Boicottato dai media e dai partiti della “sinistra” borghese
Referendum sulla giustizia senza quorum
Il Sì batte il No grazie alla mobilitazione del "centro-destra"
Fallito il tentativo neofascista di delegittimare la magistratura

Il referendum abrogativo sulla giustizia del 12 giugno promosso dai Radicali e dalla Lega non ha raggiunto il quorum prescritto del 50% più uno degli elettori, avendo totalizzato appena il 20,9% su ciascuno dei 5 quesiti proposti, meno di 10 milioni di votanti su un totale di quasi 51 milioni di elettori. Si tratta di un record negativo assoluto nella storia dei referendum che non sono riusciti a superare il quorum, il più recente dei quali è stato quello dell'aprile 2016 sulle trivelle, che pure raggiunse quasi il 32%:
Ricordiamo che i 5 quesiti riguardavano: 1° - l'abolizione della legge Severino sull'incandidabilità, ineleggibilità e decadenza dei parlamentari e membri del governo condannati in via definitiva con pene superiori a 2 anni (vedi Berlusconi); e per gli amministratori regionali e locali, per reati molto gravi, tra cui l'associazione mafiosa, anche dopo il primo grado di giudizio. 2° - la drastica riduzione delle misure di custodia cautelare coercitiva (carcere e domiciliari) e interdittiva (allontanamento nei casi di violenze familiari, stalking ecc.), che favoriscono l’azione di contrasto alla criminalità comune ed economico-finanziaria. Entrambi i quesiti miravano a limitare i poteri dei magistrati inquirenti riguardo ai reati commessi dai politicanti borghesi e da personaggi “eccellenti”. 3° - la separazione delle funzioni (in realtà delle carriere) dei magistrati (giudici e pubblici ministeri): un obiettivo storico da sempre perseguito dalla destra neofascista, nonché dalla loggia massonica P2 di Licio Gelli e da tutti i governi, da quelli di Berlusconi in poi, per sottomettere il potere giudiziario a quello esecutivo. 4° - la valutazione dei magistrati da parte dei membri laici (avvocati e professori di diritto) che siedono nei Consigli giudiziari e nel Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, con l'obiettivo di limitare i poteri dei pm sottoponendoli al giudizio della loro controparte. 5° - l'eliminazione dei magistrati presentatori previsti dall'attuale meccanismo per le candidature dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura. Una misura spacciata come diretta a sradicare il malcostume delle correnti della magistratura, ma in realtà diretta anche questa a sottomettere il parlamentino dei magistrati al controllo dei partiti.
 

Gli schieramenti in campo e la scarsa affluenza
Per tutti i motivi suddetti il PMLI ha dato indicazione di votare NO a tutti e 5 i quesiti. Schierati per il SI, oltre a Lega e Radicali che li avevano voluti per dare una violenta spallata al già traballante sistema giudiziario, c'erano in primis Forza Italia del piduista Berlusconi, e la ducessa dei fascisti del XXI secolo, Giorgia Meloni, attualmente sulla cresta dell'onda nel correre per il titolo di neoduce d'Italia rispetto al sempre più suonato Salvini; che però sui primi due quesiti si era pronunciata per il NO. A fare loro degna compagnia si erano uniti per il SI anche IV di Renzi e Azione di Calenda, oltre ai radicali di +Europa. Per il NO (o implicitamente la diserzione dalle urne) si erano invece schierati il M5S, LeU e SI.
Quanto al PD, tra i cui parlamentari è presente una robusta fetta di renziani decisamente schierati per il SI, Letta se l'è cavata dichiarando di votare “personalmente” 5 NO, lasciando libertà di voto al partito. Precisando che il suo NO non riguardava tanto il contenuto dei quesiti quanto il fatto che la riforma della giustizia va fatta in parlamento: nella fattispecie approvando la controriforma Cartabia che contiene già in sostanza i tre ultimi quesiti. Un modo per boicottare il referendum e orientare in tal senso il suo elettorato.
L'alto astensionismo, del resto già ampiamente annunciato da tutti i sondaggisti, ha fatto però naufragare miseramente il sogno di Salvini, di Berlusconi, di Renzi e di tutti i neofascisti di delegittimare la magistratura vendicandosi delle inchieste e dei processi che li hanno riguardati o li riguardano tutt'ora. Sono andati a votare solo il 20,9% degli elettori, che scendono al 20,5% se si includono anche gli italiani residenti all'estero. La media più alta è stata raggiunta in Liguria, col 28,2%. Quella più bassa in Trentino-Alto Adige, dove è andato alle urne appena il 13% degli elettori. Solo alcune regioni del Nord a trazione Leghista, come appunto la Liguria, il Veneto (26,9%) e il Friuli-Venezia Giulia (26,1%), e altre regioni del Sud dove è più radicata la presenza di FI e FdI, come la Sicilia (23,3%) e l'Abruzzo (22,3%), hanno superato di qualche punto la media nazionale. La maggior parte delle restanti regioni si collocano in varia misura sotto la media: come, dopo il Trentino, il Molise (14%), la Sardegna (14,5%), la Val D'Aosta (16,5%), la Basilicata (16,8%), la Campania (16,9%), l'Umbria (17,2%), il Lazio (18,3%) e la Toscana (19,6%).
Ma defezioni ancor più vistose si sono registrate nei grandi capoluoghi di regione, anche di regioni dove l'affluenza ha tenuto meglio, tra cui Napoli, Bari, Cagliari, Roma, Torino, Milano, Bologna e Firenze: tra questi grandi centri si va infatti dal minimo dell'8,4% di Napoli al “massimo” del 17,7% di Firenze.

Sorprendente risultato del NO sui primi due quesiti
Per quanto riguarda la vittoria dei SI essa è stata meno ampia di quanto ci si poteva aspettare in presenza delIa grande mobilitazione del "centro-destra". In realtà i SI hanno vinto di gran lunga solo negli ultimi tre quesiti, dove si va dal 74% per la separazione delle carriere dei magistrati, al 71,9% per i membri laici dei Consigli e al 72,5% per i membri togati del CSM. Nei primi due quesiti invece, la prevalenza dei SI è molto meno netta, andando dal 54% di SI contro il 46% di NO per il primo, riguardante l'abolizione della Severino, e dal 56,1% di SI contro il 43,9% di NO per il secondo, riguardante le limitazioni alla custodia cautelare.
Percentuali che si avvicinano ancora se si somma al risultato italiano anche quello dei residenti all'estero: tra i quali, per inciso, le proporzioni addirittura si ribaltano a favore del NO. Segno evidente che una buona fetta di elettorato non è cascata del tutto nel gioco strumentale della destra che utilizzava questi referendum come cavalli di Troia dietro cui far passare l'impunità per i politici e i “colletti bianchi” corrotti, ladri e mafiosi e per vendicarsi dei magistrati e non è ripiegata nell'astensione, come suggerivano i partiti della “sinista” borghese, per poter esprimere nettamente la propria contrarietà a questo disegno della destra.
Ancor più sorprendenti e significative sono le affermazioni del NO, per quanto riguarda questi due quesiti, in alcune regioni e grandi aree metropolitane. Al momento in cui scriviamo il ministero dell'Interno non ha ancora pubblicato i dati per regione, provincia e comune, sui quali ci riserviamo un'analisi successiva, per cui ci possiamo basare solo sugli scarni e provvisori dati forniti dai giornali. Dai quali risulta, comunque, che il NO sull'abolizione della Severino ha vinto in Liguria col 52,46% e a Genova col 56,09%, pur avendo questa regione la più alta affluenza. Il che rende quantomeno dubbia la tesi della destra che il SI avrebbe stravinto se non ci fosse stato un così alto astensionismo.
Anche la vittoria del NO in Trentino-Alto Adige, almeno nella provincia autonoma di Bolzano col 66,05%, contribuisce a sfatare ogni collegamento automatico tra astensione e scelta referendaria, visto che qui, con l'affluenza più bassa d'Italia, siamo nel caso esattamente opposto della Liguria. Sorprendenti affermazioni del NO si sono registrate anche in Puglia (50,67% e a Bari 53,73%) e in Emilia- Romagna, dove vince il SI col 51,34%, ma a Bologna vince il NO col 52,51%, a Parma col 52,21% e a Modena col 54,58%. Anche in Campania vince di misura il SI, ma a Napoli prevale nettamente il NO col 57,05%; e anche nella città metropolitana il NO vince col 53,23%. Sempre a Napoli vince il NO anche sul quesito 2, sia in città che nell'area metropolitana. Vittoria del NO anche a Torino e Palermo.

Risultati non scontati
Certamente a pesare sulla bassissima affluenza è stato il boicottaggio dei partiti e dei media della “sinistra borghese”, come ha lamentato Salvini prendendosela anche col mancato effetto traino che avrebbero prodotto i due referendum sulla legalizzazione della cannabis e sul suicidio assistito, respinti dalla Corte costituzionale. Ma a parte la faccia tosta del caporione fascioleghista nel rimpiangere questi referendum dopo aver già esultato a suo tempo per la loro cancellazione, dato che li vedeva come il fumo negli occhi, il fatto che i media abbiano dato scarsa attenzione ai 5 referendum e tutte le altre motivazioni (il caldo, le scuole chiuse, la guerra in Ucraina ecc.) spiega fino a un certo punto il loro clamoroso fallimento. Il referendum contro le trivelle, per esempio, fu boicottato dai media, da tutti i partiti e dal governo, e non c'erano nemmeno le elezioni comunali a fare da traino, eppure riuscì a conseguire una non trascurabile affluenza del 32%.
Secondo uno studio Opinio Rai citato da Il Fatto Quotidiano , Salvini sarebbe riuscito a portare ai seggi solo il 17,5% dei votanti. Secondo quest'analisi, infatti, il 23,9% dei votanti è composto da elettori meloniani, mentre il 21,5% si dichiara un sostenitore PD. Solo terza, come detto, la Lega, mentre un 10% è riconducibile al M5S e un altro 8,8% si dice di FI.
Come prevedibile è il “centro-destra” a trainare l’affluenza, perché da quell’area proviene il 52% di chi è andato alle urne, mentre soltanto il 36% fa riferimento all’area di “centro-sinistra”. Ma per quanto riguarda il primo quesito, quello sulla Severino, solo il 78% dei leghisti ha votato per l’abrogazione. C'è comunque oltre un quinto di elettori del carroccio che hanno votato NO, da sommare a quelli che sono rimasti a casa.
Anche in casa della Meloni le cose non sono del tutto scontate come ci si aspettava: ci sarebbe addirittura un 68% di elettori di FdI che hanno votato SI sulla Severino, nonostante la ducessa si fosse espressa per il NO. Quindi il sorprendente risultato del NO sui primi due quesiti non si sarebbe determinato grazie ai voti dei fascisti bensì malgrado essi. Si potrebbe dire anzi che è la Meloni che ha scelto di defilarsi dai suoi alleati sui due quesiti sulla Severino e la custodia cautelare fiutando preventivamente l'umore popolare fortemente avverso a fare un regalo ai politicanti corrotti.

Coro unanime dei partiti per abbassare il quorum
Lo stesso Salvini non ci aveva messo più la faccia da quando aveva cominciato a profilarsi il flop. Non aveva neanche depositato le presunte 700 mila firme che diceva di aver raccolto, e infatti è ricorso all'aiuto delle Regioni governate dalla destra per ottenere i requisiti di legge. Ora l'aspirante duce d'Italia sbraita per abbassare il quorum, insieme al renziano Faraone (quello del “ciaone” per il mancato quorum sulle trivelle), al pregiudicato di Arcore (“c’è una volontà precisa di mantenere le cose come stanno e gli italiani che non vanno a votare e se ne stanno a casa sono masochisti”) e a tanti altri caporioni di tutte le cosche politiche.
A tutti costoro ha ben risposto Gaetano Azzariti, che in un'intervista al Corriere della Sera , ha osservato: “Al di là delle statistiche, se domenica l’80 per cento degli aventi diritto ha deciso di non accedere ai seggi, il vero problema è sicuramente il 'tipo' di quesito che è stato proposto. Sia in passato sia più di recente, non hanno avuto problemi di quorum referendum su divorzio, aborto, nucleare, acqua pubblica. Temi sentiti, come sarebbero stati quelli del suicidio assistito o della legalizzazione della cannabis, se fossero stati ammessi”. Ed inoltre – ha aggiunto il costituzionalista - “sarebbe opportuno assicurare un seguito parlamentare a quelli che ottengono un esito positivo, per evitare che la volontà popolare legittimamente espressa cada nel vuoto, com’è avvenuto in molte occasioni: dal finanziamento pubblico dei partiti all’acqua bene comune”. Quanto mai vero per il verdetto referendario su l'acqua bene comune che i partiti parlamentari e le istituzioni hanno addirittura calpestato e negato in questi anni o per il nucleare, intorno al quale non sono mai cessati in questi anni i tentativi di cancellarlo.
 

15 giugno 2022