Draghi nominato “statista dell'anno” dall'imperialismo americano
Biden e Kissinger lo esaltano
Il premier italiano intervenendo all'Onu attacca duramente l'invasione della Russia all'Ucraina

Il 19 settembre Mario Draghi, accompagnato dai ministri Cingolani, Bianchi e Giannini, è volato a New York per partecipare all'annuale assemblea generale dell'Onu e per effettuare una serie di incontri politici e istituzionali, tra cui quelli col presidente Usa Biden, il Segretario generale dell'Onu Guterres e alcuni esponenti della grande finanza internazionale. E, non ultimo, per ricevere un premio quale “miglior statista mondiale dell'anno”.
Il premio in questione, il World Statesman Award 2022, gli è stato conferito dall'Appeal of Coscience Foundation, un'istituzione fondata nel 1965 dal rabbino Arthur Schneier, insieme ad altri leader religiosi di varie fedi e leader dell'economia e della finanza internazionali, con lo scopo dichiarato di promuovere “pace, tolleranza e risoluzione dei conflitti etnici”. Una mission che dopo l'11 settembre 2001 si è estesa anche alla “lotta contro il terrorismo”. In realtà si dice che questa Fondazione sia legata alla massoneria internazionale, e pare anzi in tutta evidenza un'istituzione creata ad hoc dall'imperialismo Usa e dal sionismo internazionale per rafforzare i legami tra i leader politici e finanziari dei paesi imperialisti dell'Occidente e dei paesi loro alleati, come dimostra l'elenco dei premiati degli ultimi vent'anni.
Tra questi spiccano infatti capi di governo come il giapponese Shinzo Abe, i francesi Hollande e Sarkozy, i britannici Brown e Cameron, il canadese Harper, l'australiano Howard, lo spagnolo Aznar; e parecchi CEO di grandi società industriali e finanziarie come Coca-Cola, Nokia, Hewlett-Packard, Blackstone e Deutsche Bank: cosa hanno a che vedere costoro, tutti fior di leader imperialisti e pescecani capitalisti, con la promozione della pace e della tolleranza tra i popoli? Tra costoro c'è perfino un ex presidente indonesiano, Yudhoyono, premiato nel 2013 dal rabbino Schneier nonostante fosse accusato della persecuzione di minoranze religiose e addirittura di genocidio nella Papua Occidentale, e nonostante la raccolta di 10 mila firme in tutto il mondo che chiedevano al rabbino la revoca del premio.
 

Draghi “cavallo di razza” dell'imperialismo occidentale
Con tutto ciò la sera del 19 Draghi è stato ben felice di ricevere il suo premio come “miglior statista mondiale dell'anno” alla lussuosa cena di gala organizzata dalla Fondazione all'Hotel Pierre, con tanto di tavoli pagati anche decine di migliaia di dollari dai numerosi vip presenti. Premio motivato da Schneier per la “lunga leadership poliedrica nella finanza e nelle istituzioni”. Un premio cioè per tutta la carriera di Draghi, e non solo di questo ultimo anno, dal suo inizio alla Banca d'Italia, passando per la Goldman Sachs, il Fondo monetario internazionale e la BCE, prima ancora di approdare alla guida del governo italiano nel 2021.
Lo ha sottolineato puntigliosamente anche Henry Kissinger, nel discorso di lode che ha indirizzato al premiato, rivelando anche la trentennale amicizia tra i due e preconizzando nuovi incarichi internazionali di prestigio per il banchiere massone: “In varie posizioni di prestigio – ha detto infatti il novantanovenne ex segretario di Stato coi presidenti Nixon e Ford - come direttore generale del Tesoro, come capo della struttura economica europea e poi come presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi è stato chiamato a svolgere compiti straordinariamente complicati”.
Mario Draghi, ha aggiunto Kissinger, ha non solo “elevate conoscenze tecniche”, ma anche “coraggio e visione”, nonché “una capacità unica di analizzare le situazioni e di contribuire alla loro soluzione. Può dare questo contributo a volte nel governo e a volte come consulente, ma il suo curriculum dimostra chiaramente che ha la capacità analitica, il coraggio e la lungimiranza che lo porteranno a ricoprire con noi per molto tempo questo ruolo costruttivo. Lo osserverò e so che andrà oltre questo periodo”.
Quindi questo premio che lo consacra come uno dei principali leader imperialisti, non è soltanto un riconoscimento ai suoi numerosi “meriti” guadagnati fino ad oggi sul campo, ma vale anche e soprattutto per il futuro, quale “cavallo di razza” chiamato a rendere ancora altri preziosi servigi al capitalismo e all'imperialismo occidentali dall'alto di un nuovo incarico prestigioso. Come potrebbe essere la presidenza della Commissione europea, o la successione a Stoltenberg come segretario della Nato, o di nuovo la presidenza del FMI, tutti obiettivi alla sua portata secondo gli osservatori internazionali.
 

Rapporti diretti con Kissinger e Biden
Non a caso Draghi, ringraziando Kissinger per l'“enorme regalo” fattogli con la sua presenza e la laudatio in suo onore, ha rivelato di avere avuto di recente col vecchio leader imperialista e promotore di golpe anticomunisti nel mondo, come quello del boia Pinochet, “una conversazione approfondita su ciò che stava accadendo - e questo dopo circa un mese di guerra, direi - su cosa fare ora, su cosa fare dopo e su come dovremmo affrontare le autocrazie”. Come non è un caso che Draghi sia stato l'unico leader occidentale con cui Biden (che ha ricevuto ufficialmente solo la premier britannica Liz Truss) ha avuto un incontro bilaterale, sia pure in un contesto non formale come quello avvenuto il 21 al Museo di storia naturale in margine ad una cena offerta ai leader alleati partecipanti all'assemblea dell'Onu. E d'altra parte lo stesso Biden ha inviato un messaggio alla cena di premiazione in cui si congratulava “col mio amico Mario Draghi per il suo lavoro nel far progredire i diritti umani nel pianeta. Draghi è stato una voce potente nel promuovere la tolleranza e la giustizia e lo ringrazio per la sua leadership”.
Chiari riconoscimenti, tutti questi, del ruolo di preminente leader imperialista che il banchiere massone si è conquistato sul campo negli anni al servizio della grande finanza internazionale e degli imperialismi italiano, europeo e occidentale.
A differenza di altri importanti leader europei, dopo l'aggressione russa all'Ucraina, Draghi ha ha sempre tenuto una posizione ferma e senza tentennamenti a sostegno del governo e dell'esercito ucraini, del G7, della Nato e della leadership americana sul blocco imperialista occidentale contro gli imperialismi dell'Est. E tuttavia, a differenza di certi “falchi” presenti nella Nato e nella Ue, non chiudendo per questo la porta ad una soluzione di pace tra Russia e Ucraina, purché sia scelta e accettata autonomamente dal governo e dal popolo del paese aggredito.
 

“Nessuna esitazione dell'Occidente contro le autocrazie”
Questa posizione abbastanza originale di Draghi, da una parte la più fermamente atlantista e schierata a fianco dell'Ucraina, e dall'altra non escludente una possibile trattativa per cessare il conflitto a condizione che sia decisa dagli stessi ucraini, è stata ribadita dal premier dimissionario sia nel suo discorso alla cerimonia di premiazione, sia nel suo intervento all'assemblea generale dell'Onu, da lui tenuto il giorno successivo. Nel discorso della premiazione Draghi ha elogiato “l'eroismo dell'Ucraina, del Presidente Zelensky e del suo popolo” e condannato fermamente l'invasione russa, che “rischia di inaugurare una nuova era di polarizzazione, che non si vedeva dalla fine della Guerra Fredda”. Ed ha esteso la condanna anche alla Cina, pur senza nominarla, inserendola insieme alla Russia nella categoria delle “autocrazie” nemiche dell'Ue, del G7 e della Nato, “rimasti fermi e uniti nel sostegno all'Ucraina, nonostante i tentativi di Mosca per dividerci”.
“La questione di come affrontiamo le autocrazie definirà la nostra capacità di modellare il nostro futuro comune per molti anni a venire”, ha sottolineato Draghi. “Le autocrazie prosperano sfruttando la nostra esitazione”, mentre “quando tracciamo una linea rossa dobbiamo farla rispettare”, ha aggiunto schierando decisamente così l'Italia, accanto agli Usa e al Regno Unito, nel gruppo di testa del blocco imperialista dell'Ovest pronto a confrontarsi militarmente con quello dell'Est costituito da Cina e Russia.
Tuttavia, ricordando l'accordo raggiunto per sbloccare i cereali ucraini, si è detto anche “ottimista sul futuro” e impegnato a continuare “il nostro sforzo collettivo per la pace”: “Solo l'Ucraina può decidere quale pace sia accettabile, ma dobbiamo fare tutto il possibile per favorire un accordo quando finalmente diventerà possibile”, ha concluso Draghi.
 

Discorso da leader imperialista di caratura mondiale
Nel discorso all'assemblea generale dell'Onu è stato ancor più duro nella condanna della Russia, attribuendole interamente la responsabilità del conflitto e dei “bombardamenti di teatri, scuole, ospedali, violenze e soprusi nei confronti di civili, di bambini”. Ha esaltato la resistenza di Kiev e la sua “eroica controffensiva”, che ha “obbligato la Russia a un conflitto più lungo e logorante, grazie anche alla nostra assistenza militare”; così come ha ribadito l'efficacia delle sanzioni e rivendicato il ruolo dell'Italia, che “ha agito senza indugi, insieme agli altri Paesi membri dell’Unione europea, agli alleati della NATO e del G7, a tutti i partner che come noi credono in un sistema internazionale basato sulle regole e sul multilateralismo”.
Draghi ha anche chiamato la Ue a serrare i ranghi al proprio interno e al sostegno dell'Ucraina, imponendo un tetto al prezzo del gas, “anche per ridurre ulteriormente i finanziamenti alla Russia”, e rivendicato il forte sostegno del suo governo alla candidatura dell'Ucraina a Stato membro, così come dei Balcani occidentali, della Moldavia e della Georgia.
Però ha anche riproposto la sua apertura a possibili trattative di pace, sostenendo che “dalle crisi si esce soltanto guardando lontano, con coraggio e con ambizione. Il nostro obiettivo è la pace”. Ma questa dev'essere “una pace che sia ritenuta accettabile dall'Ucraina – la sola che può essere duratura e sostenibile.” Finora, ha precisato Draghi, “la Russia non ha dimostrato di volere la fine del conflitto: i referendum per l’indipendenza nel Donbass sono un’ulteriore violazione del diritto internazionale che condanniamo con fermezza. Tuttavia, l’Italia resta in prima linea per provare a raggiungere un accordo, quando sarà possibile”.
Un discorso, quindi, degno in tutto e per tutto di un leader imperialista di caratura mondiale, appena laureato tale dal capofila del campo imperialista occidentale, Biden. Ma al tempo stesso da alto rappresentante degli interessi autonomi dell'imperialismo italiano e di quello europeo. Il più fermamente schierato contro la Russia, tra i principali leader europei, ma anche duttile quanto basta per lasciare uno spiraglio ad una auspicata trattativa per arrivare ad una pace che sia giudicata accettabile dall'Ucraina, il paese che ha subito l'invasione e quindi il solo che deve decidere i tempi, le modalità e i contenuti delle trattative con l'aggressore russo.

28 settembre 2022