A Trieste
15 mila in corteo contro i licenziamenti alla Wartsila
La legge sulle delocalizzazioni del governo Draghi favorisce le multinazionali e non tutela i lavoratori

Nel pomeriggio del 3 settembre oltre 15 mila manifestanti provenienti da tutta Italia, dalle fabbriche e dai territori in lotta per il lavoro, l'ambiente e contro il carovita, hanno dato vita a Trieste a una grandiosa e combattiva manifestazione nazionale convocata dalla Rsu e dai sindacati di categoria contro la delocalizzazione di Wartsila e il licenziamento in tronco di 451 lavoratori tecnici e impiegati dello stabilimento di San Dorligo della Valle che avrà una ricaduta su tutto l'indotto con almeno altri 700 lavoratori che rischiano di perdere il lovoro.
Il corteo è partito dal Foro Ulpiano e si è snodato per oltre 1,3 chilometri lungo le vie del centro cittadino, da Piazza Oberdan, via Carducci, Piazza Goldoni e Corso Italia, prima di raggiungere il palco degli oratori in Piazza Unità.
In testa al corteo i lavoratori Wartsila affiancati dai sindacati confederali e di base e da una vasta rete di associazioni, movimenti e militanti solidali e da migliaia di altri lavortori provenienti da altre realtà in lotta fra cui Flex, Fincantieri, Electrolux e una folta delegazione degli operai e del Collettivo della ex GKN di Campi Bisenzio (Firenze) insieme ai lavoratori di tutte le imprese portuali addetti allo spostamento, imbarco e rizzaggio connesse all'attività di Wartisila che, in segno di solidarietà, dal 27 agosto hanno già indetto lo sciopero a oltranza per bloccare le operazioni di carico dei 12 motori navali prodotti nello stabilimento di Bagnoli della Val Rosandra (Trieste) del valore di alcuni milioni acquistati dalla Daewoo e in attesa di essere spediti via mare in Corea.
Al fianco dei lavoratori Wartsila anche la Curia e tanti commercianti e artigiani che in segno di solidarietà hanno deciso di chiudere le loro attività per partecipare al corteo. Mentre sul palco degli oratori sono stati esposti i gonfaloni di Comune e Regione listate a lutto.
Al corteo hanno preso parte anche il presidente della Regione Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga, i sindaci di vari comuni della provincia con alla testa il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, i parlamentari Debora Serracchiani, Tatjana Rojc, Walter Rizzetto e Sandra Savino, il vescovo Gianpaolo Crepaldi e il vicario don Ettore Malnati e il presidente dell’Autorità portuale Zeno D’Agostino.
Si è trattato di una storica giornata di lotta che testimonia l'unità di lotta di un'intera popolazione scesa in piazza compatta e determinata per difendere non solo la continuità occupazionale e produttiva dello stabilimento ma anche il futuro di Triste, dell'indotto e di tutta l'industria nazionale.
“Una vera e propria manifestazione nazionale - hanno ribadito a più riprese nei loro interventi i lavoratori e i dirigenti sindacali nei loro interventi dal palco in Piazza Unità - Il primo segnale che il sindacato dei metalmeccanici mette in campo per difendere tutta l’industria nazionale... Se passano qui è un segnale a tutte le multinazionali che operano in Italia”.
In vista del tavolo convocato al Mise il 7 settembre con all'ordine del giorno il ritiro della procedura di licenziamento, ha aggiunto il segretario generale della Fiom, Michele De Palma: “La multinazionale ha pugnalato alle spalle non solo i lavoratori della Wartsila ma dell'intero paese perché mentre le persone andavano a lavorare e le istituzioni a tutti i livelli davano soldi al management della Wartsila per fare investimenti, loro mettevano in tasca decine di milioni di euro e preparavano la delocalizzazione. Quindi il 7 settembre si devono ritirare i licenziamenti, poi si aprirà la discussione”.
La decisione unilaterale della multinazionale finlandese (di avviare la procedura di licenziamento e spostare tutta la produzione di motori marini e civili a Valaa, in Finlandia, comunicata il 14 luglio scorso con un breve video alle RSU aziendali e alle organizzazioni sindacali e massimizzare i profitti) conferma, come denunciano i lavoratori che dal 15 luglio presidiano lo stabilimento: “tutta l’inefficacia della legislazione italiana nel contrastare lo strapotere delle multinazionali ed impedire le delocalizzazioni produttive... è intollerabile che, nel vuoto di politica industriale del governo, di misure a difesa del lavoro e delle attività produttive, le multinazionali considerino l’Italia terra di conquista, mercati e know how da acquisire, senza vincolo alcuno sul piano sociale e occupazionale”.
Infatti, anche in questa vertenza, come è già successo per la Gkn, Whirlpool, Embraco, SaGa Cofee, Caterpillar e in altre centinaia di fabbriche in tutta Italia, il governo aveva tutto il tempo per intervenire con un decreto di urgenza o con un disegno di legge antidelocalizzazioni in grado di mettere al sicuro i posti di lavoro dai licenziamenti di massa.
Invece il banchiere massone Draghi per tutto il tempo che è rimasto a Palazzo Chigi non solo non ha mosso un dito per salvare i posti lavoro, ma ha anche bocciato la proposta di legge anti-delocalizzazioni elaborata dall'Assemblea dei lavoratori Gkn con la consulenza e il sostegno di un gruppo di giuristi progressisti e solidali e ha inserito nella legge di bilancio il cosiddetto “emendamento Giorgetti-Orlando” che invece di impedire i licenziamenti collettivi spiana di fatto la strada alle delocalizzazioni.
La norma, approvata nella primavera del 2021, non impedisce, ma addirittura legalizza i licenziamenti; non prevede alcun vincolo o sanzione per i padroni ma più semplicemente li “obbliga” a dare un formale preavviso a enti territoriali, ministero e sindacati di almeno 90 giorni e di predisporre entro 60 giorni dal licenziamento un piano per mitigare gli effetti della decisione.
Esattamente ciò che ha fatto Wartsila che ora, proprio grazie a questa nuova normativa, a differenza di quanto avvenuto con i lavoratori della ex GKN che in virtù della vecchia normativa invece riuscirono a bloccare la procedura di licenziamento, si sente con le spalle protette anche di fronte ai ricorsi dei sindacati confederali e della Regione che la accusano di condotta antisindacale e per mancata comunicazione del piano di mitigazione che peraltro Wartsila ha già detto di comunicare a breve rientrando così pienamente nella norma.

7 settembre 2022