Controffensiva della Resistenza ucraina a Kherson mentre Putin minaccia “una tempesta grande e globale”
Zelensky: “Cacceremo gli occupanti oltre il nostro confine, che non è cambiato”. La missione dell’AIEA conferma i catastrofici rischi per la centrale nucleare di Zaporizhzhia. Rimandati i referendum di annessione alla Russia di Kherson, Donetsk, Lugansk e Kharkiv

 
"Aspri combattimenti continuano in molte aree del fronte, nella regione di Kharkiv, nel sud e nel Donbass". Queste parole pronunciate in un discorso serale dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, confermano che il conflitto militare sta presentando in questi giorni nuovi sviluppi.
Continuano i massicci bombardamenti russi: fra gli altri nella regione di Mykolaiv, sono andate distrutte migliaia di tonnellate di grano assieme a tre presidi medici, due scuole, un hotel e un museo. Salgono poi a quindici i feriti dell’altrettanto imponente attacco a Chernihiv, fra i quali otto bambini.
 

Procede la controffensiva ucraina nel territorio di Kherson
Se da un lato la furia distruttiva dell’esercito zarista non si ferma, dall’altro continua la controffensiva ucraina nella regione di Kherson, seppur con un certo riserbo di informazioni volute dallo stesso governo di Kiev. La zona è stata infatti chiusa ai giornalisti fino al sei settembre, come recita un comunicato di fine agosto a firma del comando Sud delle forze ucraine che dirige l’operazione.
La controffensiva militare è confermata da Olensky Arestovych, consigliere del presidente Zelensky, il quale ha affermato che le truppe ucraine hanno sfondato le difese russe in diverse aree del fronte vicino alla città di Kherson e stanno bombardando i traghetti che Mosca utilizza per rifornire il territorio occupato sulla sponda occidentale del fiume Dniepr. Gli fa eco su Twitter anche il capo dell'amministrazione militare regionale di Mykolayiv, Vitaliy Kim con un perentorio: "La liberazione di Kherson non è lontana".
Naturalmente fonti russe smentiscono o minimizzano. Il portavoce del ministero della Difesa russo, Igor Konashenkov. ha affermato infatti che l'esercito ucraino avrebbe perso più di 1.200 uomini nelle ultime 24 ore nel suo tentativo di lanciare un'offensiva, e secondo il vice governatore filorusso a Kherson, Kirill Stremousov, "Nessuno sta liberando Kherson. Nessuno si sta ritirando da nessuna parte".
Nel tentativo di smentire la controffensiva ucraina, le fonti filorusse finiscono per contraddirsi allorché il responsabile dell'amministrazione di Novaya Kakhovka, sempre nella regione di Kherson, denuncia che nella regione ci sono stati diversi attacchi delle truppe ucraine che avrebbero distrutto "diverse scuole e infrastrutture sociali e numerose abitazioni sono state danneggiate". Quindi, indirettamente, Mosca attraverso i propri fantocci che controllano le città occupate, conferma che la controffensiva esiste ed è viva, capace di mettere in seria difficoltà l’esercito neozarista. Inoltre, secondo il bollettino quotidiano dell'intelligence britannico, la maggior parte delle unità russe nella regione di Kherson sarebbero a corto di uomini.
Nella consueta “guerra di informazione e propaganda”, ci sono comunque alcune certezze indiscutibili. La prima, come già accennato, è che la battaglia ha raggiunto un livello di intensità e di combattività mai visto in oltre 190 giorni di guerra nei quali il copione ha parlato di offensive russe e di difesa eroica, strenua ma anche difficile dell’esercito e della resistenza del popolo ucraino. La seconda è che la linea del fronte arretra; è un fatto che i miliziani di Donetsk assieme all'esercito russo, sono arretrati di circa sei chilometri e hanno ceduto il villaggio di Sukhoy Stavok occupato nel giugno scorso. Come molti quotidiani hanno scritto, l’alternanza di occupazione e liberazione dei villaggi lungo la linea del fronte a “somma zero” ha rappresentato un elemento costante soprattutto nell’oblast di Kherson; tuttavia stavolta non si tratterebbe della solita oscillazione poiché il teatro di guerra vedrebbe gli ucraini allargare il varco che si sono aperti, nonostante la furiosa risposta russa che non risparmia un pesante fuoco di artiglieria. Persino la superiorità militare russa mostra un vantaggio sempre più risicato poiché gli ucraini a partire da metà giugno hanno fatto saltare in aria decine di depositi di munizioni russi.
In questi mesi le forze ucraine hanno colpito il territorio della regione di Kherson in punti cruciali, distruggendo anche i due ponti che collegano la sponda nord del fiume Dnipro a quella sud. Una perdita importante, irrisolta dai genieri russi che hanno costruito ponti di barche e chiatte che rendono lenti gli spostamenti di uomini e merci in un punto alla portata dei missili Himars ucraini. Solo due giorni fa, fra l'altro, lo stresso Zelensky ha annunciato al liberazione di tre insediamenti nella regione del Donetsk e nel sud.
 

L’importanza politica di Kherson
La riconquista della città di Kherson è considerata politicamente molto importante per Kiev, soprattutto perché si tratta di una città russofona nella quale si prepara da settimane un referendum-farsa per la proclamazione di una repubblica separatista, mai realizzato data l’incertezza militare provocata dalla resistenza ucraina. Ad oggi, il controllo zarista della città è minacciato non solo dalla controffensiva dell'esercito ucraino ma anche dalle martellanti azioni partigiane che in questi giorni hanno raggiunto il loro massimo attraverso l’assassinio di collaborazionisti di Mosca e con numerose azioni militari, in particolare nei sobborghi.
Una situazione dunque nuova, che sembra aprire una svolta nella guerra in Ucraina ,con gli occupanti russi che oltre ad attaccare, devono trovare le forze necessarie per mantenere i territori occupati.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ad una recente riunione dello stato maggiore militare ha affermato: “Siamo in costante contatto con chi è in prima linea. Non vi dirò i dettagli, ma le bandiere ucraine stanno tornando al posto dove dovrebbero stare di diritto. E non c'è posto per gli occupanti sulla nostra terra".
 

La minaccia “globale” di Putin
Mentre la controffensiva ucraina preme, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov afferma in una intervista all’agenzia russa Tass che sta iniziando una "grande tempesta globale" e che la Russia "sarà in grado di preservare la macrostabilità in mezzo a questa tempesta".
Il riferimento ovviamente è alla questione energetica, e l’affermazione è rafforzata dalle dichiarazioni del vice premier russo con delega per l'energia Alexander Novak che ha confermato il blocco del Nord Stream 2, intimando che non sarà rimosso finché le sanzioni occidentali non termineranno. Mosca infatti imputa proprio ad esse ed alla conseguente impossibilità di importare mezzi e strumenti per portare a termine le necessarie operazioni di manutenzione, le cause del blocco delle forniture alla Germania ed all’Europa. In realtà si tratta esclusivamente di ritorsioni per l'appoggio a Kiev, e il Cremlino naturalmente non esclude ulteriori aumenti del prezzo del gas in Europa che potrebbe toccare "livelli record" in seguito a questa situazione.
Putin al momento gongola, sapendo bene che la dipendenza europea dal gas russo, nata e consolidatasi nel tempo per soddisfare i grandi profitti degli operatori di settore sull’energia a basso costo, continua a essere una formidabile arma di ricatto politico ed economico nelle sue mani.
In risposta alla minaccia di Mosca, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si sono dati telefonicamente conferma dell’avvio di un prossimo pacchetto di sanzioni – l’ottavo – che includerebbe fra l’altro anche il divieto di rilascio di visti di qualsiasi genere ai cittadini russi.
 

Avviata la missione dell’AIEA a Zaporizhzhia
L’altro tema che tiene banco in Ucraina è certamente l’alto rischio di danneggiamento alla quale è sottoposta la centrale nucleare di Zaporizhzhia.
Pur continuando lo scambio di accuse fra Kiev e Mosca circa i bombardamenti sulle vie d’accesso alla centrale, la squadra di tecnici dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) – che fa parte delle Nazioni Unite - ha visitato ed esaminato l’impianto. Le prime dichiarazioni del direttore Grossi hanno rafforzato gli allarmi lanciati più volte da Kiev: "L'integrità fisica della centrale è stata violata ripetutamente (…) è una cosa che non può continuare ad accadere".
La missione, inizialmente prevista per due soli giorni, di fatto diventerà permanente poiché altrettanti ispettori assieme ad alcuni operatori di sicurezza che fanno da scorta sono rimasti dentro all'impianto e potranno così dare aggiornamenti costanti, puntuali e neutrali che sono importanti per prevenire incidenti irreparabili e fare da garanti per i tecnici ucraini in ostaggio dei militari russi.
Nell’immediato, è urgentissimo inibire i reciproci bombardamenti di artiglieria che in passato hanno già colpito l’impianto fortunatamente senza conseguenze catastrofiche, ma nel medio termine l'ambizione delle Nazioni Unite sarebbe quella di demilitarizzare il luogo. Un sito che gli invasori russi negli ultimi due mesi hanno trasformato in una vera e propria guarnigione militare. Alcuni filmati della visita dell’AIEA hanno infatti attestato la presenza di mezzi militari parcheggiati vicino a un reattore, dando a tutto il mondo la prova delle falsità espresse da Mosca che ha negato da sempre di aver militarizzato la centrale.
Da Kiev però arrivano critiche sulla missione dell’AIEA: il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak ha affermato infatti di non aver ricevuto alcun dato sulla situazione dell’impianto in termini di circuiti di raffreddamento o di sicurezza del personale. Secondo Kiev, più che un intervento volto al mantenimento della pace sarebbe servita “una valutazione di ingegneria nucleare” dell’impianto che a quanto pare non è stata soddisfacente. Certo è che la centrale nucleare di Zaporizhzhia ha smesso di rifornire di elettricità i territori controllati dall'Ucraina. Secondo Mosca la causa sarebbe un presunto attacco ucraino che avrebbe distrutto una linea elettrica chiave. Non è chiaro però se l'elettricità proveniente dall'impianto raggiunga ancora le zone controllate dai russi.

7 settembre 2022