Accusa di Danimarca, Stati Uniti, Polonia e Ucraina
La Russia ha sabotato il gasdotto NordStream

 
Nella serata dello scorso 26 settembre Ulrich Lissek, portavoce dell'azienda che gestisce il gasdotto Nord Stream 2, dava notizia alle autorità marittime responsabili in Germania, Danimarca, Svezia, Finlandia e Russia di un calo di pressione nella tubatura A del gasdotto, attribuendolo a una perdita.
Il gasdotto Nord Stream 2, di proprietà al 51% della società russa Gazprom, si estende per 1230 chilometri dalla Russia alla Germania, attraverso il Mar Baltico, ma il gas – nonostante l'impianto sia stato completato - non è mai stato importato, perché Berlino ne ha bloccato l'uso in risposta all'invasione russa dell'Ucraina. Ogni linea del gasdotto è costituita da circa centomila tubi in acciaio rivestiti di cemento da 24 tonnellate, posati sul fondo marino, le condotte hanno un diametro interno costante di 1,153 metri e le sezioni si trovano a una profondità compresa tra 80 e 110 metri sotto il livello del mare.
Solo il giorno successivo, a seguito di una ricognizione dell'area marittima interessata dalle tubazioni, le forze armate danesi scoprivano nella superficie del Baltico vistose bolle provocate dalla fuoriuscita del metano nell'atmosfera in tre punti differenti – due in zona economica marittima danese e una in quella svedese - delle linee 1 e 2 del gasdotto, per cui erano evidenti non soltanto gravi danni alle tubature, ma anche la natura certamente dolosa di quanto accaduto.
“La superficie del mare – dichiarava contemporaneamente Kristoffer Böttzauw, direttore dell'agenzia danese per l'energia - è piena di metano, il che significa che c'è un rischio maggiore di esplosioni nell'area”, e infatti veniva interdetta temporaneamente la navigazione nelle aree interessate, mentre nelle stesse ore Björn Lund – direttore del Centro sismologico nazionale svedese dell'Università di Uppsala – dava notizia all'emittente pubblica Svt che gli strumenti del laboratorio da lui diretto avevano registrato due esplosioni, certamente di natura non sismica, alle 2.03 e alle 19.04 del 26 settembre proprio nelle aree in cui si erano verificate le fughe di gas del Nord Stream: “non c'è dubbio che si tratti di esplosioni” ha affermato lo scienziato svedese, aggiungendo che “si vede chiaramente come le onde rimbalzano dal fondo alla superficie”.
Il 30 settembre la guardia costiera svedese dava infine notizia di avere scoperto, nella zona economica marittima del proprio Paese, una quarta falla nel gasdotto.
Il quotidiano britannico The Guardian ha avanzato l'ipotesi, suffragata da esperti interpellati dal giornale, che a piazzare le bombe responsabili degli squarci nei gasdotti potrebbero essere stati i robot di manutenzione che operano all'interno della struttura del gasdotto durante lavori di riparazione, e il tedesco Der Spiegel ritiene, sulla scorta di fonti di intelligence, che i gasdotti siano stati colpiti in quattro punti da esplosioni con 500 chili di tritolo, l'equivalente della potenza esplosiva di una bomba di aereo: è evidente in entrambi i casi che soltanto un'organizzazione statale può essere all'origine di tali esplosioni.
La premier danese Mette Frederiksen ha affermato, pensando con tutta evidenza alla Russia, che con tutta probabilità si è trattato di un sabotaggio: “stiamo parlando – ha affermato - di tre fughe avvenute a una certa distanza tra loro, e per questo è difficile pensare che si tratti di una coincidenza”.
Anche il segretario di Stato americano Anthony Blinken punta il dito, pur non nominandola, controlla Russia: “le fughe di gas dal Nord Stream – ha affermato - sono sotto indagine, i primi report indicano che siano state causate da un attacco ma sono solo le prime notizie”.
Il primo ministro polacco Mateusz Morawieck è sulla stessa linea: “oggi abbiamo affrontato – ha dichiarato - un atto di sabotaggio, non conosciamo tutti i dettagli di ciò che è accaduto, ma vediamo chiaramente che si tratta di un atto di sabotaggio, legato al prossimo passo dell'escalation della situazione in Ucraina”.
Più esplicita nell'accusare i russi è stata l'Ucraina: “la fuga di gas su larga scala dal Nord Stream – ha detto ha accusato il consigliere presidenziale ucraino Mikhailo Podolyak - non è altro che un attacco terroristico pianificato dalla Russia e un atto di aggressione contro l'Unione Europea”.
Dal canto suo la Russia - per bocca del capo del servizio esterno di intelligence russa, Sergey Naryshkin, ha accusato genericamente l'occidente di essere dietro agli attentati e analogamente Dmitry Peskov, portavoce del presidente russo Vladimir Putin, ha affermato che il sabotaggio del gasdotto è dovuto ad un “atto di terrorismo di stato senza precedenti”, accusando implicitamente l'Occidente di essere dietro agli attentati al Nord Stream 2.
Certo è che la Russia ha in questi mesi di guerra all'Ucraina ripetutamente e sistematicamente usato il rubinetto del gas verso l'Europa come un'arma di ricatto e pressione: prima giustificandosi con pretestuosi lavori di manutenzione, ora spingendosi al sabotaggio aperto. E non è un caso se proprio in questi stessi giorni l'Eni ha informato di non ricevere più il gas richiesto dal fornitore russo Gazprom attraverso l'impianto di Tarvisio. Tutto ciò conferma sempre più che la responsabilità del sabotaggio non può non cadere sulle autorità russe.
Oltre ai potenziali danni economici, ci sono certamente quelli all'ambiente: secondo il governo svedese la fuoriuscita di gas è tutt'altro che terminata, essa potrebbe creare squilibri all'ecosistema marino e ha comunque creato, già nei giorni successivi all'inizio della fuoriuscita, una gigantesca nuvola di metano nei cieli della Svezia e della Norvegia, la quale si poi spostata verso l'Europa meridionale inclusa l'Italia e che in futuro, espandendosi, potrà avere conseguenze sull'effetto serra.
Il governo danese ha stimato che nelle due condutture del North Stream 2 ci fossero al momento dell'inizio della fuoriuscita 778 milioni di metri cubi di metano, circa 400'000 tonnellate, in quanto tali impianti, anche se fermi, devono comunque essere pieni e in pressione. Si tenga presente che il metano è il gas serra più potente in assoluto, avendo la possibilità di trattenere i raggi solari 82,5 volte di più rispetto all'anidride carbonica, per cui una massa di 778 milioni di metri cubi nell'atmosfera ha lo stesso effetto dannoso sul clima delle emissioni di 2,08 milioni di auto in un anno. In pochi giorni è quindi uscito dall'impianto sabotato tanto gas serra quanto il 32% delle emissioni annuali di tutta la Danimarca.

5 ottobre 2022