Dopo l'assassinio di Mahsa Amini
Rivolta delle masse iraniane contro il velo. In prima linea le giovanissime
Centinaia di morti, 12 mila arresti e 3 settimane di proteste

 
Il 16 settembre scorso è stata uccisa a Teheran in Iran, Masha Amini, 22 anni, per inosservanza della legge sullo hijab, il velo obbligatorio per tutte le donne nel paese (anche straniere) per effetto della legge del 1981 poi modificata nel 1983. La ragazza era stata arrestata dalla "Guidance Patrol" iraniana mentre si trovava con il fratello Kiaresh nei pressi dell'imbocco dell'autostrada Haqquani, è stata ufficialmente condotta in un ufficio della polizia, a detta del fratello per "un corso sul corretto uso del hijab". Invece veniva condotta in ospedale il giorno successivo perché in coma e decedeva il giorno 16 settembre per effetto delle evidenti ferite alla testa e alle gambe dovute a percosse e non per "infarto" come inizialmente affermato dalle autorità.
Immediate le proteste di massa nella capitale e in tutto il paese, seguite quindi da manifestazioni in tutto il globo, contro la brutale uccisione della giovane vittima del della repressione antifemminile del governo iraniano, che al di là di un vergognoso e imbarazzante scaricabarile ha scelto di reprimere senza indugi i cortei e ogni manifestazione di protesta come quelle di diverse donne iraniane che si sono mostrate in video online senza velo e tagliandosi i capelli.
In Iran è stato un susseguirsi ininterrotto di manifestazioni che ha portato per ora a 240 morti, a ben 12mila arresti e, secondo le associazioni Reporter Senza Frontiere e l’organizzazione americana Committee to Protect Journalists, al fermo di almeno 20 giornalisti. Anche la giovane italiana Alessia Piperno, presente in Iran per turismo, è stata arrestata insieme ad alcuni suoi amici dalla polizia iraniana e della sua sorte non si hanno notizie.
Per tentare di limitare le proteste, il governo iraniano ha aggiunto restrizioni all’uso di internet e in particolare ai social. Ma le proteste per la morte di Masha vengono da lontano, sono anni che, per quanto possibile far trapelare notizie fuori dal paese, le donne e gli oppositori politici sono mobilitati, già il 12 luglio scorso, giornata nazionale dell’hijab, alcune donne si erano rifiutate di portare il velo tradizionale imposto dalla legge. Il governo Raisi per tutta risposta ha imposto una legge che ne regola l’obbligatorietà il 15 agosto, con tanto di utilizzo di sistemi di riconoscimento facciale tramite le telecamere di diversi dispositivi, per punire le donne che non rispettano la legge suddetta, forte in questo dell'appoggio dell’ayatollah Khamenei e si è quindi dedicato con forza alla soppressione dei diritti delle donne.
La protesta popolare ha sconvolto almeno 160 città del Paese con scioperi e manifestazioni ma il pugno di ferro sembra amplificare le proteste, represse nel sangue come nel caso di Hadis Najafi che si raccoglie i capelli biondi, davanti alle forze dell'ordine e per questo viene uccisa con tre colpi di pistola.
Senza precedenti le proteste contro il governo come quella dei calciatori della nazionale maschile di calcio vestiti con un giubbotto nero per coprire la maglia della nazionale in segno di protesta prima dell'inizio della partita amichevole contro il Senegal tenuta in Austria il 27 settembre. E hanno fatto il giro del mondo le immagini di una donna che si toglie il velo e agita le braccia in aria nel quartiere Narmak di Teheran, un uomo che brucia uno striscione della Guida suprema iraniana, l’ayatollah Khamenei a Shiraz, nonché il video di una ragazza senza velo sui social che intona Bella Ciao in persiano.
Morti e feriti sono stati registrati nelle province di Alborz, Esfahan, Ilam, Kohgilouyeh e Bouyer Ahmad, Kermanshah, Kurdistan Manzandan, Semnan, Teheran e Azerbaigian occidentale".
Le proteste hanno fra l'altro portato a scontri contro le minoranze curde dentro e fuori dai confini iraniani, anche contro le minoranze sunnite, anch'esse in rivolta, e al confine con il Pakistan. E hanno spinto Raisi, in evidente difficoltà, a scrivere addirittura a Xi-Jinping, il nuovo imperatore cinese, per avviare una "cooperazione strategica che si opponga all'unilateralismo" che tradotto significa che l'Iran, da tempo abbandonata da parte dei suoi governanti una corretta posizione antimperialista, vuole legarsi sempre più al socialimperialismo cinese e all'imperialismo dell'Est.
Tra le centinaia di morti si contano anche diversi membri della polizia religiosa e delle Guardie Rivoluzionarie uccise dai manifestanti a Zahedan in quello che i media ufficiali hanno descritto come un "incidente terroristico". Tra loro due colonnelli della Guardie della Rivoluzione , uno è Hamid Reza Hashemi funzionario dell'intelligence dei pasdaran, che "è morto per le ferite riportate durante scontri con i terroristi", ha affermato un comunicato delle Guardie della rivoluzione, così come diversi militari sono morti negli scontri nelle varie zone del paese, come alla stazione della polizia a Zahedan, capoluogo provinciale del Sistan-Baluchestan, sono 41 le vittime finora accertate tra manifestanti e pasdaran che fra l'altro hanno pesantemente bombardato la zona.
Esplosiva la situazione nelle università, specie a Teheran e Shiraz, dove la polizia ha sparato sugli studenti disarmati. I fulcri della rivolta stanno diventando in particolare l'università Sharif, dove studiano molte ragazze e dove sono confluiti molti parenti e cittadini per difendere gli studenti assediati dalla polizia, e il Belucistan, la vasta regione suddivisa tra Iran, Afghanistan e Pakistan dove da sempre sotto la cenere arde il fuoco indipendentista. Assediato dalla rivolta popolare il regime iraniano risponde con una escalation di spaventose brutalità cercando di terrorizzare con ogni mezzo la popolazione.
Si sono uniti alla comunità iraniana anche i sindacati, Cgil, Cisl e Uil Torino, per chiedere giustizia per le vittime della repressione e l'immediata liberazione di tutte le persone arrestate. “Quello che sta succedendo in questi giorni in Iran, l'assassinio di Mahsa Amini, le proteste di decine di migliaia di iraniane e iraniani e la repressione della Repubblica Islamica dell'Iran, ci chiedono di sostenere la voce e le mobilitazioni della popolazione” si legge sul volantino di convocazione. 
Sabato 1 ottobre scorso è stata una giornata particolarmente intensa di lotta sul piano internazionale poiché si sono tenute manifestazioni in oltre 150 città del mondo con alla testa le donne e le comunità locali iraniane, da Londra agli Usa, passando per Cuba e il sud America, fino al Giappone e all'Australia.
In Italia in moltissime città si sono tenute partecipate manifestazioni di solidarietà, tra cui in particolare il corteo a Roma, all'interno di “Freedom Rally for Iran”, la maratona di piazze in solidarietà con i ragazzi iraniani, partito da piazza della Repubblica che ha raggiunto piazza Venezia.
Noi marxisti-leninisti appoggiamo con forza le sacrosante proteste del popolo iraniano con alla testa le donne contro le reazionaria e antifemminile politica e la sanguinaria repressione del governo iraniano.
 

5 ottobre 2022