“Siamo una carovana per fare la guerra”
Le mani della 'ndrangheta su Roma
77 arresti tra cui massoni, imprenditori e professionisti

La mattina dello scorso 10 maggio un’operazione della Direzione distrettuale antimafia di Roma ha portato all'arresto complessivo di 77 persone (di cui 34 in Calabria e 43 nel Lazio) e al sequestro di 24 attività (tutte in provincia di Roma), nell'ambito dell'operazione denominata “propaggine”, la quale ha messo in luce una estesissima infiltrazione della 'ndrangheta calabrese su numerose attività economiche nel centro storico della capitale.
Ai soggetti arrestati sono state contestate le accuse, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, scambio elettorale politico - mafioso, detenzione illegale di armi da fuoco, cessione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione aggravata, fittizia intestazione di beni, truffa aggravata ai danni dello Stato, riciclaggio aggravato e favoreggiamento aggravato.
Secondo quanto emerso dalle indagini i capi della cosca di 'ndrangheta Alvaro - Penna, radicati a Sinopoli e a Cosoleto, in provincia di Reggio Calabria, avevano dato vita a Roma nel 2015 a un'articolazione (denominata da essi stessi, durante le intercettazioni, “locale di Roma ”) connotata sia da ampia autonomia nella gestione delle attività illecite gestite nella capitale sia da subordinazione alla cosca calabrese, la quale comunque si riservava gli atti di indirizzo più importanti, quali la funzione di giudice per le controversie sorte all'interno del gruppo criminale romano e per l'adozione di decisioni concernenti l'assetto della gerarchia criminosa della capitale.
A Roma, come hanno accertato le indagini, le attività criminali erano dirette dai due boss Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, i quali non hanno tanto puntato al controllo del territorio, quanto a investimenti e riciclaggio di denaro, specie nel settore commerciale, ittico, della ristorazione e della pasticceria. Per attuare i propri scopi nella capitale i malavitosi del distaccamento romano erano entrati in ottimi rapporti con uomini potenti sul territorio, come esponenti della massoneria, imprenditori locali e liberi professionisti, come del resto anche in Calabria la cosca Alvaro – Penna aveva stretto ottimi rapporti con il sindaco di Cosoleto (RC), Antonino Gioffrè, che risulta tra gli arrestati con l'accusa del reato di scambio elettorale politico - mafioso.
L'articolazione romana della 'ndrangheta puntava quindi soprattutto agli affari, ma senza mai nascondere la propria propensione a minacce, estorsioni e intimidazioni, tanto che in una delle intercettazioni telefoniche il boss Vincenzo Alvaro afferma: “siamo una carovana per fare la guerra ”, dimostrando quindi che il gruppo criminale era anche pronto a sparare se necessario.
Gli interessi della 'ndrangheta nel settore della ristorazione preoccupano non poco Coldiretti la quale, commentando la notizia degli arresti nella capitale, ha scritto sul proprio sito: “dal pesce alla pasticceria l’agroalimentare è diventato un settore prioritario di investimento della malavita con un business criminale che ha superato i 24,5 miliardi di euro ”.
La criminalità - prosegue Coldiretti - comprende la strategicità del settore in tempo di crisi economica perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la via quotidiana della persone. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy ”.
Con i classici strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione - conclude la Coldiretti - le agromafie impongono l’utilizzo di specifiche ditte di trasporti, o la vendita di determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della mancanza di liquidità, arrivano a rilevare direttamente grazie alle disponibilità di capitali ”.
Le preoccupazioni della Coldiretti devono essere prese seriamente in considerazione, ma esse fotografano la realtà piuttosto che proporre una soluzione definitiva per sconfiggere le mafie: infatti le organizzazioni criminali che hanno finalità economiche altro non sono che un pezzo di imprenditoria del capitalismo, le quali interpretano un modo peculiare di fare impresa in concorrenza con altri imprenditori riuscendo a ben integrarsi e a sguazzare nel sistema economico capitalistico.

1 giugno 2022