Partecipiamo attivamente al XIX Congresso nazionale della Cgil
Sosteniamo il documento alternativo a quello della maggioranza di Landini, ma non appiattiamoci su di esso e rilanciamo la linea sindacale del PMLI

Entro la fine del 2022 si terrà il XIX congresso nazionale della Cgil. Ancora non c'è una data definitiva e ufficiale, ma l'ipotesi più probabile è quella del mese di dicembre. Può sembrare una data lontana ma, dovendo fare una lunga serie di congressi intermedi, non lo è affatto. Anzi, rispetto al passato stavolta i tempi sono più compressi, considerando che di mezzo c'è il mese di agosto, periodo in cui quasi tutte le aziende sono chiuse, a grave discapito della discussione e della democrazia.
 

Limitazioni alla libertà d'azione di chi dissente
Tempi stretti a parte, il fatto più grave è che la Commissione che ha stilato il regolamento ha messo delle forti restrizioni alla libertà di chi potrà presentare i documenti congressuali nelle assemblee sui posti di lavoro. Questi documenti sono due, uno che fa riferimento a Landini e alla maggioranza dei dirigenti, l'altro, quello alternativo, a rappresentare la sinistra sindacale della Cgil. Nei congressi di base, ossia aziendali, territoriali e dello SPI (pensionati) la loro presentazione può essere tenuta soltanto da appartenenti a organismi dirigenti, quindi eletti nei Direttivi e nelle Assemblee Generali della propria categoria o della Camera del Lavoro (CdL), e ognuno nel proprio territorio di competenza.
Se nel primo caso non ci saranno problemi, visto lo stuolo di funzionari a tempo pieno o parziale che stanno con la maggioranza, si mettono in difficoltà i rappresentanti dell'altro documento, visto che in larghissima parte sono “semplici” delegati/e di fabbrica o pensionati/e che utilizzano permessi di lavoro e tempo libero e che, con la modifica del regolamento, non potranno andare al di fuori del loro posto di lavoro. Non ci meravigliamo di questo poiché Landini, ai tempi della Fiom molto critico contro la mancanza di democrazia e pluralità dentro la Cgil, da quando è segretario generale si comporta alla stessa maniera dei suoi predecessori.
 

Nessun cambiamento, Landini nel segno della continuità
A distanza di tre anni e mezzo dal suo insediamento chi nutriva qualche speranza di cambiamento, si è dovuto ricredere. La Cgil ha proseguito imperterrita nella sua politica della concertazione con i governi Conte I e II, quello 5 Stelle-Lega e il successivo con il PD al posto di Salvini, e senza battere ciglio con quello guidato dal banchiere massone Draghi e l'accozzaglia di partiti che lo sostengono. Di fronte al perdurare dell'attacco padronale e governativo ai diritti e ai salari, ha risposto con la “moderazione” e con la richiesta di “ascolto” ai presidenti di Confindustria e al capo del Governo. Solo i toni, in certe occasioni, si sono alzati, ma si è sempre trattato di un bluff. Di fronte alle proposte di Patto sociale avanzate da Bonomi e da Draghi (e prima da Conte), non ha potuto dire apertamente di sì per non esporsi troppo di fronte alla rabbia e all'impazienza dei lavoratori, ma nella sostanza lo ha accettato perché lui e la sua segretaria non hanno mai cercato di percorrere la strada della mobilitazione e della lotta.
La crisi economica capitalistica che imperversa quasi ininterrottamente dal 2008, su cui si è innestata la pandemia da Covid-19 e, negli ultimi mesi, la guerra in Ucraina causata dall'invasione russa, hanno drasticamente aggravato le condizioni di milioni di persone. Una situazione che ha posto l'estrema urgenza di una mobilitazione generalizzata per la difesa dei lavoratori e delle masse popolari che avrebbe dovuto vedere in prima fila i sindacati, a partire da quelli più forti e rappresentativi. Neppure la gestione della pandemia, del PNRR e le manovre di Bilancio, tutte indirizzate in maniera da favorire il capitale, le grandi imprese e le privatizzazioni, sono bastati a far scattare un cambio di rotta in Cgil, per rivendicare la riduzione delle disuguaglianze e l'indirizzo degli investimenti pubblici nei settori chiave della vita sociale.
La guerra in Ucraina, l'incremento delle spese militari mentre i salari italiani (unico caso in Europa) diminuiscono anziché aumentare, le speculazioni sulle materie prime, l'impennata delle bollette e dell'inflazione stanno mettendo con le spalle al muro la dirigenza della Cgil che al congresso dovrà decidere quale linea tenere di fronte all'aggravarsi della crisi economica e ai rischi di guerra mondiale. Essa si rende evidentemente conto dei livelli insostenibili raggiunti dalla precarizzazione del lavoro, dei bassi salari, della mancanza di sicurezza, di un sistema pensionistico penalizzante, delle tensioni internazionali, messi a fuoco nel documento congressuale della maggioranza di Landini (che si chiama “Il lavoro crea il futuro”). Ma la ricetta che viene proposta, anzi riproposta, è quella di un ruolo maggiore, anche militare, dell'UE imperialista, la concertazione con le “parti sociali”, la codeterminazione con le aziende, ovvero il collaborazionismo con la controparte padronale.
 

Il documento alternativo
Di fronte a un quadro di questo genere noi marxisti-leninisti salutiamo positivamente la presentazione di un documento alternativo, arrivato dopo una fase lunga e travagliata che ha visto sempre più frantumata e ridotta la componente sindacale di sinistra della Cgil. Il documento è stato elaborato e sostenuto dalle aree programmatiche Riconquistiamo Tutto (Sindacato è un'altra cosa), Democrazia e Lavoro e Le giornate di Marzo . I marxisti-leninisti, ogni volta che ai congressi è stata presentata da sinistra una proposta alternativa alla segreteria, hanno dato il loro sostegno. Ma occorre subito precisare che anche stavolta la nostra decisione di aderirvi non significa che ne condividano pienamente la linea e le rivendicazioni.
Specie sul piano generale le divergenze sono assai marcate, a partire dal giudizio sulla guerra in Ucraina. Il documento ha una posizione ambigua, ancor più di quello della maggioranza, trattando sbrigativamente la questione e cercando di giustificare Putin. La condanna dell'aggressione è molto blanda, quasi “tirata per i capelli”, l'attenzione è spostata tutta sugli Usa e la Nato (certo non esenti da colpe) sottovalutando, assolvendo e negando la pericolosità dell'imperialismo dell'est: quello neozarista russo e quello socialimperialista cinese.
Lo stesso titolo del documento, “Le radici del sindacato” non ci convince affatto perché, e la sua introduzione lo conferma, rimanda al fatto che basti rifarsi al passato della Cgil per recuperare il terreno perduto nei confronti dei diritti, dei salari e del ruolo dei lavoratori nella società. Ma ci si dimentica che il vertice della Cgil ha sempre cercato l'accordo con la borghesia e i suoi governi. Basti ricordare lo storico segretario di questo sindacato, Giuseppe Di Vittorio, che nell'immediato dopoguerra propose il “Piano del Lavoro”, che prevedeva ulteriori sacrifici per i lavoratori per contribuire alla ripresa del capitalismo italiano dopo gli eventi bellici. Oppure alla “svolta dell'Eur”, dove l'allora segretario Luciano Lama, attraverso la “moderazione salariale”, riproponeva l'idea di Di Vittorio.
Così come non siamo d'accordo sul fatto che il problema della Cgil sia quello di fare “grandi proclami a cui non seguono azioni concrete”. Certo a Landini non manca la retorica e una buona dose di populismo, ma se ci andiamo a leggere i documenti congressuali, gli accordi firmati, alla fine la concertazione, l'alleanza a tutti i costi con Cisl e Uil, il sindacato istituzionale e neocorporativo, emergono chiaramente nella strategia di questo sindacato. Più affinità con il documento alternativo ci sono sul piano rivendicativo, anche se spesso alla denuncia non corrisponde una forte e precisa proposta.
 

La nostra proposta
Quello che più ci divide è senz'altro la strategia sindacale a lunga scadenza. Nel documento alternativo non lo si dice chiaramente, ma si accredita l'idea che la Cgil, in qualche maniera, la si possa cambiare e portare su posizioni di classe mentre per il PMLI è irriformabile; trattasi di un sindacato oramai istituzionale, filogovernativo e collaborazionista con i padroni, integrato completamente nel capitalismo al pari di Cisl e Uil. Ma allora perché restare in Cgil? Per il momento vi restiamo perché in questa organizzazione si ritrova ancora la maggioranza della classe operaia più combattiva, e inoltre perché i sindacati di base, nonostante sia da elogiare la loro ferma opposizione ai governi borghesi, sono sempre più frammentati e non sono riusciti a rappresentare una valida e credibile alternativa. Questo tuttavia non esclude di aderire ad altri sindacati a seconda delle situazioni concrete in determinati luoghi e/o settori di lavoro.
La nostra proposta è un'altra: un grande Sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati, sganciato dai legami istituzionali e partitici, dagli accordi con il padronato sulla pelle di chi lavora, che respinga il “patto sociale” partendo esclusivamente dalla difesa degli interessi dei lavoratori. Per questo ci battiamo affinché si capisca che con le divisioni sindacali e con la separazione dei lavoratori più avanzati da quelli meno avanzati non si riesce a migliorare più di tanto le condizioni economiche e sindacali delle masse lavoratrici, e che perciò occorre sciogliere tutti gli attuali sindacati, confederali e di base, e costituire un unico sindacato fondato sulla democrazia diretta e in cui il potere sindacale e contrattuale sia in mano alle Assemblee generali di azienda e a quelle dei pensionati e delle pensionate.
Questo però non ci impedisce di dare il nostro appoggio al documento alternativo. Senza unirci al resto della sinistra sindacale, di cui i marxisti-leninisti sono parte integrante, saremmo ancora meno incisivi e isolati nel contesto di questa battaglia congressuale, dove tutte le anime di questa opposizione a Landini hanno il dovere di unirsi per contrastare la linea del segretario e la sua politica di compromesso e collaborazione con i padroni e il governo Draghi. Se ne avessimo avuto le forze avremmo fatto la nostra battaglia per migliorare il documento alternativo o per presentarne uno proprio. Ma questo non è possibile finché i militanti e i simpatizzanti del PMLI non avranno una propria corrente sindacale organizzata.
 

Che cosa fare
In concreto quindi cosa dovremo fare? Anzitutto iscriversi alla Cgil e informarsi sulle date dei congressi sul proprio posto di lavoro e territorio; alla svelta perché i congressi di base inizieranno il 26 di luglio, contemporaneamente prendere contatto con i coordinatori del documento. I militanti, i simpatizzanti e tutti coloro che condividono la nostra proposta sindacale dovranno intervenire attivamente nel dibattito congressuale. Lo faranno lealmente, in accordo con gli altri delegati che si oppongono alla maggioranza, ma in autonomia e senza appiattirsi sul documento alternativo. Sia che siano nella loro azienda, oppure lo presentino in altri luoghi di lavoro, dovranno mettere in risalto i punti su cui siamo maggiormente d'accordo e, con dialettica, approfittarne per rilanciare la visione e la proposta sindacale del Pmli, infine cercare di essere eletti ai congressi superiori.
Per fare questo coloro che parteciperanno ai congressi dovranno essere preparati, conoscere almeno a grandi linee i due documenti, rinfrescarsi le idee sulla linea sindacale del PMLI, tenersi in contatto con i compagni responsabili del lavoro sindacale, seguire le indicazioni del partito, sia quelle che appaiono pubblicamente su Il Bolscevico , sia quelle date tramite i canali interni. Attiviamoci fin da subito per svolgere al meglio il nostro lavoro sindacale al prossimo congresso nazionale della Cgil, contrastare la linea di Landini, contribuire alla battaglia della sinistra sindacale, proporre il modello sindacale dei marxisti-leninisti.

6 luglio 2022