Per giustificare l'invasione russa all'Ucraina
Il nuovo zar Putin strumentalizza la grande vittoria dell'URSS di Stalin contro il nazismo

 
Nei suoi discorsi del 21 e 24 febbraio che volevano spiegare le ragioni della Russia nel dare il via all'invasione dell'Ucraina, era espresso con chiarezza il disegno imperialista e neozarista di Vladimir Putin, dalla riscrittura della storia del paese aggredito a uso e consumo dell'aggressore per rimetterlo sotto il proprio controllo alla narrazione delle vicende più recenti che a causa dell'allargamento della Nato fino ai propri confini avrebbero lo avrebbero "costretto" a effettuare "un'operazione militare speciale ", l'agghiacciante eufemismo al posto di guerra, per "proteggere " la popolazione russofona del Donbass e "smilitarizzare e denazificare l'Ucraina ”. E imporre ai paesi imperialisti occidentali le condizioni di nuovi equilibri in Europa corrispondenti agli interessi dell'imperialismo russo.
A due mesi di distanza registriamo che l'Ucraina non è certo smilitarizzata ma un campo di battaglia, teatro di crimini nazisti perpetrati dall'aggressore russo che ha fallito di fronte all'eroica resistenza dell'esercito e del popolo ucraino. E il nuovo zar Putin alla parata militare a Mosca del 9 maggio, da comandante in capo supremo delle forze armate della Federazione russa non può appuntarsi al petto una nuova medaglia, comunque di tutt'altro valore, come forse sperava e ha strumentalizzato anche la grande vittoria dell'URSS di Stalin contro il nazismo per giustificare l'invasione russa all'Ucraina, per ridare lustro e ripetere il ritornello delle falsità storiche.
La parata militare sulla Piazza Rossa in occasione dei festeggiamenti per celebrare la vittoria nella Grande Guerra Patriottica del 1941-1945, la fine della seconda guerra mondiale che in Europa si tiene l'8 maggio, era stata ripristinata da Putin nel 2008 nella data simbolo del 9 maggio non tanto per ricordare la fine della Seconda Guerra Mondiale e la sconfitta di Hitler e del nazismo quanto piuttosto per riattizzare il patriottismo e mostrare al mondo la potenza militare dell'imperialismo russo. Quella di quest'anno, il 77° anniversario, l'ha strumentalizzata per inventare una sorta di continuità e analogia storica tra quell'avvenimento e la presente invasione militare russa dell'Ucraina e dunque per sostenere la necessità di continuare la guerra di aggressione con la sua criminale scia di stragi di civili e città ridotte in macerie dai bombardamenti.
Insomma il nuovo zar non riesce in alcun modo a difendere e giustificare l'attuale guerra di aggressione all'Ucraina davanti al proprio popolo e allora si appropria della vittoria della Grande guerra patriottica eroicamente vinta dall'Urss di Stalin per compiere una mostruosa opera di falsificazione e strumentalizzazione storica tra l'Urss socialista di allora e la Russia imperialista di oggi. Dopo aver demonizzato Stalin e l'esperienza sovietica nel suo famigerato discorso del 21 febbraio, ora cerca di rifarsi il trucco all'ombra di quel gigante che era tutt'uno col suo popolo perché ne difendeva fino in fondo gli interessi e lo guidava nell'impresa di costruire il primo grande paese socialista al mondo.
Mostrando orgogliosamente il nastro zarista di San Giorgio sul petto, Putin, definiva giustamente la difesa della Patria una missione sacra ma lo era certamente quella dell'Unione sovietica di Stalin nella seconda guerra mondiale e non adesso in Ucraina. Nel momento in cui sosteneva che "oggi, come in passato, stiamo combattendo per la nostra gente nel Donbass, per la sicurezza della nostra Patria, per la Russia " era palese il tentativo strumentale di sollecitare il sentimento patriottico delle masse popolari russe per indirizzarlo a sostegno di una aggressione imperialista. Così come quando il nuovo zar ripeteva che "siamo orgogliosi della coraggiosa generazione dei vincitori, siamo orgogliosi di essere i loro successori ed è nostro dovere preservare la memoria di coloro che hanno sconfitto il nazismo e ci hanno affidato il compito della vigilanza e di fare di tutto per contrastare l’orrore di un’altra guerra mondiale "; una guerra mondiale che tra l'altro si avvicina proprio con la ingiustificabile guerra scatenata dal Cremlino che il nuovo zar tenta di spacciare come "un attacco preventivo contro l'aggressione", "una decisione forzata, tempestiva e l'unica corretta ".
Putin ripeteva che la guerra sarebbe dovuta all'attivismo della Nato ai confini della Russia e in particolare in Ucraina dove era diventato "inevitabile" lo scontro "con neonazisti e sostenitori di Bandera sostenuti dagli Stati Uniti e dai loro tirapiedi " che in ogni caso non gli conferiscono il diritto di violare la sovranità ucraina e invadere il paese. Rispolverava il suo artefatto collegamento fra la giusta Grande Guerra Patriottica e la criminale guerra odierna richiamando "ciniche falsificazioni della storia della seconda guerra mondiale, l'escalation della russofobia, lodando i traditori, deridendo la memoria delle loro vittime e cancellando il coraggio di coloro che hanno vinto ". E chiamava a commemorare con un minuto di silenzio tutti coloro che persero la vita nella Grande Guerra Patriottica insieme ai combattenti caduti nella attuale "giusta battaglia " che truppe e volontari russi nella regione del Donbass ucraino stanno “combattendo per la madrepatria, come i loro padri e i loro nonni prima di loro”, mischiando in maniera spregevole i caduti di eserciti aggrediti e aggressori.
Putin dimenticava e quindi negava che anche l'Ucraina socialista diede un contributo importante per la sconfitta del nazismo, come ricordiamo in un altro articolo, e come lo ha ricordato anche il presidente ucraino nel discorso tenuto l'8 maggio quando onorava "tutti coloro che hanno difeso il mondo dal nazismo " e i caduti, compresi i più di otto milioni di ucraini, uno su cinque che non è tornato a casa. Per fare in modo che la vittoria dei nostri antenati non sia stata vana, sottolineava Volodymyr Zelensky, dobbiamo combattere per le nostre libertà e indipendenza contro la sanguinosa riedizione del nazismo realizzata in Ucraina dal "male tornato di nuovo in un'uniforme diversa, sotto slogan diversi, ma per lo stesso scopo ". E non "daremo a nessuno nemmeno un pezzo della nostra terra", "nemmeno un pezzo della nostra storia" e non "abbiamo dubbi che vinceremo ".
Sulla tribuna centrale della Piazza Rossa mancava il generale Valery Gerasimov, capo di stato maggiore delle forze armate e probabilmente ferito al fronte presso Izyum dove era andato per sovrintendere personalmente all’attacco nella regione del Donbass; gli unici ambasciatori stranieri presenti citati dall'agenzia Tass sono stati quello turco e pakistano, assente quello del socialimperialismo cinese, l'alleato strategico di Mosca. Registriamo comunque che l'agenzia cinese Xinhua dava risalto alla commemorazione a Belgrado dell'8 maggio dove funzionari serbi e cinesi commemoravano il 23° anniversario della morte di tre giornalisti cinesi quando l'ambasciata cinese nella capitale serba fu bombardata dalle forze Nato durante la guerra contro la Jugoslavia nel 1999.

11 maggio 2022