L'armata neonazista del nuovo zar Putin avanza in Donbass distruggendo tutto
Bombe su edifici civili, scuole e asili anche nella regione di Dnipropetrovsk
Zelensky: "Il destino del Donbass si decide a Severodonetsk"

Mentre Mosca si affanna a dire che “l'operazione speciale” – come Putin chiama questa guerra d'aggressione – procede secondo i piani, continuano i bombardamenti in Donbass e non si arresta la furia distruttiva dell'armata del nuovo zar che avanza, anche se lentamente, facendo tabula rasa di tutto ciò che incontra sul suo cammino. Un susseguirsi di crimini che smentiscono le recenti dichiarazioni del Ministro degli Esteri russo Lavrov, capace di attribuire solo qualche giorno fa il protrarsi della guerra all'accuratezza che l'esercito occupante avrebbe avuto nel colpire soltanto obiettivi militari.
Solo negli ultimi giorni, sei civili sono stati uccisi dalle bombe russe nei villaggi di Zelenodolsk dove è stato colpito anche un asilo, e a Shyrokiv nella regione di Dnipropetrovsk, dove sono state distrutte o seriamente danneggiate 200 abitazioni, due scuole e un ospedale. Bombe e civili morti anche a Kharkiv dove continuano i bombardamenti a grappolo, a Zolochiv, così come a Ternopil nell'ovest dell'Ucraina.
La situazione peggiora anche nella Mariupol rasa al suolo dall'armata zarista, dove secondo l'ex sindaco ucraino Vadym Boychenko, si starebbe diffondendo il colera, costringendo le autorità russe che hanno assunto il controllo della città a metterla in ferrea quarantena. Tuttavia Mosca nega e anche per l'OMS non ci sarebbero al momento casi confermati. E sempre a Mariupol continuano a emergere particolari agghiaccianti a seguito dei quali l'amministrazione ucraina sostiene che siano almeno 22mila i residenti della città ucraina sudorientale uccisi durante i primi tre mesi di guerra.
 

Severodonetsk all'ultimo sangue
Dopo settimane di intense battaglie e di assedio, le truppe ucraine si sono ritirate dal centro di Severodonetsk, anche se lo Stato maggiore fa sapere che la battaglia per tenere la città continua. Per questo l'armata di Putin non risparmia nulla; i russi hanno distrutto tutti i ponti che portano alla città, incluso quello sul fiume Sivierskydonetsk che la collegava a Lysiansk, isolandola di fatto. Il governatore della regione Haidai ha però affermato che una parte della città sarebbe ancora sotto il controllo ucraino.
Secondo fonti di Kiev i russi avrebbero concentrato le truppe in particolare nella regione settentrionale del Lugansk, potendo contare su una artiglieria su larga scala dieci volte maggiore rispetto a quella ucraina: "Continuiamo a mantenere le nostre posizioni – ha affermato il comandante in capo dell'esercito ucraino Valeri Zalouzhny - ogni metro di terra ucraina è coperto di sangue, ma non solo del nostro".
A Severodonetsk all'interno della fabbrica Azot che sta subendo martellanti bombardamenti sono asserragliati soldati ma anche circa 500 civili, compresi i bambini. Si sta infatti delineando una replica di ciò che è accaduto alla acciaieria Azovstal di Mariupol, e anche stavolta, con la fabbrica circondata dai russi, agli ucraini non rimane che arrendersi o cadere sul campo. Kiev resiste dunque, anche se la presa di Severodonetsk darebbe al nuovo zar Vladimir Putin il controllo di tutto il Lugansk, la regione che, con Donetsk, costituisce il Donbass, cuore industriale dell'Ucraina.
A Severodonetsk si combatte “una battaglia brutale, che decide il destino del Donbass”, ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un discorso alle università britanniche l'8 giugno 2022. “Nel 105mo giorno di una guerra su vasta scala rimane l’epicentro dello scontro nel Donbass. Difendiamo le nostre posizioni, infliggiamo perdite significative al nemico – ha aggiunto – È una battaglia molto brutale, molto difficile. Probabilmente uno delle più difficili durante questa guerra”. Il presidente ucraino si dice “grato a tutti coloro” impegnati nella difesa della città, “è qui che il destino del nostro Donbass viene deciso”.
 

La Resistenza ucraina non molla
Ma i soldati ucraini sono stati capaci anche di respingere l'esercito zarista vicino a Vrubivka, Mykolaiv, Sloviansk e Vassylivka, spostando nella regione del Donetsk la linea del fronte di 15 chilometri.
Secondo fonti governative ucraine i russi sarebbero alle corde anche nelle regioni di Zaporizhzhia e Kharkiv, notizie che contrastano con le parole del vice capo dell'intelligence militare ucraina, Vadym Skibitsky, il quale ha dichiarato al Guardian che l'Ucraina sta perdendo in prima linea e che ora le sorti del Donbass dipendono quasi esclusivamente dalle armi provenienti dall'Occidente per tenere “a bada la Russia”.
Comunque, nonostante il lento quanto evidente avanzamento dell'esercito zarista nel Donbass, una cosa è certa, e cioè che gli invasori sono messi a dura prova e continuano a perdere uomini e armamenti come non mai in passato grazie all'eroica resistenza dell'esercito, del popolo e del governo ucraino che li contrasta con eroismo e tenacia nonostante lo strapotere militare russo.
Secondo la “first lady” ucraina Olena Zelenska, tra i combattenti ci sarebbero oltre 37mila donne, delle quali un migliaio sono divenute comandanti delle forze armate. A Kadivka l'esercito ucraino ha distrutto una base del gruppo nazista russo Wagner, del quale battaglione sarebbe sopravvissuto un solo mercenario.
Una resistenza indispensabile e giusta per un Paese sovrano aggredito, che il popolo ucraino ha pagato a caro prezzo: secondo l'Ufficio dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani sarebbero infatti almeno 4.339 i civili morti accertati in Ucraina dallo scorso 24 febbraio tra i quali 1.098 donne e 288 bambini. Un bilancio al ribasso, minimo quindi, poiché vi sono enormi ritardi nelle informazioni dalle aree teatro di "intense ostilità" e perché ci sono decine di migliaia di segnalazioni di vittime civili in attesa di conferma.
 

Il blocco del grano
Al centro delle trattative in questo momento non c'è né il cessate il fuoco né la fine della guerra, ma il tentativo di sbloccare il grano fermo nei porti ucraini. Ancora la mediazione del dittatore fascista Erdogan che pur aveva avvicinato le parti, stenta a chiudere un accordo, e da Mykolaiv arrivano notizie di altri bombardamenti russi che avrebbero distrutto in un porto privato della città 4 siti di stoccaggio di cereali, annientandone il contenuto. Al pari, il capo dell'Ufficio del presidente dell'Ucraina, Andrii Yermak, ha affermato che i russi stanno attaccando i campi ucraini di grano con le bombe incendiarie: “oltre a creare la crisi alimentare nel mondo, vogliono anche distruggere il raccolto ucraino; il terrorismo alimentare va fermato.”.
Intanto i separatisti filorussi dell'autoproclamata Repubblica popolare di Lugansk hanno iniziato a inviare cereali dall'Ucraina alla Russia: il primo carico è stato di 650 tonnellate di cereali trasferiti dalla città di Staroblisk e spedito in Russia in treno. Secondo la RPL in due mesi verranno inviate circa 200.000 tonnellate di grano alla Russia che pagherà gli agricoltori.
 
 

L'apologia di Putin per lo zar Pietro il Grande
Secondo il Moscow Times , il governo russo ha stanziato oltre 970 milioni di rubli (17 milioni di dollari) per distribuire bandiere e simboli nazionali a migliaia di scuole rurali, nell'ambito della campagna nazionalista di stampo zarista alle nuove generazioni, mentre è in corso l'invasione dell'Ucraina.
In aprile, il ministro dell'Istruzione Sergei Kravtsov aveva già annunciato che a partire dal primo settembre con l'avvio del nuovo anno scolastico, ogni lunedì gli allievi di tutta la Russia parteciperanno all'alza bandiera cantando l'inno nazionale. Una cerimonia patriottarda che copia sostanzialmente il “giuramento di fedeltà alla bandiera americana” recitato nelle scuole degli Stati Uniti, imperialisti d'occidente. Il quotidiano fa notare come una somma così importante sia stata stanziata per le bandiere, malgrado il fatto che 5500 scuole rurali siano prive addirittura dei basilari servizi igienici.
Proponendosi come il suo erede e continuatore, nell'incontro del 9 giugno con giovani imprenditori e ingegneri il nuovo zar Putin ha voluto paragonare l'attuale aggressione all'Ucraina alla Grande Guerra del Nord condotta dallo zar Pietro il Grande, guerre che, a suo dire, non avrebbero lo scopo di sottrarre e rubare territori ma di restituirli all'impero russo: “Abbiamo visitato la mostra dedicata al 350esimo anniversario della nascita di Pietro il Grande. Non è cambiato quasi nulla. È una cosa straordinaria. Si arriva a questa consapevolezza, a questa comprensione. Pietro il Grande condusse la Grande Guerra del Nord per 21 anni. A prima vista, era in guerra con la Svezia per sottrarle qualcosa... Non le stava sottraendo nulla, la stava restituendo.”
 

Mosca lancia un nuovo “G8” con Iran e Cina
In questo quadro mondiale sempre più diviso fra i due blocchi imperialisti dell'est e dell'ovest, la Russia si è inventata un "nuovo G8", composto da Paesi che non aderiscono alle sanzioni occidentali contro Mosca. Lo ha affermato il presidente della Duma russa, Vyacheslav Volodin su Telegram. "Le economie di Stati Uniti, Giappone, Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia e Canada continuano a scoppiare sotto la pressione delle sanzioni contro la Russia. - ha detto - La rottura delle relazioni economiche esistenti da parte di Washington e dei suoi alleati ha portato alla formazione di nuovi punti di crescita nel mondo. Il gruppo degli otto Paesi che non prendono parte alle guerre delle sanzioni - Cina, India, Russia, Indonesia, Brasile, Messico, Iran, Turchia - è superiore del 24,4% al vecchio gruppo in termini di Pil pro capite".
 

Pyongyang appoggia l'aggressione zarista
Era nell'aria e alla fine è arrivato chiaro come l'acqua l'appoggio della Corea del Nord alla Russia di Putin. Come riferisce l'agenzia nordcoreana CTAC, nel suo telegramma di congratulazioni al presidente russo in occasione della Giornata della Russia, il leader nordcoreano Kim Jong-Hun ha espresso pieno sostegno al nuovo zar nella sua avventura imperialista, nonché l'auspicio alla collaborazione economica tra i due paesi. "Sono sicuro – ha aggiunto il leader nordcoreano - che sulla strada per proteggere la giustizia internazionale e garantire la sicurezza globale, la cooperazione tattica e strategica tra i due paesi diventerà ancora più stretta".
Il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba condanna il "processo farsa" dei tre prigionieri di guerra stranieri accusati di essere mercenari e condannati a morte da un tribunale dell'autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk (Dpr). "In quanto combattenti - scrive Kuleba su Twitter -, sono protetti dal diritto umanitario internazionale e devono essere trattati di conseguenza. L'Ucraina - aggiunge - continuerà a collaborare con il Regno Unito per garantire il loro rilascio". Ieri il ministro degli Esteri britannico Liz Truss ha parlato con Kuleba "degli sforzi per assicurare il rilascio dei prigionieri di guerra detenuti dai filorussi, affermando che "la sentenza contro di loro è una grave violazione della Convenzione di Ginevra" e che "il Regno Unito continua a sostenere l'Ucraina contro la barbara invasione" del presidente russo Vladimir Putin. Secondo le autorità della Dpr, i cittadini britannici Aiden Aslin e Shaun Pinner e quello marocchino Brahim Saadoune sono combattenti stranieri catturati nella città ucraina di Mariupol dalle forze russe ad aprile. Secondo il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, la loro condanna a morte è stata presa "in base alle leggi della Dpr" e va rispettata. I media statali di Mosca affermano che i tre prigionieri hanno un mese per appellarsi contro le loro condanne prima di essere giustiziati.

15 giugno 2022