Si è votato in 18 piccoli centri, assenti tutti i grandi partiti nazionali, ovunque liste civiche
Elezioni comunali, anche in Molise trionfa l’astensionismo
I molisani confermano di non aver fiducia nelle istituzioni borghesi. Doveroso lavorare alla creazione delle istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo

Dal corrispondente del Molise
In linea con quanto registrato un po’ in tutta Italia, anche in Molise le elezioni comunali parziali di giugno hanno fatto segnare una schiacciante vittoria dell’astensionismo, segnale inequivocabile della sfiducia delle masse nelle istituzioni borghesi.
Si è votato in piccoli centri, 18 per la precisione, quasi tutti sotto i mille abitanti. Colpisce, e non poco, la pressoché totale assenza dei partiti di riferimento nazionale, sia in provincia di Campobasso che in quella di Isernia, cosa rara fino a pochi anni fa. Segno che oramai, il potere, anche di tipo ricattatorio, e il controllo del territorio, sono sempre meno possibili per le storiche famiglie e partiti della borghesia che hanno sempre avuto una forte presa, anche nei piccoli centri.
Passiamo all’analisi del voto. In provincia di Campobasso, nel centro più grande, Petacciato, poco più di 3.000 abitanti, l’affluenza è stata del 61,87% rispetto al 66,67% della precedente tornata. Petacciato è stato uno dei rari centri ad avere una così “alta” affluenza, un po’ ovunque l’affluenza non ha nemmeno toccato il 50%, come accaduto a Montelongo (46,2%), San Felice del Molise (44,53%), Busso (39%), Jelsi (38,8%), ecc. Record assoluto a Duronia, dove si è recato alle urne solo il 18,5% degli aventi diritto, un record clamoroso! All’opposto il piccolo centro di Guardialfiera che, nonostante l’unico candidato sindaco, ha registrato la più alta affluenza alle urne, il 67,27%.
Solo tre centri al voto nella provincia pentra: Sant’Elena Sannita (affluenza al 56,7%), seguita da Civitanova del Sannio (37,4%) e Chiauci (29,7%).
Un quadro a dir poco eccellente per noi marxisti-leninisti. Da tale tornata elettorale si capisce il discredito che le masse nutrono per le istituzioni borghesi, in un territorio dove, soltanto pochi anni fa, si registravano ancora partecipazioni elettorali ben oltre il 50% e dove ancora i partiti “tradizionali” riuscivano ad imporre i loro uomini e i loro simboli. Un’epoca che pare ora, nel giro di un decennio, già preistoria politica.
Sappiamo bene che tale vittoria astensionista non porta l’impronta di classe, cosciente, ma è il frutto di rifiuto e insofferenza verso le politiche dei partiti del regime neofascista. Tramutare tale rifiuto in astensionismo militante, cosciente e convinto, è compito impegnativo ma necessario! La coscienza politica di queste masse anticapitaliste va forgiata e poi fatta crescere, coltivata, portandole a capire che occorre creare in tutte le città e in tutti i quartieri le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, ossia le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta.
Il problema che occorre porsi è come trasformare il voto astensionista, soprattutto dell'elettorato di sinistra, di per sé importante e significativo ma in gran parte spontaneo, da voto passivo, da voto di testimonianza e di protesta in un voto attivo, utile alla lotta di classe, alla lotta per difendere gli interessi delle masse sfruttate e oppresse, alla lotta anticapitalista e per il socialismo.
Per quanto ci riguarda dobbiamo continuare a lavorare per qualificare l'astensionismo come un voto dato al PMLI e al socialismo.
Al contempo crediamo che tutti i partiti della sinistra di opposizione, i partiti e i gruppi con la bandiera rossa e tutte le forze fautrici del socialismo debbano aprire un dibattito sull'utilità di continuare a praticare l'elettoralismo borghese e a spargere così oggettivamente illusioni parlamentariste, governative e costituzionali. Un dibattito che si dovrebbe aprire nell'ambito di una sempre più urgente, salutare e senza precedenti grande discussione rivoluzionaria sul futuro dell'Italia.

13 luglio 2022