Attentato alla figlia di Dugin, ideologo di Putin
L'attentato è stato rivendicato
La Russia accusa l'Ucraina

 
Darya Dugina, la figlia di Aleksandr Dugin considerato l’ideologo del presidente russo Vladimir Putin, è morta nell'esplosione della sua auto il 20 agosto scorso mentre faceva ritorno a Mosca. Era una giornalista che lavorava per una società ritenuta da Washington di proprietà dell’uomo d’affari Evgeny Prigozhin, il creatore sia del gruppo di mercenari Wagner che di una delle principali macchine della propaganda e disinformazione del Cremlino sui social media. Secondo il governo britannico era una “produttrice di disinformazione di alto profilo in relazione all’Ucraina e all’invasione russa dell’Ucraina” e per questo inserita nell'elenco dei soggetti a sanzioni.
Sull'auto all'ultimo momento non è salito il padre scrittore e filosofo, possibile bersaglio principale dell'attentato, che da ex caporedattore della rete televisiva del ministero della Difesa russo Tsargrad era diventato ufficialmente fino al 2014 motivatore del progetto del nuovo zar Putin di fare della Russia la nazione guida dell'Eurasia, una Russia che si estendesse “da Dublino a Vladivostok”, Ucraina compresa a partire dall'annessione della Crimea nel 2014. Certamente Dugin ha fatto da tramite per i collegamenti tra il Cremlino e i cosiddetti sovranisti e populisti europei, leggi fascisti, a partire dagli italiani Matteo Salvini e dal rossobruno Diego Fusaro.
L'attentato è stato rivendicato il 21 agosto da parte di un fino ad ora sconosciuto Esercito repubblicano nazionale, una formazione che sostiene di avere come obiettivo la deposizione di Putin “usurpatore e criminale di guerra”. La rivendicazione è stata diffusa da Ilya Ponomarev, ex membro della Duma russa e l'unico che votò contro l'annessione della Crimea nel 2014 e per questo rifugiato a Kiev.
La presenza di una opposizione in Russia ai progetti neozaristi di Putin non è certo una novità, così come l'opposizione all'invasione dell'Ucraina che per un certo tempo è riuscita a farsi vedere nelle piazze prima di essere cancellata dalla censura e dalle repressione del Cremlino contro chiunque parlasse di guerra invece della definizione ufficiale di operazione militare speciale.
Ai funerali di Darya Dugina, Aleksandr Dugin definiva l'attentato "un attacco terroristico compiuto dal regime nazista ucraino" e a seguire i servizi russi individuavano nell'ucraina Natalya Vovk, scappata in Estonia, l'autrice dell'attentato.
Un'accusa respinta dal governo di Kiev con una dichiarazione di Oleksii Danilov, segretario del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale, “non siamo affatto coinvolti nell’esplosione che ha ucciso questa donna. È opera dei servizi segreti russi", dato che "il sostegno alla guerra sta calando in Russia e il Cremlino ha bisogno di una mobilitazione sociale. Per questo l’Fsb (i servizi russi, ndr) sta pianificando una serie di atti terroristici nelle città russe, con tante vittime civili. Dugina è stata solo la prima".
Sull'attentato è intervenuto anche papa Francesco che all’udienza generale del 24 agosto ha anzitutto espresso solidarietà al popolo ucraino che da sei mesi patisce l’orrore della guerra” ma ha anche aggiunto che “penso alla povera ragazza volata in aria per una bomba sotto il sedile della macchina a Mosca”, "sono gli innocenti che pagano la guerra". La risposta corretta alle dichiarazioni papali è arrivata il 25 agosto da una nota del ministero degli Esteri di Kiev che annunciava di aver convocato il nunzio apostolico in Ucraina, Visvaldas Kulbokas, per comunicargli che "la decisione di Papa Francesco di menzionare nel contesto della guerra russo-ucraina la morte di un cittadino russo sul territorio della Russia, con la quale l'Ucraina non ha nulla a che fare, provoca incomprensioni". In particolare la nota metteva in evidenza che "l'Ucraina è profondamente delusa dalle parole del Pontefice, che equiparano ingiustamente l'aggressore e la vittima".

31 agosto 2022