L'armata neonazista del nuovo zar Putin fermata dalla Resistenza Ucraina a Severodonetsk. Cinque missili a Kiev riportano la capitale sotto attacco. Bombe anche su Karkiv e in tutte le aree contese
Zelensky: “L'esercito russo ha già distrutto quasi tutto il Donbass. Abbiamo fermato e stiamo gradualmente spingendo fuori dal nostro territorio l'esercito degli invasori”

 
La settimana che porta con sé il centesimo giorno dell'aggressione imperialista russa all'Ucraina si apre con un rapporto dell'intelligence britannica che descrive come le armate zariste abbiano assunto il controllo del 90% della regione del Lugansk; una conquista che tuttavia è costata enormemente cara a Mosca, impossibilitata ad avanzare in nessun altro fronte, fermata, com'è, dalla tenace resistenza ucraina. E proprio nel centesimo giorno di guerra, il presidente ucraino Zelensky in un videomessaggio alla nazione ha dichiarato: ”La vittoria sarà nostra”. Concetto ribadito anche pochi giorni dopo quando il leader di Kiev ha incontrato gli sfollati di Mariupol in una visita a Zaporizhzhia: "Non abbiamo dubbi, – ha detto - libereremo tutte le città temporaneamente occupate. Accadrà sicuramente".
E sono proprio gli avvenimenti sul campo di battaglia a incoraggiare Zelensky assieme all'esercito e al popolo ucraini: ad oggi si contano infatti circa 32 mila soldati russi uccisi e una infinità di armamenti e mezzi militari d'ogni sorta (inclusi oltre 550 aerei) distrutti, perdite inimmaginabili per Mosca alla vigilia di quella che avrebbe dovuto essere una guerra-lampo.
Questi numeri, oltre al fatto che oggi l'offensiva russa di terra si concentra quasi esclusivamente nel Donbass – data la Crimea già annessa –, confermano che la strenua e coraggiosa resistenza ucraina non molla di un centimetro le proprie posizioni e dà tutta se stessa per cacciare gli invasori. Una determinazione che ha consentito alle forze armate ucraine di riconquistare la metà della città di Severodonetsk, di respingere numerosi attacchi ad Izyum ed a Lyman e di distruggere interamente la 35esima armata russa nell'oblast di Kharkiv, solo per fare alcuni significativi esempi. Anche nell'offensiva di Sloviansk le truppe russe segnano il passo. Inoltre, con la morte di Kutuzov, i russi hanno perso in battaglia il decimo generale.
Nel Donbass il conflitto si inasprisce ogni giorno di più, ed il consigliere ucraino Podolyak ha definito più o meno "paragonabili" le attuali perdite da parte russa e Ucraina (dopo la fase iniziale del conflitto che fu disastrosa per la Russia); per capire i numeri, basti ricordare che recentemente Zelensky aveva stimato le perdite ucraine pari a circa 100 morti e 500 feriti al giorno.
 
Il Donbass è il principale teatro di guerra
Ma le bombe zariste continuano a cadere a Karkiv, dove è stato colpito anche un aeroporto civile, Tsirkuny, Mykolaiv, Kramatorsk, Kherson e nella regione di Sumy. Missili anche sulla capitale che, secondo Mosca, avrebbero distrutto blindati forniti dai Paesi dell'Europa orientale, mentre per Kiev sarebbero stati colpiti ancora una volta edifici civili.
A Lysychansk i russi hanno danneggiato profondamente il centro di distribuzione degli aiuti umanitari, e secondo fonti ucraine nella sola regione del Donetsk sono stati distrutti 43 edifici religiosi, oltre a scuole e quel poco che resta di alcune strutture sanitarie.
Comunque, secondo fonti militari ucraine, gli sforzi principali dell'armata neozarista sono concentrati nelle aree di Severodonetsk e Bakhmut dove, con il supporto dell'artiglieria e con l'arrivo di nuove unità di riservisti, i russi stanno prendendo d'assalto la già citata e contesa città di Severodonetsk dove infuriano i combattimenti e dove per impedire che arrivino rinforzi e aiuti alle truppe ucraine impegnate nella difesa della città, l'armata zarista ha fatto crollare i ponti sul fiume Sivierskidonetsk, isolandola di fatto. L'esercito russo sta rafforzando anche le posizioni attorno a Sloviansk in vista di una nuova offensiva contro questa città strategica dell'Ucraina orientale.
Ad oggi l'aggressione imperialista di Putin ha gia provocato, decine di migliaia di morti delle quali poco meno di trecento bambini, e ben 14 milioni di profughi, elemento di una catastrofe senza fine. Nella parte occidentale del Paese alcuni profughi stanno via via rientrando, ma essi sono ovviamente una decisa minoranza in un contesto di pesante emergenza umanitaria sotto tutti i punti di vista.
 
Negoziati ancora in stallo
In questa carneficina continua, è ben lontano un riavvicinamento delle parti poiché i negoziati rimangono al palo, e anche l'incontro tra Putin e Zelensky da molti auspicato, non dà cenni di avanzamento; ma su questo punto l'ultima frenata è di Mosca, attraverso la portavoce del Ministro degli Esteri russo, Maria Zakharova, che all'agenzia Ria Novosti sostiene di non vedere “alcun senso nel discutere di questa questione, neanche in teoria”.
Sono arrivate in questi giorni le prime risposte alla proposta di accordo presentato dall'Italia; l'Ucraina lo boccia giudicandolo insoddisfacente, e altrettanto fa Washington dichiarandolo al ribasso rispetto agli interessi dell'Ucraina. Ad oggi però anche Kiev temporeggia sul riavvio dei negoziati poiché vorrebbe rafforzare la propria posizione sul campo di battaglia con l'aiuto delle nuove consegne di armi da parte dei Paesi occidentali, riprendendosi alcuni territori. "Le nostre forze armate – ha dichiarato al Guardian il negoziatore ucraino Arakhamia - sono pronte all'uso delle nuove armi, penso che potremo avviare un nuovo round di colloqui da una posizione rafforzata.”.
Il Ministro russo degli Esteri Lavrov, invece, in una intervista ad una TV serba, ha affermato che sarebbe l'occidente ad impedire all'Ucraina di continuare i negoziati per continuare quella che secondo Mosca sarebbe la guerra della Nato per “procura”. Continuano, sullo sfondo, gli accorati appelli del Papa: “Non portate l'umanità alla rovina – ha detto al Regina Coeli - si mettano in atto veri negoziati, concrete trattative per un cessate il fuoco.”; ma di pari passo prosegue soltanto l'escalation bellica. Il Cremlino ha fatto sapere che colpirà infrastrutture ucraine e istituzioni del governo di Kiev qualora all'Ucraina venissero consegnati razzi multipli a lungo raggio. Lo stesso Lavrov, infatti, durante una conferenza stampa online ha minacciosamente tuonato: "Il presidente Vladimir Putin ha già commentato la situazione che emergerà con l'arrivo di nuovi armamenti, io posso solo aggiungere che più lunga sarà la gittata degli armamenti che fornirete, più noi sposteremo avanti dal nostro territorio la linea oltre la quale la presenza dei neonazisti verrà considerata una minaccia per la Federazione Russa".
 
Manovre imperialiste dell'Est e dell'Ovest
Continua il ruolo di solidarietà e sostegno dell'UE a Kiev, sia con l'invio delle armi dei Paesi Nato, sia boicottando i nuovi assetti imposti da Mosca nelle città occupate. In una nota del 2 maggio L'UE ha condannato i decreti presidenziali russi del 25 e 30 maggio che semplificano il processo di concessione della cittadinanza russa e il rilascio di passaporti russi ai cittadini ucraini delle regioni di di Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia ora sotto il controllo militare delle truppe di invasione russe (una sorta di assimilazione forzata delle popolazioni locali sottoposte alla dominazione russa), non riconoscendoli validi.
Sul fronte sanzioni, è direttamente l'Alto rappresentante dell'Ue per la Politica estera, Josep Borrel, ad escludere al momento un embargo al gas russo perché a suo dire "non ci sono ancora forniture alternative". Ecco dinque che anche stavolta l'elefante partorirà il topolino poiché limitare lo stop all'export dalla Russia del solo petrolio è una questione parziale ed insufficiente, incapace di assestare un duro colpo alle casse di Mosca che com l'export di energia si sta finanziando la guerra. Nel sesto pacchetto sono stati colpiti anche i familiari dei cosiddetti oligarchi e delle figure d'alto rango dell'esercito, ma nulla che può davvero costringere Mosca allo stop.
Insomma, è noto che la guerra di Putin ha compattato Nato ed UE, e l'intervento del presidente sloveno Pahor al giornale di Tirana Albanian Post nel quale chiede l'allargamento rapido dell'UE nei balcani, è solo l'ultimo episodio delle conseguenze geopolitiche che stanno mettendo in atto i due blocchi imperialisti.
Dal 17 giugno prenderanno il via sul Baltico le esercitazioni annuali della Nato che coinvolgeranno 14 stati membri, oltre alle stesse Svezia e Finlandia che attendono solo una scontata definitiva conferma d'ingresso nel campo atlantista. Manovre anticipate il 5 di giugno, sullo stesso mare, dalla flotta zarista che continua a mostrare i muscoli anche al di fuori dell'Ucraina occupata.
 
Il grano ucraino bloccato nei porti occupati
Intanto il leader del Senegal e presidente dell'Unione Africana Macky Sall in visita a Sochi, ha esortato il nuovo Zar del Cremlino a tenere in considerazione le sofferenze del continente africano causato dal blocco dell'export del grano. Putin tuttavia assicura solo a parole di non voler impedire all'Ucraina di esportare grano dai porti “che controlla”, oppure via Romania o Polonia, o ancora via Bielorussia, perché in cambio pretende che siano revocate le sanzioni anche contro Minsk. Putin si sarebbe anche reso genericamente disponibile ad offrire i porti di Mariupol e di Berdyansk, oggi in mano ai russi.
Certo è che piovono le accuse a Mosca di aver rubato un enorme quantitativo di grano ucraino rivendendolo fino in Turchia; fatti che mettono in dubbio “l'eccezionale” produzione russa ostentata dallo stesso Putin che ha annunciato più volte il recente incremento sostanziale dell'export di grano. D'altra parte Zelensky ha dichiarato di non accettare la proposta di Mosca che terrebbe comunque l'export sotto il controllo russo; una improbabile soluzione potrebbe essere individuata a breve con la partenza del grano ucraino da Odessa fino al Bosforo, scortato dalla marina russa, ma certamente non prima dello sminamento dei porti che dovrebbe essere effettuato da parte dei militari turchi. E così l'aggressione neonazista russa dell'Ucraina sta causando, oltre ai crimini e alla barbarie della guerra, una catastrofica carestia in Africa e nei paesi più poveri del mondo.

8 giugno 2022