Importante decreto del presidente dell'Ucraina Zelensky
“Impossibile negoziare con Putin”
Alla controffensiva ucraina il nuovo zar risponde con una rappresaglia nazista: bombardamenti a tappeto su Kiev, Leopoli e su altre città e stragi di civili
Zelensky: “La nostra fiducia nella vittoria è intatta”

 
Oltre cento attacchi missilistici in meno di due giorni contro civili e contro infrastrutture civili, sono la risposta dell'armata neozarista di Putin alla controffensiva ucraina che continua nelle aree occupate.
La guerra scatenata dalle mire imperialiste del nuovo zar del Cremlino dura ormai da oltre 230 giorni contrassegnati da bombardamenti e stragi; negli ultimi tre l'intero territorio ucraino è stato bombardato a tappeto da centinaia missili da crociera e droni diversi, compresi gli "Shahed" iraniani, che in parte sono stati intercettati dalla contraerea ucraina, mentre altri hanno lasciato dietro di loro terrore, sangue e distruzione.
Oggi la condotta di stampo nazista dell'aggressione ad uno Stato sovrano da parte di Mosca appare sempre più evidente anche a chi si era tappato gli occhi e le orecchie arrancando nel vano e fragile tentativo di giustificare le bombe russe e l'invasione e l'occupazione militare come una “operazione militare speciale” di denazificazione e di opposizione al pericolo Nato.
 
La sanguinaria rappresaglia di Mosca
La rappresaglia di Putin che ha insanguinato l'intera Ucraina è la risposta del Cremlino all'attacco al ponte Kerch in Crimea di sabato scorso, colpito nell'ambito della controffensiva dell'esercito di Kiev. Un attacco che assume particolare importanza poiché il ponte stesso era stato espressamente indicato da Putin come una “linea rossa” invalicabile, nonostante si trattasse – a differenza degli obiettivi civili colpiti sistematicamente dai russi - di un legittimo obiettivo bellico per l'intenso transito di armi e soldati che regolarmente ospitava.
Anche queste ultime bombe – come tantissime delle precedenti del resto - hanno colpito abitazioni, strutture pubbliche culturali, sanitarie e luoghi di culto, e soprattutto impianti di produzione energetica in tutto il Paese: oltre alla regione di Kiev, a Khmelnytskyi, Leopoli, Dnipro, Vinnytsia, nella regione di Ivano-Frankivsk, Zaporizhzhia, Sumy, Kharkiv, Odessa, Zhyntomyr, Kirovograd ed ancora in tanti altri luoghi nel sud del Paese.
Attacchi che fra l'altro si sono verificati durante le ore di punta del mattino quando, oltre a fare più paura, hanno anche potuto fare più vittime e causare il maggior numero di danni possibile. Sono quasi una ventina i morti civili accertati, mentre si contano a decine i feriti, ed aumenta esponenzialmente anche la sofferenza delle popolazioni coinvolte che subiscono black-out energetici vitali in questa stagione gelida.
“Prendere di mira deliberatamente i civili è un crimine di guerra e la Russia ha provato ancora una volta che è uno Stato terroristico", ha affermato l'ambasciatore ucraino all'Onu, Sergiy Kyslytsya, accusando Mosca di cercare di riportare il Paese “agli anni Trenta, quando Hitler ha distrutto mezza Europa con invasioni e referendum illegali come questi". Ed è tutto vero.
Un atteggiamento di stampo nazista che Kiev ha denunciato immediatamente anche stavolta, attraverso il presidente Zelensky, che si è detto certo che il terrore russo non faccia altro che “incoraggiare tutti gli ucraini ad essere più determinati.”. “Ora – ha detto Zelensky – gli occupanti non riescono più ad opporsi a noi sul campo di battaglia, ecco perché ricorrono a questi mezzi. Ebbene, renderemo il campo di battaglia ancora più straziante per il nemico. E ripristineremo tutto ciò che è stato distrutto.”
 
Finchè ci sarà Putin, nessun negoziato tra Mosca e Kiev
Dopo numerosi dichiarazioni, tutte dello stesso tenore, che le massime autorità ucraine hanno rilasciato all'indomani della banditesca annessione delle regioni ucraine da parte di Mosca con i referendum illegali, il presidente Zelensky ha firmato il 30 settembre un importante decreto che determina in maniera netta l'atteggiamento dell'Ucraina in merito alla volontà di trattare ora un cessate il fuoco.
Oltre a dare mandato al consiglio dei ministri di preparare proposte per un sistema di garanzia della sicurezza basato su accordi multilaterali e bilaterali tali da garantire la fine dell'aggressione armata della Federazione Russa, e al parlamento di Kiev di elaborare un nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca, il decreto al primo punto afferma inderogabilmente ed in maniera chiara “L'impossibilità di condurre negoziati con il Presidente della Federazione russa Vladimir Putin”.
Dopo che per mesi l'incontro fra i due capi di Stato era considerato dalla comunità internazionale l'unica via possibile per la fine della guerra, questa chiusura verso ogni negoziato con Putin alla guida della Federazione russa è una decisione importante e indispensabile per l'Ucraina proprio alla luce degli ultimi avvenimenti. Il decreto stesso infatti contiene in premessa il motivo principale per il quale è stato emesso, e cioè “in risposta al tentativo della Federazione Russa di annettere i territori del nostro Stato”. Con la pretesa annessione delle province ucraine alla Russia Putin ha oltrepassato un punto di non ritorno, e per l'Ucraina non rimaneva altro che prendere atto di ciò e dichiarare solennemente, e sancirlo attraverso un decreto, che con Putin non sarebbe più stato possibile arrivare alla pace. Del resto si trattava di rispondere all'esca avvelenata lanciata al mondo intero dal nuovo zar nel suo discorso 30 settembre in cui contestualmente alla dichiarata annessione russa delle quattro regioni occupate del Donbass si diceva pronto a negoziare. Era come dire: prendete atto dei nuovi confini e finiamola così.
Chiarisce la posizione ucraina Mykhailo Podolyak, il consigliere del capo dell'Ufficio del presidente dell'Ucraina, che in una intervista al quotidiano italiano La Repubblica ha affermato: "La Russia non vuole negoziare, lancia solo ultimatum. Se l'esercito russo lascia l'intero territorio dell'Ucraina, compresa la Crimea, i negoziati potrebbero riprendere".
Infatti, seppur Mosca dichiari di essere pronta a negoziare, è ovvio che oggi partirebbe dall'assunto che le quattro regioni oltre alla Crimea sono territorio russo per “volere popolare”. Si negozierebbe dunque una pace che sullo sfondo rappresenterebbe già di per sé una condizione inaccettabile per l'Ucraina e pertanto risolvere la questione con mezzi diplomatici con la soddisfazione del Paese aggredito sarebbe stata indiscutibilmente una capitolazione.
Solo Kiev, capitale di un Paese che ha tutto il diritto di rimanere libera, indipendente, sovrana e integrale, può dire quali sono le condizioni con le quali poter procedere ad un cessate il fuoco e nessun altro; figuriamoci se il capo dell'esercito assassino ed aggressore della Russia neozarista può permettersi di negoziare da un punto di vantaggio conquistato con la forza ed al prezzo di centinaia di migliaia di morti e di decine di città praticamente rase al suolo.
Zelensky guarda addirittura oltre Putin, facendo leva anche sui sempre crescenti dissidi interni alla società russa: "Non ci può essere alcun dialogo con l'attuale leader russo, che non ha futuro. Dobbiamo riconoscere questa ovvietà - ha dichiarato su Telegram ai membri del G7 - Ci possono essere colloqui solo con un altro leader della Russia, che rispetti la Carta delle Nazioni Unite, i principi fondamentali dell'umanità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina (…) C'è solo una persona che in questo momento sta bloccando la pace, e questa persona è a Mosca".
Per Zelensky infatti, per il governo ucraino, il suo esercito e i i suoi partigiani che combattono da oltre sette mesi contro l'armata imperialista di Putin, l'annuncio della Russia dell'annessione delle regioni occupate, così come gli pseudo-referendum tenuti in questi territori, non cambiano nulla. Queste regioni erano e rimangono ucraine e l'esercito ucraino, compatto, combatterà per la loro liberazione.
È con questa consapevolezza, dimostrata nei fatti oggi ma maturata soprattutto quando all'inizio dell'aggressione le forze erano impari ma gli ucraini avevano già impugnato il fucile contro l'aggressore zarista, che Zelensky può a ragione sostenere che nonostante le difficoltà “non ci sarà mai una interruzione della nostra fiducia nella vittoria (…) E ricordate sempre: l'Ucraina esisteva prima che questo nemico apparisse, e l'Ucraina esisterà dopo di lui.”
 
Putin ribalta la realtà
In un incontro del 10 ottobre col Consiglio Permanente di Sicurezza russo, Putin ha rivendicato la pioggia di attacchi indiscriminati affermando: “Questa mattina, su proposta del ministero della Difesa e secondo il piano dello Stato maggiore russo, è stato lanciato un massiccio attacco con armi di precisione a lungo raggio aeree, marittime e terrestri contro le strutture energetiche, militari e di comunicazione ucraine”. Tutto ciò, a suo dire perché “semplicemente non è più possibile lasciare crimini di questo tipo senza ritorsioni”. Non vi ricordano queste parole la sistematica rappresaglia nazista in risposta alle azioni partigiane?
Ma oltre a fregiarsi di aver contribuito ad innescare una ulteriore escalation bellica e di aver ulteriormente aggravato la sofferenza del popolo ucraino, Putin anche stavolta è maestro a casa propria di una nuova operazione di totale ribaltamento della realtà.
Il nuovo zar del Cremlino infatti etichetta l'esplosione dell'8 ottobre sul ponte in Crimea (terra ucraina per il diritto internazionale) come “atto terroristico volto a distruggere le infrastrutture civili e critiche della Russia”, e denuncia Kiev di usare “da tempo metodi terroristici” anche di stampo nucleare per i ripetuti attacchi alle centrali di Zaporizhzhia e di Kursk.
Putin, alla stessa stregua di un macabro Arlecchino, si confessa “burlando”, quando afferma che ci sarebbero stati altri tentativi di Kiev di commettere “crimini simili contro le infrastrutture per la produzione di elettricità e di trasporto di gas nel nostro Paese”.
Pur sapendo bene che il solo Stato imperialista e terrorista che causa questa guerra è proprio la “sua” Russia neozarista, chiude il suo provocatorio intervento con una nuova e potente minaccia che attinge veleno proprio dai referendum truffa di qualche settimana fa: “In caso di ulteriori tentativi di inscenare attacchi terroristici sul nostro territorio, la risposta della Russia sarà dura e commisurata alle minacce poste alla Federazione Russa. Nessuno dovrebbe avere dubbi al riguardo.” Il nuovo zar infatti parla esplicitamente di “nostro territorio” facendo leva proprio sull'esito dei referendum stessi. Lo stesso principio per il quale il consigliere Podolyak o lo stesso Lavrov ammiccavano parlando di uso remoto delle armi nucleari, ma possibile in caso di attacchi al “territorio russo”.
Ma in realtà le regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson sono ucraine da cima in fondo, e Kiev ha il diritto nonché il dovere di riconquistarsele.


12 ottobre 2022