Un imbroglio e un cedimento alle lobby del settore
Per l'europarlamento il gas e il nucleare sono “verdi”
Proteste degli ambientalisti, Greenpeace annuncia un'azione legale contro la Commissione europea

Tanto tuonò che piovve, e infatti nel luglio scorso il parlamento UE ha approvato l'annunciato inserimento del gas e dell'energia nucleare nella “tassonomia” europea come energie “verdi” eco-compatibili, ratificando quanto già promosso dalla Commissione UE a gennaio. In base a questo aggiornamento, gas e nucleare e le attività ad esse connesse, potranno essere ben foraggiate dalle risorse pubbliche stanziate per la transizione ecologica che dovrebbe opporsi al riscaldamento climatico. Già nel dicembre dello scorso anno le due massime cariche della Commissione Europea avevano tracciato una netta direzione sul tema, giustificando l'approccio a gas e nucleare indispensabile per affiancare alle rinnovabili, fonti definite “stabili” nel percorso di transizione.
 

Parigi guida il “greenwashing europeo”
Il primo semestre del 2022 di presidenza francese dell'UE si era aperto proprio con questa ufficialità che rilanciava quindi l'atomo e puntava decisamente sul gas, sul quale si amplieranno anche i margini di emissione, dando facoltà alle centrali di inquinare di più. La nuova tassonomia ammette infatti come conformi alla transizione le centrali che emettono fino a 270 grammi per KWh, quasi triplicando la soglia iniziale che i tecnici avevano ipotizzato a 100.
Per capire meglio chi ha mosso questo inaccettabile colpo di mano che condannerà il pianeta e tutta l’umanità che lo abita ad un probabile punto di non ritorno del riscaldamento globale, è interessante osservare che, per quanto riguarda i Paesi schierati a favore fin da subito, la Francia dove il 72% dell’elettricità oggi è di origine nucleare, guida il blocco pro-atomo che aggrega una dozzina di stati dei quali molti dell’est, mentre sul fronte opposto si trovano l’Austria (che ha denunciato la Commissione alla Corte di Giustizia – e in seguito anche il Regno Unito - perché il provvedimento è valutato in contrasto con la legge del 2020 sui Greenbonds che esclude investimenti nel gas e nel nucleare), il Lussemburgo che definisce la misura “una provocazione”, la Spagna, il Portogallo e la Danimarca.
Opportunistica è invece la posizione della Germania poiché, se da un lato il ministro dell’economia e del clima, Robert Habeck, definì la decisione di Bruxelles “un errore” confermando l’impegno di chiusura delle centrali nucleari, dall'altro il Governo dell'ex cancelliera Merkel ha voluto fortemente il North Stream 2, il nuovo gasdotto per importare gas russo senza passare dall’Ucraina che attualmente è stato chiuso da Putin. Le due principali potenze europee dunque si sono scambiate reciprocamente un favore; un sì al gas di Parigi in cambio del via libera al nucleare di Berlino. Tutti contenti, al netto delle attuali difficoltà di approvvigionamento, tranne il Pianeta.
 

Anche il governo italiano avalla il nucleare
Insomma, per i più scaltri che avevano visto il germe dell'inganno e dell'opportunismo al servizio delle lobby multinazionali fossili già presente nella tanto decantata COP21 di Parigi che segnò nei fatti il passo più significativo verso l'immobilismo nonostante i già numerosi allarmi sul riscaldamento globale, questa notizia non desta stupore. Sicuramente però è un passaggio fondamentale perché mette nero su bianco le peggiori “aspettative” per il mondo scientifico e ambientalista che vede tradita ogni dichiarazione di “svolta green” nel modo di produrre per far fronte alla minaccia incombente della questione climatica.
In Italia, Paese nel quale il No all'atomo ha già vinto 2 referendum, il nucleare e il metano sono più volte state pubblicizzate come soluzioni dal ministro della Transizione ecologica - voluto fortemente dai 5 Stelle previa investitura diretta di Grillo - Roberto Cingolani che le gradisce, e che Draghi stesso non ha mai commentato né smentito. Certo è che nessun adeguato e approfondito dibattito parlamentare è stato mai aperto, e oggi, a distanza di 8 mesi, il Governo italiano non solo non si è opposto ad un provvedimento così sciagurato, ma in silenzio l’ha avallato sia politicamente, sia attraverso i piani industriali delle sue partecipate Eni e Enel.
In Commissione UE poi, l’assise definitiva che ha approvato la nuova tassonomia, l’Italia attraverso lo stesso Cingolani e il commissario Gentiloni ha appoggiato quella che gli ambientalisti hanno già ribattezzato questa “legge truffa” che crea un danno enorme alla popolazione di tutto il mondo e all’ambiente.
 

Le posizioni dei partiti di regime nella campagna elettorale
A poche settimane dalle elezioni politiche del 25 settembre, la questione energetica è al centro di quasi tutti i programmi dei partiti di regime. A favore del nucleare e del gas c’è ovviamente la Lega, col suo caporione Salvini che fu il primo ad applaudire alle dichiarazioni di Cingolani e rafforzò quel falso paradigma che voleva attribuiti proprio alle rinnovabili gli enormi rincari delle bollette energetiche del 2021, così come gli attuali. Salvini propone addirittura di “ricostruire” in Italia una “filiera nucleare industriale nazionale”, menzionando anche la creazione di un deposito nazionale delle scorie, confermandone dunque l’esistenza anche per le tecnologie atomiche più avanzate. Salvini, peraltro, vorrebbe promuovere anche un ulteriore referendum in merito che annulli i 2 No precedenti, incensando questa scellerata proposta di volere popolare, senza tener conto però che nel nostro Paese questo strumento serve solo per abrogare norme.
Favorevoli anche Fratelli d'Italia della aspirante duce Meloni, che ha espresso più volte il sostegno alla Francia nella sua corsa al nucleare, Forza Italia, Azione! Di Calenda e Italia Viva.
Contrari al momento si dichiarano soltanto Sinistra Italiana, Europa Verde, Possibile, Unione Popolare e il PD – ma quest’ultimo solo per il nucleare e esclusivamente a causa dei tempi lunghi che non sono compatibili ad una riduzione significativa delle emissioni entro il 2030 - nonostante alcune contraddizioni interne per accontentare da un lato la più larga fetta dei suoi elettori che guardano a “sinistra”, e dall’altra anche le sue lobby energetiche di riferimento. Infatti se alcuni deputati hanno espresso posizioni contrarie in particolare al nucleare, non si possono dimenticare i gasdotti TAP e Eastmed-Poseidon fortemente voluti da Renzi. Letta a Repubblica , pochi giorni prima della delibera europea, dichiarò che nell'immediato punterebbe “sul rilancio della produzione nazionale di gas”, affermando allo stesso tempo che “la soluzione è delega di competenza UE”, accettando dunque nei fatti l’eventuale ratifica che poi avvenuta.
Infine il nucleare non è presente nel programma di Conte e dei 5 Stelle, così come non si menziona neanche il destino dell’eventuale “deposito nazionale”, tema su cui esponenti del Movimento si erano spesi per lo meno a parole nella scorsa legislatura. Un grande passo indietro grondante di opportunismo, proprio perché fa leva sulla “storica” posizione contraria del Movimento, quando in realtà non dice nulla lasciando tutto all’immaginazione.
 

Le associazioni ambientaliste sul piede di guerra
In una nota congiunta, Legambiente, WWF e Greenpeace scrivono: “Invece di continuare ad alimentare un dibattito sterile sul nucleare, una tecnologia di produzione di energia superata dalla storia, surclassata da tecnologie più mature e competitive che usano fonti rinnovabili, sarebbe auspicabile che il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani e tutto il governo italiano si facessero portavoce, (...) di una posizione chiara e avanzata che non ceda alle lobby del gas fossile e del nucleare”.
Nello stesso documento le associazioni criticavano anche l'operato del governo Draghi accusandolo di “timidezza” dimostrata nel non aver fatto nulla per decuplicare la potenza annua installata di rinnovabili come da Pniec, e sul taglio dei sussidi alle fonti fossili che neanche l’ultima legge di bilancio ha praticato.
Greenpeace e Wwf ricordano anche che da mesi è in corso in Italia un dibattito surreale sui rincari in bolletta paradossalmente addebitati alla transizione ecologica e più recentemente anche alla guerra in Ucraina, ma la cui vera causa è da ricercare nella eccessiva dipendenza del nostro Paese dall’uso del gas e nei ritardi nell’esecuzione delle linee guida del Green Deal.
Sul fronte dei costi in bolletta inoltre la nuova tassonomia sarebbe un vero suicidio poiché - appurato il rincaro del gas - nei decenni anche i costi del nucleare sono saliti sempre di più, mentre quelli delle rinnovabili sono scesi a livelli sempre più bassi: “Oggi – concludevano le associazioni ambientaliste - secondo il World Nuclear Industry Status Report, nel 2020 produrre 1 kilowattora (kWh) di elettricità con il fotovoltaico è costato in media nel mondo 3,7 centesimi di dollaro, con l’eolico 4, con nuovi impianti nucleari 16,3”.
In risposta al voto finale del Parlamento Europeo, Ariadna Rodrigo della campagna Finanza sostenibile di Greenpeace UE, ha dichiarato: “È oltraggioso etichettare il gas fossile e il nucleare come “verdi” e far fluire così più denaro verso le casse che finanziano la guerra di Putin in Ucraina. Per questo continueremo opporci in tribunale. Le vergognose trattative interne alla Commissione europea influenzate dalle lobby dei combustibili fossili e del nucleare non basteranno.”.
Ma già il 2 febbraio scorso gli attivisti di Extincion Rebellion lanciarono vernice rossa sulla porta del ministero della Transizione Ecologica, scrivendo a grandi caratteri le frasi “ministero della bugia” e “ministero della bugia”. Al rifiuto dello staff di Cingolani al quale avevano chiesto un incontro, alcuni attivisti erano riusciti ad entrare ma il manganello della polizia in assetto antisommossa ha fermato e portato in questura 10 persone
 

Occorre puntare tutto sulle vere rinnovabili
In estrema sintesi, a nostro avviso la decisione di finanziare con soldi pubblici gas e nucleare è assurda e inaccettabile, e si inserisce in un quadro nel quale i governi dei Paesi industrializzati – e quindi inquinatori – non solo non hanno ancora cessato neppure di finanziare l'estrazione e l'utilizzo delle fossili propriamente dette, ma le rilanciano continuamente. Con questa sciagurata riclassificazione per le rinnovabili quali eolico, solare e idrico non resteranno che le briciole e la pur lenta “transizione” avrà una ulteriore e forse irreversibile battuta d'arresto.
Non c'è nessuna ragione infatti per giustificare questa scelta, tranne naturalmente la volontà di favorire ulteriormente le multinazionali dell'energia che di botto vedrebbero decuplicati i propri profitti; è certo invece questa riclassificazione non permetterà di realizzare né l’obiettivo del 55% di fonti effettivamente rinnovabili al 2030, né quello di contenere nel 2050 l’aumento della temperatura di 1,5%. In più tornerà ancor più pressante il problema delle scorie radioattive e del suo stoccaggio poiché il documento europeo permette sì di costruire centrali nucleari fino al 2045, ma alla condizione che ci sia un piano preciso di smaltimento delle scorie nel territorio nazionale di costruzione. Scorie e rifiuti pericolosi che ben sappiamo quanto siano cari alle mafie.
Ci auguriamo la mobilitazione annunciata a suo tempo da Legambiente, assieme ad una vasta rete associativa e ad alcune categorie della CGIL, si rilanci con forza e sia ampiamente partecipata da tutte le forze che si oppongono a questo scempio ”ecologico”, in primis dai giovani del Fridays for Futures. La questione conferma in tutta evidenza il “Bla Bla Bla” denunciato da Greta Thunberg alla scorsa COP 26 di Glasgow.
Come già scritto nell'articolo “No al nucleare verde” pubblicato su Il Bolscevico del 10 novembre 2021, per noi l'energia atomica rappresenta una opportunità solo per le lobby che la gestirebbero e ne trarrebbero grandi utili anche dalla sola costruzione miliardaria delle centrali, mentre sarebbe un'eredità mortale per le future generazioni.
Anche guardando all’aumento dei prezzi del gas di Putin e alle difficoltà di approvvigionamento dalla Russia data l’incertezza dei flussi che arrivano in Germania attraverso il Nord-Stream 2 ora bloccato, la scelta appare assurda, inaccettabile e scellerata. L’Europa - e a maggior ragione l’Italia - non hanno altra soluzione che puntare tutto sulle rinnovabili reali. Questo è l’unico modello di autonomia effettivamente progressista e ecologico, che non può prescindere dallo stop immediato dei finanziamenti alle fonti fossili, gas compreso, e al pericoloso e antieconomico nucleare. È indispensabile destinare ingenti risorse alla realizzazione di piccoli impianti di produzione di energie rinnovabili effettivamente pulite come l'idrico, il solare e l'eolico, a gestione completamente pubblica al servizio dei territori e delle comunità locali. Il solare, peraltro, potrebbe costituire una leva per rompere lo storico divario Nord-Sud e dare al Meridione un'opportunità unica per svolgere un ruolo economico fondamentale contribuendo massicciamente alla produzione di questa energia verde.
Sono necessari infatti impianti ad impatto ambientale ridotto, tendente in prospettiva allo zero, che non producono ceneri, né ulteriori scorie radioattive da gestire, e che non portano in sé i rischi enormi dalle conseguenze devastanti e irreparabili che la storia ci insegna essere propri di questa tecnologia costosa e superata. Anche dal punto di vista economico, a maggior ragione vista la nuova situazione internazionale nella quale appaiono “blocchi” imperialistici sempre più marcati, non c’è altra soluzione.

7 settembre 2022