Visita del nuovo zar a Teheran
Asse Putin e Khamenei contro la Nato
Putin, Erdogan e Raisi si accordano sulla Siria

 
Nella capitale iraniana Teheran si è svolto il 19 luglio il settimo vertice di alto livello tra Russia, Iran e Turchia, i tre paesi garanti del cosiddetto processo di Astana per la stabilizzazione della Siria, ossia i tre paesi imperialisti che col loro intervento militare si sono spartiti il controllo del paese mediorientale mantenendo sullo scranno presidenziale a Damasco il presidente Assad, divenuto un fantoccio del Cremlino. Un vertice che è servito anzitutto al nuovo zar Putin per esibirsi fuori della Russia per la prima volta dall'aggressione all'Ucraina, far vedere di non essere isolato come lo presenta l'imperialismo occidentale e anzi rinsaldare le vecchie alleanze. Con il fascista Erdogan ha comunque dovuto pagare alcuni prezzi e non solo l'imbarazzo della significativa scenetta dell'incontro bilaterale quando l'alleato turco lo ha lasciato da solo, in attesa sia pure per un minuto, davanti le telecamere in evidente insofferenza. Molto meglio gli è andata con l'alleato iraniano registrata dalla piena intesa col presidente Ebrahim Raisi, suggellata da sostanziosi accordi economici, e con la guida spirituale Ali Khamenei col quale ha fatto asse contro la Nato.
“La Nato è un’organizzazione pericolosa che non conosce confini" e "se la Russia non fosse intervenuta in Ucraina a fermarla avrebbe provocato una guerra" ancora più grande ha dichiarato Khamenei nell'incontro con Putin appoggiando la criminale aggressione del nuovo zar al paese confinante. L'ayatollah ha anche chiesto la definizione di una cooperazione a lungo termine tra Iran e Russia, tra i due Paesi che devono rimanere "vigili contro l'inganno occidentale”, come se l'imperialismo dell'est non fosse un nemico dei popoli alla pari dell'imperialismo dell'ovest.
Putin ha ringraziato Khamenei anche per l'intesa tra i due paesi contro le sanzioni dell'imperialismo occidentale e per il sostegno allo sviluppo strategico delle relazioni russo-iraniane. Sigillate intanto dalla firma di una serie di accordi di cooperazione tecnico-militare e in vari settori compresi l'energia nucleare, il settore informatico, lo spazio e la sicurezza e dal megacontratto tra il gigante energetico russo Gazprom e la compagnia petrolifera statale iraniana Nioc su investimenti russi del valore di 40 miliardi di dollari nell’industria del petrolio iraniano, il maggiore investimento di sempre da parte di un paese straniero in Iran.
La dichiarazione finale del vertice di Teheran sulla Siria ripete che per i tre paesi imperialisti "non possa esserci una soluzione militare al conflitto siriano, che potrebbe essere risolto solo attraverso il processo politico a guida siriana facilitato dalle Nazioni Unite, in linea con la risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite". L'intervento militare di Putin in Siria, formalmente richiesto dal presidente Assad messo in crisi dalla rivolta popolare, dalle iniziative delle formazioni sunnite foraggiate dalla Turchia e dai paesi arabi reazionari e infine dagli attacchi dello Stato islamico, era stato deciso non certo per aiutare il popolo siriano quanto per difendere le proprie importanti basi militari sul Mediterraneo e aveva segnato il ritorno dell'imperialismo russo sugli scenari di guerra nell'area mediorientale e mediterranea. L'intervento del fascista Erdogan che a un certo punto è entrato in guerra anche direttamente col proprio esercito per occupare parte del nord della Siria nelle regioni amministrate dai "terroristi" curdi è una parte del progetto imperialista e egemone locale di Ankara, in stile impero Ottomano, che vuole di nuovo allargare i suoi confini nelle vicine Siria e Iraq, dove ha stretto una alleanza di ferro coi curdi iracheni. Il governo di Teheran ha aiutato l'alleato sciita Assad per tenere aperto il corridoio terrestre che gli permette di tenere il collegamento con le formazioni filoiraniane della resistenza libanese contro i sionisti di Tel Aviv. I tre componenti del cosiddetto formato di Astana possono ripetere e ripetere a parole che la soluzione della crisi siriana spetta al popolo siriano, il loro comportamento passato dimostra l'opposto, dimostra che il loro intervento è funzionale solo ai rispettivi interessi imperialisti e egemonici locali che li hanno portati a spartirsi il controllo della Siria, a marginalizzare la concorrenza dell'imperialismo americano presente coi marines nei territori dei curdi siriani in seguito all'alleanza contro lo Stato islamico, a "sopportare" i bombardamenti dei sionisti contro le formazioni filoiraniane che operano in Siria in quella guerra praticata ma non dichiarata da Tel Aviv contro la Repubblica islamica iraniana.

27 luglio 2022