Trieste
Intervenga lo stato per salvare lo stabilimento della Wartsila
Esposto di Fiom, Fim e Uil contro la multinazionale finlandese per “comportamento antisindacale”
Solidarietà della popolazione di Trieste e Sciopero a oltranza dei portuali per impedire l'imbarco dei motori Wartsila

Dopo le due combattive manifestazioni del 15 luglio e del 4 agosto, i lavoratori Wartsila di Trieste, che da un mese e mezzo presidiano i cancelli dello stabilimento, tornano in piazza il 3 settembre nell'ambito di una grande manifestazione nazionale indetta con l'appoggio di Fiom-Cgil, Fim-Cisl, Uil e di alcuni sindacati base, per rispondere alla provocatoria procedura di licenziamento collettivo annunciata dal gruppo finlandese il 14 luglio scorso e il conseguente trasferimento di tutta l’attività produttiva dallo stabilimento di San Dorligo della Valle di Trieste a Vaasa in Finlandia, lasciando in Friuli Venezia Giulia solo l’attività di ricerca e sviluppo.
“La scelta di Wartsila di chiudere tutta la produzione a Trieste e delocalizzarla in Finlandia è totalmente inaccettabile e va rispedita al mittente – denunciano in una nota le Rsu e i sindacati di categoria – ciò dimostra ancora una volta l’inefficacia della legislazione italiana nel contrastare lo strapotere delle multinazionali ed impedire le delocalizzazioni produttive... è intollerabile che, nel vuoto di politica industriale del governo, di misure a difesa del lavoro e delle attività produttive, le multinazionali considerino l’Italia terra di conquista, mercati e know how da acquisire, senza vincolo alcuno sul piano sociale e occupazionale. Con Fim e Uilm e la Rsu saranno nelle prossime ore decise tutte le iniziative di mobilitazione necessarie a respingere i licenziamenti e a difendere l’occupazione”.
Wartsila è uno dei principali costruttori al mondo di motori marini a quattro tempi e, al pari di tante altre realtà industriali, come ad esempio la ex GKN di Campi Bisenzio a Firenze, è controllata da un fondo finanziario che fattura centinaia di milioni di euro all'anno, col bilancio in attivo e commesse milionarie. Non si tratta dunque di una fabbrica in crisi, ma di un'azienda che in nome del massimo profitto ha deciso di delocalizzare la sua produzione e dare il ben servito a 451 operai su circa 973 occupati nell’impianto triestino.
Una mazzata a ciel sereno che, come denunciava giustamente il Collettivo di fabbrica della ex GKN un anno fa, non è la prima e non sarà certo l'ultima, che colpirà duramente anche tutto l'indotto con una perdita stimata di almeno altri 700 posti di lavoro.
Per questo l'assemblea dei lavoratori, nel ringraziare la popolazione triestina per la grande solidarietà e sostegno finora dimostrati, chiede la più ampia partecipazione alla manifestazione nazionale di sabato con alla testa i lavortori di tutte le imprese portuali addetti allo spostamento, imbarco e rizzaggio connesse all'attività di Wartisila che, in segno di solidarietà, il 27 agosto hanno già indetto lo sciopero a oltranza per bloccare le operazioni di carico dei 12 motori navali prodotti nello stabilimento di Bagnoli della Val Rosandra (Trieste) del valore di alcuni milioni acquistati dalla Daewoo e in attesa di essere spediti via mare in Corea.
Il tentativo di imbarcare i 12 motori messo in atto da Wartsila è stato subito bollato dai lavoratori come “una provocazione tesa a forzare la situazione” in vista della scadenza dei termini per la presentazione di un piano di mitigazione o di re-industrializzazione entro il 14 settembre.
Per questo, sottolineano ancora i lavoratori “Il 3 settembre abbiamo deciso di convocare una grande manifestazione per dire ancora una volta che Wartsila ha tradito la nostra città, ci aspettiamo una grande risposta da parte di tutta la cittadinanza. Sono necessari segnali concreti da parte delle istituzioni, a cominciare dalla convocazione del tavolo al Mise... La risposta della cittadinanza dall’avvio della procedura è stata commovente. Non ci facciamo niente, invece, della solidarietà delle istituzioni, che hanno il dovere di dare risposte e intervenire su una crisi che ha assunto contorni internazionali”.
Specie se si pensa che il Mise non ha ancora riconvocato il tavolo di confronto a Roma e che il 14 settembre è anche il giorno in cui è stata fissata l'udienza per discutere l'esposto per condotta antisindacale da parte di Wärtsilä depositato al Tribunale di Trieste dai sindacati i quali sperano che il giudice possa decidere il ritiro della procedura di licenziamento o quantomeno una sua sospensione.
Anche in questa vertenza, come è già successo per la Gkn, Whirlpool, Embraco, SaGa Cofee, Caterpillar e in altre centinaia di fabbriche in tutta Italia che hanno avviato procedure di licenziamento a raffica per mettere al sicuro i mega profitti realizzati in tutti questi anni col sangue e il sudore di miglaia di operai, il governo aveva tutto il tempo per intervenire con un decreto di urgenza o con un disegno di legge antidelocalizzazioni in grado di mettere al riparo i lavoratori dalle delocalizzazioni selvagge e dai licenziamenti di massa.
Invece il banchiere massone Draghi per tutto il tempo che è rimasto a Palazzo Chigi non solo non ha mosso un dito per salvare i posti lavoro, ma ha anche bocciato la proposta di legge anti-delocalizzazioni elaborata dall'Assemblea dei lavoratori Gkn con la consulenza e il sostegno di un gruppo di giuristi progressisti e solidali e ha inserito nella legge di bilancio il cosiddetto “emendamento Giorgetti-Orlando” che invece di impedire i licenziamenti collettivi spiana di fatto la strada alle delecolazzazioni.
A conferma che tutti i governi borghesi, siano essi di destra, di centro, di “sinistra” o a 5 Stelle, e le istituzioni parlamentari borghesi sono tutti al servizio del regime capitalista e neofascista e difendono esclusivamente gli interessi di classe del capitalismo, dei padroni, della grande finanza, dalla Ue imperialista e delle multinazionali.

31 agosto 2022