Il discorso di Guidi sul tema dell'imperialismo è un capolavoro di teoria e prassi marxista-leninista

di Giorg - simpatizzante di Roma del PMLI
Quest'anno molte e importanti novità si sono viste sotto il cielo di Firenze e - oserei dire - del mondo intero durante l'annuale Commemorazione di Mao.
La prima novità, di carattere internazionale, consiste nel fatto che la teoria e la prassi del Partito marxista-leninista italiano vengono attentamente seguite e prese in grande considerazione negli Stati Uniti d'America - dove il socialismo scientifico viene aborrito, insieme a tutte le sue successive elaborazioni, dalla cultura ufficiale, ma dove nello stesso tempo tantissimi giovani lo stanno riscoprendo, come testimoniato dalla grande popolarità presso di essi riscossa dall'unico uomo politico statunitense che si sia mai dichiarato a parole “socialista”, ossia Bernie Sanders - e nella Repubblica Popolare Cinese - dove ormai il rullo compressore ideologico di Xi Jinping e della sua cricca di affaristi e burocrati borghesi ha fatto piazza pulita, nel suo partito che a suo tempo fu di Mao e nell'intera società cinese, della prassi socialista, e che sta tentando di farlo anche con il pensiero del Grande Timoniere - dove evidentemente ci sono ancora persone fedeli al socialismo scientifico. La compagna Monica Martenghi infatti ha annunciato durante la Commemorazione che questi due compagni hanno manifestato solidarietà al nostro Partito e dimostrato vivo interesse per le sue posizioni politiche, e questo ci fa onore, soprattutto perché significa che l'elaborazione ideologica da esso diffusa raggiunge i quattro angoli del mondo, anche territori governati da regimi ufficialmente ostili al socialismo scientifico come gli Usa e la Cina di Xi.
La seconda novità è di politica interna italiana, consistente nella presenza, alla Commemorazione, del compagno Paolo Babini del Partito dei CARC, che testimonia la grande capacità del Partito marxista-leninista italiano di partecipare a pieno titolo a fronti uniti con altre formazioni politiche - ossia Coordinamento di Unità Popolare e Coordinamento delle Sinistre d'Opposizione - senza rinunciare minimamente al proprio rigore ideologico.
È un dato di fatto, quindi, che il Partito fa ormai sentire forte e chiara la propria voce sia in Italia sia nel resto del mondo.
La terza novità è nel discorso intitolato Gli insegnamenti di Mao sull'imperialismo, la situazione internazionale, l'imperialismo italiano , del quale è stata letta dal compagno Erne Guidi un’importante sintesi durante la cerimonia e che è stato pubblicato su Il Bolscevico n. 33.
Già dalla presentazione che la compagna Martenghi ha fatto dell'oratore si comprende che egli, viaggiatore instancabile da molto tempo nei quattro angoli del mondo, è la persona giusta per curare un tema - quello dell'imperialismo - che riguarda la geopolitica mondiale, e testimonia il fatto che da parte del PMLI - parafrasando liberamente la lettera di Engels a Starkenburg del 15 ottobre 1895 - “si è sempre trovato l'uomo adatto ”, uomo che nel caso presente è il compagno Guidi, del quale si può apprezzare a pieno il valore solo dalla lettura approfondita dell'intero discorso pubblicato. È quindi importante soffermarsi su alcuni punti fondamentali di questo testo, che dev’essere letto numerose volte per poterlo apprezzare in tutto il suo valore.
 

Aspetti generali del fenomeno dell'imperialismo
Dopo una breve introduzione, il primo capitolo del documento è intitolato semplicemente L'imperialismo , nel quale si definisce tale fenomeno. Il compagno Guidi spiega che “l’imperialismo non vuol dire solo guerre, aggressioni e sfruttamento dei popoli. Vuol dire anche pandemie perché saccheggia l’ambiente e l’ecosistema, inquina terre e mari, pratica l’allevamento intensivo degli animali e distrugge tutti gli habitat naturali nel nome della ricchezza e del massimo profitto di un pugno di capitalisti ”, mettendo subito dopo in rilievo l'aumento esponenziale di ricchezza accumulata dai principali capitalisti del mondo durante la pandemia e il correlativo aumento esponenziale della povertà di centinaia di milioni di persone a livello globale. Continua poi Guidi illustrando lo strascico di morti e di distruzioni provocato dall'invasione russa in Ucraina.
Per la definizione di imperialismo l'oratore lascia la parola a Lenin, citando la definizione che quest'ultimo ne da nel suo saggio del 1916 intitolato L'imperialismo fase suprema del capitalismo : “la celebre opera di Lenin del 1916 'L’imperialismo fase suprema del capitalismo', oggi più attuale che mai - scrive il compagno Guidi - ne è la base. Essa dimostra che l’imperialismo dei nostri giorni conserva infatti interamente le stesse caratteristiche attribuitegli da Lenin, ossia il dominio dei monopoli, la creazione di un’oligarchia finanziaria, l’importanza crescente dell’esportazione di capitali rispetto all’esportazione di merci, la competizione nella redistribuzione di nuovi mercati e territori. Esito ultimo dell’analisi leninista dell’imperialismo è la seguente conclusione: 'L'imperialismo è un particolare stadio storico del capitalismo. E questa particolarità è triplice: l'imperialismo è (1) - capitalismo monopolistico; (2) - capitalismo parassitario e imputridente; (3) - capitalismo morente' ”.
La citazione che il compagno Guidi fa delle parole di Lenin è assolutamente esatta, e in essa c'è una sintesi dell'interpretazione, data dal Maestro russo del proletariato, delle teorie formulate da Carlo Marx nella sua opera fondamentale, Il Capitale, dove inutilmente cercheremmo la definizione di imperialismo e tanto meno l'espressione del suo stesso concetto.
Se in termini generali l'espressione “imperialismo” indica già nella storiografia ottocentesca una politica di potenza e di supremazia attuata da una realtà geopolitica, tesa a creare una situazione di predominio su altre realtà geopolitiche mediante conquista militare, annessione territoriale, sfruttamento economico o egemonia politica (di tali esempi è piena la storia umana, dall'impero persiano a quello romano e ottomano nell'area del Medio Oriente, dell'Africa settentrionale e dell'Europa, da quello cinese a quello indiano Moghul in Asia, dall'impero Atzeco a quello degli Incas nelle Americhe, dall'impero etiope a quello del Mali in Africa), è soltanto con la nascita del capitalismo e della sua graduale diffusione a livello mondiale che tale espressione assume il significato dato da Lenin, ossia di fase inevitabile nello sviluppo del capitalismo, che si apre quando il capitale eccedente, vedendo diminuire il reddito all’interno della realtà geopolitica di riferimento, si indirizza verso nuovi campi di investimento all’estero.
Marx ed Engels avevano già potuto assistere a conflitti imperialistici di portata globale in epoche a loro assai vicine, come la guerra dei sette anni (combattuta tra il 1756 e il 1763 in tutti i continenti, tanto da essere definita da Winston Churchill nel terzo volume della sua opera History of the English Speaking Peoples come “la prima vera guerra mondiale ”) e le guerre napoleoniche (combattute prevalentemente, ma non esclusivamente, in Europa): nel primo conflitto la Gran Bretagna e la Francia, insieme con i rispettivi alleati, si combatterono al fine di conquistare nuovi territori extraeuropei da destinare, dopo averli pacificati, all'esportazione delle rispettive merci e nelle guerre napoleoniche l'obiettivo francese era quello di creare nell'Europa continentale, dopo averla pacificata, una vera e propria area economica destinata all'esportazione di merci prodotte in Francia, un progetto che incontrò la più tenace opposizione nel Regno Unito, che aveva l'interesse economico, anche se non necessariamente militare, opposto.
Scrive Lenin nel primo capitolo de L'imperialismo fase suprema del capitalismo : “allorché Marx, mezzo secolo fa, scriveva il Capitale, la grande maggioranza degli economisti considerava la libertà di commercio una 'legge naturale'. La scienza ufficiale ha tentato di seppellire con la congiura del silenzio l'opera di Marx, che, mediante l'analisi teorica e storica del capitalismo, ha dimostrato come la libera concorrenza determini la concentrazione della produzione, e come questa, a sua volta, a un certo grado di sviluppo, conduca al monopolio. Oggi il monopolio è una realtà” : sia nella guerra dei sette anni sia in quelle napoleoniche l'obiettivo dei governi belligeranti era quello di costituire nei territori conquistati o comunque controllati aree dove i produttori di quei Paesi potessero esportare merci - non capitali - in condizioni di concorrenza, così come la concorrenza doveva essere attuata dai commercianti che rivendevano tali merci, tanto che il codice civile promulgato da Napoleone Bonaparte nel 1804 trova il suo punto di forza giuridico proprio nel principio di libertà di concorrenza.
A quell'epoca lo stadio del capitalismo non era giunto alla fase monopolistica, alla quale fa riferimento Lenin, che sarebbe sopraggiunta solo con il gigantesco sviluppo tecnologico e industriale tra la fine del XIX secolo e i primi del XX, e che avrebbe generato il capitalismo monopolistico, il quale a suo volta avrebbe generato il fenomeno dell'esportazione dei capitali oltreché delle merci, e questo fa comprendere sia il fatto che Marx ed Engels non abbiano trattato del fenomeno dell'imperialismo sia che quest'ultimo sia trattato da Lenin come fenomeno nuovo nell'ambito dello sviluppo capitalistico.
Non ci possono essere dubbi, quindi, che le due guerre mondiali che hanno devastato rispettivamente l'Europa e il mondo intero siano frutto dell'imperialismo.
È lo stesso Lenin a dirci come stanno le cose per ciò che riguarda la prima guerra mondiale nella prefazione alle edizioni francese e tedesca de L'imperialismo fase suprema del capitalismo , scritta nel luglio 1920, a conflitto ormai concluso: “si è dimostrato che la guerra del 1914-1918 fu imperialista (cioè di usurpazione, di rapina, di brigantaggio) da ambo le parti, che si trattò di una guerra per la spartizione del mondo, per una suddivisione e nuova ripartizione delle colonie, delle 'sfere di influenza' del capitale finanziario ”.
Per ciò che riguarda la seconda guerra mondiale, è chiaro per la storiografia marxista, e non solo, che si scontrarono da una parte gli imperialismi delle potenze nazifasciste e, dall'altra, gli imperialismi di quelle liberali, e in mezzo alla mischia ci finirono anche entità geopolitiche antimperialiste come l'Unione Sovietica e la Repubblica Popolare Mongola, unici Stati socialisti allora esistenti al mondo: entrambi gli Stati socialisti finirono sotto lo schiaffo dell'imperialismo giapponese dal 1932 al 1939, che fu fermato definitivamente il 30 agosto 1939, due giorni prima dello scoppio della seconda guerra mondiale in Europa, mentre l'URSS di Stalin dovette subire il flagello dell'invasione nazifascista, che si concluse solo con la fine della guerra.
Le due guerre mondiali furono combattute da un numero relativamente piccolo di Stati sovrani (gran parte del pianeta all'epoca era costituito da colonie, per lo più dipendenti da Stati europei), ma dalla fine della seconda guerra mondiale il fenomeno della decolonizzazione ha portato all'indipendenza politica tutto il pianeta; ciò non ha assolutamente portato alla fine del fenomeno dell'imperialismo così magistralmente descritto e analizzato da Lenin, ma ha aggiunto nuovi imperialismi politici a quelli già esistenti.
Allo stesso modo, gli Stati dotati di un'economia capitalistica avanzata nelle due guerre mondiali si riducevano a quelli europei, agli Stati Uniti e al Giappone, mentre oggi il capitalismo avanzato si è esteso a realtà come Cina e India (solo per citare gli esempi più eclatanti), quindi l'imperialismo economico descritto da Lenin si è moltiplicato.
 

La risposta che i marxisti leninisti devono dare all'imperialismo
Il compagno Guidi, nel prosieguo della sua prima parte dedicata agli aspetti generali del fenomeno dell'imperialismo, indica chiaramente come ogni marxista-leninista deve comportarsi di fronte al fenomeno dell'imperialismo, e per farlo cita un brano tratto dal sesto capitolo dell'opera Principi del leninismo di Stalin, che raccoglie un ciclo di seminari tenuti dall'autore presso l'Università Sverdlov di Mosca nell'aprile 1924. Scrive quindi Stalin, citato da Guidi: “nelle condizioni dell'oppressione imperialistica, il carattere rivoluzionario del movimento nazionale non implica affatto obbligatoriamente l'esistenza di elementi proletari nel movimento, l'esistenza di un programma rivoluzionario o repubblicano del movimento, l'esistenza di una base democratica del movimento. La lotta dell'emiro afghano per l'indipendenza dell'Afghanistan è oggettivamente una lotta rivoluzionaria, malgrado il carattere monarchico delle concezioni dell'emiro e dei suoi seguaci, poiché essa indebolisce, disgrega, scalza l'imperialismo ”.
L'emiro al quale faceva riferimento Stalin nell'aprile del 1924 era, per la cronaca, Amanullah Khan, un monarca assoluto che governò l'Afghanistan dal 1919 al 1929 fondando il suo potere sulla tradizione del Corano, e l'imperialismo al quale Stalin si riferiva era quello britannico: è chiaro che la concezione del mondo marxista-leninista sulla quale si fondava l'URSS, da un punto di vista socioeconomico, aveva più affinità con la tradizione liberale britannica piuttosto che con le arcaiche consuetudini coraniche, ciononostante Stalin affermava in primo luogo il principio di autodeterminazione dei popoli e, implicitamente in subordine, quello dell'assetto socioeconomico delle singole realtà geopolitiche.
Restando proprio su quel territorio, la “sinistra” borghese mondiale si è stracciata le vesti dopo che gli imperialisti occidentali hanno dovuto abbandonare l'Afghanistan un anno fa, e ciò perché con il regime dei Talebani la condizione della donna sarebbe peggiorata con quest'ultimo regime: eppure le contraddizioni interne delle varie realtà geopolitiche devono essere risolte all'interno di tali società, con il presupposto dell'effettiva indipendenza di esse da influenze imperialistiche esterne.
Proprio quest'ultimo esempio è calzante per commentare le parole pronunciate da Mao in un comizio del 20 maggio 1970 tenutosi a Pechino, citate dal compagno Guidi: “un paese debole può vincere un paese forte, e un piccolo paese può vincere un grande paese. Se il popolo di un piccolo paese osa sollevarsi per la lotta, osa impugnare le armi e prende nelle mani il destino del proprio paese, sarà certamente in grado di conquistare la vittoria sull’aggressione da parte di un grande paese ”. L'Afghanistan, un Paese piccolo, è riuscito con una lotta partigiana durata un ventennio, a cacciare dal proprio suolo le maggiori potenze imperialistiche mondiali, tra le quali l'Italia.
In parole povere, i marxisti-leninisti devono sempre e comunque essere contro ogni forma di imperialismo, perché esso è oggettivamente sintomo, per usare le parole di Lenin, di un “capitalismo parassitario e imputridente ”, indipendentemente dalla sovrastruttura politica che governa lo Stato imperialista, perché esso non può non avere una struttura capitalista giunta ormai al suo ultimo stadio, che prelude alla catastrofe per lo Stato aggredito, per i lavoratori dello Stato aggressore e, nella realtà attuale che vede una proliferazione di armi nucleari, per il mondo intero.
 

Gli imperialismi americano, cinese, russo ed europeo
Il compagno Guidi dedica la seconda, terza, quarta e quinta parte del suo discorso rispettivamente all'analitica disamina dei fatti che riguardano gli imperialismi americano, cinese, russo ed europeo.
Bisogna leggere analiticamente perché contengono una ricostruzione accuratissima degli avvenimenti di politica internazionale attraverso i quali tali realtà geopolitiche possono e devono essere definite imperialiste.
Dal punto di vista della sovrastruttura giuridica e istituzionale (che è il parametro fittizio), tali sistemi sono diversi, in quanto Stati Uniti e Unione Europea hanno ordinamenti improntati alla democrazia borghese, la Russia alla democrazia autoritaria mentre addirittura la Cina alla democrazia socialista, mentre dal punto di vista della struttura economica (che è il parametro reale) tutti e quattro gli attori più importanti della scena imperialistica mondiale sono puramente e semplicemente capitalisti. Non deve stupire la contraddizione cinese tra la sua ipocrita sovrastruttura giuridica e la sua struttura economica, perché l'Unione Sovietica ha avuto fino alla sua dissoluzione, nel 1991, una Costituzione che inneggiava al socialismo, mentre già a partire dai primi anni Settanta, dopo le profonde trasformazioni economiche che l'avevano contraddistinta a partire dalla morte di Stalin nel 1953, vigevano al suo interno modi di produzione di tipo capitalista, e non è certo un caso che le ambizioni imperialistiche dell'Unione Sovietica, già manifestatesi negli anni Sessanta con Krusciov, toccarono l'apice negli anni Settanta e Ottanta con Breznev.
Dall'analisi di Guidi si possono trarre alcune conclusioni: l'imperialismo americano è fondato su un imponente apparato militare ma con un’economia ormai in declino, quello cinese si fonda su una grande espansione economica e su una potenza militare in netta ascesa, quello russo su una grande potenza militare e su un'economia fondata sulle risorse naturali, mentre quello europeo su un’economia relativamente solida ma su una quasi inesistente forza militare e con velleità di costituzione di un nucleo di forze armate europee.
Non c'è dubbio che tali imperialismi costituiscono la minaccia maggiore per il genere umano, se non altro per la presenza, negli arsenali delle realtà geopolitiche che ne costituiscono le fondamenta, della stragrande maggioranza delle testate nucleari esistenti al mondo.
 

Gli imperialismi regionali
Il compagno Guidi dedica la sesta parte del suo lavoro agli imperialismi di altri Paesi, gli imperialismi regionali che si sono gradualmente manifestati dopo la fine della seconda guerra mondiale se non addirittura negli ultimi decenni (è il caso dell'entità sionista, ma anche della Turchia, dell'Arabia Saudita, dell'Iran, dell'India) o addirittura di Stati che, pur sconfitti nella seconda guerra mondiale, hanno forti velleità di riarmo (è il caso del Giappone).
L'impressione generale è che tali fenomeni di imperialismo regionale non costituiscono una minaccia militare a livello globale, ma contribuiscono comunque a creare una condizione di ingovernabilità a livello planetario, e sono inevitabilmente foriere di instabilità cronica a discapito delle popolazioni che vivono nelle aree interessate.
 

I rischi di una guerra imperialista mondiale
La settima parte del lavoro di Guidi è dedicata ai rischi di un conflitto militare globale: “le contraddizioni interimperialiste sfociano inevitabilmente in guerre economiche, commerciali e finanziarie come accade tutt'oggi e possono generare anche guerre militari, come accade tutt’oggi, finanche mondiali come è accaduto nel passato e come tocchiamo con mano tutt’oggi. La tendenza attuale va in quella direzione, tant’è che i pericoli di guerra imperialista mondiale sono i più gravi dalla fine degli anni ‘80 ”.
La viva preoccupazione dell'autore, e quindi del nostro Partito, deve essere attentamente presa in considerazione alla luce delle parole di Mao citate dal compagno Guidi e scritte nel 1938, quando ancora non esistevano armi nucleari: “la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi. Quando la politica raggiunge un certo stadio del suo sviluppo che non può essere superato con altri mezzi abituali, scoppia la guerra per spazzare via gli ostacoli che impediscono il cammino ”.
Se la logica del capitalismo imperialista non è dissimile da quella descritta nel 1916 da Lenin, lo è purtroppo la tecnologia, e Guidi fa una rassegna degli arsenali nucleari mondiali che fa gelare il sangue, e che contemporaneamente deve rafforzare il nostro impegno di marxisti-leninisti nella lotta rivoluzionaria, per far sì che i sistemi capitalistici collassino dall'interno, con lo strumento della Rivoluzione socialista: se la guerra è la continuazione della politica tra Stati capitalisti, allora bisogna che i lavoratori, in tutti i Paesi, siano chiamati a isolare e delegittimare non soltanto i politicanti in giacca e cravatta (i politici) ma anche quelli in divisa (i militari).
 

L'imperialismo italiano
L'ultima parte del discorso è dedicata all'imperialismo del nostro Paese, il quale non può essere preso sotto gamba, per le implicazioni dirette che esso ha sulla vita di noi tutti, per il rischio di rappresaglie sotto forma di attentati contro la popolazione civile e contro interessi italiani nel mondo.
Dopo avere descritto le ambizioni italiane nel mondo e l'aumento delle spese militari voluto dagli ultimi governi in combutta con la cricca militare che li puntella, il compagno Guidi, citando il documento elettorale dell'Ufficio politico del PMLI del 24 luglio 2022, chiede a nome del nostro Partito che “l'Italia esca dall'Ue e dalla Nato, chiuda tutte le basi Usa e Nato nel Paese, ritiri tutte le missioni militari all'estero e le truppe impegnate in paesi e luoghi per conto della Nato, rompa le relazioni economiche, commerciali e diplomatiche con la Russia finché questa non ritiri le sue truppe dall'Ucraina, dimezzi le spese militari, riconverta il modello militare da interventista a difesa del territorio nazionale, non partecipi all'esercito europeo ”.
Uniamoci - conclude Guidi - impugnando l'arma dell'astensionismo per delegittimare il capitalismo e i suoi governi e partiti e per avanzare verso la conquista del socialismo e del potere politico del proletariato! Uniamoci per combattere le istituzioni rappresentative della borghesia e per creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo! ”. Si tratta di passi importanti, ma sono il minimo: occorre, e lo affermo da giurista, delegittimare le istituzioni rappresentative, e a maggior ragione le istituzioni non rappresentative come quelle di polizia, responsabili di puntellare questo sistema all'interno dello Stato borghese, e quelle militari, responsabili materiali delle politiche imperialiste, delle quali tali istituzioni sono materiali protagoniste.
Le contraddizioni all'interno degli Stati capitalisti raggiungeranno presto limiti non più sanabili, e sarà nostro compito trasformare le sommosse scomposte delle masse popolari in Rivoluzione, quella socialista, che faccia piazza pulita della struttura capitalista, di tutte le sue sovrastrutture e di tutte le sue conseguenze inevitabili, tra le quali vi è l'imperialismo.
Invito così a studiare, ristudiare e ad approfondire quanto scritto dal compagno Guidi, e a studiare approfonditamente le opere dei Maestri del socialismo che vi sono citate, e che illuminano la realtà contemporanea.
Viva i Maestri del socialismo Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, attraverso la cui teoria e prassi noi marxisti-leninisti possiamo mettere a fuoco e smascherare il flagello dell'imperialismo!
Viva il Partito marxista-leninista italiano con tutti i suoi compagni e compagne, che ne proseguono coerentemente l'opera!
Lavoratori di tutti i Paesi, unitevi!

28 settembre 2022