Con la visita della presidente della Camera Pelosi a Taipei
L'imperialismo americano provoca il socialimperialismo cinese che accerchia Taiwan con maxi manovre militari
Pechino sospende la cooperazione con Washington su alcuni dossier come la difesa e il clima. Sanzioni alla Pelosi. Mosca si schiera con Pechino

L'itinerario di viaggio in vari paesi asiatici della presidente della Camera Usa, la democratica Nancy Pelosi, indicava le tappe di Singapore, Malesia, Corea del Sud e Giappone ma come era oramai deciso da tempo e al centro a fine luglio di un braccio di ferro diplomatico tra Washington e Pechino l'appuntamento più importante è stato quello a Taipei dove la notte tra il 2 e il 3 agosto incontrava la presidente di Taiwan Tsai Ing-wen. Una provocazione dell'imperialismo americano verso il socialimperialismo cinese che rispondeva con ritorsioni diplomatiche ma soprattutto con esercitazioni militari che simulavano un accerchiamento dell'isola, una esibizione di muscoli per far vedere che la Cina del nuovo imperatore Xi Jinping è pronta a risolvere anzitempo coi mezzi militari la questione della riunificazione dell'isola alla madrepatria. Una risposta bellicista alle altrettanto belliciste iniziative in particolare dell'amministrazione americana fino alle dichiarazioni del presidente Biden in visita a Tokyo lo scorso 23 maggio quando affermò che gli Usa erano pronti a difendere militarmente Taiwan in caso di attacco cinese; “siamo d’accordo con la politica di una sola Cina ma l’idea che si debba prendere con la forza, solo con la forza non è giusta”, commentava il capofila dei paesi imperialisti dell'ovest che usa Taiwan come trincea avanzata per contenere l'espansione della capofila dei paesi imperialisti dell'est. Da parte sua Xi Jinping dopo aver forzato la mano e accelerato sull'inglobamento di Hong Kong punta a chiudere a suo vantaggio anche questa partita per rompere l'assedio dei paesi imperialisti rivali costruito sulla catena di oltre 3 mila chilometri di isole dal Giappone alle Filippine, passando per Taiwan, e sfidare Usa e alleati nel Pacifico.
Ricordiamo che nell'isola trovarono rifugio i nazionalisti di Chiang Kai-Shek sconfitti da Mao Zedong e che dalla proclamazione nel 1949 della Repubblica Popolare la quasi totalità della comunità internazionale ha riconosciuto il governo di Pechino invece che quello di Taiwan. Il principio dell'esistenza di una sola Cina, cioè della riunificazione, è stato sottoscritto anche dall'allora presidente americano il repubblicano Nixon nel 1972, come ricordava anche Biden, ma l'imperialismo americano già nel 1979 sotto la presidenza del democratico Carter varava il Taiwan Relations Act, un patto che assegnava all'isola un trattamento sostanzialmente alla pari di uno Stato e in particolare dava il via alla fornitura di aiuti militari al governo di Taipei.
La possibilità della visita della speaker della Camera Nancy Pelosi a Taipei ai primi di agosto aveva sollevato le preventive proteste cinesi col ministero degli esteri di Pechino che già il 23 luglio definiva la visita della terza carica dello Stato sull'isola una provocazione che non era tollerabile e annunciava contromisure" decise e forti a difesa della nostra sovranità e integrità territoriale". Mentre il Comando orientale dell'esercito cinese annunciava nuove manovre attorno all'isola e si dichiarava pronto "a obbedire all'ordine di combattere, seppellire tutti i nemici in arrivo e avanzare verso una nuova vittoria".
Non stemperava il clima sempre più infuocato tra Washington e Pechino neanche il colloquio telefonico del 27 luglio tra i due presidenti. Xi ripeteva che entrambe le sponde dello Stretto di Taiwan appartengono a una sola e unica Cina e condannava l’interferenza di forze esterne ammonendo che "chi gioca con il fuoco si brucia", Biden ripeteva di riconoscere il principio dell’unica Cina e non l’indipendenza di Taiwan ma che si sarebbe opposto a qualunque sforzo unilaterale di cambiare lo status quo e minare la pace e ripeteva quello che era diventato uno dei ritornelli bellicisti della Casa Bianca: "se la Cina si comporterà con Taiwan come Putin con l’Ucraina, non resteremo a guardare".
Per Pechino l'unico risultato ottenuto in quel momento era la scontata solidarietà della Russia ufficializzata da Dmitri Peskov il portavoce del presidente russo Vladimir Putin.
La rapida visita della presidente Pelosi a Taipei era appena terminata quando partivano le maxi esercitazioni militari cinesi con missili, navi e aerei da guerra attorno all’isola per oltre una settimana caratterizzate da continui sconfinamenti della linea mediana nelle acque dello Stretto e dalla ripetizione delle oramai continue violazioni ai margini dello spazio aereo dell'isola. Un assedio vero e proprio a a Taiwan e una prova generale di una futura invasione.
Fra le reazioni di Pechino al viaggio della Pelosi registriamo l'annuncio del ministero del Commercio cinese di nuove sanzioni economiche, compreso il blocco delle esportazioni verso Taiwan di sabbia naturale, tra cui il quarzo, una componente chiave nella produzione di semiconduttori, di cui l'isola è al primo posto nel mondo. Successivamente la Cina interrompeva il dialogo con gli Stati Uniti su questioni considerate strategiche come quello tra comandanti regionali statunitensi e cinesi e i capi dei dipartimenti della Difesa e sul clima. Altre sanzioni non meglio specificate erano annunciate contro la speaker della Camera e i suoi familiari.
L'imperialismo americano favoriva un ulteriore riarmo del governo di Taipei che a fine agosto approvava il nuovo bilancio della Difesa che prevede un aumento del 14% sull'anno precedente per un totale di oltre 500 miliardi di dollari taiwanesi, quasi 18 miliardi di euro. L'esercito di Taiwan si prepara alla guerra che secondo i consiglieri della presidente Tsai potrebbe scattare nel 2027, quando finirà il terzo mandato di Xi Jinping che vorrà passare alla storia come colui che ha portato a termine la riunificazione.
"La solidarietà dell'America nei confronti dei 23 milioni di abitanti di Taiwan è oggi più importante che mai, poiché il mondo è di fronte ad una scelta chiara fra autocrazie e democrazie", aveva dichiarato Nancy Pelosi avvertendo che Taiwan è in Asia il nodo dello scontro tra l'imperialismo dell'ovest con quello dell'est.
 

31 agosto 2022