Inflazione record dal 1991. 3 milioni 175 mila di precari
Una famiglia con due figli spenderà 2.600 euro in più all'anno
I contratti nazionali di lavoro inadeguati al carovita

Altro che ripartenza, risalita e “rinascita”, l'inflazione torna a galoppare e a incidere seriamente sui bilanci familiari. Le previsioni che davano l'Eurozona (i Paesi che adottano l'euro) e in particolare l'Italia, in netta ripresa sono state clamorosamente smentite. Dell'aumento del Pil superiore al 6% che veniva accreditato al nostro Paese fino a pochi mesi fa non parla più nessuno; governo e industriali adesso battono il tasto del blocco dei salari per non “alimentare la spirale inflattiva”.
Prima il Covid, poi lo slancio dovuto al superamento della fase critica della pandemia, adesso la guerra in Ucraina, sarebbero le cause dell'inflazione. Certamente non vi ha influito la crescita salariale perché in Italia gli stipendi sono fermi da 30 anni e siamo l'unico Paese in cui in questi tre decenni sono calati del 3%, l’occupazione resta precaria, con salari da fame e senza tutele universali e incondizionate. Non stiamo parlando di numeri marginali ma di una caratteristica oramai strutturale del nostro mercato del lavoro: su un totale di poco più di 23 milioni di occupati 18 di essi sono lavoratori dipendenti e tra questi 3milioni e 175 mila sono precari, di cui 400mila aumentati solo nell'ultimo anno. In una situazione di questo tipo l'effetto dell'impennata dell'inflazione non potrà che essere l'aumento a dismisura delle disuguaglianze esistenti.
L’ISTAT ha segnalato che i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona sono aumentati da +4,1% a +5,0%. Nella rielaborazione dei suoi dati Coldiretti ha specificato che la frutta è aumentata dell’8,1%, la verdura 17,8%. L’inflazione ha battuto tutti i record dal 1991: a marzo 2022 è aumentata per il nono mese consecutivo e ha raggiunto un +6,7% su base annua. Per l’Unione Nazionale Consumatori una famiglia con due figli arriverebbe a spendere 2.600 euro in più all’anno, comprensivi del caro-bollette. “Per una famiglia media c’è in vista una stangata di 1701 euro annui: 8 volte e mezzo di più il bonus 200 euro. Una coppia con 2 figli avrà un contributo complessivo di 400 euro, l’inflazione determina una stangata da 2118 euro su base annua, oltre 5 volte il bonus.” Massimiliano Dona, presidente dell'associazione, si riferisce all'una tantum di 200 euro deciso dal governo per circa 31,7 milioni di dipendenti, autonomi e disoccupati e 13,7 milioni di pensionati entro i 35 mila euro lordi di reddito. Una goccia di 6,3 miliardi di euro nel mare dell’emergenza, una vera e propria presa in giro per milioni di italiani. Allo stesso modo si sono rivelati dei palliativi senza reale efficacia gli interventi parziali e provvisori messi in campo dal governo per contenere i fortissimi aumenti del carburante e delle bollette di luce e gas.
L'aumento dell'inflazione non è una peculiarità dell'Italia, tanto che alcuni Paesi l'hanno ancora più alta della nostra. Solo che qui da noi nessuno ha in mente di affrontare il tema in modo adeguato, perfino i sindacati più forti, che dovrebbero essere i primi a rivendicare i necessari adeguamenti, fanno orecchie da mercante. Il capo del Governo, il banchiere guerrafondaio Draghi, e il falco di Confindustria Bonomi non ne vogliono sentir parlare, e l'unica proposta che riescono a fare è quella dell'”unità nazionale”, della “responsabilità” che prevede salari bloccati per aiutare la competitività al ribasso delle aziende italiane. Una politica che impone sacrifici soltanto ai lavoratori con la complicità di Cgil-Cisl-Uil.
In Germania, il sindacato dei lavoratori siderurgici IG Metall ha chiesto un aumento della retribuzione dell’8,2%. A Berlino il salario minimo è di 9,82 euro, ma il governo ha già annunciato che intende portarlo a 12 euro entro al fine dell’anno. In Francia dal 1 maggio il salario minimo è stato aumentato del 2,65% fino a 1.300 euro, come indicizzazione automatica all’inflazione. Anche la Spagna, dove è stato raggiunto un accordo per alzare il salario minimo a 1.000 euro, sta riconsiderando l’indicizzazione salariale. Belgio, Lussemburgo, Malta e Cipro sono Paesi dove l’andamento dell’inflazione si riflette automaticamente nella determinazione dei salari.
Qui da noi, appena il ministro del lavoro Orlando il mese scorso ha balbettato timidamente la proposta di legare gli aiuti statali alle aziende all'aumento dei salari attraverso i rinnovi contrattuali, Bonomi lo ha subito etichettato come “atteggiamento anti-imprese”. Ma che i contratti nazionali di categoria non coprono minimamente l'aumento del costo della vita è un dato di fatto. Ogni lavoratore ha perso 100 euro mensili a causa dell'inflazione, cifra che un qualsiasi rinnovo nel comparto del lavoro privato, mediamente, non riesce a strappare nemmeno nei tre/quattro anni di vigenza del contratto.
Ancora peggiore la situazione nel pubblico impiego dove per anni si è andati avanti a blocchi e rinvii. Se il rinnovo del contratto del trasporto pubblico fosse avvenuto alla scadenza, cioè 4 anni e mezzo fa, ciascun lavoratore avrebbe oggi 4860 euro in più, quasi dieci volte di più dell’una tantum da 500 euro per la vacanza contrattuale e i 90 euro lordi di aumento medio mensile ricevuti da poco. Un altro esempio è il contratto della scuola, oltre un milione di lavoratori tra docenti e personale Ata, la parte più numerosa del pubblico impiego. La situazione è inaccettabile. Dopo il 2007 c’è stato un rinnovo: nel 2018. Con grave ritardo è partita all’Aran la trattativa sul rinnovo per il triennio 2019/2021. E siamo già a metà 2022. In questo caso la perdita salariale sarebbe almeno doppia, se non tripla, rispetto al trasporto pubblico.

25 maggio 2022