Assurda e inaccettabile sentenza
La colpa dei morti del terremoto dell'Aquila è anche delle vittime
Proteste in piazza contro la sentenza

 
Lo scorso 11 ottobre il tribunale civile dell'Aquila, nella persona del giudice Monica Croci, ha depositato una sentenza, alla fine di un giudizio di primo grado, che ha suscitato una vera e propria ondata di indignazione in tutta l'Italia, dove la totalità dell'opinione pubblica ha giudicato tale provvedimento giurisdizionale assurdo e inaccettabile.
Il processo che ha portato all'emissione di tale sentenza era stato introdotto da alcune famiglie che avevano chiesto un risarcimento per la perdita dei propri cari avvenuta a causa del crollo della palazzina di via Campo di Fossa, ubicata nel capoluogo abruzzese, sotto la quale morirono 29 persone, in gran parte studenti, a seguito del terremoto delle 3:32 del 6 aprile 2009. I familiari delle vittime avevano chiesto al Tribunale la condanna in solido degli eredi del costruttore Luigi Del Beato, del ministero delle Infrastrutture e del ministero dell'Interno, questi ultimi due in quanto responsabili degli uffici locali del genio civile e della prefettura. Per i ricorrenti il collasso della palazzina trovava la propria causa in gravi vizi di progettazione e di realizzazione - soprattutto in vistose carenze nella realizzazione del calcestruzzo, come in effetti è stato stabilito dall'attività di consulenza tecnica espletata durante il processo, attività che ha messo in luce anche gravissime difformità dell'edificio rispetto alle norme edilizie in vigore all'epoca della costruzione – e in gravissime negligenze, da parte degli uffici territoriali degli enti pubblici convenuti insieme agli eredi del costruttore, per ciò che riguarda i controlli e la vigilanza sui lavori.
Il tribunale dell'Aquila, ovviamente, non poteva negare il risarcimento alle famiglie delle vittime, ma - accogliendo le eccezioni degli avvocati dei due ministeri, secondo i quali le vittime, andando a dormire, avevano tenuto una condotta incauta alla luce dello sciame sismico percepibile da mesi nell'area del capoluogo abruzzese – ha stabilito che il 40% di colpa che ha cagionato gli eventi luttuosi è del costruttore deceduto, e quindi dei suoi eredi, il 15% del ministero delle Infrastrutture, un altro 15% del ministero dell'Interno e il restante 30% delle vittime stesse. Nella sentenza il giudice, dopo aver ricordato che la scossa di terremoto che colpì il capoluogo abruzzese avvenne nel cuore della notte, ha affermato testualmente che “è fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime, costituendo obiettivamente una condotta incauta, quella di trattenersi a dormire, così privandosi della possibilità di allontanarsi immediatamente dall’edificio al verificarsi della scossa”. Più sotto, nelle motivazioni della medesima sentenza, si legge che, ad avviso discutibile del giudice, sarebbe stata “obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile”. Tornando sul concorso di colpa cagionato dai morti a causa del terremoto, il giudice poco dopo afferma che esso, a suo dire, si sarebbe reso evidente “tenuto conto dell’affidamento che i soggetti poi defunti potevano riporre nella capacità dell’edificio di resistere al sisma per essere lo stesso in cemento armato e rimasto in piedi nel corso dello sciame sismico da mesi in atto”.
Le inqualificabili motivazioni della sentenza, come era prevedibile, hanno innanzitutto scandalizzato illustri giuristi, come l'avvocato Antonio de Notaristefani - presidente dell'Unione nazionale delle Camere civili, associazione che raccoglie gli avvocati civilisti italiani – il quale in un'intervista all'agenzia di stampa AGI non ha risparmiato le più pesanti critiche alla decisione giudiziaria in questione, dichiarando che essa è “inaccettabile” dal punto di vista giurisprudenziale, ed “errata” nell'esegesi del primo comma dell'articolo 1227 del codice civile, disposizione che disciplina il concorso colposo del creditore e che regola di conseguenza la riduzione dei risarcimenti.
“La norma in questione – ha spiegato all'AGI l'avvocato de Notaristefani - prevede che, per la riduzione del risarcimento, il comportamento del danneggiato deve essere stato colposo, quindi imprudente”. “In questa sentenza – continua il legale - assistiamo a un salto logico: il giudice confonde la prevedibilità di altre scosse sismiche con la prevedibilità del crollo dell'edificio, cosa che quei ragazzi non potevano per l'appunto prevedere, anche perché, con le scosse che già si erano succedute, nulla era accaduto, così da far presumere il rischio di un crollo". Nel prosieguo dell'intervista all'AGI il presidente dell'Unione nazionale delle Camere civili commenta quindi l'articolo 1227 del codice civile, il quale lega la riduzione del risarcimento del danno all'ipotesi in cui il soggetto danneggiato non abbia adottato cautele che rientrino nell'ordinaria diligenza: “cosa dovevano fare quei ragazzi? Trasferirsi in un'altra città, dove non c'erano scosse sismiche? - si chiede l'avvocato Notaristefani - Non si trattava soltanto di dormire fuori qualche ora. Quindi, ciò che in questa sentenza viene addebitato alle vittime va al di là della normale diligenza richiesta dalla norma”. “La giurisprudenza – conclude quindi l'illustre avvocato civilista - dice che non si può pretendere che si adottino cautele particolarmente gravose, ma parla di cautele ragionevoli, che certo non vuol dire trasferirsi altrove”.
La sentenza, ovviamente, sarà impugnata e sottoposta al giudizio di appello, ma ha suscitato un'ondata di indignazione in tutta l'Italia, e all'Aquila in particolare, dove si è tenuto un sit in il 12 ottobre al Parco della Memoria, al quale hanno partecipato migliaia di persone venute anche da altre località abruzzesi. “Da aquilano – ha detto all'agenzia Adnkronos Fabrizio Giustizieri, uno dei promotori del sit in di protesta - ritengo che sia una sentenza che grida vendetta” in quanto “nessun aquilano ha pensato, la notte del 6 aprile, dopo le prime scosse, di rimanere fuori casa, perché nelle settimane e nei giorni precedenti eravamo stati ampiamente rassicurati dalle autorità”. Giustizieri ricorda poi all'Adnkronos che l'ingegner Bernardo De Bernardinis della commissione grandi rischi aveva rassicurato la popolazione pochi giorni prima del terremoto, sostenendo che lo sciame sismico rilasciasse energia e che gli abitandi del capoluogo abruzzese potevano stare tranquilli. “Nessuno, per le rassicurazioni avute – ha quindi concluso Giustizieri, interpretando così il pensiero dei defunti ai quali il giudice vorrebbe affibbiare il concorso di colpa - nessuno ha pensato, quella sera, ad una catastrofe imminente”.

19 ottobre 2022