Ballottaggio del 27 giugno 2022
Il 57,8% dell’elettorato diserta le urne
Sindaci eletti con pochi voti
7 sindaci alla “sinistra” borghese, 4 sindaci alla destra, 2 a “liste civiche”
Lavoriamo per qualificare l'astensionismo come un voto dato al PMLI e al socialismo

Il 57,8% degli elettori chiamati di nuovo alle urne il 27 giugno per il ballottaggio in 59 comuni delle regioni a statuto ordinario ha disertato le urne. In crescita di ben 11,9 punti percentuali rispetto al primo turno di due settimane prima quando in queste stesse città aveva disertato le urne già il 45,9% degli elettori. Un incremento ancor più netto di quello che si era realizzato fra il primo e il secondo turno alle comunali dell’ottobre 2021 quando il dato si era attestato a +9%.
Stesso andamento nei 3 comuni del Friuli Venezia-Giulia e nei 4 comuni della Sicilia (regioni a Statuto speciale per i quali il ministero non fornisce i dati ufficiali) i cui risultati riportiamo in una tabella a sé. L’unico comune dove la diserzione cala leggermente dell’1,4% rispetto al primo turno e si attesta al 29,5% è quello di Villafranca Sicura, in provincia di Agrigento. Ma questo è un comune che fa poco testo visto che qui si votava, nonostante un corpo elettorale di appena 1.407 elettori, solo perché al primo turno i due candidati in lizza avevano ottenuto lo stesso numero di preferenze.
In tutti gli altri comuni solo una minoranza ha voluto esprimere una preferenza per uno dei due candidati, mentre la stragrande maggioranza ha voluto prendere le distanze da entrambi e li ha privati del proprio sostegno e appoggio. Senza contare che anche chi è andato alle urne, soprattutto elettori di sinistra, spesso lo ha fatto per niente convinto ma solo per il ricatto del “voto utile”, per non “far vincere la destra”, per “porre un argine al populismo”, e così via. Questa ulteriore crescita dell'astensionismo delegittima ulteriormemente la credibilità e la rappresentatività dei sindaci eletti, ma anche più in generale dimostra il distacco crescente fra l'elettorato e i partiti, i governi e le istituzioni rappresentative borghesi locali del regime capitalista neofascista. Ci pare oltremodo azzardato e mistificante che il segretario del PD, Enrico Letta, giudichi il risultato di questa consultazione come un esito che “rafforzi il governo”. Al contrario a noi sembra che la strepitosa vittoria dell’astensionismo sia un duro colpo anche per il governo Draghi perché questo fenomeno in costante crescita mina la stabilità e la tenuta del suo e di tutti i governi, nonché dell’intero sistema capitalistico. Tanto più che si accompagna alla disfatta di due partiti della sua maggioranza, ossia Lega e Movimento 5 stelle, che per almeno 10 anni erano stati capaci di intercettare demagogicamente la protesta e il malessere di grandi masse anche di sinistra, incatenandole comunque alle urne e alle istituzioni borghesi. Ci aspettiamo che la classe dominante borghese, alle prese con una crisi economica e sociale sempre più devastante, metterà in campo altre trappole e altri inganni per tentare di riprendere il controllo elettorale, politico e organizzativo delle masse lavoratrici e popolari.
 
L'astensionismo
Per il ballottaggio erano chiamati alle urne circa 2 milioni di elettori, concentrati soprattutto al Nord e nei 12 comuni capoluogo, ossia Alessandria, Cuneo, Como, Monza, Verona, Parma, Piacenza, Lucca, Frosinone, Viterbo, Barletta e nel capoluogo di regione, Catanzaro. Nei comuni capoluogo hanno fatto registrare il record astensionista Como col 64,2%, Cuneo (63,3%), Monza (63,2%) e Alessandria (62,9%). Ottimo risultato anche a Parma (60,8%) e Gorizia (58%). L’unico comune capoluogo in cui la diserzione non supera il 50% è Frosinone dove però l’incremento fra il primo e il secondo turno è fra i più alti, +13,1%.
Il record dell'incremento fra primo e secondo turno va invece a Catanzaro con ben il 23,6% in più rispetto al 12 giugno, e Barletta (+18,3%).
Non è un caso che i più bassi incrementi si sono registrati a Verona (+8,2%) e a Lucca (+4,3%) dove la sfida fra la “sinistra” e la destra borghese era particolarmente accesa e l’esito assai incerto. A Verona dove il “centro-sinistra” tentava di strappare, puntando sul “civico” ex calciatore Damiano Tommasi, il governo cittadino alla destra che dominava incontrastata da vent’anni. A Lucca dove la destra rischiava in modo molto concreto di perdere il potere visto il vantaggio del candidato del “centro-sinistra” al primo turno, esito che solo per una manciata di voti è poi riuscita a scongiurare.
Un’ulteriore prova che gli elettori agiscono per lo più coscientemente e scelgono in gran parte in modo consapevole se disertare o no le urne in base alla situazione politica concreta e ai candidati in lizza.
Dando uno sguardo all’articolazione nazionale della diserzione, nonostante il record assoluto spetti al piccolo comune di Castelbottaccio, in provincia di Campobasso, dove la diserzione ha raggiunto la vetta del 78,7%, più in generale sono le regioni del Nord a guidare la classifica. La Liguria col 65,9%, poi la Lombardia col 61,3% e il Piemonte col 61,2%. Ottimi i risultati anche in Campania (61,6%) e nel Lazio (60,3%),
Se si prendono in considerazione tutti gli elettori che avevano diritto di voto, e non già solo i voti validi, tutti i sindaci, sia quelli eletti al primo turno, sia quelli eletti al ballottaggio, hanno ottenuto in media il consenso di appena un terzo dell'elettorato e anche meno. Su 26 sindaci eletti nei capoluoghi solo cinque superano il 30% dei consensi; 17 superano solo il 20% e addirittura 4 stanno sotto il 20%. Il massimo l’ha ottenuto al primo turno il sindaco di destra dell’Aquila, Pierluigi Biondi col 34,2%. La maglia nera al sindaco di Palermo, sempre della destra, Roberto Lagalla col 18,1%, eletto nemmeno da un quinto degli elettori che ne avevano diritto.
Non meglio è andata ai sindaci del “centro-sinistra” che pure canta vittoria. Il massimo lo ottiene il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci col 30,4%, e il minimo va al sindaco di Monza, Paolo Pilotto, con il 18,7%. Persino il neo eletto sindaco di Verona, Damiano Tommasi può contare appena sul 24,7% dei consensi elettorali. Ancor meno il sindaco di Catanzaro Nicola Fiorita. Salvo qualche eccezione, quasi tutti i sindaci eletti perdono voti rispetto ai loro predecessori. Anche nel caso di riconferme. Si tratta oggettivamente di una grande e cocente sconfitta.
 
La “sinistra” borghese batte la destra
Dopo il primo, anche il secondo turno se lo aggiudica la “sinistra” borghese perché ottiene più comuni capoluogo rispetto alla situazione precedente. La sconfitta della destra e la liquefazione del M5S hanno ovviamente drogato il risultato del PD e del “centro-sinistra” e pertanto l’euforia di Enrico Letta per il “risultato straordinario” è del tutto ingiustificata.
Al ballottaggio la “sinistra” borghese riesce a strappare alla destra Alessandria, Monza, Verona, Parma, Piacenza e Catanzaro, che vanno ad aggiungersi a Lodi conquistata al primo turno. Dopo Padova e Taranto, si conferma anche a Cuneo. La destra che aveva già strappato al primo turno Palermo alla “sinistra” borghese e Belluno a una lista civica, conquista ora anche Lucca e si riconferma a Frosinone, Barletta e Gorizia. Al primo turno si era confermata già ad Asti, Genova, La Spezia, Pistoia, Rieti, L’Aquila e Oristano. Cede al ballottaggio Como e Viterbo a due liste civiche. Infine, al primo turno era stato eletto sindaco di Messina con una lista civica Federico Basile, l’uomo del sindaco uscente Cateno De Luca.
Tirando le somme di tutta questa tornata elettorale, nei 26 comuni capoluogo di provincia, la “sinistra” borghese prevale in 10 città e ne governava 5; la destra governerà 13 città invece delle 18 che aveva; 3 città saranno governate da liste civiche come era in precedenza.
Per la destra borghese è un'evidente e bruciante sconfitta: per la coalizione che non riesce a tenere e men che mai ad avanzare; per la ducessa fascista doc Meloni che sull’onda dei trionfanti sondaggi era convinta di conquistare Verona, storica roccaforte della destra ormai da oltre 15 anni, con il suo candidato Federico Sboarina. Per la Lega fascista e razzista di Salvini che vede svanire sempre più l’ambizione di essere l’architrave della coalizione e futuro premier italiano mentre vede esaurirsi persino la sua capacità trainante al Nord dove la destra perde al ballottaggio addirittura sette comuni capoluogo su otto.
Infranto anche il sogno di Berlusconi che dopo essersi comprato la squadra di calcio brianzola promossa proprio quest’anno in serie A, sperava di vincere a Monza e assicurarsi così anche il governo della città. Senza parlare della sconfitta a Catanzaro.
Queste consultazioni non hanno sciolto i nodi sul tappeto, né sono emerse indicazioni certe in vista delle elezioni siciliane, lombarde e laziali dell’autunno prossimo e soprattutto delle elezioni politiche del 2023 e non è difficile prevedere scontri e conflitti sempre più aspri fra le varie correnti all’interno della classe dominante borghese e dei suoi partiti. La scissione del M5S guidata dal trasformista Di Maio, ne è già una evidente manifestazione.
 
Qualificare l'astensionismo
Il segnale più forte e il vero vincitore di queste elezioni è senza dubbi l’astensionismo. L'astensionismo continua a crescere soprattutto nelle grandi città, nelle periferie urbane dove regnano incontrastate la disoccupazione, la povertà, il sovraffollamento abitativo, l'abbandono scolastico, la mancanza di servizi sociali, sanitari e culturali, l'emarginazione sociale, il degrado ambientale.
Il problema che occorre porsi è come trasformare il voto astensionista, soprattutto dell'elettorato di sinistra, di per sé importante e significativo ma in gran parte spontaneo, da voto passivo, da voto di testimonianza e di protesta in un voto attivo, utile alla lotta di classe, alla lotta per difendere gli interessi delle masse sfruttate e oppresse, alla lotta anticapitalista e per il socialismo.
Per quanto ci riguarda dobbiamo continuare a lavorare per qualificare l'astensionismo come un voto dato al PMLI e al socialismo.
Al contempo crediamo che tutti i partiti della sinistra di opposizione, i partiti e i gruppi con la bandiera rossa e tutte le forze fautrici del socialismo debbano aprire un dibattito sull'utilità di continuare a praticare l'elettoralismo borghese e a spargere così oggettivamente illusioni parlamentariste, governative e costituzionali. Un dibattito che si dovrebbe aprire nell'ambito di una sempre più urgente, salutare e senza precedenti grande discussione rivoluzionaria sul futuro dell'Italia.
 

29 giugno 2022