all'agenzia cinese Xinhua, dove esprimeva “gratitudine” a Pechino, che non ha condannato l’invasione russa dell’Ucraina, “così come ad altri partner Brics (Brasile, India e Sudafrica, oltre a Cina e Russia), per la loro posizione equilibrata sulla questione ucraina”. Non siamo affatto isolati, voleva sottolineare Lavrov che aggiungeva altre richieste dell'invasore russo al tavolo negoziale quali "la questione della denazificazione, del riconoscimento di nuove realtà territoriali, lo stop alle sanzioni contro la Russia". Il capo della diplomazia russa definiva la decisione di Ramstein di inviare in Ucraina sistemi di difesa aerea, missili anticarro, mezzi corazzati, droni di nuova generazione “una provocazione” che avrà l’effetto di prolungare il conflitto e sosteneva che "in sostanza, armando l’Ucraina, la Nato è impegnata in una guerra per procura contro la Russia”. Una tesi, questa, assolutamente falsa e ingannatoria perché cerca di rovesciare la verità e di negare platealmente che la guerra è scoppiata per esclusiva responsabilità russa, che ha invaso militarmente un Paese indipendente e sovrano com'è l'Ucraina. Non è scoppiata per iniziativa ma ai danni di quest'ultima. Piuttosto il nuovo zar Putin e la sua armata neonazista non si aspettavano questa eroica Resistenza del popolo, dell'esercito e del governo ucraini che ha impedito loro di annientarla e occuparla esattamente come è avvenuto otto anni prima nel 2014.
Chiaro che la questione centrale al momento è la sconfitta degli aggressori imperialisti russi e dei loro piani egemonici che passa necessariamente dalla difesa intransigente dei diritti sovrani dell'Ucraina aggredita. L'Ucraina ha il diritto all'ultima parola su come condurre la guerra, su come tenere i negoziati e su come può finire. Il popolo e l'esecito ucraino non sono le truppe cammellate dell'imperialismo occidentale impegnate nelle premesse del primo scontro della storia moderna contro l'imperialismo orientale, non sono forze impegnate nella guerra per procura della Nato contro Mosca come ha tentato di presentarle Lavrov; in questo momento sono la principale parte in causa che deve essere sostenuta nella sua difesa dall'aggressione. E che ha il diritto di pretendere "il ripristino della sovranità su tutto il suo territorio entro i confini internazionalmente riconosciuti", ribadito l'1 Maggio dal ministro degli Esteri ucraino Dmitry Kuleba in un'intervista alla Xinhua, in una guerra che "finirà quando vinceremo" dichiarava il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy in un'intervista pubblicata il 2 maggio dal giornale greco Kathimerini .
Ecco perché riaffermiamo che è un diritto sacro per l'Ucraina battersi per essere un Paese libero, indipendente, sovrano e integrale.

4 maggio 2022