Lo dice il rapporto Svimez 2022
Il Mezzogiorno d'Italia ancor più penalizzato rispetto al Nord

 
Il 3 agosto scorso presso la Camera dei deputati sono state presentate le anticipazioni del Rapporto Svimez del 2022 che verrà integralmente pubblicato alla fine dell'anno.
Svimez è l'associazione per lo sviluppo dell'industria del Mezzogiorno, sul sito sono state pubblicate delle slide e dei dati contenenti appunto delle anticipazioni, le quali, raccontano di una realtà davvero difficile del nostro martoriato Meridione, ancora più penalizzato del resto del Paese dalla crisi economica e commerciale, l'iperinflazione e gli eventi di politica internazionale, a cominciare dalla guerra nazista del nuovo Zar Putin all'Ucraina, sullo sfondo della contraddizione interimperialistica tra le potenze dell'Ovest e quelle dell'Est per il dominio del mondo che potrebbe sfociare in un nuovo terrificante conflitto mondiale.
"Il clima di incertezza maturato sulla scena globale dopo i tragici eventi dell’invasione russa dell’Ucraina non ha riscontri in epoche recenti. Il nuovo shock ha cambiato il segno delle dinamiche in corso: rallentamento della ripresa globale; comparsa di nuove emergenze sociali, nuovi rischi di continuità economica per le imprese; indeterminatezza delle conseguenze di medio termine dei due “cigni neri” della pandemia e della guerra, la cui comparsa a distanza così ravvicinata rappresenta di per sé un fatto del tutto inedito. In un contesto di policy anch’esso in evoluzione per l’avvio della fase di rientro dalle politiche di bilancio e monetarie espansive.

 

Inflazione alle stelle
Queste dinamiche globali avverse hanno esposto l’economia italiana a nuove turbolenze, allontanandola dal sentiero di una ripartenza relativamente tranquilla e coesa tra Nord e Sud del Paese. La guerra ha riportato l’inflazione a livelli sconosciuti a quasi due generazioni: costi di produzione e prezzi alle stelle, nuovi rischi operativi per le imprese più esposte all'indebitamento esterno e erosione del potere d’acquisto per le fasce più deboli della popolazione. Le nuove turbolenze compromettono la ripresa soprattutto al Sud, dove la SVIMEZ prevede un picco di inflazione nel 2022 dell’8,4% contro il 7,8% nel Centro Nord. Con tensioni sul fronte dei costi dell’energia più accentuate per le imprese meridionali".
Così esordisce il preambolo sulle anticipazioni del rapporto 2022, senz'altro condivisibile in generale, se non fosse per il fatto che a noi risulta che la crisi economica del blocco imperialista dell'ovest e quindi dell'Italia va avanti dal 2008 e non ci risulta che siano state portate avanti politiche monetarie "espansive", semmai la parola d'ordine, specie della Ue imperialista, è sempre stata quella della cosiddetta "austerity", ossia lacrime e sangue e costi della crisi scaricati sulle masse popolari, con tanto di impedimento iperliberista di intervento massiccio degli stati borghesi nell'economia, con l'imposizione di antipopolari e infami politiche di pareggio di bilancio (in Italia inserito persino in Costituzione) e di massicce privatizzazioni.
Siamo d'accordo che il "cigno nero" della pandemia tutt'ora in corso ha colto tutti di sorpresa, ma intanto è bene ribadire che essa è un prodotto dell'imperialismo e della devastazione ambientale e che i suoi catastrofici effetti, anche in Italia, sono dovuti anche allo smantellamento del SSN, alla mancata erogazione del Reddito di emergenza di 1200 euro al mese per tutti i senza reddito, come il PMLI chiede fin dall'inizio della diffusione del micidiale virus Sars-Cov2 e delle sue varianti, insieme alla nazionalizzazione delle industrie farmaceutiche, la cancellazione dei brevetti e i tamponi gratuiti, senza minimamente, come invece è stato fatto, restringere gli spazi di democrazia borghese e porre l'obbligo di vaccinazione al quale rimaniamo contrari.
In secondo luogo per quanto riguarda l'Ucraina sono almeno dieci anni che essa è contesa apertamente tra i due blocchi imperialisti, come abbiamo documentato su "Il Bolscevico", non è vero che la guerra non fosse prevedibile e in ogni caso anche prima di questa terrificante aggressione nazista dell'imperialismo russo abbiamo visto decine di guerre combattute dai vari imperialismi contro i popoli e le nazioni oppresse (Iraq, Afghanistan, Is e così via) i cui tragici effetti si sono ripercossi anche sul popolo italiano e sul Meridione italiano, basti pensare ai tagli allo "stato sociale", alla già citata sanità, le scuole, le strade e così via sull'altare dell'aumento esponenziale delle spese militari da parte di vari governi del regime neofascista, i quali strappando a destra la defunta Costituzione borghese del 1948, hanno portato in guerra il nostro Paese con tanto di rischio per il nostro popolo di sciagurate rappresaglie da parte dei combattenti islamici antimperialisti e oggi anche di partecipazione a una nuova guerra mondiale.
Tornando ai dati anticipati del prossimo rapporto si afferma che: "Il crollo del Pil nel 2020 è stato relativamente omogeneo tra macro-aree se confrontato con le passate crisi e con differenze territoriali di segno opposto, con perdite più contenute nel Mezzogiorno...
Il "rimbalzo" (del PIL )del 2021 è stato trainato dal binomio investimenti privati (in particolare costruzioni) e export, alimentando un recupero in tutte le aree del Paese ma più rapido nel Nord, rispetto a Centro e Sud...Le previsioni SVIMEZ 2022-2024 scontano il clima di incertezza generato dal nuovo inatteso shock e l’effetto di freno esercitato dalle tensioni sui prezzi su consumi e investimenti. Assumendo che l’inflazione a livello di Paese raggiunga il suo picco nel 2022 (7,7%) per poi rientrare gradualmente (4,2% nel 2023; 2,2% nel 2024), nel 2022 il PIL italiano dovrebbe crescere del 3,4%, in maniera più accentuata al Centro-Nord (3,6%) rispetto al Sud (2,8%), nel biennio 2023-2024, in un contesto di drastica riduzione del ritmo di crescita nazionale (+1,5% nel 2023; +1,8% nel 2024), il differenziale Nord/Sud dovrebbe attestarsi su 0,8 punti percentuali nel 2023 e 0,6 nel 2024.
Il Sud recupera nel biennio 2021-22 lo shock della pandemia ma il livello del PIL rimane ancora circa 11 punti al di sotto dei livelli del 2007 (-1,3 punti percentuali il Centro-Nord)".

 

Il Meridione perde colpi
Va ricordato però che un terzo dell'economia italiana, specie nel Meridione, è sommersa e non è quindi inclusa in questi dati, sfuggono quindi l'aumento dell'evasione fiscale e soprattutto gli affari d'oro fatti dalle mafie anche in piena pandemia, specie nell'ambito dell'usura, nel rilevamento di imprese fallite e ovviamente nella sanità, tanto pubblica che privata.
Gravissimi i dati riguardanti la povertà, accentuata dalle infami politiche antipopolari dei governi Conte I e II e Draghi e dell'iperinflazione che: "Più di un terzo delle famiglie del Mezzogiorno si posiziona nel primo quintile (famiglie meno abbienti), contro il 14,4% del Centro e meno del 13% nel Nord. Sono queste le famiglie maggiormente colpite dal caro vita per l’aumento dei prezzi di beni di prima necessità...
La "gelata" dei consumi è più marcata nel Mezzogiorno nell’intero triennio. Nel 2022 la spesa turistica sostiene i consumi nei servizi. Nel 2023-2024 si allarga la forbice Sud-Nord, sia per la spesa in beni che in servizi. Nel Mezzogiorno ristagnano gli acquisti di beni per i rincari dei prodotti alimentari e di prima necessità, in negativo dal 2023".
L'aumento delle famiglie povere e la drastica riduzione dei consumi dunque è più accentuata nel Sud rispetto al resto del Paese, che pure non ride, tutt'altro.
Venendo al famigerato, antipopolare e capitalistico PNRR Svimez afferma: "Nel Mezzogiorno l’"effetto PNRR" e quello "ecobonus 110%" sostengono gli investimenti in costruzioni. Gli investimenti "produttivi" seguono invece una dinamica regolarmente meno sostenuta che nel resto del Paese per la complementarietà meno matura tra investimenti pubblici e privati; pesano degli effetti di spillover (ricadute, ndr) territoriali di offerta (appalti pubblici che favoriscono le imprese del Centro-Nord). Nel Centro-Nord gli investimenti seguono una dinamica più bilanciata tra le due componenti."
Inoltre il Rapporto aggiunge che nel Sud le piccole e medie imprese pagano l'energia anche più che nel Centro-Nord (cosa che la dice lunga sulle politiche ambientali governative e comunitarie volte di fatto a non investire nelle rinnovabili, aldilà delle chiacchiere, peraltro come già abbiamo rilevato in passato per esempio in Calabria le bollette sono più care che in Lombardia perché gonfiate dai debiti accumulati dalle fallimentari amministrazioni comunali borghesi, neofasciste e filomafiose della destra e della "sinistra" borghese).
"Al Sud sono più diffuse le imprese di piccola dimensione, caratterizzate da costi di approvvigionamento energetico strutturalmente più elevati, sia nell’industria che nei servizi. Nell’ultimo quinquennio disponibile, per 100 milioni di euro di valore aggiunto industriale realizzato al Centro-Nord mediamente si sono consumati circa 35 GWh, mentre al Sud la stessa misura si è attestata intorno ai 50 GWh, circa il 42% in più (11,5 GWh contro 10,8 nel caso dei servizi)."
Stesso discorso per il problema dei trasporti, più difficoltosi al Sud, cosa che incide sui costi e le spese delle PMI: "Ad alimentare i rischi di una maggiore esposizione del tessuto produttivo del Mezzogiorno al rialzo dei prezzi dei prodotti energetici contribuisce anche il maggior peso dei costi di trasporto nei bilanci delle aziende meridionali. La maggiore distanza delle imprese meridionali dai principali mercati di sbocco e approvvigionamento delle merci rappresenta un canale indiretto attraverso il quale si scaricherebbero i maggiori costi dei prodotti energetici. I km medi percorsi dai beni e servizi acquistati dalle imprese distrettuali del Sud (pesati sugli importi delle transazioni) sono oltre il doppio rispetto a qualsiasi altra area del Paese.
Questi due fattori strutturali (maggiori costi di energia e trasporti) spiegano la maggiore esposizione del sistema produttivo del Mezzogiorno allo shock Ucraina. Si stima che uno shock simmetrico sui prezzi dell’energia elettrica che ne aumenti il costo del 10%, a parità di condizioni, determini al Sud una contrazione dei margini dell’industria di circa 7 volte superiore a quella osservata nel resto d’Italia, rischiando di compromettere la sostenibilità dei processi produttivi, con possibili conseguenze sul mantenimento dei livelli occupazionali."

 

Mancanza di lavoro stabile e di servizi sociali
Per quanto riguarda nello specifico i dati dell'occupazione si rileva che: "Nel primo trim. 2022, l’occupazione nel Mezzogiorno è sostanzialmente tornata ai livelli di fine 2019 (circa 10 mila occupati in meno) ma con ancora 280.000 posti di lavoro da recuperare rispetto al I trim. 2009.
Il recupero dell’occupazione nel 2021 è però interamente dovuto al Sud ad una crescita dell’occupazione precaria (dipendenti a termine e tempo parziale involontario). Nel Centro-Nord, riprende a crescere anche il tempo indeterminato.
Dalla crisi del 2008, il progressivo peggioramento della qualità del lavoro, con la diffusione di lavori precari ha portato ad una forte crescita dei lavoratori a basso reddito (working poor), a rischio povertà. Intervenendo in un mercato del lavoro già segnato da una crescita dell’occupazione "senza qualità", la ripresa dell’occupazione del 2021 nel Mezzogiorno si è concentrata sulla crescita del lavoro precario che ha "spiazzato" le forme di impiego più stabile".
Gravi i rilevamenti riguardanti le scuole pubbliche e i servizi mancanti in misura maggiore rispetto al resto del Paese, come le mense negli asili nido pubblici (che sono sempre di meno a scapito di quelli privati), le palestre e così via.
Il rapporto si conclude indicando la lentezza della macchina burocratica nella realizzazione delle opere e il rischio da parte delle istituzioni locali di non riuscire ad utilizzare i fondi del PNRR, che per noi va chiaramente rielaborato innanzitutto in chiave ecologica e per la creazione di occupazione di qualità, erogando molte più risorse per il Meridione di quelle previste essendo per noi marxisti-leninisti la Questione Meridionale la prima vera questione nazionale.
Da questo punto di vista l'unico voto utile, rosso, di sinistra, antifascista, antimperialista alle prossime elezioni del 25 settembre è il voto dato al PMLI attraverso l'astensionismo tattico marxista-leninista, creando le Istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo (costituite quindi anche da coloro che astensionisti non sono) basate sulla democrazia diretta, la parità di genere e a carattere permanente: le Assemblee Popolari e i Comitati Popolari, che per noi hanno carattere strategico e non tattico, lottando con forza nel frattempo, come indicato dal Documento elettorale dell'Up del PMLI, per: “lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato per i disoccupati e i lavoratori, abolizione del precariato, ripristinare la scala mobile e l'articolo 18, riduzione dell'orario di lavoro a 32 ore settimanali a parità di salario, parità di salario tra donne e uomini, attuazione integrale della legge 194, dimezzare le bollette di gas ed elettricità alle famiglie che hanno un reddito inferiore a 35 mila euro, bloccare il caro vita, forti aumenti salariali e delle pensioni minime, basse e medie, pensione a 55 anni per le donne e a 60 per gli uomini, più risorse per il Mezzogiorno, riduzione del cuneo fiscale solo per le lavoratrici e i lavoratori, bloccare le delocalizzazioni, divieto di arresto dei sindacalisti che dirigono scioperi e manifestazioni sindacali, sviluppo, ammodernamento e adeguamento della sanità pubblica senza ticket in grado di fronteggiare ogni pandemia, nazionalizzare le industrie farmaceutiche, abolire i brevetti sui vaccini, no alle leggi sulla concorrenza e sull'autonomia differenziata, patrimoniale per i redditi alti, esonero dalle tasse per redditi fino a 25 mila euro, abolizione dei benefici fiscali della chiesa cattolica, cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia, frontiere aperte per i migranti, istruzione pubblica e gratuita fino all'università alle giovani e ai giovani le cui famiglie abbiano un reddito inferiore alle 35 mila euro, revisionare in chiave effettivamente ecologica il PNRR, mettere al bando il nucleare, gli inceneritori e i rigassificatori, potenziare la ricerca, la produzione e l'utilizzazione dell'energia solare, idrica, eolica, geotermica e tutte le fonti energetiche pulite incluso l'idrogeno verde".
I dati Svimez fotografano dunque una realtà davvero devastante per il Paese e il Sud in particolare che non potrà mai essere risolta definitivamente vigente il capitalismo, né tanto meno facendo affidamento sui governi locali e nazionali al suo servizio, espressione dei partiti della destra e della "sinistra" borghese, che vanno combattuti da sinistra e dalla piazza con la lotta di classe per difendere gli interessi del popolo, nel quadro della lotta contro il capitalismo e per il socialismo e la conquista del potere politico da parte del proletariato che poi è la madre di tutte le questioni.

7 settembre 2022