Contributi
“Fuori l'Italia dalla Nato e fuori la Nato dall’Italia”

di un simpatizzante della provincia di Pesaro Urbino del PMLI
L’Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord (North Atlantic Treaty Organization) è un’alleanza militare che nasce il 4 aprile 1949 da 11 paesi occidentali con l’obiettivo dichiarato nel proprio statuto “di garantire la difesa comune degli Stati membri da eventuali attacchi da parte dell’URSS e dei suoi alleati”. Le nazioni fondatrici e la propaganda occidentale hanno costantemente rimarcato, nel corso dei decenni, la natura difensiva dell’Alleanza nel tentativo di giustificare la sua esistenza e occultare la sua natura aggressiva ed imperialista. Ma lo sforzo dei governi membri del Trattato non sono riusciti a coprire i numerosi crimini perpetrati in tutto il mondo dalle forze atlantiste e dai loro vassalli.
In più di 70 anni di storia la Nato è stata protagonista di guerre di invasione ed aggressione, colpi di Stato, rovesciamenti di governi legittimamente eletti, destabilizzazioni di regioni e intere aree geografiche. Tutto questo con l’unico scopo di tutelare gli interessi politici ed economici del capitalismo occidentali e il mantenimento del dominio statunitense del mondo. Negli ultimi due decenni diversi paesi dell’est europeo, ex membri del Patto di Varsavia, sono entrati a far parte del Patto Atlantico allargando l’aria di influenza americana verso i confini più estremi dell’Europa orientale.

Struttura organizzativa
Il massimo organo decisionale della Nato è il Consiglio Atlantico, presieduto dal segretario generale. Il Consiglio raggiunge le proprie decisioni all’unanimità senza prevedere votazioni a maggioranza. Al Consiglio sono subordinati svariati comitati che sono specializzati in specifiche materie per lo più di carattere tecnico e militare.
Dopo l’uscita della Francia dalla struttura militare integrata (1966), furono creati il “Comitato Piani della Difesa” e il “Gruppo di Pianificazione Nucleare”. La Nato possiede inoltre anche una struttura civile composta da cinque divisioni (affari politici, pianificazione difesa, sostegno alla difesa, infrastruttura e logistica, affari culturali) e da cinque uffici (informazione, bilancio, sicurezza, personale, segretariato esecutivo). Le forze armate atlantiste sono composte da alcuni contingenti assegnati dai paesi membri all’Alleanza e da una struttura di comando integrato. Al Comitato Militare rispondono i due Comandanti supremi (Europa e Atlantico) e il gruppo di pianificazione per la difesa dell’America del Nord. Il quartier generale della Nato, originariamente a Parigi, dal 1967 ha sede a Bruxelles.

Il ruolo della Nato in Italia durante la strategia della tensione
La Nato ha interferito pesantemente per decenni nella vita politica italiana e in tutto il periodo della guerra fredda come scritto e testimoniato da uno dei massimi esponenti del neofascismo italiano Vincenzo Vinciguerra in un documento presentato alla Corte d’Assise di Venezia nell’estate del 1987 dove affermava: “Si cercavano uomini-arma selezionandoli tra i simpatizzanti, gli aderenti e i militanti di Ordine Nuovo per una causa che non era la loro. Uomini da inserire, nel più assoluto segreto, in organismi Nato a difesa di quel mondo occidentale dominato dall’America nella cui vittoria militare sull’Europa si individuavano le origini della decadenza occidentale e della 'finis Europae'”.
Il primo ingresso occulto in Italia effettuato dall’organizzazione atlantista, è stato compiuto nel 1951 con l’operazione “Stay-Behind” (in italiano “restare dietro la linea”) nota, in Italia, con il nome di “Gladio”, l’organizzazione paramilitare segreta e clandestina che annoverava tra i suoi membri fascisti vecchi e nuovi e che aveva come obiettivi principali quello di combattere il nemico in caso di invasione dell’Occidente da parte dell’URSS e il contrasto del nemico interno, come il PCI e tutte le organizzazioni marxiste-leniniste rivoluzionarie e sindacali, che potessero in qualche maniere ledere il potere politico della borghesia italiana.
In merito a questo il membro di Gladio e dirigente neofascista del MSI Vittorio Andreuzzi disse: “Ci fu spiegato dagli istruttori che la nostra organizzazione sarebbe dovuta entrare in funzione per contestare moti di piazza comunisti. Non fu detto, se non con brevi cenni, che la struttura doveva servire anche per contrastare un’invasione straniera. Ricordo con certezza che, più che altro, si parlò, da parte degli addestratori, della necessità di prepararci a fronteggiare i comunisti italiani e le loro iniziative sovversive”.
Sempre nel 1951 la Cia e la Nato affidarono a “Gladio” il cosiddetto “Piano Demagnetize” (letteralmente “Attrazione Magnetica”), un vero e proprio progetto elaborato dal Psychological Strategy Board (l’organismo creato nello stesso anno dal Dipartimento di Stato Usa per condurre operazioni psicologiche all’estero), e reso operativo con un accordo tra i servizi segreti americani e italiani, al fine di depotenziare l’influenza sulla società italiana e esercitata dalle forze di orientamento comunista attraverso l’impiego di gruppi anticomunisti. Un fine per il quale la denominazione del piano esprimeva l’intento di ridurre quella sorta di “attrazione magnetica” che le idee comuniste andavano esercitando sulle popolazioni di alcuni paesi, in particolare Italia, e che andava fermata in tutti i modi per impedire al nostro Paese di finire sotto l’egemonia di Mosca. Secondo le indagini svolte dall’autorità giudiziaria di diverse procure, uno dei punti di collegamento tra Gladio e i gruppi neofascisti fu l’“Aginter Presse” che appariva come una semplice agenzia di stampa ma in realtà nascondeva al suo interno una vera e propria centrale dell’intelligence al servizio della Cia e della Nato fondata dall’ex ufficiale delle forze armate francesi e membro fondatore dell’organizzazione terroristica di estrema destra Oas (Organisation de l’Armée Secrète) Yves Guérin-Sérac, per conto dei quali insegnava a praticare la “Strategia della tensione” attraverso l’infiltrazione e l’intossicazione dei movimenti e le tecniche con cui attribuire la responsabilità degli attentati a persone o a organizzazioni estranee. Nel novembre del 1969, l’“Aginter Presse” ha redatto il documento “La nostra attività politica” in cui si teorizzava la necessità di fare in modo che i comunisti venissero incolpati di attentati compiuti da estremisti di destra attraverso la creazione di indizi, prove, manovre di manipolazione e depistaggi.
Il salto di qualità della “Strategia della tensione”, che ha visto i neofascisti nei panni di agenti provocatori travestiti da militanti di sinistra, si è avuto negli anni '60 e fu sancita con il convegno organizzato a Roma dall’Istituto Antonio Pollio nel maggio 1965 a cui parteciparono personaggi legati all’anticomunismo militante, tra i quali Stefano Delle Chiaie, leader di Avanguardia Nazionale, organizzazione neofascista sciolta dal ministero dell’Interno il 7 giugno 1976 per ricostruzione del disciolto partito fascista. Il convegno ebbe come tema principale “La guerra rivoluzionaria”, una dottrina che in quegli anni circolava soprattutto negli ambienti militari e mirata a coordinare e dare maggior vigore alla lotta contro la possibile avanzata del comunismo in Italia. Tutto ciò doveva trovare attuazione nella creazione di strutture parallele definite “Nuclei di difesa dello Stato” che coordinati tra loro avevano il compito di mantenere il Paese sotto l’ombrello della Nato scongiurando definitivamente eventuali derive comuniste.

Dopo la fine della guerra fredda
La fine dell’URSS e del Patto di Varsavia diede vita a un ripensamento dell’Alleanza Atlantica. Nell’aprile 1999 venne elaborato il cosiddetto “Nuovo Concetto Strategico” che ha come finalità quella di impegnare i paesi membri a condurre operazioni militari anche al di fuori del territorio dell’Alleanza per ragioni di sicurezza globale, economica, energetica e migratoria rivelando così il vero volto e le vere finalità della Nato (che non sono quelle di difesa e baluardo della democrazia e dei valori occidentali ma aggressione militare in qualsiasi parte del mondo). La nuova strategia fu messa in atto con le guerre in Jugoslavia, in Afghanistan, in Iraq, in Libia e nelle azioni di destabilizzazione in Ucraina e in Siria. La nuova strategia prevede la necessità di deterrenza nucleare ribadita nel Summit di Lisbona del 2010 dove si ribadiva “fino a che ci saranno armi nucleari nel mondo, la Nato resterà un’Alleanza nucleare”.
Nel 2004 hanno aderito alla Nato anche Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia, alle quali poi si sono aggiunte (2009) Albania e Croazia. All’interno dell’Alleanza permane peraltro una forte asimmetria di potenza, con una netta superiorità militare Usa rispetto alla totalità degli altri Paesi membri. Attualmente la Nato sta espletando le pratiche per l’ingresso di Svezia e Finlandia che, spinte dalla paura di una aggressione russa, hanno scelto di porre fine ad anni di politica estera neutrale. L’ingresso di Svezia e Finlandia è stato ostacolato dal veto della Turchia di Erdogan. Il leader ottomano infatti accusava i due paesi nordici di aver concesso asilo politico ai leader curdi del PKK su cui pende una condanna per terrorismo in Turchia. L’ostruzionismo è finito con un accordo trilaterale “per estendere il pieno sostegno contro le minacce alla reciproca sicurezza” dei tre Paesi. Al punto quattro del documento siglato dai tre paesi si legge che “Finlandia e Svezia condannano senza alcuna ambiguità tutte le organizzazioni che perpetrano attacchi contro la Turchia ed esprimono la loro più profonda solidarietà alla Turchia e alle famiglie delle vittime”. Non solo: i due Paesi nordici si impegnano a non fornire supporto a YPG (Unità di protezione Popolare) e al suo braccio politico PYD (Partito dell'Unione Democratica) a Feto, il movimento islamico turco con a capo Fethullah Gulen, accusato da Ankara del fallito colpo di Stato del 2016. Il co-presidente del Congresso del Kurdistan, Ahmed Karamus dichiarandosi deluso e preoccupato ha definito l’accordo tra Turchia, Finlandia e Svezia “un tradimento contro la lotta del popolo curdo per la pace, la libertà e per i propri diritti nazionali”.

L’Italia, i costi dell’Alleanza, le basi Nato e Usa
L’Italia, facendo parte della Nato, deve destinare alla spesa militare in media 52 milioni di euro al giorno secondo i dati ufficiali della stessa Nato, cifra in realtà superiore che l’Istituto internazionale di Stoccolma per la Ricerca sulla Pace quantifica in 72 milioni di euro al giorno. Secondo gli impegni assunti dal governo nel quadro dell’Alleanza, la spesa militare italiana dovrà essere portata a oltre 100 milioni di euro al giorno. Tutto ciò sarà destinato ad aumentare notevolmente in quanto l’Alleanza stessa ha chiesto ai suoi membri di effettuare un aumento del 2% del PIL per incrementare gli armamenti e le tecnologie militari.
Tra basi Nato e statunitensi (le due tipologie spesso coincidono) sono circa 120 le strutture presenti sul territorio italiano. In alcuni casi sono stazioni di telecomunicazione, antenne radar, depositi e poligoni di addestramento mentre altre sono vere e proprie basi militari che ospitano migliaia di soldati e testate nucleari. Quelle più importanti sono:
Sigonella , in Sicilia nella piana di Catania, c’è la base Nato più importante e strategica che dal 2017 ospita l’Alliance ground surveillance, che grazie ai droni fornisce dati in tempo reale ai piani Nato; Napoli , dove ha sede uno dei due comandi operativi della Nato, l’Allied joint force command nei pressi dell’aeroporto di Capodichino, ha sede la Naval Support Activity Naples, il quartier generale della U.S. Naval Forces Europe; Gaeta dove si trova la base permanente della Sesta flotta statunitense; Taranto dove ha sede il comando delle forze navali e anfibie offerto dall’Italia alla Nato; Aviano in Friuli-Venezia Giulia che rappresenta la principale base aerea americana del Mediterraneo e dove sono ospitate anche bombe atomiche B61-4; Camp Darby , in provincia di Pisa, dov’è presente una struttura sotto la responsabilità dell’esercito italiano, ospita unità militari statunitensi; Camp Ederle a Vicenza, che è ufficialmente base Nato dove svolgono servizio i soldati l’United States Army.

Padroni e vassalli
Facendo parte della Nato l’Italia ha di fatto rinunciato alla propria sovranità e indipendenza nazionale mutando il suo status da alleato a vassallo degli Stati Uniti. La Nato infatti dispone, oltre che di numerose basi, anche di intere porzioni di territorio a cui è proibito l’ingresso non solo ai civili ma anche e soprattutto alle autorità politiche, militari e giudiziarie italiane.
Il 27 maggio scorso in Sardegna si è tenuta un’enorme esercitazione militare che ha visto la partecipazione di 4.000 soldati provenienti da 7 nazioni Nato oltre a 65 tra navi, sommergibili, velivoli ed elicotteri, che hanno operato tra l’Adriatico, lo Ionio, il Tirreno e il Canale di Sicilia interessando anche i territori marittimi circostanti grazie alle capacità di proiezione su terra. All’esercitazione hanno preso parte anche diversi velivoli dell’Aeronautica militare, tra cui caccia Eurofighter, F35B STOVL che opererà da Nave Cavour e assetti di comando e controllo CAEW G550 e per il rifornimento in volo KC-767A.
Numerosi sono stati i cortei di protesta compiuti da diverse componenti e anime del popolo sardo come indipendentisti, antimilitaristi, militanti della sinistra ma soprattutto ambientalisti preoccupati dalle conseguenze su ecosistema e salute pubblica. Anche i pescatori e tutti i lavoratori dell’industria ittica sono scesi in piazza denunciando il timore dell'inquinamento dei mari dove lavorano con relativa compromissione dei prodotti ittici.

Fuori l'Italia dalla Nato e fuori la Nato dall’Italia
L’uscita dell’Italia dall’Alleanza Atlantica è più che mai necessaria per diversi fattori.
Il primo è ovviamente quello economico che permetterebbe all’Italia di risparmiare cifre come 100 milioni di euro al giorno che verrebbero utilizzate per sanità, lavoro, pensioni, istruzione e servizi sociali.
Il secondo è di natura politica, così facendo infatti l’Italia riacquisterebbe la sua piena sovranità politica e territoriale e il rispetto della piena autonomia e autodeterminazione del suo popolo.
Il terzo è quello militare che permetterebbe di fermare la produzione e il commercio di armi, di evitare la partecipazione dell’Italia a guerre imperialiste e coloniali, di sottoscrivere il Trattato ONU per la Proibizione delle ami Nucleari (TPNW), di formare personale esperto in mediazione nei conflitti interni e internazionali, di smantellare le basi militari NATO e riconvertirle ad uso civile. Infine ciò comporterebbe un ripensamento dell’utilizzo delle forze armate per la messa in sicurezza del nostro Paese contro il dissesto idrogeologico, la bonifica di territori inquinati che compromettono la salute della popolazione e in casi di emergenza il contrasto e la lotta contro la criminalità organizzata.

7 settembre 2022