Nei verbali del processo “'Ndrangheta stragista”
“Craxi e Berlusconi a un summit con le cosche di Gioia Tauro”
Scoperchiati gli stretti legami tra criminalità organizzata e massoneria deviata
Uniamoci in un vasto Fronte unito contro le mafie

Dal Responsabile del PMLI per la Calabria
Il processo d’appello “Ndrangheta stragista” si arricchisce di nuove e importanti testimonianze. Nei giorni scorsi il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo, per chiarire ulteriormente i rapporti tra ‘ndrangheta, Cosa nostra ed esponenti politici, ha illustrato i verbali dei “collaboratori di giustizia” Marcello Fondacaro, Girolamo Bruzzese e Gerardo D’Urzo, quest’ultimo deceduto nel 2014. Il processo vede imputati il superboss palermitano Giuseppe Graviano e il “mammasantissima” calabrese Rocco Filippone, entrambi condannati all’ergastolo in primo grado per l’uccisione dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, assassinati il 18 gennaio del 1994 sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria all’altezza dello svincolo sud di Scilla.
Due omicidi di chiara matrice terroristico-mafiosa dopo il “patto di ferro” siglato nel 1991 tra la ‘ndrangheta e la mafia siciliana per sferrare un “colpo allo Stato” con l’intento di mantenere la propria influenza sulla politica. L’apice del terrore sarebbe dovuto arrivare allo stadio Olimpico di Roma con l’uccisione di circa 180 carabinieri da parte della cosiddetta “Falange Armata” nata negli incontri lombardi tra calabresi e siciliani. L’attentato poi fallì per un problema al telecomando dell’auto esplosiva caricata con 120 chili di tritolo.
 

Le dichiarazioni compromettenti di D’Urzo e Bruzzese
In un verbale del 2009, quindi ancor prima della ricostruzione operata dalla Dda di Reggio Calabria, D’Urzo racconta: “Una persona mi disse di un certo Valensise con altra persona della ‘ndrangheta della jonica di essersi recati a Roma e di aver avuto un colloquio a Palazzo Grazioli con l’onorevole Silvio Berlusconi e questi gli disse al Valensise che quello che aveva promesso lo manteneva e che dovevano stare tranquilli”. Secondo la Dia, “i soggetti legati alla politica aventi cognome Valenzise e aventi interessi in Calabria, sono stati identificati in Raffaele Valenzise (ex parlamentare dell’Msi e di An deceduto nel 1999) e Michele Valenzise (segretario generale del Ministero degli Esteri dal 2012 al 2016)”. Ma non è tutto, nel 1997 D’Urzo, che si trovava nella casa circondariale di Catanzaro, incontra il boss Giuseppe Mancuso che gli conferma l’incontro avuto con i fratelli Graviano per aderire alle stragi di Roma, Firenze e Milano.
Ancora più compromettente il verbale di Girolamo Bruzzese che risale al 10 marzo 2021. Oltre al nome di Silvio Berlusconi spunta quello di Bettino Craxi in un episodio in cui il “pentito” avrebbe assistito personalmente, nel luogo dove il padre era latitante e dopo l’assassinio di Aldo Moro da parte delle sedicenti “Brigate rosse” (in realtà nere) tra il 1978 e il 1979. “Mentre ero lì vidi giungere nell’agrumeto Bettino Craxi e Silvio Berlusconi che ho riconosciuti per averli già visti in televisione. Al loro arrivo mio padre mi fece allontanare su richiesta di Peppe Piromalli facendomi accompagnare a casa da un suo uomo di fiducia”. Anni dopo il padre di Bruzzese avrebbe spiegato al figlio che “Craxi e Berlusconi si erano recati al summit perché Craxi voleva lanciare politicamente Berlusconi e quindi per concordare un appoggio da parte delle cosche interessate alla spartizione dei soldi che lo Stato avrebbe riversato nel Mezzogiorno”. Questo spiegherebbe - secondo il procuratore Lombardo - come le stragi e il progetto separatista ideato dalla ‘ndrangheta e dalla mafia con “Calabria Libera” e “Sicilia Libera” nei primi anni ’90 per superare l’ormai vecchia Dc, si siano improvvisamente arrestati dopo la discesa in campo di Berlusconi e la creazione del movimento politico Forza Italia, poiché in esso le organizzazioni criminali trovavano la struttura più conveniente con cui relazionarsi.
 

I legami tra ‘ndrangheta e massoneria deviata
A scoperchiare gli stretti legami tra ‘ndrangheta e massoneria deviata ci ha pensato invece il medico massone Marcello Fondacaro che prima di “pentirsi” era vicino alle cosche di Gioia Tauro. In un verbale datato 28 aprile 2021, quando era ancora agli esordi racconta che la sua loggia di appartenenza “faceva riferimento a Giulio Andreotti che aveva tra i suoi protagonisti Alberto Santoro e l’ingegnere Loizzo di Cosenza, Gran Maestro alla fine degli anni ‘90”. Sempre in base alle dichiarazioni rilasciate da Fondacaro, la rete massomafiosa lambiva ogni sponda della Calabria, dal tirreno allo ionio. Le logge coperte erano presenti non solo a Vibo ma anche a Cosenza, Reggio Calabria e Catanzaro ed erano tutte collegate tra loro. A quelle di Vibo Valentia erano legati i clan Mancuso-Limbadi-La Rosa. Cosimo Virgiglio era invece il riferimento per l’area del Reggino dove operava il sistema Gelli-Piromalli-Molè.
Tra le famiglie mafiose dell’area tirrenica appartenenti a logge massoniche, oltre ai Mancuso, troviamo i Grande Aracri, i Pesce, i Pisano, i Cacciola e i Fazzolari.
 

Uniamoci in un vasto Fronte unito contro le mafie
Non occorrevano di certo queste ultime e “illuminanti” dichiarazioni rilasciate dai tre “pentiti”, per far capire a noi marxisti-leninisti italiani che nel capitalismo, la politica da sempre va a braccetto con la massoneria e le mafie, che non sono un corpo estraneo allo Stato e all’economia borghesi. Ma non può esserci lotta alla criminalità organizzata senza lotta per il lavoro, lo sviluppo e l’industrializzazione del martoriato Mezzogiorno.
La lotta contro la mafie, rientra quindi nella lotta di classe tra il proletariato e la borghesia, tra il socialismo e il capitalismo, tra il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e il riformismo, il revisionismo e il neorevisionismo. Su queste basi, il PMLI da sempre invita tutte quelle forze politiche, sindacali sociali, culturali, religiose democratiche che vogliono realmente liberare il Mezzogiorno dalle mafie, a creare insieme un vasto Fronte unito antimafioso che deve necessariamente assumere un carattere di massa e nazionale. Noi ce la metteremo tutta affinché esso si realizzi, mettendo da parte ogni divergenza di carattere ideologico, strategico, religioso o filosofico. Ben consapevoli che tale Fronte unito potrà riportare solo importanti vittorie contro le mafie ma non potrà estirparle del tutto, perché questo potrà avvenire solo nel socialismo, con l’abbattimento del capitalismo e la conquista del potere politico da parte del proletariato.

12 ottobre 2022