Il PD blocca la cittadinanza onoraria di Assange a Milano e rifiuta di condannarne l'estradizione negli Usa

Redazione di Milano
A Milano il 26 maggio il Consiglio comunale ha discusso una mozione che proponeva la concessione della cittadinanza onoraria al giornalista fondatore del sito WikiLeaks Julian Assange attualmente detenuto nel Regno Unito con accuse di spionaggio e che condannava la sua estradizione verso gli Stati Uniti, ordinata dalla Westminster Magistrates' Court lo scorso 20 aprile, dove rischia ergastolo e pena di morte.
Il PD ha presentato in aula una serie di emendamenti, poi approvati dal Consiglio, che hanno eliminato la richiesta di cittadinanza onoraria milanese e ogni riferimento all'estradizione, svuotando di fatto la mozione del suo significato politico originario e trasformandola in un generico richiamo alla necessità di azioni di sensibilizzazione per la “libertà di informazione” e a mera una censura per il trattamento processuale subito da Assange.
Nonostante un'apparente iniziale spaccatura della maggioranza con due voti contrari agli emendamenti da parte di consiglieri appartenenti alla lista del sindaco Giuseppe Sala, la mozione è stata alla fine approvata nel suo testo modificato, priva di ogni intento concreto, ottenendo 27 voti favorevoli e sei astenuti. A favore si sono espressi anche i Verdi che pur avendo presentato il testo originario hanno poi preferito chinare la testa dichiarandosi “delusi e dispiaciuti”. La vergognosa giustificazione assunta dal PD è stata espressa dal capogruppo Filippo Barberis secondo cui “le posizioni assunte dal Comune di Milano hanno una rilevanza che va al di là delle funzioni amministrative e giuridiche strette dell’ente, per cui occorre anche rispetto ed equilibrio nelle vicende su cui l’aula non si esprime”.
Nel corso del dibattito si sono susseguiti vergognosi attacchi ad Assange, che sul sito WikiLeaks da lui fondato aveva pubblicato documenti che raccontavano la verità sulle guerre imperialiste di aggressione all'Iraq e all'Afghanistan e i dispacci degli ambasciatori americani che rivelavano i segreti della diplomazia di Washington. Assurda e grave la tesi addotta da Daniele Nahum del PD che ha rivendicato “il diritto di uno Stato a secretare cose che non vuole diffondere” e, in riferimento al fatto che la cittadinanza onoraria milanese fosse in passato stata concessa a Patrick Zaki, “non possiamo paragonare gli Stati Uniti all’Egitto"; ancor peggio ha fatto la renziana Lisa Noja di Italia Viva secondo la quale Assange non si sarebbe comportato da giornalista perché “spiattellare così documenti riservati non va bene” in quanto avrebbe “messo a rischio la democrazia liberale”.
Nella sostanza tutto ciò rivela ancora una volta come il diritto all'informazione, a partire dal giornalismo d'inchiesta, tanto sbandierato come alto valore della società capitalista, è piegato se non negato ogni volta in cui contraddice la versione ufficiale. Difatti WikiLeaks non aveva rubato alcuna informazione ma solo pubblicato documenti ricevuti, dopo averne verificato la veridicità e dopo aver ritenuto che facessero notizia.

1 giugno 2022