L'Inno della Russia imperialista del nuovo zar Putin è la negazione dell'Inno dell'Urss socialista di Stalin

 
L'8 dicembre 2000 la Duma, il parlamento russo, approvò a stragrande maggioranza la proposta del nuovo zar Vladimir Vladimirovič Putin, insediatosi l'anno prima come presidente della Federazione Russa, del nuovo testo dell'Inno russo sulla ripristinata musica del vecchio Inno sovietico,. L'Inno dell'Unione Sovietica era stato abolito nel 1991 da Boris Eltsin, che l'aveva sostituito con una musica del compositore Michail Ivanovič Glinka (1804-1857), ma la scelta suscitò numerose contestazioni da parte della popolazione, la stragrande maggioranza della quale si sentiva profondamente legata alla musica dell'Inno sovietico.
Il nuovo uomo forte della borghesia imperialista russa, Putin, prese allora due piccioni con una fava, assecondando apparentemente l'opinione pubblica per ciò che riguarda la musica, ma stravolgendo il testo adeguandolo alla politica nazionalista, imperialista e neozarista della Russia del terzo millennio.
La musica dell'Inno dell'Unione Sovietica era stata scritta dal compositore russo Aleksandr Vasil'evič Aleksandrov (1883-1946) rielaborando una sua precedente composizione del 1939 mentre il testo fu redatto congiuntamente da due poeti, il russo Sergej Vladimirovič Michalkov (1913-2009) e l'uzbeko di origine armena Gabriėl' Arkad'evič Urekljan noto con il nome d'arte di Gabriel El-Registan (1899-1945). I tre artisti parteciparono a un concorso indetto da una commissione governativa nel 1942, appositamente creata al fine di dare all'Unione Sovietica un inno diverso dall'Internazionale, considerato quest'ultimo ormai un patrimonio dei lavoratori di tutto il mondo e non solo di quelli sovietici. Decine di compositori e di parolieri vi parteciparono, e alla fine del 1943 vinsero i tre autori citati, tanto che il 1° gennaio 1944 la musica di Aleksandrov e il testo di Michalkov e El-Registan divenne ufficialmente l'Inno dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
Stalin in persona espresse ripetutamente la sua ammirazione per il lavoro svolto dai tre artisti.
La musica, una grandiosa e solenne marcia di ritmo moderato scritta per orchestra e coro, è rimasta invariata fino ai giorni nostri. Per ventuno anni, tuttavia, e precisamente tra il 1956 e il 1977, la musica fu eseguita solo in forma orchestrale, perchè nel testo cantato, come si vedrà, c'era un riferimento a Stalin, fatto oggetto di una controrivoluzionaria campagna diffamatoria da parte di Nikita Sergeevič Chruščëv col colpo di stato revisonista e fascista del XX Congresso del PCUS. Infatti è nel 1977 che, per togliere ogni riferimento a Stalin, uno dei due autori del testo originario, Michalkov, fu incaricato di sostituire i versi riferiti a Stalin, e lo stesso autore, nel 2000, ebbe l'incarico di riscrivere completamente il testo, con significati opposti rispetto a quello originario.
Ecco il testo dell'inno sovietico scritto da Michalkov e El-Registan:
 
Un'unione indivisibile di repubbliche libere
la Grande Russia ha saldato per sempre.
Fondata dalla volontà dei popoli,
evviva l'unita e potente Unione Sovietica!

 

Sia celebre la nostra Patria libera,
sicuro baluardo dell'amicizia fra i popoli!
La bandiera sovietica, la bandiera del popolo
ci guidi di vittoria in vittoria!

 

Attraverso la tempesta ci illuminò il sole della libertà
E il grande Lenin ci rischiarò la via:
Stalin ci educò alla dedizione verso il popolo,
Ci ispirò al lavoro e ad eroiche imprese!

 

Sia celebre la nostra Patria libera,
Sicuro baluardo della felicità dei popoli!
La bandiera sovietica, la bandiera del popolo
ci guidi di vittoria in vittoria!

 

Abbiamo cresciuto il nostro esercito nelle battaglie.
I vili invasori spazzeremo via dal cammino!
Negli scontri decidiamo il destino di generazioni,
verso la gloria porteremo la nostra Patria!

 

Sia celebre la nostra Patria libera,
Sicuro baluardo della gloria dei popoli!
La bandiera sovietica, la bandiera del popolo
ci guidi di vittoria in vittoria!

 

Si noti innanzitutto che la parola “Russia ” appare una sola volta nel secondo verso della prima strofa, ed è soltanto l'occasione per affermare che numerosi popoli si sono uniti insieme a tale nazione per costituire una salda unione. La parola “popoli ” appare quattro volte, a significare che l'Unione Sovietica non si riduce alla Russia, ma è un unione di tante nazionalità.
Nel ritornello si esprime un concetto squisitamente internazionalista, ossia che la “nostra patria ” è un “baluardo dell'amicizia ” e “della felicità tra i popoli ” e “della gloria dei popoli ”: contrariamente alla concezione nazionalista borghese – portato all'esasperazione dall'ideologia nazifascista - dove per 'patria' si intende il luogo dove vive un solo popolo, nel testo si vuole diffondere il messaggio per cui l'Unione Sovietica è patria in quanto luogo di amicizia tra i popoli i quali l'hanno creata costituendosi in un unico Paese nel quale costruirvi assieme la propria felicità e gloria.
Il carattere socialista dell'Unione Sovietica è poi nettamente descritto nel testo dalle parole “lavoro ” e “bandiera sovietica ” (intesa come bandiera rossa) che “ci guidi di vittoria in vittoria! ”, mentre colui che ebbe un ruolo di primo piano nella fondazione dell'URSS, Lenin, è menzionato nella seconda strofa così come il suo erede e continuatore che nel 1944 era segretario generale del partito nonché presidente del Consiglio dei commissari del popolo (in entrambi gli incarichi successore di Lenin). Il testo afferma che Lenin ha illuminato la strada che porta alla libertà mentre Stalin viene presentato come colui che educa ogni sovietico a essere leale verso il popolo, ispirando ogni sovietico al lavoro e all'eroismo.
Il soggetto di tutto il testo è espresso in prima persona plurale, come se parlassero insieme tutte le popolazioni sovietiche.
È assente, infine, ogni sciovinismo nazionale, ogni retorica nazionalista, ogni descrizione, anche sommaria, di qualsivoglia caratteristica dominatrice e sopraffattrice, proprio perchè l'inno doveva essere la celebrazione, più che di uno specifico territorio, di quella parte dei popoli del mondo che avevano scelto la strada del socialismo e in esso si erano uniti.
L'inno conquistò immediatamente il cuore dei popoli sovietici compreso quello russo, tanto che nel 2000 – dopo che nel 1991 si era dissolta l'URSS e dopo che per un decennio la Federazione Russa aveva adottato l'inno di Glinka sgradito alla maggioranza della popolazione – il nuovo capo della Federazione Russa ormai oligarchica, imperialista e capitalista, Putin, abbindolava il popolo russo ancora legato al glorioso ricordo dell'URSS di Lenin e di Stalin con la furbesca trovata di ripristinare la musica dell'Inno sovietico, commissionando però a Michalkov un testo di carattere nazionalista e imperialista antitetico a quello socialista.
Nel contempo Putin otteneva dai revisionisti di Djuganov l'accettazione della bandiera tricolore e dell'aquila bicipite zariste, un animale rapace da sempre simbolo dei più reazionari e aggressivi imperi come quello zarista, asburgico e austro ungarico. La bandiera dell'esercito rimaneva quella rossa, ma senza la falce e il martello. I revisionisti, che non avevano mai accettato formalmente la sostituzione delle insegne dell'ex Unione Sovietica con quelle della Russia dei nuovi zar, firmavano di buon grado, accontendandosi della reintroduzione della sola musica del vecchio inno nazionale. Una dimostrazione ulteriore dell'inguaribile opportunismo dei revisionisti di ogni tempo e paese, sempre pronti a venire a patti con la destra e servirla pur di mantenere qualche briciola di potere.
Ecco il testo dell'inno della Federazione Russa di Putin, in vigore dal 2000:
 
Russia, il nostro Paese sacro,
Russia, la nostra terra amata.
Una potente volontà, una grande fama
Sono il tuo patrimonio per tutti i tempi.
 
Sii gloriosa, nostra Patria libera,
Unione eterna di popoli fratelli,
Saggezza ereditata dai nostri antenati!
Sii gloriosa, patria, siamo fieri di te!
 
Dai mari del sud al circolo polare
Si estendono i nostri boschi e i campi.
Tu sei unica al mondo, sei inimitabile,
Terra natìa protetta da Dio.
 
Sii gloriosa, nostra Patria libera,
Unione eterna di popoli fratelli,
Saggezza ereditata dai nostri antenati!
Sii gloriosa, patria, siamo fieri di te!
 
Ampi spazi per i sogni e per la vita
Si aprono davanti a noi per gli anni a venire
La nostra fedeltà alla Patria ci dà forza.
Così è stato, così è e così sarà sempre!
 
Sii gloriosa, nostra Patria libera,
Unione eterna di popoli fratelli,
Saggezza ereditata dai nostri antenati!
Sii gloriosa, patria, siamo orgogliosi per te!

 

Come si può vedere, c'è un uso abbondante di concetti reazionari e metafisici e addirittura religiosi, quali “Paese sacro ” nella prima strofa, “Unione eterna ” nel ritornello e addirittura “Terra natìa protetta da Dio ” nella seconda strofa: è evidente l'intento del nuovo zar Putin e della sua cricca al potere dello Stato capitalista e imperialista, una superpotenza con la vocazione al predoniminio, a idealizzare la Russia e a tendere addirittura una mano alla locale chiesa ortodossa, che, è cronaca recente, avrebbe contraccambiato Putin benedicendo apertamente la guerra di aggressione e i peggiori crimini compiuti dall'armata neonazista contro l'Ucraina.
Il riferimento alla “saggezza ereditata dai nostri antenati ” è un chiaro riferimento alla grande Russia immaginata e perseguita dallo zar Pietro il Grande, dalla quale si sono alimentati tutti i regimi più reazionari, né il richiamo all'”unione eterna di popoli fratelli ” (un riferimento alle nazionalità non russe presenti all'interno della Federazione Russa) può essere interpretata in senso positivo, perché l'aggettivo “eterna ” fa pensare all'ineluttabilità, ossia al fatto che tali popoli debbano essere uniti alla Russia in quanto costretti da quest'ultima.
Termini quali “potente volontà ”, “grande fama ” e “gloriosa ” riferiti alla Russia mettono in risalto il carattere nazionalista e sciovinista del nuovo zar e i primi due versi della terza strofa (“Ampi spazi per i sogni e per la vita si aprono davanti a noi per gli anni a venire ”) sembrano preannunciare, beffardamente, le spietate guerre di aggressione di Putin in Cecenia, in Georgia e, soprattutto, in Ucraina.
È chiara quindi la differenza tra i due testi, ossia tra i due inni: l'Inno sovietico di Stalin è rispettoso di tutte le nazionalità e pieno di fiducia nella grandiosa opera di trasformazione socialista avviata dal partito di Lenin e di Stalin, mentre l'inno capitalista di Putin manifesta il tradizionale nazionalismo grande russo che già fu degli zar ed è improntato a richiami religiosi.
Come Putin abbia concretamente attuato i principi del nuovo inno, dopo avere avvelenato con tale propaganda la popolazione russa per oltre vent'anni, è cronaca quotidiana, e lo si vede bene in ciò che sta accadendo in Ucraina.
Ecco perché vogliamo ristabilire la verità storica circa l'anteticità tra l'Urss socialista, internazionalista e proletaria di Lenin e di Stalin, e la Russia imperialista, capitalista, nazionalista, guerrafondaia e corrotta del nuovo zarismo di Putin.

6 luglio 2022