Intervenendo in parlamento
Draghi riconferma che “sarà Kiev a decidere quale pace accettare”
Filoputiniana dichiarazione di Berlusconi che chiede all'Italia e all'Europa di “far accogliere agli ucraini le domande di Putin”

Reduce dal suo viaggio a Washington dove ha incontrato Biden e ha fatto visita al Congresso americano, il 19 maggio Mario Draghi si è recato in parlamento per una “informativa urgente sugli ulteriori sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina”. L'informativa è qualcosa di più del semplice “question time”, ma comunque non prevede una votazione finale su una risoluzione o ordine del giorno, per cui rappresentava il minimo sindacale concesso dal premier a quanti nella sua maggioranza, prima della sua partenza per gli Usa, avevano reclamato invano la sua presenza in aula per una discussione sulla politica estera dell'Italia, possibilmente seguita da una votazione, affinché Draghi tenesse conto della volontà parlamentare nel rappresentare al presidente americano la posizione dell'Italia.
A reclamarlo, del tutto invano, era stato Giuseppe Conte, criticando l'eccessivo schiacciamento del governo sulla linea degli Usa e della Nato e chiedendo un maggior ruolo dell'Italia per favorire trattative di pace; e arrivando fino a chiedere, sempre invano, di non includere armi pesanti nel terzo decreto Ucraina che stava per essere varato, cioè gli obici FH70 e i blindati Lince che a detta degli esperti sono contenuti nella lista secretata del terzo invio di armi. E fino a un certo punto lo seguiva anche Salvini, che dal 24 febbraio si è messo opportunisticamente in modalità “pacifista” ed è sempre pronto a cogliere ogni occasione per coprire il suo ispiratore e finanziatore Putin, e per rappresentare gli interessi dell'imprenditoria del Nord danneggiata dalle sanzioni economiche alla Russia.
 

Draghi riporta in linea la maggioranza sull'Ucraina
Tuttavia nei colloqui alla Casa bianca e nella successiva conferenza stampa, pur rinsaldando la sua posizione atlantista, tanto che Biden gli ha riconosciuto un ruolo preminente nell'aver unito la Ue alla Nato, Draghi era sembrato andare incontro anche alle istanze di M5S e Lega, sostenendo in maniera decisa la necessità di aprire ad un negoziato di pace, sottolineando che doveva essere però “una pace che vuole l'Ucraina, non imposta né da certi alleati, né da altri”. Dopodiché la linea di Conte si è ridotta al chiedere che il governo non vari un quarto invio di armi e un voto parlamentare di indirizzo su una risoluzione di maggioranza almeno prima del Consiglio europeo straordinario del 30-31 maggio, voto che però non è obbligatorio e che ben difficilmente gli sarà concesso. Da parte sua Salvini si mostrava soddisfatto “che il presidente del Consiglio abbia iniziato a parlare di pace”, si diceva anche lui contrario a un quarto decreto armi (“bisogna arrivare alla pace e inviare armi adesso non aiuta”, aveva dichiarato a Il Fatto Quotidiano ), e si diceva contrario – unico tra i leader della maggioranza di governo - anche all'allargamento della Nato a Finlandia e Svezia.
È di fronte a questa maggioranza inquieta e sfrangiata, anche se spiazzata dalle sue dichiarazioni aperturiste di Washington, che Draghi si è presentato in parlamento per ribadire senza tentennamenti la linea tenuta già con Biden, e cioé: riconferma della piena unità dell'Italia con la Ue e la Nato; sostegno totale, politico, economico e militare all'Ucraina, compresa la continuazione dell'invio di armi e delle sanzioni alla Russia; partecipazione dell'Italia alla ricerca di un negoziato per arrivare ad un cessate il fuoco, nel rispetto della volontà dell'Ucraina stessa. E alla fine nessun partito gli si è messo seriamente di traverso, compresi M5S e Lega che si sono limitati a qualche distinguo a beneficio dei rispettivi elettorati ma nel quadro di una riconfermata fiducia al premier e alla sua linea. E compreso anche FdI, tutto concentrato a far valere la sua “opposizione patriottica”, la sua adesione della prima ora alla Nato e ai “valori” dell'Occidente e il suo atavico anticomunismo che, come si è visto nell'intervento del fascista La Russa, non si fa scrupoli di identificare la Russia neozarista di Putin come una continuità dell'Urss socialista di Lenin e Stalin.
 

Nessuna autocritica sui rapporti col parlamento
“Per impedire che la crisi umanitaria continui ad aggravarsi – ha detto Draghi dopo aver riassunto brevemente la situazione militare sul campo e i suoi risvolti nelle crisi energetica e alimentare, nonché le iniziative dell'Italia per il sostegno economico, militare e umanitario all'Ucraina - dobbiamo raggiungere il prima possibile un cessate il fuoco e far ripartire con forza i negoziati. È la posizione dell'Italia ed è un'aspirazione europea che ho condiviso con il Presidente Biden e con i leader politici del Congresso durante la mia recente visita a Washington.
In questi incontri ho riscontrato un apprezzamento universale per la solidità della posizione italiana fermamente ancorata nel campo transatlantico e nell'Unione europea. È questa posizione che ci permette di essere in prima linea, con credibilità e senza ambiguità, nella ricerca della pace”.
Per quanto l'espulsione di 24 diplomatici italiani rappresenti “un atto ostile”, ha proseguito il premier, “è essenziale, comunque, tenere aperti i canali diplomatici con la Federazione russa, perché è soltanto da questi canali che potrà emergere una soluzione negoziale”. E l'Italia “si muoverà a livello bilaterale e insieme ai partner europei e agli alleati per cercare ogni possibile opportunità di mediazione, ma dovrà essere l'Ucraina e nessun altro a decidere che pace accettare”.
Draghi ha quindi esposto le prossime iniziative dell'Italia, ricordando il Consiglio europeo di fine giugno in cui si discuterà anche dell'adesione dell'Ucraina alla Ue che l'Italia appoggerà, e l'incontro a inizio luglio ad Ankara con Erdogan per discutere “le prospettive negoziali e diplomatiche del conflitto”. Rimarcando che “se oggi possiamo parlare di un tentativo di dialogo è grazie al fatto che l'Ucraina è riuscita a difendersi in questi mesi di guerra. L'Italia continuerà a sostenere il Governo ucraino nei suoi sforzi per respingere l'invasione russa; lo faremo in stretto coordinamento con i nostri partner europei. Ne va non solo della solidità del nostro legame transatlantico ma anche della nostra lealtà verso l'Unione europea”.
Pertanto Draghi, riferendosi alla risoluzione approvata da tutto il parlamento il 1° marzo che dava carta bianca al governo per l'invio delle armi all'Ucraina, ha liquidato le accuse di Conte e del M5S sulla sua refrattarietà a render conto in parlamento dicendo di aver “riferito più volte sul tema al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, che ha sempre riscontrato la coerenza del sostegno offerto rispetto alle indicazioni e agli indirizzi dettati dal Parlamento”. Ha riconfermato poi, punzecchiando Salvini, il mantenimento delle sanzioni alla Russia, che stanno funzionando, “per portare Mosca al tavolo dei negoziati”, e il rafforzamento della partecipazione dell'Italia al dispositivo della Nato ai confini russi, “uno sforzo a cui l'Italia contribuisce con 2500 uomini”.
 

Fermezza atlantista e flessibilità diplomatica
Dopo aver sottolineato che l'Italia appoggia “con convinzione” (al contrario di Salvini e in parte anche di Conte, ndr) l'adesione di Finlandia e Svezia alla Nato, ha ribadito la necessità di “affiancare alla Nato una vera e propria difesa comune europea”, anche se prudentemente ha aggiunto che deve essere “complementare all'Alleanza atlantica e che comunque per il momento si tratterà più che altro di “razionalizzare” la spesa militare europea, “la cui distribuzione è sicuramente inefficiente”.
Infine, sempre sul tema della guerra e delle trattative di pace, ha detto che “nel lungo termine servirà anche uno sforzo creativo per arrivare a una conferenza internazionale sul modello degli accordi di Helsinki del 1975. Una volta ottenuto il cessate il fuoco e conclusi i negoziati tra Kiev e Mosca, occorrerà costruire un quadro internazionale 'rispettoso e condiviso', usando le parole del Presidente Mattarella. Questa Conferenza dovrà avere l'obiettivo, come fu per Helsinki, di avvicinare i Paesi che oggi sono distanti e rendere duraturo il processo di distensione”.
Il suo è stato quindi un discorso molto abile, che ha unito la fermezza nel respingere al mittente tutte le critiche e i “mal di pancia” serpeggianti nella maggioranza e nel ribadire la sua inflessibile e costantemente rivendicata fedeltà atlantista ed europeista, con la flessibilità diplomatica nel fare proprie, mantenendo sempre dritta la barra sulla Nato e sulla Ue, anche le istanze che in parlamento e nel Paese spingono per un maggior ruolo dell'Italia per favorire un negoziato di pace. In questo quadro rientra anche il piano in quattro punti che poco prima dell'appuntamento parlamentare il ministro Di Maio aveva presentato all'Onu per arrivare al cessate il fuoco in Ucraina e iniziare una trattativa.
Tutto ciò ha finito per rendere inconsistenti gli argomenti a disposizione di Conte per la sua polemica contro il premier, dopo che già il leader dei Cinquestelle era stato umiliato in commissione Esteri del Senato sulla votazione per il nuovo presidente, che aveva bocciato il suo candidato Licheri per eleggere con i voti del “centro-destra” più quelli di IV la candidata di FI, Stefania Craxi. E infatti, sebbene sia tornato a chiedere, peraltro in modo del tutto vago, che “presto quest'Aula possa esprimersi nuovamente con un voto”, il capogruppo dei deputati M5S, Davide Crippa, non ha potuto far altro che riconoscere a Draghi che “si va nella direzione giusta, ossia quella del consolidamento della via diplomatica, così come l'idea di un'Italia protagonista a livello internazionale nell'impegno per la risoluzione del conflitto”.
 

Dichiarazioni filoputiniane di Salvini e Berlusconi
Quanto a Salvini, Svezia e Finlandia non le ha nemmeno nominate, come del resto non ha mai nominato Putin, e sull'invio di altre armi all'Ucraina e sul rafforzamento delle sanzioni alla Russia è stato quanto mai ambiguo e opportunista, mascherando il suo filoputinismo e la protezione degli interessi del suo elettorato imprenditoriale dietro quelli dei lavoratori: “A quasi tre mesi dall'inizio del conflitto chi continua a parlare solo di armi e guerra, armi e guerra, non fa il bene dell'Ucraina, non fa il bene del mondo intero e neppure dell'Italia... Pace significa lavoro. Quando qualcuno, anche in quest'Aula, rinnova l'invito a inviare altre armi e al massimo gli operai italiani tireranno la cinghia, io non ci sto”, ha detto il leader della Lega.
La maggior parte del suo intervento in Senato l'ha invece dedicata ad un grottesco sproloquio per rivendicare la sua fedeltà ai “valori dell'Occidente” e alle sue “radici giudaico-cristiane” (ma anche Putin si erge a difensore della “cristianità”, ndr), per attaccare l'Onu perché l'anno scorso su 20 risoluzioni contro gli Stati canaglia 14 erano contro Israele, e per un'ignobile tirata razzista contro i migranti provenienti da Asia e Africa, da lui contrapposti ai profughi ucraini, “che scappano da bombe vere e da guerre vere, che non vanno assolutamente confusi con quelli che la guerra ce la portano in Italia e non scappano da nessuna guerra”.
Prima e dopo l'informativa di Draghi al parlamento, in piena sintonia col leader fascista e razzista del Carroccio, col quale sta stringendo sempre più l'alleanza, anche Berlusconi ha fatto dichiarazioni fintamente “pacifiste” volte in realtà a coprire il suo vecchio amico di affari e di bagordi che sta al Cremlino. “Capite che con queste premesse il signor Putin è lontano dal sedersi ad un tavolo”, aveva detto infatti parlando ad un convegno di FI a Treviglio, dopo aver alluso senza nominarli a Biden che aveva dato del criminale a Putin e a Stoltemberg che aveva escluso per sempre il riconoscimento dell'annessione della Crimea.
E successivamente, parlando da Napoli, Berlusconi si era lamentato che l'invio di armi all'Ucraina ci rende “cobelligeranti e quindi in guerra”, e perciò “sarebbe meglio non farne tanta pubblicità”. Aggiungendo poi che l’Europa si dovrebbe “mettere tutta unita a fare una proposta di pace a Putin e agli ucraini, cercando di far accogliere agli ucraini le domande di Putin”. Cercando così di forzare a favore di Putin la linea del governo, mentre invece Draghi rimane fermo sul diritto di Kiev di decidere quale pace accettare.


25 maggio 2022