Una “riforma” auspicata dal famigerato “Piano di rinascita democratica” della P2 di Gelli e Berlusconi
I magistrati bocciano la “riforma” Cartabia
Elezione diretta dei magistrati

La "riforma" dell'ordinamento giudiziario costituisce un punto fondamentale del programma, già contenuto nel PNRR, della complessiva "riforma" promossa dal ministro della Giustizia Marta Cartabia la quale - anche alla luce dei recenti gravissimi scandali che hanno investito la magistratura ordinaria e soprattutto il suo organo di autogoverno, il Consiglio superiore della magistratura – si prefigge l'obiettivo di garantire un esercizio dell'autogoverno della magistratura libero da condizionamenti esterni o da logiche non improntate al solo interesse del buon andamento dell'amministrazione della giustizia.
A tale scopo la Cartabia ha istituito con decreto ministeriale del 26 maggio 2021 la Commissione di studio presieduta dal giurista Massimo Luciani, la quale ha emendato il disegno di legge A.C. 2681 già presentato alla Camera dall'ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede il 28 settembre 2020. Il testo definitivo del disegno di legge elaborato dalla Commissione Luciani, composto di 41 articoli e presentato alla Camera dal governo Draghi come disegno di legge A.C. 2681-A, è stato già approvato dalla Camera dei Deputati il 26 aprile 2022 ed è in attesa dell'approvazione da parte del Senato.
Numerosi e complessi sono gli aspetti dell'ordinamento giudiziario toccati dalla "riforma", ed è opportuno esaminarli separatamente per singoli e specifici temi.
 
Incarichi direttivi e semidirettivi dei magistrati
Il disegno di legge approvato alla Camera prevede che il governo dovrà intervenire sulla disciplina del conferimento e della conferma degli incarichi direttivi e semidirettivi dei magistrati da parte del Consiglio superiore della magistratura (l'organo costituzionale di autogoverno della magistratura ordinaria previsto dall'articolo 104 della Costituzione), applicando al procedimento di nomina principi di trasparenza e di valorizzazione del merito.
La novità consiste nel fatto che, nell’assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi, dovranno essere valutati le attitudini, il merito e l’anzianità dei magistrati candidati, assegnando rilevanza al criterio dell’acquisizione di specifiche competenze rispetto agli incarichi per cui è richiesta una particolare specializzazione, e alla conoscenza del complesso dei servizi resi dall’ufficio o dalla sezione, per la cui direzione è indetto il concorso, alla capacità di analisi ed elaborazione dei dati statistici, alla conoscenza approfondita delle norme che regolano l'ordinamento giudiziario e alla capacità di efficiente organizzazione del lavoro giudiziario.
 
Valutazione della professionalità dei magistrati
Il disegno di legge delega il governo a consentire ai componenti laici (ossia agli avvocati e ai professori di diritto) dei singoli Consigli giudiziari (che sono organi costituiti presso ogni Corte d'Appello italiana che comprendono magistrati, avvocati e professori di diritto) di partecipare alla discussione finalizzata alla formulazione dei pareri per la valutazione di professionalità dei magistrati: la normativa approvata alla Camera valorizza soprattutto il ruolo di controllo dell'avvocatura, consentendole di esprimere un voto unitario in sede di deliberazione sulla valutazione di professionalità dei magistrati, nel caso in cui il Consiglio dell’ordine degli avvocati (che è l'organo di autogoverno territoriale dell'avvocatura) abbia effettuato segnalazioni negative sui magistrati in verifica.
Anche in questo caso si tratta di una innovazione radicale rispetto al previgente sistema.
 
Procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati e valutazione di professionalità
La "riforma" prevede che i fatti costituenti illecito disciplinare accertati in via definitiva in sede disciplinare da parte del Consiglio superiore della magistratura a carico di un magistrato dovranno essere oggetto di valutazione ai fini della progressione della carriera, anche se l’illecito si colloca in un quadriennio anteriore a quello sul quale verte la valutazione di professionalità.
 
Accesso alla magistratura
Con l’intento dichiarato di ridurre i tempi che intercorrono tra la laurea dell’aspirante magistrato e la sua immissione in ruolo, si abbandona il concorso di secondo grado come è avvenuto finora e si prevede che la Scuola superiore della magistratura (un'organizzazione interna alla magistratura che si occupa della formazione dei magistrati) organizzi corsi di formazione per laureati che abbiano in corso o abbiano svolto il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari e per gli addetti all’ufficio del processo assunti a tempo determinato per l’attuazione degli obiettivi del PNRR. La "riforma" prevede che gli scritti del concorso in magistratura siano tre (civile, penale e amministrativo) e che l’orale includa anche la materia giuridica del diritto della crisi e dell’insolvenza.
 
Ufficio del massimario e del ruolo
Il disegno di legge approvato alla Camera conferma l’attuale pianta organica dei magistrati della Corte di cassazione, prevedendo per l'ufficio del massimario e del ruolo (che ha il fondamentale compito di analisi sistematica delle decisioni della stessa Corte allo scopo di garantire la funzione nomofilattica, consistente nell'uniformità dell'interpretazione della legislazione) 67 magistrati che abbiano conseguito almeno la seconda valutazione di professionalità e che abbiano effettivamente esercitato le funzioni giudiziarie per almeno 8 anni (il d.d.l. In principio ne richiedeva 10). I magistrati addetti a tale delicatissima funzione devono essere in possesso di una comprovata capacità scientifica e attitudine all'analisi delle norme giuridiche.
Rispetto all'attuale normativa sono esclusi limiti temporali (oggi l’applicazione all'ufficio del massimario e del ruolo è per massimo 3 anni non rinnovabili) purché si tratti di magistrati che abbiano conseguito la terza valutazione di professionalità.
 
Svolgimento di incarichi politici da parte dei magistrati
Il disegno di legge amplia le ipotesi di ineleggibilità non solo dei magistrati ordinari (ossia di coloro che sono sottoposti al Consiglio superiore della magistratura), ma anche di quelli amministrativi, contabili e militari, prescrivendo che essi non possano assumere incarichi di governo nazionale, regionale o locale, se non siano collocati in aspettativa senza assegni all'atto dell'assunzione dell'incarico.
La nuova normativa approvata dalla Camera prevede che durante il mandato elettivo e lo svolgimento di incarichi di governo il magistrato debba obbligatoriamente trovarsi in aspettativa e fuori ruolo e che, in relazione al trattamento economico, possa scegliere tra la conservazione di quello in godimento e la corresponsione dell'indennità di carica.
La "riforma" disciplina quindi il ricollocamento in ruolo dei magistrati che si siano candidati – senza però essere eletti - alle elezioni europee, politiche, regionali o amministrative, introducendo una serie di limiti, di durata triennale, agli uffici e alle funzioni che possono essere assegnate al magistrato, e disciplina, altresì, il ricollocamento dei magistrati che abbiano svolto mandati elettivi, indipendentemente dalla durata, prevedendone l'inquadramento in un ruolo autonomo del Ministero della giustizia, di altro Ministero o della Presidenza del Consiglio dei ministri o la destinazione ad attività non giurisdizionali. La "riforma" regola, infine, il ricollocamento dei magistrati che abbiano assunto incarichi direttivi in enti pubblici o incarichi di governo non elettivi, prevedendo, per i primi, la destinazione, per i successivi 3 anni, ad incarichi non direttamente giurisdizionali e, per i secondi, la destinazione, fino alla pensione, ad incarichi non direttamente giurisdizionali o il collocamento in posizione di fuori ruolo, presso il Ministero di appartenenza o la Presidenza del Consiglio, oppure presso altre amministrazioni, con trattamento economico a carico dell’amministrazione di appartenenza.
 
Composizione e organizzazione del Consiglio superiore della magistratura
La "riforma" modifica il numero dei componenti elettivi del Consiglio, che viene portato dagli attuali 24 a 30 complessivi, di cui 20 magistrati ordinari (al posto dei 16 attuali) e 10 eletti dal Parlamento tra le categorie degli avvocati e dei professori universitari di diritto (al posto degli attuali 8).
Erano prima, e sono tuttora, membri di diritto di tale organo costituzionale il Presidente della Repubblica, il primo presidente della Corte di cassazione e il Procuratore generale presso la Corte di cassazione.
Il disegno di legge prevede inoltre la possibilità che la Segreteria e l'Ufficio studi del Consiglio superiore della magistratura aprano a componenti esterni, la prima a dirigenti amministrativi con almeno 8 anni di esperienza il secondo ad avvocati con almeno 10 anni di esercizio, professori universitari e ricercatori universitari selezionati per titoli e colloquio.
 
Attribuzioni e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura
Per quanto concerne le modifiche in materia di attribuzioni e funzionamento di tale organo, il disegno di legge attribuisce al Consiglio stesso l’adozione di un regolamento generale per disciplinare la propria organizzazione e il proprio funzionamento.
Per quanto riguarda la composizione delle commissioni, che avranno durata biennale, si conferma l'attribuzione al Presidente della Repubblica, quale presidente del Consiglio superiore della magistratura, del potere di formazione delle commissioni previste dalla legge. Viene introdotta, infine, l'incompatibilità, per i membri effettivi della Sezione disciplinare, a partecipare alle Commissioni I, III, IV e V cioè le Commissioni che decidono su incarichi direttivi e semidirettivi, trasferimenti di ufficio e valutazioni di professionalità.
 
Sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura
L'intervento più significativo su tale organo costituzionale riguarda il suo sistema elettorale per la nomina dei componenti togati (13 magistrati giudicanti dei Tribunali e delle Corti d'appello, 5 magistrati appartenenti all'ufficio del Pubblico Ministero e 2 giudici della Corte di cassazione), con la previsione di un sistema maggioritario con correttivo proporzionale.
L’elezione è maggioritaria nel collegio unico binominale nazionale per i 2 posti riservati ai giudici della Cassazione e in esso vengono eletti i due magistrati più votati. Dei 5 magistrati che esercitano funzioni di Pubblico Ministero presso i Tribunali, le Corti d'Appello e presso la Direzione Nazionale Antimafia, 4 si eleggono in due collegi binominali in modo maggioritario, il quinto invece è il migliore terzo per percentuale di voti presi sul totale degli aventi diritto al voto. Dei 13 magistrati giudicanti, 8 sono eletti con sistema maggioritario binominale su quattro collegi territoriali omogenei, mentre 5 sono eletti su base proporzionale in un collegio unico nazionale.
Il correttivo proporzionale, secondo l'intenzione della "riforma", intende favorire il pluralismo, valorizzando i magistrati che non sono sostenuti dai gruppi associativi. Il disegno di legge approvato alla Camera prevede esclusivamente candidature individuali, con un minimo di sei candidati in ogni collegio binominale, di cui tre del genere meno rappresentato. Se non ci sono candidature spontanee la normativa prevede che si proceda a un sorteggio per arrivare al minimo dei candidati previsti, e un sorteggio è altresì previsto per riequilibrare le candidature del genere meno rappresentato.
 
Le reazioni dei magistrati alla "riforma" Cartabia
Alcuni punti della "riforma" hanno ricevuto aspre critiche da parte di associazioni di magistrati già nei mesi scorsi, quando iniziavano a circolare bozze del lavoro della Commissione Luciani.
Il 12 dicembre 2021 l'associazione Area democratica per la giustizia prendeva di mira, in una nota pubblicata sul proprio sito, il nuovo sistema elettorale del Consiglio superiore della magistratura: “in base alle prime, concordi, notizie – si legge nella nota - la riforma elettorale scelta per il CSM dal Ministro Cartabia prevede un sistema con pochi collegi maggioritari a doppia preferenza. Se tale fosse, non risponderebbe ad alcuno dei tratti necessari a rimuovere la deriva correntizia e a conferire al Consiglio quel ruolo di rappresentatività che la Costituzione gli assegna ”.
Un sistema, quale quello indicato dalla Ministra, caratterizzato da collegi maggioritari bi-nominali di grandi dimensioni ” – prosegue la nota - “induce a restringere al massimo la platea dei candidati, e perpetra dinamiche di sostanziale designazione degli eletti da parte delle correnti o dei potentati locali che a volte in esse operano. Questo è tanto evidente che il sistema prevede, per compensare questo maleficio, un irrazionale sorteggio di candidati al fine di ampliare la rosa; come se i candidati sorteggiati avessero una reale capacità competitiva e non esaurissero il loro ruolo in quello di meri simulacri di una pluralità di fatto inesistente ”.
Il pluralismo dell’autogoverno – continua la nota - ivi inclusa la possibilità di candidature estranee alle correnti, è sostanzialmente precluso. Un sistema maggioritario, bi-nominale, a preferenza unica con collegi di grandi dimensioni determina che gli eletti saranno tutti riferibili ai due gruppi associativi che raccolgono i maggiori consensi, così lasciando fuori le altre identità culturali. Questo effetto, assolutamente prevedibile, è estremamente dannoso in un organismo che non è sottoposto alle regole della governabilità ma a quelle della rappresentatività. Peraltro, un Consiglio nel quale vi siano due gruppi contrapposti che, alternativamente, acquisiranno una maggioranza relativa di scarsa misura, verrà di fatto dominato dagli eletti dal Parlamento, che costituiranno il vero ago della bilancia. Questa dinamica rischierà di aumentare il peso della politica e dei partiti sulle scelte del CSM, prime tra tutte quelle relative alle nomine dei direttivi, con effetti potenzialmente lesivi dell’autonomia ed indipendenza dei nominati. Un sistema, quindi, che non è impermeabile alle clientele, più che in passato, ma che espone ad una forte interferenza non solo delle correnti ma anche dei partiti politici.
Se auspicavamo un sistema che riavvicinasse i magistrati all’autogoverno dopo gli scandali, questo obiettivo, sintesi dei precedenti, viene definitivamente frustrato ”.
È evidente la delusione, da parte dei magistrati di Area democratica per la giustizia, per una "riforma" che, anziché garantire l'indipendenza dei magistrati dal governo, continuerà a perpetrare quella collusione, all'interno del Consiglio superiore della magistratura, tra consiglieri togati e laici e a determinare la sudditanza dei primi nei confronti dei secondi, per cui non è azzardato affermare che la squallida vicenda di Palamara, con i magistrati che andavano dai politici con il cappello in mano per ottenere avanzamenti di carriera, è destinata probabilmente a continuare, creando peraltro all'interno della stessa magistratura gravi contraddizioni tra magistrati che hanno un santo in paradiso, o meglio al Consiglio superiore della magistratura, e quelli che non ce l'hanno.
Magistratura democratica, un'altra importante associazione di magistrati, dal canto suo inviava il 19 aprile 2022 (pochi giorni prima dell'approvazione alla Camera del disegno di legge) una allarmata lettera aperta al presidente dell'Associazione nazionale magistrati (l'organismo rappresentativo dei magistrati italiani).
Magistratura democratica – si legge nella lettera aperta - esprime preoccupazione per la direzione che sta prendendo il disegno riformatore. Le gravi degenerazioni che hanno posto in discussione la credibilità della magistratura richiedono sicuramente riforme. Ma quelle in discussione non sono adeguate ad incidere sulle patologie emerse. La riforma proposta, infatti, è fortemente alimentata da una malintesa idea di 'meritocrazia' (degenerata in carrierismo), da una tendenza a rafforzare gli elementi di gerarchia interni alla magistratura, dalla tendenza a condizionare l’attività del governo autonomo della magistratura al di fuori di percorsi di confronto pubblici e trasparenti. Il progetto di riforma non offre rimedi atti ad intervenire efficacemente su nessuno di questi aspetti e, viceversa, rischia di incidere profondamente sulla fisionomia costituzionale della magistratura e dei singoli magistrati ”.
Il punto centrale di critica, ma non certo l'unico, di Magistratura democratica al disegno di legge riguarda le riforme in materia di valutazioni e di professionalità che rischiano, ad avviso di questa associazione, non soltanto di non stimolare ma addirittura di “arretrare la cultura professionale dei magistrati ”.
L’idea di enfatizzare nella valutazione di professionalità il tasso di conferme ottenute dalla decisione nei successivi gradi di giudizio – continua la lettera aperta di Magistratura democratica - alimenterà il conformismo giudiziario e disegnerà l’immagine di una magistratura piramidale. La riforma rischia di introdurre prassi professionali pigre, intellettualmente poco curiose, tendenzialmente supine agli orientamenti cristallizzati nella giurisprudenza di legittimità ”.
La riforma – prosegue la lettera - rischia di consegnare nelle mani della sola Corte di cassazione l’attività di riconoscimento alle nuove istanze di tutela che provengono dalla società e che non trovano ancora chiara risposta nel dettato legislativo. Il che rischia di trascurare il fatto che, per dirla con l’ex presidente della Consulta Grossi, i giudici (soprattutto) di merito – sono 'in approccio continuo coi fatti di vita e di essi percettori'. È nell’inevitabile dinamismo della giurisdizione di merito che l’ordinamento può riconoscere il dinamismo della società ”.
Si coglie nel testo una contraddizione fondamentale tra i giudici di merito (che hanno la funzione di accertare le vicende oggetto del procedimento giudiziario, in modo da portare ad una decisione concreta sull’accaduto) e quello di legittimità (che ha l'esclusivo compito di verificare la corretta applicazione, da parte del giudice di merito, dei principi di legge e della normativa che regola la controversia su cui tale giudice di merito si è pronunciato). Nel nostro sistema giudiziario sono giudici di merito il Giudice di Pace, il Tribunale e la Corte d'Appello, mentre l'unico giudice di legittimità è la Corte di Cassazione. Sono i giudici di merito, secondo l'analisi proposta da Magistratura democratica, ad avere un contatto immediato e diretto con la società e con le esigenze di tutela che da essa scaturiscono, mentre la Cassazione ha un ruolo eminentemente scientifico e speculativo, troppo spesso lontano dalla società e dalle sue concrete esigenze, con un sostanziale ruolo di giudizio sull'operato dei giudici di merito rispetto alle norme. I giudici di merito sono capillarmente e concretamente diffusi sul territorio che essi ben conoscono, mentre la Cassazione ha un'unica sede a Roma. La preoccupazione di Magistratura democratica è che la "riforma" svilisca il ruolo dei giudici di merito a favore della Cassazione, con il rischio di una vera e propria burocratizzazione del diritto e un allontanamento di esso dai bisogni concreti della società. Come si vede, è una preoccupazione certamente tecnica al fine di preservare il ruolo dei giudici di merito, ma è anche una preoccupazione politica volta a sancire il principio della mera strumentalità delle istituzioni nei riguardi della società, una subordinazione della sovrastruttura giurisdizionale rispetto alla struttura sociale.
Riteniamo la riforma preoccupante – conclude la lettera - perché essa non risponde all’interesse dei consociati. Ed è questo aspetto che ci preme mettere maggiormente in luce nel veicolare le ragioni del nostro dissenso al progetto di legge in discussione in Parlamento. Siamo consapevoli della necessità che la magistratura associata si presenti unita a questo appuntamento, non per tutelare la corporazione, ma perché la giurisdizione possa raggiungere il proprio obiettivo, cioè la tutela dei diritti vecchi e nuovi dei cittadini, specialmente quelli più deboli e marginali ”.
Anche autorevoli magistrati, come il consigliere del Csm Antonino Di Matteo, hanno pesantemente criticato la "riforma" Cartabia. In un'intervista rilasciata ad Adnkronos lo scorso 11 aprile, pochi giorni prima dell'approvazione del disegno di legge alla Camera, ha affermato che “la riforma costituisce un'ulteriore dimostrazione di una pericolosa voglia di rivalsa nei confronti della magistratura. Il segnale di un vero e proprio regolamento di conti ”, ed è chiaro che il magistrato siciliano intenda dire che la volontà di rivalsa proviene dal goveno e dai partiti parlamentari.
Le preoccupazioni di Magistratura democratica e della parte politicamente e socialmente più avanzata della magistratura italiana hanno fatto sì che il 30 aprile 2022 l'assemblea nazionale dell'Associazione nazionale magistrati deliberasse a larghissima maggioranza (1.081 voti favorevoli, 169 contrari e 13 astenuti) per il 16 maggio una giornata di sciopero dei magistrati italiani contro la "riforma", con la previsione della possibilità di ulteriori forme di protesta se non ci saranno aperture.
 
“Riforma” Cartabia e “Piano di rinascita democratica” della P2
I magistrati hanno tutte le ragioni per protestare contro questa “riforma” dell'ordinamento giudiziario auspicata fin dagli anni Settanta dell'altro secolo dal famigerato “Piano di rinascita democratica” della P2 che si proponeva l'obiettivo di depotenziare la magistratura e il ruolo dei pm e subordinarli al potere politico dell'esecutivo. Un piano golpista che hanno cercato di realizzare prima Craxi, poi il piduista Berlusconi, successivamente la Bicamerale presieduta dal rinnegato D'Alema e più di recente Renzi. Oggi, secondo Cartabia, ce lo chiedono l'Europa e il PNRR, ma vogliamo ricordare che anche ieri Berlusconi e Renzi la giustificavano con la necessità di conformare l'ordinamento giudiziario italiano al diritto europeo.
Nel primo dei tre Obiettivi enunciati subito dopo la Premessa, e precisamente alla lettera e), quel “Piano” esordiva prescrivendo: “la magistratura deve essere ricondotta alla funzione di garante della corretta e scrupolosa applicazione delle leggi ”; ovvero doveva essere espropriata del privilegio dell'indipendenza e autonomia e ricondotta alla diretta e totale dipendenza del governo e del potere politico.
Basta richiamare due punti programmatici di quel “Piano” per comprendere le analogie tra quel che invocava la P2 di Gelli e Berlusconi e le misure introdotte dalla “riforma” Cartabia:
“Ordinamento giudiziario: le modifiche più urgenti investono:
la responsabilità civile (per colpa) dei magistrati;
il divieto di nomina sulla stampa i magistrati comunque investiti di procedimenti giudiziari;
la normativa per l’accesso in carriera (esami psicoattitudinali preliminari);
la modifica delle norme in tema di facoltà libertà provvisoria in presenza dei reati di eversione – anche tentata – nei confronti dello Stato e della Costituzione, nonché di violazione delle norme sull’ordine pubblico, di rapina a mano armata, di sequestro di persona e di violenza in generale.“
(..)
“Ordinamento Giudiziario
I – unità del Pubblico Ministero (a norma della Costituzione – articoli 107 e 112 ove il P.M. è distinto dai giudici);
II – responsabilità del Guardasigilli verso il Parlamento sull’operato del P.M. (modifica costituzionale);
III – istruzione pubblica dei processi nella dialettica fra pubblica accusa e difesa di fronte ai giudici giudicanti, con abolizione di ogni segreto istruttorio con i relativi e connessi pericoli ed eliminando le attuali due fasi di istruzione;
IV – riforma del Consiglio Superiore della Magistratura che deve essere responsabile verso il Parlamento (modifica costituzionale) ;
V – riforma dell’ordinamento giudiziario per ristabilire criteri di selezione per merito delle promozioni dei magistrati, imporre limiti di età per le funzioni di accusa, separare le carriere requirente e giudicante, ridurre a giudicante la funzione pretorile;
VI – esperimento di elezione di magistrati (Costit. art. 106) fra avvocati con 25 anni di funzioni in possesso di particolari requisiti morali”.
 
Per contro, noi marxisti-leninisti, richiamando il Nuovo programma d'azione del PMLI in tema di politica giudiziaria, ci battiamo per:
“37) Difendere l'indipendenza e l'autonomia della magistratura nei confronti del governo. 38) Opporsi alla divisione del Consiglio superiore della magistratura (Csm) in due sezioni distinte (giudici e pubblici ministeri) e alla separazione delle carriere e delle funzioni tra magistrati giudicanti e magistrati inquirenti. 39) Contrastare l'aumento dei membri "laici" all'interno del Csm tendente ad aumentare il controllo dell'organo di autogoverno dei giudici da parte dei partiti parlamentari.“
E in ogni caso per poter favorire una vera indipendenza e un'autentica autonomia dei magistrati dal potere politico e dal governo borghesi occorrerebbe la loro elezione diretta da parte della popolazione.

11 maggio 2022