XIX Congresso nazionale della Cgil
Le proposte dei marxisti-leninisti

Dopo un rinvio di oltre due mesi, giustificato con la caduta del governo del banchiere massone Draghi e la conseguente campagna elettorale, il congresso nazionale del più grande sindacato italiano è ai nastri di partenza. Le prime assemblee di base inizieranno il 30 settembre, pochi giorni dopo l'esito del voto che che si terrà il 25 dello stesso mese, anche se dovranno passare altri giorni affinché si formi compiutamente un nuovo governo.
Come abbiamo scritto in articoli precedenti, la Cgil si trova ad affrontare il suo XIX congresso in un momento di particolare crisi del sistema capitalistico che si ripercuote sulle condizioni di lavoratrici e lavoratori, pensionati e masse popolari. Dalla crisi economica, con l'aumento delle tariffe e del costo della vita, al taglio ai servizi sociali, all'attacco ai diritti e ai salari, all'escalation delle tensioni causate dall'imperialismo e al rischio di una nuova guerra mondiale, mentre le conseguenze legate al Covid fanno sentire ancora il suo effetto.
La ricetta della Cgil però è sempre la stessa. Oramai abbandonata la maschera di “capo operaio” e leader poco incline ai compromessi di quando era a capo dei metalmeccanici della Fiom, il nuovo segretario e tutto il gruppo dirigente ha continuato imperterrito sulla linea della cogestione, della concertazione con il governo e il padronato, con la compatibilità verso le richieste dei capitalisti, nella ricerca di una legittimazione istituzionale che porterà inevitabilmente a percorrere la strada del sindacato neocorporativo anche al prossimo congresso.
Al suo interno la minoranza di sinistra ha presentato un documento congressuale alternativo per contrastare questa deriva verso un sindacato aziendalista e collaborativo che da sempre sono le caratteristiche delle altre due sigle confederali, in particolare della Cisl. È stato perciò naturale per i marxisti-leninisti aderirvi e fare fronte comune con la sinistra sindacale per contrastare la linea di Landini che, al di la dei proclami, ha collocato la Cgil a fare da sponda a Draghi, tanto che al momento delle dimissioni del suo governo fece uscire un vergognoso comunicato che recitava: ”non è il momento di fermare le riforme”.
 

Le nostre rivendicazioni
In questo documento alternativo i marxisti-leninisti hanno trovato gran parte delle loro rivendicazioni sul fronte economico e sociale. Noi ci battiamo contro la precarietà in tutte le sue forme e siamo per un lavoro sicuro, dignitoso, a tempo indeterminato e sindacalmente tutelato e quindi contro il Jobs Act, per il ripristino dell'articolo 18 e la sua estensione alle piccole aziende. Siamo da sempre per la supremazia del contratto nazionale, contro i patti in deroga peggiorativi e contro tutte le svariate forme di assunzione che limitano salari e diritti delle lavoratrici e dei lavoratori (contratti a tempo determinato, a chiamata, a progetto ecc. ecc.) e di sfruttamento dei giovani (stage, alternanza scuola-lavoro). I marxisti-leninisti si oppongono a tutte le forme di privatizzazione e liberalizzazione del mercato del lavoro e alle agenzie interinali.
Riteniamo sia giunto il momento di rilanciare con forza la rivendicazione della riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario e di esigere da governo e padronato misure serie ed efficaci per contrastare le morti e gli infortuni sul lavoro. Chiediamo urgentemente una legge contro le delocalizzazioni che blocchi i fondi d'investimento e le multinazionali che vengono a prendere aiuti statali nel nostro Paese per poi andarsene di fronte a vantaggi migliori chiudendo e licenziando, e che lo Stato nazionalizzi le aziende che poi rimangono senza un acquirente che garantisca tutti i posti di lavoro.
Crediamo sia necessario e urgente il recupero del potere d'acquisto, anche attraverso una nuova scala mobile, con un forte rialzo dei salari italiani che sono agli ultimi posti in Europa e sono gli unici a non essere aumentati negli ultimi 30 anni. Salari che dovono essere sganciati dai vincoli europei e nazionali e dalle “compatibilità” capitalistiche. Sulle pensioni chiediamo l'abrogazione della legge Fornero e il ritorno al diritto alla pensione a 60 anni di età e 35 anni di contributi, con un occhio di riguardo per le donne; siamo per il ripristino del sistema retributivo.
Noi marxisti-leninisti riteniamo profondamente sbagliato da parte di Cgil-Cisl-Uil favorire nei rinnovi contrattuali la previdenza, la sanità e più in generale il welfare aziendale, perché sottraggono risorse alle pensioni, alla sanità e ai servizi sociali pubblici dirottandoli sul privato. Ci opponiamo al proliferare degli enti bilaterali e a tutte quelle forme di collaborazionismo, cogestione, codeterminazione e neocorporativismo, che creano una commistione di interessi tra padronato e sindacati che limitano l'autonomia delle lavoratrici e lavoratori subordinando i loro interessi di classe a quelli del capitale.
 

Gli attuali sindacati sono inadeguati
Potremmo proseguire a lungo, ribadendo la nostra opposizione a qualsiasi discriminazione sui posti di lavoro, compresa quella territoriale e di genere, ma questa sintesi già ci permette di capire che la nostra piattaforma si pone agli antipodi della linea politica e contrattuale delle Confederazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil, mentre sono moltissime le affinità con i sindacati di base. Ma se le rivendicazioni sono molto simili è la proposta, è il diverso modello di sindacato dei marxisti-leninisti che si discosta dagli altri, sia dalla sinistra Cgil che dai non confederali.
Gli ultimi leader, rappresentanti o portavoce della sinistra sindacale, come ad esempio Giorgio Cremaschi o Sergio Bellavita, credevano in qualche modo di cambiare la Cgil e quando si sono accorti che non era possibile se ne sono andati nei sindacati di base (non approfondiamo in questa sede le scelte successive che hanno fatto). Anche noi riteniamo che non è più possibile battersi nella Cgil per conquistarne la direzione e cambiarne la linea politica e sindacale in quanto essa è divenuta un sindacato del regime neofascista, completamente integrato nel capitalismo e subalterno al governo e al padronato.
La Cgil (assieme a Cisl e Uil) attraversa una profonda crisi, anche di rappresentanza, a cui Landini e gli altri massimi dirigenti rispondono da una parte restringendo la democrazia interna e dall'altra spingendo sul proprio ruolo istituzionale, di rappresentante di una “parte sociale” riconosciuto da padronato e governo ma in una ottica di collaborazione tra le parti e non di contrapposizione. Di questa emorragia di iscritti dai sindacati maggiori ne hanno beneficiato in parte i sindacati conflittuali, ma in un quadro di progressiva frantumazione organizzativa che alimenta rissosità e competizione, nonostante vi siano stati negli ultimissimi anni vari tentativi di trovare un unità di azione.
Pur riconoscendo che i sindacati di base hanno lottato con tutte le loro forze contro il governo Draghi, noi crediamo sia controproducente staccare gli elementi più avanzati dalla massa dei lavoratori, rinchiudendoli in piccoli sindacati quasi sempre anarcoidi o legati a frazioni operaiste, neorevisioniste e trotzkiste. Inoltre, la questione democratica è assolutamente trasversale al sindacato italiano in tutte le sue forme e riguarda tutte le organizzazioni dei lavoratori. Tanto per fare un esempio Bellavità se ne andò dalla Cgil per mancanza di democrazia approdando a USB per poi abbandonarla a favore del Sial cobas per gli stessi motivi.
 

Il nostro modello sindacale
Stante questa situazione, la nostra proposta sindacale, lanciata dall'Ufficio politico del PMLI il 6 febbraio 1993, è quella di costruire dal basso un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati, fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale delle Assemblee generali sui posti di lavoro e di vita. Un modello basato sul sistema di elezione dei delegati di fabbrica su scheda bianca e sul principio: tutte le lavoratrici e i lavoratori sono elettori ed eleggibili; i delegati agiscono su mandato dei lavoratori e da questi possono essere revocati in ogni momento.
Come si legge in quel Documento dell'Ufficio politico del PMLI il 6 febbraio 1993 noi ci battiamo per: “Un sindacato fatto di lavoratori di ambo i sessi che si liberi della soffocante e mastodontica burocrazia sindacale, corrotta e asservita al palazzo, che operi per la difesa degli interessi fonda mentali e immediati dei lavoratori, senza vincoli e compatibilità dettate dai capitalisti e dal governo. (…) Per noi tutto il potere sindacale e contrattuale dei lavoratori deve essere esercitato soprattutto attraverso l'assemblea generale: è questo il momento più alto della democrazia diretta in campo sindacale in cui le lavoratrici e i lavoratori discutono i problemi, mettono a confronto le idee, assumono le decisioni, approvano le piattaforme e gli accordi con voto palese, selezionano i loro rappresentanti più capaci e combattivi e li revocano non appena essi non riscuotono la fiducia dei lavoratori. Il metodo della democrazia diretta deve essere attuato per tutte le decisioni sindacali ai vari livelli territoriali e nazionale, di categoria e intercategoriale. Non è più tollerabile che gruppi ristretti di dirigenti sindacali decidano arbitraria mente e sulla testa degli interessati, di firmare contratti e accordi, spesso di grande portata come quelli sulla deregolamentazione del mercato del lavoro, il lavoro giovanile, i salari e la scala mobile, i livelli di contrattazione e altro.”
Oltre a questo sistema di partecipazione democratica, proponiamo un sindacato che operi in modo indipendente e autonomo dai governi, dal padronato e dai partiti; poggi la sua azione sulla lotta di classe; abbia come asse, per le sue politiche rivendicative e finalità strategiche, la centralità della classe operaia; rifiuti per principio la concertazione, la cogestione, il "patto sociale", il neocorporativismo, le compatibilità economiche capitalistiche, la subordinazione dei salari ai profitti e degli interessi generali delle masse lavoratrici alle esigenze dello Stato borghese. Insomma, che abbia come unico scopo la conquista di migliori condizioni di vita e di lavoro, per quanto possibile sotto il capitalismo.
Ciò comporta il superamento del modello del sindacato degli iscritti, il sindacato associativo promosso da correnti sindacali partitiche; comporta, allorché le condizioni saranno mature, allorché la maggioranza degli operai e dei lavoratori lo chiederanno, lo scioglimento di tutti gli attuali sindacati, a partire da Cgil,Cisl e Uil. Solo in questo modo sarà possibile realizzare l'unità sindacale di tutti i lavoratori privati e pubblici, sarà possibile dare vita a un'organizzazione sindacale di tutti i lavoratori libera dalla soffocante e mastodontica burocrazia sindacale e dai vincoli e dalle compatibilità dettate dai capitalisti e dal governo.
Si tratta di una proposta di carattere strategico, che richiede l'adesione della maggioranza dei lavoratori, che non può essere realizzato da una minoranza, seppur avanzata. Sicuramente richiederà del tempo, ma è l'unico modo per incidere sulle condizioni di vita e di lavoro delle masse lavoratrici e sullo sviluppo della lotta di classe. È questa la differenza maggiore tra quello che propone il PMLI e i sindacati di base, perché il loro modello non punta a spazzare via le vecchie confederazioni sindacali ma solo ad aggiungere a queste altre sigle sindacali, tutte in concorrenza tra di loro.
Pertanto finché non nascerà questo nuovo grande sindacato unico, e sarà possibile e utile, continueremo a privilegiare il lavoro sindacale all'interno della Cgil rispetto ai sindacati che si collocano alla sua "sinistra". Ciò tuttavia non escludiamo che si possa valutare, situazione per situazione, in quale sindacato è più opportuno e proficuo operare in base ai nostri obiettivi sindacali immediati e strategici. Intanto al prossimo congresso della Cgil, come lavoratori marxisti-leninisti daremo battaglia a Landini e alla destra, lavorando con spirito unitario e di collaborazione assieme alle varie anime che compongono la sinistra sindacale, ma senza rinnegare la nostra linea, utilizzando questo appuntamento anche per far conoscere alle lavoratrici e ai lavoratori la proposta sindacale del PMLI.

21 settembre 2022