Attacco alla libertà di espressione
La Dia perquisisce la redazione di Report e la casa del giornalista Mondani
Il programma di Rai3 ipotizza l'alleanza tra fascisti, mafia e settori dei servizi segreti per la strage di Capaci

 
Dopo la messa in onda nell'ambito del programma Report, il 23 maggio scorso, dell'inchiesta di Paolo Mondani intitolata 'La bestia nera' che ricostruisce il possibile rapporto tra stragi di mafia e estremismo di destra, la direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta ha disposto una perquisizione sia nella casa del giornalista sia nella redazione di Report.
La mattina del giorno successivo, infatti, la polizia si è presentata alle ore 7 in tali luoghi, e al giornalista Mondani sono stati sequestrati sia telefono sia computer, ma nel pomeriggio la direzione nazionale antimafia di Roma ha revocato il decreto di perquisizione e ha dissequestrato gli oggetti di proprietà del giornalista.
Il decreto di perquisizione porta la data del 20 maggio, cioè 3 giorni prima della messa in onda del servizio giornalistico.
A darne notizia sui social è stato lo stesso conduttore di Report, Sigfrido Ranucci: “lo scopo è quello – ha spiegato il giornalista - di sequestrare atti riguardanti l’inchiesta di ieri sera sulla strage di Capaci, nella quale si evidenziava la presenza di Stefano Delle Chiaie, leader di Avanguardia nazionale, sul luogo dell’attentato. Gli investigatori cercano atti e testimonianze su telefonini e pc”.
In una successiva intervista all'Ansa Ranucci ha spiegato che “c’è un problema di tutela delle fonti per il materiale contenuto nei cellulari e nei dispositivi del collega Mondani e della redazione di Report. Il collega aveva già avuto un colloquio con il procuratore. Noi siamo sempre stati collaborativi con la giustizia, pur garantendo il diritto alla riservatezza delle fonti”.
Nel servizio andato in onda venivano riportati stralci di colloqui investigativi confidenziali del 1992 relativi all'attentato di Capaci, nel quale morì il giudice Falcone, nei quali il pentito della mafia, Alberto Lo Cicero, e una testimone, la sua ex compagna Maria Romeo, hanno parlato di un sopralluogo dell’estremista di destra Delle Chiaie a Capaci, un mese prima della strage. Secondo questo racconto Delle Chiaie incontrò un boss della mafia per poi cercare dell'esplosivo in una cava. Alberto Lo Cicero, deceduto ormai da tempo, era stato l'autista del boss mafioso Mariano Tullio Troia, mentre Maria Romeo è ancora viva, e ha rilasciato un'intervista andata in onda nel corso del programma televisivo, nell'ambito del quale è stata riportata anche la testimonianza dell'ex luogotenente dei carabinieri Walter Giustini, che raccolse le confidenze di Lo Cicero circa strani movimenti intorno alla località di Capaci già alcuni mesi prima della strage, con l'ingombrante presenza nella località siciliana di uomini di spicco di Cosa nostra che facevano presagire qualcosa di eclatante. Nel servizio, inoltre, viene ipotizzata non senza fondamento una notevole attività dei servizi segreti italiani all'aeroporto di Punta Raisi, a Capaci e a Palermo, e ciò accadeva alcuni mesi prima dell'attentato.
L'impressione che si ricava dal servizio è chiara, e porta alla conclusione che l'attentato di Capaci che costò la vita a Giovanni Falcone, a sua moglie e a tre uomini della scorta si sarebbe potuto evitare evitare qualora la magistratura avesse tenuto nella dovuta considerazione le parole delle due persone menzionate e avesse cercato riscontri oggettivi alle loro dichiarazioni, ma evidentemente così non è stato: si può spiegare soltanto con la coscienza non del tutto pulita, infatti, la reazione nervosa della direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta che ha disposto le perquisizioni, salvo poi essere fermata dalla stessa direzione nazionale antimafia quando quest'ultima ha compreso che i magistrati siciliani erano letteralmente usciti dal seminato.
Indignazione per l'operato palesemente illegale della magistratura è stata espressa sia dall'Usigrai, il sindacato dei giornalisti del servizio pubblico, sia dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana.
Per l'Usigrai ha parlato il suo presidente, Vittorio Di Trapani: “sentenze della Cassazione e della Cedu – ha scritto su Twitter - hanno già acclarato che sequestrare pc e telefonini dei giornalisti, ancor di più con copie 'indiscriminate' dei contenuti, è illegittimo. L’unico risultato che resterà della perquisizione a Report è il timore delle fonti di essere svelate”.
Per la Fnsi ha parlato il suo presidente, Giuseppe Giulietti: “ci auguriamo – ha affermato Giulietti - che a nessuno venga oggi in mente di 'molestare' Report e la sua redazione”. “Dopo la puntata su Capaci – ha proseguito il giornalista - sarà il caso di lasciare in pace la redazione, Paolo Mondani e di perquisire, invece, quelli che, da trenta anni, sono riusciti a restare in una ben protetta oscurità”.
Il Bolscevico e tutta la sua Redazione centrale esprimono parimenti la più totale solidarietà alla trasmissione Report, al suo conduttore Sigfrido Ranucci e al giornalista Paolo Mondani, perché disporre perquisizioni a carico di un giornalista per il suo lavoro di inchiesta è una palese violazione delle più elementari libertà stabilite dall'articolo 21 della stessa Costituzione, e il fatto è ancora più grave in quanto tale palese violazione di legge è stata attuata dalla magistratura ordinaria.
La magistratura - anziché spedire la polizia nelle redazioni delle testate e a casa dei giornalisti - deve, semmai, spiegare i motivi per i quali essa stessa prese sottogamba precise e concordanti dichiarazioni fatte da ben due persone mesi prima dell'attentato di Capaci riguardo a strani movimenti in quella località e non solo e alla ricerca di esplosivi in Sicilia da parte di Delle Chiaie che, non bisogna dimenticarlo, era già stato indagato per le stragi di Piazza Fontana del 1969 e di Bologna del 1980, dove l'esplosivo aveva stroncato decine di vite innocenti.
La magistratura, infine, anziché tormentare i giornalisti che fanno soltanto il loro dovere, deve spiegare per quale motivo neofascisti come Delle Chiaie e uomini dei servizi segreti, nonostante le chiare parole di Lo Cicero e della Romeo, siano restati nell'ombra per decenni e non siano mai entrati nell'indagine per la strage di Capaci, nonostante i chiari sospetti di un loro coinvolgimento nella drammatica vicenda.

1 giugno 2022