Manifestazione nazionale a Roma
La CGIL in piazza chiede salari più alti
Limiti del discorso di Landini che non nomina nemmeno Draghi

Il 18 giugno, decine di migliaia di lavoratori, studenti, pensionati, delegate e delegati provenienti da tutte le regioni e province d'Italia hanno riempito e colorato di rosso Piazza del Popolo a Roma in occasione della manifestazione nazionale indetta dalla Cgil per rivendicare “Pace, lavoro, giustizia sociale e democrazia”.
Nonostante il caldo asfissiante la piazza è stata inondata da un mare di bandiere rosse, cartelli e striscioni con decine di slogan fra cui: “Pane pace e lavoro. Estirpiamo le disuguaglianze” a firma della Flai-CGIL; “Il lavoro è dignità. Basta precarietà” a firma della Filt-CGIL Roma-Lazio; “Per il lavoro vogliamo la parità di salario tra uomini e donne! Più sicurezza sul lavoro!” e ancora “Per la giustizia sociale e la democrazia. Vogliamo l'aumento del netto in busta paga” a firma dello Spi-CGIL; “Studenti in lotta da 0 a 100 vogliamo tutto” a firma della Rete studenti medi. E poi anche tanti striscioni e bandiere con le firme delle camere e delle organizzazioni territoriali fra cui i “Lavoratori Sammontana Empoli” e la “Cgil Lucca”.
Una mobilitazione generale lanciata nei mesi scorsi che ha coinvolto tutte le strutture della CGIL con oltre 200 assemblee territoriali e di categoria che si sono tenute su tutto il territorio nazionale e che hanno visto il coinvolgimento di migliaia di iscritti, lavoratori, pensionati, studenti e associazioni di categoria.
Sul palco si sono alternati gli interventi di diverse delegate e delegati di tutte le categorie che hanno raccontato le drammatiche condizioni di vita e di lavoro a cui sono sottoposti i lavoratori nelle fabbriche, nelle officine, nei cantieri, nei campi e nei capannoni della logistica e dei trasporti senza alcuna eccezione dal Nord, al Centro e Sud Italia. Ricattati e schiavizzati da padroni senza scrupoli che applicano contratti pirata, senza diritti e tutele sindacali e con salari da fame.
Non a caso a conclusione dei loro interventi tutte le delegate e i delegati hanno rivendicato “un lavoro stabile e dignitoso... contro la precarietà, la mancanza di tutele e di diritti... il rinnovo dei contratti e aumento dei salari; ma anche una legge sulla rappresentanza sindacale contro i contratti pirata, più salute, istruzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, diritto alla formazione, giustizia sociale, lotta all'evasione fiscale e pace.
Perché è ora che “il capitale deve cedere e il lavoro deve avere” come ha detto nel corso del suo intervento Dario Salvetti, Rsu della ex Gkn e delegato del Collettivo di fabbrica, ricordando gli 11 mesi di assemblea permanente e la grande rete di solidarietà che si è sviluppata intorno alla vertenza a partire dal 9 luglio dell'anno scorso: prima contro la multinazionale Melrose, che ha annunciato con un sms il licenziamento di tutti i 500 lavoratori e lo smantellamento della fabbrica, e ora contro il nuovo padrone Francesco Borgomeo che dal 23 dicembre scorso ha acquisito la fabbrica promettendo una rapida reindustrializzazione del sito di cui però ancora non si vede nemmeno l'ombra.
Mentre Tommaso a nome degli studenti medi e universitari racconta la storia di “Nadia che lavora dai 16 anni ma sempre in nero o tirocinio e dopo 10 anni ha 3 mesi di contributi pensionistici”. Perciò, conclude: “Non siamo più disposti a farci calpestare: non abbiamo nulla da perdere e per questo che non potranno fermarci”.
Auli invece punta il dito contro “la precarietà di stato di noi 700 somministrati che lavoriamo per il ministero dell’Interno al servizio immigrazione: primo contratto 6 mesi, secondo 3 mesi, terzo 40 giorni. Poi grazie alla lotta con Nidil Cgil ora 9 mesi. La precarietà è soprattutto donna e io sono dovuta tornare a lavorare 48 ore dopo aver perso mio figlio in grembo”.
Incalzato dalle tante storie di sfruttamento, povertà e sofferenza, il segretario generale Landini rispolvera i panni del vecchio sindacalista conflittuale e nelle conclusioni appoggia e rilancia le rivendicazioni dei lavoratori esaltando addirittura il ruolo “dei nostri delegati che ci mettono la faccia ogni giorno: senza di voi la Cgil semplicemente non esiste”.
Una sorta di promozione sul campo che certamente non prelude a un cambio di linea della CGIL e nemmeno delle regole di democrazia interna, ma più semplicemente serve a Landini per cominciare a tastare e preparare il terreno in vista del XIX congresso che si terrà a dicembre.
Non a caso Landini evita accuratamente di autocriticarsi per gli errori commessi, per non aver mosso un dito contro l'offensiva padronale, il taglio dei salari e dei diritti di questi anni e di aver anzi contribuito a trasformare la CGIL in un sindacato istituzionale a tutto tondo sposando in pieno la linea collaborazionista e concertativa coi padroni e il governo.
Draghi, i suoi ministri e il boss di Confindustria Bonomi non vengono nemmeno nominati da Landini che al culmine del suo comizio si è detto colpito dal fatto che: “chi ha accettato di dare di più a chi ha di più nella legge di bilancio oggi invece riconosca la questione salariale... L’emergenza sociale è ora: bene i 200 euro di bonus ma non abbiamo bisogno di 200 euro una tantum, abbiamo bisogno di 200 euro ogni mese”.
Landini ha poi ricordato che “Questo bonus di 200 euro l’hanno finanziato accogliendo la nostra proposta di tassare gli extraprofitti delle aziende energetiche, raddoppiando da 7 a 14 miliardi l’ultimo decreto” e perciò propone di “tassare al 100% gli extraprofitti e alzare i salari”.
Con rammarico e sempre senza mai nominarlo, Landini ha accennato al difficile rapporto col governo Draghi per ricordare che: “Siamo sempre stati convocati poco prima delle decisioni che venivano prese con mediazioni fra i partiti di maggioranza, mettendo da parte le nostre proposte. Ora basta: servono provvedimenti adesso, non a settembre. È già iniziata la campagna elettorale e noi non saremo spettatori ad ascoltare cosa faranno i partiti quando saranno al governo, vogliamo interventi subito”.
Anche con la politica, ha aggiunto Landini, la Cgil vuole “ribaltare il campo: invece di attendere la legge di bilancio convocheremo tutte le forze politiche (il primo luglio, ndr) e indicheremo le nostre proposte congressuali. La legge di bilancio la faremo noi mobilitandoci già a luglio sul territorio, se non ci ascolteranno saremo già a Roma in piazza a settembre” per chiedere di “cancellare le leggi folli sulla precarietà e una legge sulla rappresentanza per cancellare i bassi salari, i contratti pirata e l’estensione del Trattamento economico complessivo con diritti, ferie e tredicesima anche per le partite Iva”.
Per quanto riguarda i giovani, Landini esorta la CGIL ad “aprire le vertenze sul tema del precariato e se i precari non entrano nella vertenza, subito scioperare tutti... Scuola, fisco e pensioni sono battaglie di tutti, confederali perché da 120 anni la Cgil non è corporativa, rappresenta i bisogni di tutti e vuole essere fattore di trasformazione sociale”.
La chiusura del comizio Landini la dedica alla guerra in Ucraina e a papa Francesco ricordando che la CGIL “è stata la prima organizzazione a capire e mobilitarsi. Ho sperato di sbagliarmi e che l’invio di armi portasse alla fine della guerra. Ora sappiamo che non è così: per questo chiediamo meno armi e disarmo, come papa Francesco”.
Insomma i limiti del discorso di Landini sono più evidenti che mai sul fronte della necessità a una lotta senza quartiere contro il padronato e il governo Draghi e persino sulla guerra all'Ucraina ha preferito semplicemente riecheggiare le ambiguità di Bergoglio.

22 giugno 2022