Stalin: La questione nazionale e il leninismo
Risposta ai compagni Meschkow, Kowaltschuk ed altri

 

 
È ben noto che Lenin e Stalin consideravano, a ragione, la “questione nazionale” una questione cruciale per la vittoria della rivoluzione in Russia e pertanto dedicarono molto del loro tempo e delle loro energie per dare al partito bolscevico e ai partiti marxisti-leninisti del mondo intero un corretto orientamento che li guidasse nelle diverse condizioni in cui operavano. Dei due in particolare Stalin vi si dedicò con passione per approfondirla dal punto di vista teorico, politico e programmatico, al punto dal trattarla in modo organico e completo nella sua opera del febbraio 1913 " Il marxismo e la questione nazionale e coloniale". La cui pubblicazione sulla Pravda fu salutata da Lenin come un grande contributo di “ un magnifico georgiano”, mentre nell'articolo " Il programma nazionale del POSDR" così Lenin parlava dello scritto di Stalin: "... Nella letteratura marxista teorica [..] i principi del programma nazionale socialdemocratico sono già stati lumeggiati [..] (in primo luogo dall'articolo di Stalin...)".
L'invasione neozarista dell'Ucraina e le hitleriane dichiarazioni di Putin che negano l'esistenza di una nazione ucraina separata da quella russa, ci spingono a proporre ai nostri lettori questo illuminante scritto di Stalin del marzo 1929 che torna sull'argomento per chiarirlo ulteriormente. Ed è interessante notare che in questo scritto più e più volte Stalin cita esplicitamente l'Ucraina come un esempio di nazione, oltre naturalmente a ricordare le quattro caratteriche fondamentali per poter parlare di nazione, che sono: “ comunità della lingua,... comunità del territorio,... comunità della vita economica e... comunità della conformazione psichica, che si manifesta nella comunità delle particolarità specifiche della cultura nazionale.”
Dopo aver chiarito il concetto di “nazione”, e l'origine e lo sviluppo delle “nazioni”, Stalin dedica gran parte delle sue argomentazioni a chiarire il tema del futuro delle nazioni e delle lingue nazionali, con particolare riferimento all'abisso che divide il capitalismo e l'imperialismo dal socialismo e l'internazionalismo. Chiarisce che per sua stessa natura l'imperialismo non riuscirà mai a risolvere correttamente la questione nazionale, solo il socialismo saprà aprire una nuova prospettiva di pace e collaborazione reciproca alle nazioni: “la liquidazione delle nazioni borghesi non significa la liquidazione delle nazioni in generale, ma significa la liquidazione soltanto delle nazioni borghesi. Sulle rovine delle vecchie nazioni borghesi sorgono e si sviluppano nuove nazioni socialiste, più saldamente unite di qualsiasi nazione borghese, perché prive di quelle inconciliabili contraddizioni di classe che conoscono le nazioni borghesi, e perché rappresentano tutto il popolo, in misura molto maggiore di una qualsiasi nazione borghese.” Sono parole lungimiranti, confermate peraltro da quanto è accaduto dopo la disgregazione dell'Urss socialista e della Jugoslavia titina che hanno ripiombato quei territori nei conflitti e nei mali come lo sciovinismo e il nazionalismo che si accompagnano al sistema imperialista.
Potrete notare anche da questo scritto di Stalin quanto ricchi e stimolanti fossero la dialettica e il dibattito interno all'Unione sovietica a quasi dodici anni dall'Ottobre vittorioso, altro che tenebrosa dittatura di un uomo solo al comando, come la amano rappresentare gli anticomunisti. Un fermento di idee e una feconda lotta tra idee giuste e idee errate che inducevano Stalin, in un passaggio di questa sua risposta ai dubbi sollevati da alcuni compagni, ad accennare genericamente alla “ necessità di una rivoluzione culturale” in grado di sviluppare la lotta di classe nel socialismo e di far prevalere la nuova concezione proletaria del mondo, come sarebbe poi accaduto nel 1966 in Cina con la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, teorizzata compiutamente e diretta personalmente da Mao.

 


 
 
Ho ricevuto le vostre lettere. Sono simili ad un’intera serie di lettere sullo stesso tema, che ho ricevuto nel corso degli ultimi mesi da parte di altri compagni. Ho deciso, tuttavia, di rispondere proprio a voi, per il fatto che ponete le questioni più apertamente e contribuite così a fare chiarezza. Certo, la soluzione a cui giungete nelle vostre lettere riguardo alle questioni trattate è falsa, ma questa è un’altra cosa: ne parleremo più avanti.
Veniamo ai fatti.

1. Il concetto di «nazione»
I marxisti russi hanno già da molto tempo la loro teoria della nazione. Secondo questa teoria, la nazione è una stabile comunità di uomini, storicamente formatasi e sorta sul fondamento della comunità di quattro caratteristiche fondamentali, e cioè, sul fondamento della comunità della lingua, della comunità del territorio, della comunità della vita economica e della comunità della conformazione psichica, che si manifesta nella comunità delle particolarità specifiche della cultura nazionale. Notoriamente, tale teoria ha trovato generale riconoscimento nel nostro Partito.
Come si può vedere dalle vostre lettere, ritenete tale teoria insufficiente. Per questo, proponete di completare le quattro caratteristiche della nazione con una quinta caratteristica, e cioè, la presenza di un proprio Stato nazionale separato. Siete del parere che, senza questa quinta caratteristica, non c’è e non ci può essere alcuna nazione.
Sono dell’opinione che lo schema da voi proposto con la sua nuova quinta caratteristica del concetto di «nazione» è completamente falso e non può essere giustificato né teoricamente né sul piano pratico-politico.
Secondo il vostro schema, si dovrebbero far valere come nazioni solo le nazioni che hanno un proprio Stato, separato da altri Stati, mentre dovrebbero essere cancellate dalla categoria delle nazioni tutte le nazioni oppresse, che non posseggono un organismo statale autonomo; in questo caso, non rientrerebbe più nel concetto di «movimento nazionale» e «movimento di liberazione nazionale» la lotta delle nazioni oppresse contro l’oppressione nazionale, la lotta dei popoli coloniali contro l’imperialismo.
Peggio ancora, secondo il vostro schema, si dovrebbe affermare che:
a) gli irlandesi sono diventati nazione solo dopo la formazione del «libero Stato irlandese», mentre fino a quel momento non costituivano alcuna nazione;
b) i norvegesi non erano alcuna nazione prima della separazione della Norvegia dalla Svezia, ma sono diventati nazione solo dopo questa separazione;
c) gli ucraini non erano alcuna nazione, fin quando l’Ucraina apparteneva alla Russia zarista, sono diventati nazione solo dopo la separazione dalla Russia sovietica sotto la Rada centrale, sotto Hetman Skoropadski, ma hanno di nuovo cessato di essere una nazione dopo che ebbero unificato la loro repubblica sovietica ucraina con le altre repubbliche sovietiche nell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
Di esempi simili se ne potrebbero fare all’infinito.
È evidente che uno schema, il quale conduce a tali assurde conclusioni, non può essere considerato uno schema scientifico.
Nella politica pratica il vostro schema conduce inevitabilmente alla giustificazione dell’oppressione nazionale, imperialista, i cui rappresentanti si rifiutano decisamente di riconoscere come vere nazioni le nazioni oppresse e senza pieni diritti, che non posseggono un proprio Stato nazionale separato; questi rappresentanti credono che tale circostanza gli conferisca il diritto di opprimere queste nazioni.
Per non parlare del fatto che il vostro schema conduce nelle nostre repubbliche sovietiche alla giustificazione dei nazionalisti borghesi che cercano di addurre la dimostrazione che le nazioni sovietiche hanno cessato di essere nazioni dopo che hanno unificato le loro repubbliche nazionali sovietiche nell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
Così stanno le cose per quanto riguarda la questione del «completamento» e della «correzione» della teoria marxista russa della nazione.
Rimane solo da riconoscere che la teoria marxista della nazione è l’unica teoria giusta.
 

2. Origine e sviluppo delle nazioni
Uno dei vostri più gravi errori consiste nel fatto che mettete sullo stesso piano tutte le nazioni attualmente esistenti e trascurate la differenza sostanziale fra di loro.
Ci sono al mondo nazioni di diversa natura. Ci sono nazioni che si sono sviluppate all’epoca dell’ascesa del capitalismo, allorché la borghesia, mentre eliminava il feudalesimo e la frantumazione feudale, unificava la nazione e ne faceva un tutto unico. Queste sono le nazioni cosiddette «moderne».
Voi affermate che le nazioni sarebbero sorte ed esistite già prima del capitalismo. Ma come avrebbero potuto sorgere ed esistere nazioni prima del capitalismo, nel periodo del feudalesimo, quando i paesi erano frantumati in singoli principati autonomi, che non solo non erano reciprocamente uniti da legami nazionali, ma negavano decisamente la necessità di tali legami? Contrariamente alle vostre errate affermazioni, non c’era alcuna nazione nel periodo precapitalistico, e non poteva neppure esserci, perché non esisteva un mercato nazionale, non esistevano centri nazionali né economici né culturali, perché dunque mancavano i fattori mediante i quali viene eliminata la frantumazione economica di un popolo e vengono fuse in un tutto nazionale le parti sino allora separate di questo popolo.
Naturalmente, gli elementi della nazione - lingua, territorio, comunità culturali ecc. - non sono caduti dal cielo, ma si sono sviluppati a poco a poco, e cioè già nel periodo precapitalistico. Ma questi elementi si trovavano in uno stato embrionale e, nel migliore dei casi, erano in potenza, nel senso che, in determinate condizioni favorevoli, potevano formare in futuro una nazione. La potenza divenne realtà solo nel periodo dell’ascesa capitalistica, coi suoi mercati nazionali, coi suoi centri economici e culturali.
A tale proposito, bisogna ricordare le eccellenti parole che Lenin dice sulla questione dell’origine delle nazioni nel suo scritto «Chi sono gli “amici del popolo” e come lottano contro i socialdemocratici?». Nella sua polemica contro il populista Michailovski, il quale deduce l’origine dei legami nazionali e dell’unità nazionale a partire dallo sviluppo delle tribù, Lenin scrive:
«Cosicché i rapporti nazionali sono la continuazione e la generalizzazione dei rapporti gentilizi! Il signor Mikhailovski, evidentemente, prende a prestito la sua concezione della storia della società da quella favola per bambini che si insegna agli allievi del ginnasio. La storia della società - afferma questa dottrina scolastica - è la seguente: in principio c’era la famiglia, cellula di ogni società, poi - si dice - la famiglia si sviluppò fino a divenire tribù e la tribù si sviluppò fino a formare lo Stato. Se il signor Mikhailovski ripete gravemente questa sciocchezza puerile, ciò dimostra soltanto - oltre a tutto il resto - che egli non ha la minima idea neanche dell'andamento della storia russa. Se si poteva parlare di una vita basata sull’organizzazione gentilizia nella Russia antica, è indubbio che già nel medioevo, all’epoca del regno di Mosca, questi rapporti gentilizi non esistevano più; lo Stato era cioè fondato su unioni nient’affatto gentilizie, ma locali: i signori feudali e i monasteri accoglievano contadini di diverse località, e le comunità così costituite erano puramente territoriali. Tuttavia, non sembra che si potesse parlare in quel tempo di legami nazionali nel senso proprio della parola: lo Stato era frazionato in “terre” staccate, parzialmente anche in principati, che conservavano tracce vive della passata autonomia, particolarità dell’amministrazione, e che avevano talvolta proprie truppe particolari (i boiari locali andavano in guerra con propri reparti militari), frontiere doganali particolari ecc. Soltanto il nuovo periodo della storia russa (approssimativamente dal secolo XVII) è realmente caratterizzato da una fusione di fatto di tutte queste regioni, terre e principati in un tutto unico. Questa fusione, egregio signor Mikhailovski, non fu originata dai rapporti gentilizi, e neppure dalla loro continuazione e generalizzazione: essa fu originata dall’intensificarsi degli scambi tra le regioni, dall’aumento progressivo della circolazione delle merci, dalla concentrazione dei piccoli mercati locali in un mercato unico di tutta la Russia. E poiché i dirigenti e padroni di questo processo erano i mercanti capitalisti, la creazione di questi rapporti nazionali non fu altro che la creazione di rapporti borghesi» (1).
Così stanno le cose per quanto riguarda l’origine delle nazioni cosiddette «moderne».
La borghesia e i suoi partiti nazionalisti erano e rimangono in questo periodo la principale forza dirigente di queste nazioni. Pace fra le classi all’interno della nazione, per «l’unità della nazione»; estensione del territorio della propria nazione attraverso annessioni di territori nazionali stranieri; diffidenza e odio verso nazioni straniere; oppressione delle minoranze nazionali; fronte unito con l’imperialismo: ecco gli strumenti politico-sociali e ideologici di queste nazioni.
Nazioni di questo genere bisogna qualificarle come nazioni borghesi. Sono di questo tipo, per esempio, la nazione francese, inglese, italiana, nord-americana e altre nazioni, simili ad esse. Nazioni ugualmente borghesi sono state la nazione russa, l’ucraina, la tartara, l’armena, la georgiana e altre nella Russia precedente l’instaurazione della dittatura del proletariato e dell’ordinamento sovietico nel nostro paese.
Si capisce che il destino di queste nazioni è legato al destino del capitalismo, che queste nazioni devono scomparire con la caduta del capitalismo.
Appunto queste nazioni borghesi intende Stalin nel suo scritto «Marxismo e questione nazionale», quando dice: «La nazione non è semplicemente una categoria storica, ma la categoria storica di un’epoca determinata, dell’epoca del capitalismo in ascesa». E ancora: «Le sorti del movimento nazionale borghese sono naturalmente legate al destino della borghesia. Una definitiva scomparsa del movimento nazionale sarà possibile solo con la caduta della borghesia. Solo col socialismo può essere ripristinata la pace completa» (2).
Così stanno le cose per quanto riguarda le nazioni borghesi.
Però, ci sono al mondo anche altre nazioni. Sono le nuove nazioni sovietiche, che si sono sviluppate e formate sul fondamento delle vecchie nazioni borghesi dopo la caduta del capitalismo in Russia, dopo la liquidazione della borghesia e dei suoi partiti nazionalisti, dopo l’instaurazione dell’ordinamento sovietico.
La classe operaia e il suo Partito internazionalista sono la forza che unisce strettamente queste nuove nazioni e le guida. Alleanza della classe operaia con i contadini lavoratori all’interno della nazione, per la liquidazione dei residui del capitalismo in nome dell’edificazione vittoriosa del socialismo; eliminazione dei residui dell’oppressione nazionale in nome dell’uguaglianza dei diritti e del libero sviluppo delle nazioni e minoranze nazionali; eliminazione dei residui del nazionalismo in nome dell’amicizia tra i popoli e della vittoria dell’internazionalismo; fronte unito con tutte le nazioni oppresse e senza pieni diritti, nella lotta contro la politica di conquista e delle guerre di conquista, nella lotta contro l’imperialismo: ecco l’impronta spirituale e politico-sociale di queste nazioni.
Nazioni di questo genere bisogna qualificare come nazioni socialiste.
Tali nazioni nuove sono forti e si sono sviluppate sul fondamento delle vecchie nazioni borghesi, come risultato della liquidazione del capitalismo, attraverso la loro trasformazione radicale nello spirito del socialismo. Nessuno può negare che le odierne nazioni socialiste nell’Unione Sovietica - la nazione russa, l’ucraina, la bielorussa, la tartara, la baschkira, l’usbeca, la kasaca, l’aserbaidschana, la georgiana, l’armena e altre - si distinguono fino in fondo dalle corrispondenti vecchie nazioni borghesi nella vecchia Russia, sia per la loro composizione di classe e la loro impronta spirituale, che per i loro interessi e le loro aspirazioni politico-sociali.
Questi son i due tipi di nazione che la storia conosce.
Non siete d’accordo col fatto che le sorti delle nazioni, in questo caso le sorti delle vecchie nazioni borghesi, sono legate al destino del capitalismo. Non siete d’accordo con la tesi che, assieme alla liquidazione del capitalismo, vengono liquidate le vecchie nazioni borghesi. Ma a cos’altro potrebbe essere legato il destino di queste nazioni, se non al destino del capitalismo? È così difficile da capire che, con la scomparsa del capitalismo, devono scomparire le nazioni borghesi da esso prodotte? Credete forse che le vecchie nazioni borghesi possano perdurare e svilupparsi sotto l’ordinamento sovietico, sotto la dittatura del proletariato? Ci mancherebbe altro...
Temete che la liquidazione delle nazioni esistenti sotto il capitalismo significhi la liquidazione delle nazioni in genere, la liquidazione di qualsiasi nazione. Perché, per quale motivo? Non sapete forse che, oltre alle nazioni borghesi esistono anche altre nazioni, le nazioni socialiste, molto più solide e vitali di qualsiasi nazione borghese?
Appunto in ciò consiste il vostro errore, che non vedete altre nazioni al di fuori delle nazioni borghesi; avete quindi trascurato l’intera epoca in cui, sulle rovine delle vecchie nazioni borghesi, sono sorte nell’Unione Sovietica le nazioni socialiste.
Proprio di questo si tratta: la liquidazione delle nazioni borghesi non significa la liquidazione delle nazioni in generale, ma significa la liquidazione soltanto delle nazioni borghesi. Sulle rovine delle vecchie nazioni borghesi sorgono e si sviluppano nuove nazioni socialiste, più saldamente unite di qualsiasi nazione borghese, perché prive di quelle inconciliabili contraddizioni di classe che conoscono le nazioni borghesi, e perché rappresentano tutto il popolo, in misura molto maggiore di una qualsiasi nazione borghese.
 

3. Il futuro delle nazioni e delle lingue nazionali
Commettete un grave errore quando identificate il periodo della vittoria del socialismo in un solo paese e il periodo della vittoria del socialismo su scala mondiale, e quando affermate che, non solo in caso della vittoria del socialismo su scala mondiale, ma anche in caso della vittoria del socialismo in un solo paese , sia possibile e necessaria la scomparsa delle differenze nazionali e delle lingue nazionali, la fusione delle nazioni e la formazione di una comune lingua unitaria.
In tal modo confondete cose del tutto differenti: l’«eliminazione dell’oppressione nazionale» con il «superamento delle differenze nazionali», l’«eliminazione delle barriere nazionali statali» con l’«estinzione delle nazioni», con la «fusione delle nazioni».
Bisogna sottolineare che una confusione di questi differenti concetti è assolutamente inammissibile per i marxisti. Da noi, nel nostro paese, l’oppressione nazionale è stata eliminata da molto tempo; ma da ciò non segue affatto che le differenze nazionali siano scomparse e che le nazioni del nostro paese abbiano cessato di esistere. Da noi, nel nostro paese, le barriere nazionali di Stato, con relativi posti di frontiera e con uffici doganali, sono state eliminate già da molto tempo; ma da ciò non segue affatto che le nazioni siano già fuse e le lingue nazionali scomparse, che queste lingue siano state sostituite da una qualsiasi lingua comune per tutte le nostre nazioni.
Siete insoddisfatti del mio discorso all'Università comunista dei lavoratori dell’Oriente (1925) (3), in cui nego la validità della tesi secondo cui, con la vittoria del socialismo in un solo paese , per esempio nel nostro paese, si estinguerebbero le lingue nazionali, si fonderebbero le nazioni e, al posto delle lingue nazionali, nascerebbe una lingua comune.
Siete dell’opinione che questa mia dichiarazione contraddica la nota tesi di Lenin, secondo cui l’obiettivo del socialismo non è solo l’eliminazione della frantumazione dell’umanità in piccoli Stati e di ogni segregazione delle nazioni, non solo l’avvicinamento delle nazioni, ma anche la loro fusione.
Siete inoltre dell’opinione che essa contraddica anche l’altra tesi di Lenin secondo cui, con la vittoria del socialismo su scala mondiale, le differenze nazionali e le lingue nazionali cominceranno ad estinguersi , e secondo cui, dopo questa vittoria, le lingue nazionali cominceranno a fondersi in una lingua comune.
Ciò è del tutto falso, compagni. È un grave errore.
Già prima ho parlato del fatto che è inammissibile per un marxista confondere fenomeni così diversi come la «vittoria del socialismo in un solo paese» e la «vittoria del socialismo su scala mondiale» e metter tutto sullo stesso piano. Non bisogna dimenticare che questi fenomeni differenti rispecchiano due epoche completamente diverse, che si distinguono l’una dall’altra non solo temporalmente (ciò che è molto importante), ma anche in tutta la loro essenza.
Diffidenza nazionale, separazione nazionale, inimicizia nazionale, scontri nazionali, tutto ciò non è naturalmente suscitato e nutrito da un qualunque sentimento «innato» di odio nazionale, ma dall’aspirazione dell’imperialismo a sottomettere nazioni straniere e dalla paura dell’asservimento nazionale da parte di queste nazioni. Sino a quando esisterà l’imperialismo mondiale, esisteranno senza dubbio anche questa aspirazione e questa paura, ci sarà anche conseguentemente, nella stragrande maggioranza dei paesi, sia diffidenza nazionale che separazione nazionale, sia inimicizia nazionale che scontri nazionali. Si può allora affermare che la vittoria del socialismo e la liquidazione dell’imperialismo in un solo paese significano la liquidazione dell’imperialismo e del giogo nazionale nella maggioranza dei paesi? È chiaro che non si può. Da ciò segue però, che la vittoria del socialismo in un solo paese, anche se indebolisce seriamente l’imperialismo mondiale, non crea né può creare tuttavia le condizioni necessarie per la fusione delle nazioni e per la fusione delle lingue nazionali del mondo in un tutto unitario.
Il periodo della vittoria del socialismo su scala mondiale si distingue appunto dal periodo della vittoria del socialismo in un solo paese, in primo luogo per il fatto che liquida l’imperialismo in tutti i paesi , elimina sia l’aspirazione a sottomettere nazioni straniere che la paura del pericolo dell’asservimento nazionale, elimina il fondamento alla diffidenza nazionale e alla inimicizia nazionale, unisce le nazioni in un sistema unitario dell’economia socialista mondiale e crea in questo modo le condizioni reali, necessarie per una graduale fusione di tutte le nazioni in un unico insieme.
Questa è la differenza fondamentale fra questi due periodi.
Da ciò segue che significherebbe commettere un errore imperdonabile se si volesse confondere questi due periodi diversi e metterli sullo stesso piano. Prendiamo il mio discorso all’Università Comunista dei lavoratori dell’Oriente. Qui si dice:
«Alcuni, per esempio Kautsky, parlano di creare nel periodo del socialismo un’unica lingua per tutta l’umanità e di far estinguere tutte le altre lingue. Io credo poco a questa teoria di una lingua unica per tutta l’umanità. In ogni caso, l’esperienza non parla a favore, ma contro questa teoria. Finora è accaduto che la rivoluzione socialista non ha ridotto, ma ha aumentato il numero delle lingue, giacché essa, scuotendo gli strati più profondi dell’umanità e spingendoli sulla scena politica, desta a nuova vita tutta una serie di nazionalità, prima sconosciute o poco conosciute. Chi avrebbe potuto pensare che la vecchia Russia degli zar rappresentasse non meno di cinquanta nazioni e gruppi nazionali? Tuttavia, la Rivoluzione d’Ottobre, spezzando le vecchie catene e spingendo sulla scena tutta una serie di nazionalità e di popoli dimenticati, ha dato loro una nuova vita e un nuovo sviluppo» . (Stalin, “Opere”, vol. VII, p. 160-1).
Da questa citazione risulta che mi sono rivolto contro persone del tipo di Kautsky, il quale (cioè Kautsky) era ed è rimasto sempre un dilettante per quanto riguarda la questione nazionale; il quale non capisce la meccanica dello sviluppo delle nazioni e non ha idea di come sia enormemente grande la stabilità delle nazioni; il quale ritiene possibile che le nazioni si fondano molto prima della vittoria del socialismo, già sotto rapporti democratico-borghesi; il quale, da lacchè, elogia il «lavoro» di assimilazione dei tedeschi a danno dei cechi e afferma con leggerezza che i cechi sarebbero già quasi germanizzati e che, come nazione, non avrebbero alcun futuro.
Da questa citazione risulta inoltre che nel mio discorso non avevo in mente il periodo della vittoria del socialismo su scala mondiale , ma esclusivamente il periodo della vittoria del socialismo in un solo paese. In quella occasione affermai (e lo affermo ancora) che il periodo della vittoria del socialismo in un solo paese non crea le condizioni necessarie per una fusione delle nazioni e delle lingue nazionali, che questo periodo - al contrario - crea condizioni favorevoli per una rinascita e una fioritura delle nazioni, prima oppresse dall’imperialismo zarista, ma che ora, con la rivoluzione sovietica, sono liberate dal giogo nazionale.
Da questa citazione risulta, infine, che vi è sfuggita la differenza colossale fra i due diversi periodi storici, che conseguentemente non avete capito il senso del discorso di Stalin e che, come risultato di tutto ciò, vi siete persi nel caos dei vostri propri errori.
Passiamo alla tesi di Lenin sull’estinzione e la fusione delle nazioni dopo la vittoria del socialismo su scala mondiale.
Ecco una delle tesi di Lenin, tratta dall’articolo di Lenin pubblicato nel 1916, «La rivoluzione socialista e il diritto delle nazioni all’autodeterminazione», una tesi che, per non so quale ragione, non viene citata al completo nelle vostre lettere.
«Scopo del socialismo non è solo l’eliminazione della frantumazione dell’umanità in piccoli Stati e di ogni segregazione delle nazioni, non è solo l'avvicinamento delle nazioni, ma anche la loro fusione... Ma, come l’umanità può giungere all'abolizione delle classi solo attraverso il periodo di transizione della dittatura delle classi oppresse, così può giungere all’inevitabile fusione delle nazioni solo attraverso il periodo di transizione della completa liberazione, cioè della libertà di separazione di tutte le nazioni oppresse» (cfr. vol. XIX, p. 40).
Ed ecco un’altra tesi di Lenin, ugualmente non citata al completo da voi:
«Finché sussistono differenze - che dureranno ancora a lungo, molto a lungo, anche dopo la realizzazione della dittatura del proletariato su scala mondiale - l’unità della tattica internazionale del movimento operaio comunista di tutti i paesi esige non l’eliminazione delle diversità, non la soppressione delle differenze nazionali (nel momento attuale ciò sarebbe balorda fantasticheria) ma un'applicazione dei principi fondamentali del comunismo (potere dei Soviet e dittatura del proletariato) tale che modifichi giustamente nei particolari detti principi, li adatti giustamente e li adegui alle diversità nazionali e nazionali-statali».
Va sottolineato che questa citazione è tratta dallo scritto di Lenin «L’estremismo, malattia infantile del comunismo», pubblicato nel 1920, cioè dopo la vittoria della rivoluzione socialista in un solo paese, dopo la vittoria del socialismo nel nostro paese.
Da queste citazioni risulta che Lenin non pone il processo dell’estinzione delle differenze nazionali e della fusione delle nazioni nel periodo della vittoria del socialismo in un solo paese, ma esclusivamente nel periodo dopo la realizzazione della dittatura del proletariato su scala mondiale, cioè nel periodo della vittoria del socialismo in tutti i paesi, quando saranno già poste le fondamenta dell’economia socialista mondiale.
Da queste citazioni risulta inoltre che Lenin definisce come «balorda fantasticheria» il tentativo di collocare il processo dell’estinzione delle differenze nazionali nel periodo della vittoria del socialismo in un solo paese, nel nostro paese.
Inoltre risulta da queste citazioni che Stalin aveva assolutamente ragione, quando, nel suo discorso all’Università Comunista dei lavoratori dell’Oriente, negò la possibilità che, nel periodo della vittoria del socialismo in un solo paese, nel nostro paese, si estinguano le differenze nazionali e le lingue nazionali; e voi avevate assolutamente torto nel sostenere una cosa diametralmente opposta alla tesi di Stalin.
Infine risulta da queste citazioni che voi, che confondete i due diversi periodi della vittoria del socialismo, non avete capito Lenin, avete deformato la linea di Lenin per quanto riguarda la questione nazionale e che, conseguentemente, avete imboccato, senza volerlo, la via delia rottura col Leninismo.
Sarebbe sbagliato credere che il superamento delle differenze nazionali e l’estinzione delle lingue nazionali avvenga subito dopo la sconfitta dell’imperialismo mondiale, con un solo colpo, per così dire, con un decreto dall’alto. Niente è più erroneo che una simile veduta. Il tentativo di attuare la fusione delle nazioni mediante decreti dall’alto, con la costrizione, significherebbe fare il gioco degli imperialisti, mandare in rovina l’opera della liberazione delle nazioni e seppellire la collaborazione e la fraternità fra le nazioni. Una politica del genere equivarrebbe alla politica di assimilazione.
Vi è naturalmente noto che nel bagaglio del marxismo-leninismo non c’è assolutamente posto per la politica di assimilazione, in quanto politica antipopolare, controrivoluzionaria, rovinosa.
Vi è noto inoltre che le nazioni e le lingue nazionali si caratterizzano per una straordinaria stabilità e per una colossale forza di resistenza contro la politica di assimilazione. Gli assimilatori turchi, i più crudeli fra tutti gli assimilatori, hanno martoriato e torturato per secoli le nazioni balcaniche, ma tuttavia non solo non sono riusciti a annientarle, ma si sono visti costretti a capitolare. I russificatori russo-zaristi, i germanizzatori prussiano-tedeschi, che, in quanto a crudeltà non erano poi inferiori agli assimilatori turchi, hanno, nel corso di più di cento anni, smembrato e torturato la nazione polacca, esattamente come gli assimilatori turchi e persiani per secoli hanno smembrato, torturato e cercato di sterminare la nazione armena e georgiana; tuttavia, non solo non sono riusciti ad annientare queste nazioni ma, al contrario, si sono visti anche loro costretti a capitolare.
Tutte queste circostanze devono essere prese in considerazione, se si vuole prevedere in modo esatto l’andamento probabile degli avvenimenti, dal punto di vista dello sviluppo della nazione, immediatamente dopo la sconfitta dell’imperialismo mondiale.
Sarebbe un errore credere che la prima tappa del periodo della dittatura mondiale del proletariato sarà l’inizio dell’estinzione delle nazioni e delle lingue nazionali, l’inizio della formazione di una comune lingua unitaria. Al contrario, la prima tappa, nel corso della quale verrà eliminata definitivamente l’oppressione nazionale, sarà la tappa in cui le nazioni prima oppresse e le lingue nazionali si svilupperanno e fioriranno, la tappa, in cui verrà instaurata l’uguaglianza di diritti delle nazioni, la tappa in cui scomparirà la diffidenza nazionale reciproca, la tappa in cui si stabiliranno e si consolideranno relazioni internazionali fra le nazioni.
Solo nella seconda tappa del periodo della dittatura mondiale del proletariato, nella misura in cui al posto dell’economia mondiale capitalista si formerà un’economia mondiale socialista unitaria - solo in questa tappa comincerà a svilupparsi una sorta di lingua comune, perché solo in questa tappa le nazioni sentiranno la necessità di avere, accanto alle proprie lingue nazionali, una lingua comune internazionale, che faciliti i rapporti fra di loro e che faciliti la collaborazione economica, culturale e politica. In questa tappa, quindi, esisteranno parallelamente le lingue nazionali e una lingua internazionale comune. È possibile che all’inizio sorgerà non solo un centro economico mondiale, comune per tutte le nazioni, con una lingua comune, ma che sorgeranno diversi centri economici zonali, per singoli gruppi di nazioni, con una lingua particolare, comune per ogni gruppo di nazioni e che questi centri si uniranno solo più tardi in un comune centro economico mondiale, socialista, con una lingua comune per tutte le nazioni.
Nella tappa successiva del periodo della dittatura mondiale del proletariato, quando il sistema economico mondiale socialista si sarà consolidato in misura sufficiente, e quando il socialismo sarà penetrato nella vita quotidiana dei popoli, quando le nazioni si saranno convinte nella pratica dei vantaggi che presenta una lingua comune nei confronti delle lingue nazionali - allora cominceranno ad estinguersi le differenze e le lingue nazionali, e faranno posto a una lingua mondiale, comune a tutti.
Questo è, secondo me, all’incirca il quadro del futuro delle nazioni, il quadro dello sviluppo delle nazioni sulla via della loro futura fusione.
 

4. La politica del Partito nella questione nazionale
Uno dei vostri errori consiste nel fatto che non considerate la questione nazionale come una parte della questione generale dello sviluppo sociale e politico della società, come parte che è appunto subordinata a tale questione generale, ma la considerate come qualcosa di autosufficiente immobile, che non cambia essenzialmente la sua direzione e il suo carattere nel corso della storia. Perciò non vedete quello che vede ogni marxista, e cioè che la questione nazionale non ha sempre lo stesso carattere, che carattere e compiti del movimento nazionale cambiano a secondo dei diversi periodi di sviluppo della rivoluzione.
Questa è anche la spiegazione logica del triste fatto che confondete con tanta facilità diversi periodi di sviluppo della rivoluzione e che mettete tutto sullo stesso piano e non capite che, col cambiamento del carattere e dei compiti della rivoluzione nelle diverse tappe di sviluppo, si producono cambiamenti corrispondenti nel carattere e nei compiti della questione nazionale; di conseguenza cambia anche la politica del Partito rispetto alla questione nazionale. E dunque, la politica del Partito nella questione nazionale, legata a un determinato periodo di sviluppo della rivoluzione, non può essere staccata con violenza da questo stesso periodo e trasferita arbitrariamente in un diverso periodo.
I marxisti russi sono sempre partiti dal principio che la questione nazionale è una parte della questione generale dello sviluppo della rivoluzione, che la questione nazionale nelle diverse tappe della rivoluzione, ha compiti diversi che corrispondono al carattere della rivoluzione in ogni dato momento storico, e che di conseguenza cambia anche la politica del Partito rispetto alla questione nazionale.
Nel periodo precedente la prima guerra mondiale, quando la storia poneva all’ordine del giorno la rivoluzione democratico-borghese in Russia, i marxisti russi collegavano la soluzione della questione nazionale al destino della trasformazione democratica in Russia. Il nostro Partito era del parere che la caduta dello zarismo, l’eliminazione dei residui del feudalesimo e la completa democratizzazione del paese significavano la migliore soluzione della questione nazionale, nella misura in cui è possibile la sua soluzione nell’ambito del capitalismo.
Questa è la politica del Partito in questo periodo.
A questo periodo si riferiscono anche i noti articoli di Lenin sulla questione nazionale, fra cui l’articolo «Osservazioni critiche sulla questione nazionale», in cui Lenin scrive:
«... affermo che c'è un’unica soluzione della questione nazionale, nella misura in cui questa è possibile nel mondo del capitalismo, e questa soluzione è il democratismo conseguente. A dimostrazione di ciò mi richiamo fra l’altro alla Svizzera» (vedi vol. XVII, p. 150).
Allo stesso periodo si riferisce lo scritto di Stalin «Marxismo e questione nazionale» in cui fra l’altro si dice:
«La caduta definitiva del movimento nazionale è possibile solo con la caduta della borghesia. Solo nel regno del socialismo può essere instaurata la pace completa. Ma ridurre al minimo la lotta nazionale, scalzarne le radici, renderla meno nociva per il proletariato è possibile anche nell’ambito del capitalismo. Ne fanno fede, se non altro, gli esempi della Svizzera e dell'America. A tal scopo è necessario democratizzare il paese e dare alle nazioni la possibilità di un libero sviluppo» (St. “Opere ”, Vol. II, p. 336).
Nel periodo successivo, nel periodo della prima guerra mondiale, quando la guerra fra le due coalizioni imperialiste minava il potere dell’imperialismo mondiale, quando la crisi del sistema mondiale del capitalismo raggiungeva il limite estremo, quando accanto alla classe operaia della metropoli si inserivano nel movimento di liberazione anche i paesi coloniali e dipendenti, quando la questione nazionale si trasformava in una questione nazionale e coloniale, quando il fronte unito fra la classe operaia dei paesi capitalisti avanzati e i popoli oppressi delle colonie e dei paesi dipendenti cominciava a diventare una forza reale, quando di conseguenza la rivoluzione socialista diventava una questione attuale - allora i marxisti russi non poterono più accontentarsi della politica del periodo precedente, e ritennero necessario collegare la soluzione della questione nazionale e coloniale con il destino del rivolgimento socialista.
Il Partito ritenne che la caduta del potere del capitale e l'organizzazione della dittatura del proletariato, la cacciata delle truppe imperialiste dai paesi coloniali e dipendenti così come l’assicurazione del diritto alla separazione e alla formazione di propri stati nazionali per questi paesi, il superamento dell’inimicizia nazionale e del nazionalismo così come il consolidamento dei legami internazionali fra i popoli, l’organizzazione di un’economia unitaria socialista e l’instaurazione su questa base di una collaborazione fraterna dei popoli, ritenne che questa fosse la soluzione migliore della questione nazionale e coloniale nelle condizioni date.
Tale è la politica del Partito in questo periodo.
Questo periodo non si è ancora sviluppato pienamente, perché è cominciato solo adesso, ma senza dubbio dirà ancora la sua parola decisiva...
Da considerare a parte è la questione del periodo attuale di sviluppo della rivoluzione nel nostro paese e della politica attuale del Partito.
Va sottolineato che il nostro paese è per il momento l’unico paese pronto a rovesciare il capitalismo. E ha veramente rovesciato il capitalismo e instaurato la dittatura del proletariato.
Fino alla realizzazione della dittatura del proletariato su scala mondiale , e - ancora di più - fino alla vittoria del socialismo in tutti i paesi c’è quindi ancora molta strada da fare.
Inoltre, bisogna sottolineare che noi, quando abbiamo posto fine al potere della borghesia, la quale da tempo aveva abbandonato le sue vecchie tradizioni democratiche, abbiamo risolto di passaggio anche il compito della «completa democratizzazione del paese», abbiamo eliminato il sistema dell’oppressione nazionale e stabilito l’uguaglianza di diritti delle nazioni nel nostro paese.
Com’è noto, queste misure si sono dimostrate il mezzo migliore per superare il nazionalismo e l’inimicizia nazionale, per stabilire la fiducia fra i popoli.
Infine bisogna sottolineare che l’eliminazione dell’oppressione nazionale ha condotto alla rinascita nazionale delle nazioni prima oppresse del nostro paese, allo sviluppo della loro cultura nazionale, al consolidamento dei legami internazionali d’amicizia fra i popoli del nostro paese e alla realizzazione di una collaborazione fra di loro nell’edificazione socialista.
Bisogna tener presente che queste nazioni, risuscitate a nuova vita, già non sono più le vecchie nazioni borghesi, dirette dalla borghesia, ma che sono nuove nazioni socialiste, sorte sulle rovine delle vecchie nazioni e che vengono guidate dal Partito internazionalista delle masse lavoratrici.
In questo contesto il Partito ha ritenuto necessario aiutare le nazioni risuscitate a nuova vita del nostro paese, a rialzarsi in tutta la loro grandezza, ad animare e sviluppare la loro cultura nazionale, a sviluppare nella loro lingua materna scuole, teatri ed altri istituzioni culturali, a nazionalizzare l’apparato di Partito, del sindacato, delle cooperative, dello Stato e dell’economia, cioè a renderlo nazionale per quanto riguarda la sua composizione, a formare propri quadri nazionali di Partito e dei soviet e a mettere a freno gli elementi - certo non numerosi - che cercano di ostacolare questa politica del Partito.
Ciò significa che il Partito sostiene e sosterrà lo sviluppo e la fioritura delle culture nazionali dei popoli del nostro paese, che favorirà il consolidamento delle nostre nuove nazioni socialiste, che si occuperà di questo e che le difenderà da ogni genere di elementi antileninisti.
Dalle vostre lettere risulta che non approvate questa politica del nostro Partito. Ciò deriva, per primo, dal fatto che confondete le nuove nazioni socialiste con le vecchie nazioni borghesi e che non capite che le culture nazionali delle nostre nuove nazioni sovietiche sono per il loro contenuto culture socialiste. Deriva, in secondo luogo, dal fatto che voi - scusate la mia rozzezza - zoppicate seriamente nelle questioni del leninismo e che vi intendente molto poco della questione nazionale.
Prendete in considerazione soltanto la seguente questione elementare. Noi tutti parliamo della necessità di una rivoluzione culturale nel nostro paese. Se si vuole prendere sul serio tale questione, e non fare vuote chiacchiere, allora bisogna fare almeno il primo passo in questa direzione: rendere obbligatoria in primo luogo l’istruzione elementare e poi anche l’istruzione media per tutti i cittadini del paese, senza differenza di nazionalità. È chiaro che senza di ciò non è possibile uno sviluppo culturale del nostro paese, per non parlare della cosiddetta rivoluzione culturale. Ancora: senza di ciò non ci sarà da noi né un vero progresso dell’industria e dell’agricoltura né una solida difesa fidata del paese.
Ma come si può arrivare a ciò, se si tiene conto che la percentuale degli analfabeti è ancora molto alta nel nostro paese, che in tutta una serie di nazioni del nostro paese ci sono dall’80 al 90 per cento di analfabeti ?
Per questo è necessario coprire il paese con una rete molto ramificata di scuole, che insegnino nella lingua materna della popolazione locale, e fornire queste scuole di insegnanti che padroneggiano questa lingua.
Per questo è necessario nazionalizzare tutto l’apparato amministrativo, dall’apparato di Partito e del sindacato fino all’apparato dello Stato e dell’economia, cioè renderlo nazionale nella sua composizione.
Per questo è necessario sviluppare stampa, teatro, cinema e altre istituzioni culturali nella lingua materna.
Perché, ci si chiede, nella lingua materna? Appunto perché le masse a milioni del popolo possano avanzare nello sviluppo culturale, politico e economico solo nella loro lingua materna, nella lingua nazionale.
Dopo tutto quello che si è detto, credo che non sia tanto difficile capire che i leninisti, se vogliono rimanere leninisti, non possono portare avanti nella questione nazionale una politica diversa di quella che adesso viene portata avanti nel nostro paese.
Non è così?
Adesso, vogliamo concludere.
Credo di aver risposto a tutte le vostre domande e ai vostri dubbi.
Saluti comunisti
G. Stalin
18 marzo 1929
 
Note
(1) Cfr. V. I. Lenin, «Opere», 4ª ed., vol. 1, pp. 137-138, (p. 231).
(2) Cfr. G. V. Stalin, «Opere», vol. 2, (p. 231).
(3) G. V. Stalin, «Sui compiti politici dell’Università dei popoli dell’Oriente» (cfr. «Opere», vol. 7), (p. 233).

25 maggio 2022