Disgustoso spettacolo al Senato
Il camerata La Russa eletto presidente con voti della "sinistra" borghese
La Segre accredita i neofascisti e accetta i fiori di La Russa

 

Con 116 voti a favore, ben oltre la maggioranza assoluta dei 104 richiesti sul totale dei 206 senatori eletti, il 13 ottobre il camerata Ignazio Benito Maria La Russa è stato eletto alla seconda votazione presidente del Senato per la XIX legislatura appena iniziata.
“Siamo orgogliosi che i senatori abbiano eletto un patriota, un servitore dello Stato, un uomo innamorato dell'Italia e che ha sempre anteposto l'interesse nazionale a qualunque cosa. Per Fratelli d'Italia Ignazio è punto di riferimento insostituibile, un amico, un fratello, un esempio per generazioni di militanti e dirigenti”, si è subito congratulata la ducessa Giorgia Meloni che però ha dovuto incassare anche il primo scollamento della maggioranza provocato da Berlusconi il quale, indispettito per l'esclusione dei suoi fedelissimi dalle presidenze di Camera e Senato e per non aver ottenuto la “giusta compensazione in termini di dicasteri” nel futuro governo, ha ordinato ai senatori di Fi di non partecipare al voto per dare “un segnale” e esprimere “disagio” perché “è sbagliato mettere i veti”.
 
Uno spettacolo disgustoso
Poche ore prima del voto anche il caporione fascio-leghista Matteo Salvini, costretto a sua volta a ritirare la candidatura di Roberto Calderoli alla presidenza del Senato in cambio della presidenza della Camera poi affidata al cattolico reazionario putiniano Lorenzo Fontana, si era augurato che almeno la prima votazione della XIX legislatura potesse trasformarsi in “Una occasione per dare mostra di compattezza, lealtà e unità”.
Invece abbiamo assistito a un disgustoso mercimonio politico-elettorale con pochi precedenti nella storia repubblicana. Un autentico mercato delle vacche caratterizzato non solo dalle prime beghe interne alla maggioranza ma soprattutto dall'opportunismo di alcuni senatori della “sinistra” borghese i quali, a meno di un mese dalle elezioni, hanno già tradito i loro elettori.
Del resto costoro sono abituati ad azioni di questo tipo. Come Occhetto nel 1989, quando denunciò i cosiddetti "crimini commessi dai partigiani nel triangolo rosso'', per cominciare ad accreditare i fascisti vecchi e nuovi. E ora addirittura in ben 17 hanno fatto confluire i loro voti nell'elezione del camerata La Russa a presidente del Senato. Questo comportamento si chiama collaborazionismo, che è un delitto ancor più grave di quell'imbelle “aventinismo” con cui l'opposizione nel 1924 spalancò la porta a Mussolini invece di insorgere e combatterlo. Che vergogna!
 
I voti della “sinistra” a La Russa
Dalla conta dei voti risulta infatti che almeno 17 senatori della “sinistra” borghese hanno votato per La Russa insieme ai 66 di Fratelli d'Italia, ai 29 della Lega, ai 2 dei cosiddetti moderati più Berlusconi e la presidente del Senato uscente Elisabetta Casellati che invece hanno risposto alla chiama al contrario degli altri 16 senatori di Fi che si sono attenuti agli ordini del capo e non hanno partecipato al voto.
Totale: 99 voti. Per arrivare a 116 ne mancano appunto 17 che chiaramente sono arrivati dai gruppi della cosiddetta “opposizione”.
Tra i principali indiziati ci sono gli azionisti di Calenda e i renziani di Iv accusati di aver barattato l'appoggio al partito neofascista della ducessa Meloni con qualche poltrona di vicepresidenza nelle Camere e incarichi nelle varie commissioni. Ma il cosiddetto Terzo polo (Azione + Iv) conta in tutto 9 senatori. All'appello mancano altri 8 voti, anzi 7, perché Mario Borghese del Maie ha ammesso pubblicamente di aver votato La Russa, che sicuramente sono arrivati da PD e M5S anche se Letta e Conte fanno a gara per negare ogni ipotesi di coinvolgimento.
Voti che alla fine sono risultati determinanti per l'elezione di La Russa il quale nel suo discorso di insediamento ha ringraziato non solo “tutti quelli che mi hanno votato, quelli che non mi hanno votato, quelli che si sono astenuti” ma anche e soprattutto “quelli che mi hanno votato pur non facendo parte della maggioranza di centro-destra. Grazie davvero di cuore”.
Tutto ciò conferma quanto siano veri e attuali gli insegnamenti di Lenin contro il parlamentarismo borghese espressi nell'opera “La Rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky” scritta nell'ottobre-novembre 1918 nella quale tra l'altro si legge che: “La partecipazione al parlamento borghese (che nella democrazia borghese non decide mai le questioni più importanti, risolte invece dalla Borsa, dalle banche) è sbarrata alle masse lavoratrici da mille ostacoli, e gli operai sanno e sentono, vedono e intuiscono perfettamente che il parlamento borghese è un istituto a loro estraneo, un'arma di oppressione dei proletari da parte della borghesia, un'istituzione della classe nemica, della minoranza sfruttatrice ”. “Soltanto un servo cosciente della borghesia o un uomo politicamente morto – continua Lenin - incapace di scorgere la vivente realtà dietro le pagine polverose dei libri, tutto imbevuto di pregiudizi borghesi e quindi trasformatosi oggettivamente in lacché della borghesia, può non vedere tutto questo. Soltanto chi (come falsi comunisti alla Rizzo e opportunisti alla De Magistris, ndr) sia incapace di impostare la questione dall'angolo visivo delle classi oppresse può non vedere tutto questo ” e continuare a prendere parte al teatrino della politica allestito dalla borghesia per opprimere il proletariato e curare gli interessi del capitalismo.
 
L'ex deportata accredita i neofascisti
Uno spettacolo disgustoso reso ancora più grave sul piano politico e ideologico dal passaggio di consegne e il reciproco scambio di complimenti e auguri di buon lavoro fra la senatrice a vita Liliana Segre, ex deportata nei campi di concentramento nazisti, che ha presieduto l'assemblea come senatrice decana, e il camerata La Russa appena eletto alla seconda carica più alta dello Stato, che di fatto suggella la completa riabilitazione dei fascisti alla guida del governo e delle massime istituzioni parlamentari in nome di quella “memoria condivisa” tanto cara ai revisionisti storici e ai rinnegati del comunismo come Luciano Violante che vogliono “riappacificare il Paese” dando pari dignità al fascismo e all'antifascismo.
Un passaggio di consegne che perfino il periodico "Pagine Ebraiche" definisce “inquietante tra una donna perseguitata in gioventù dal nazifascismo e una figura politica cresciuta negli ambienti dell'estrema destra neofascista e che con quel passato non sembra aver fatto troppo bene i conti”.
Nel suo messaggio al nuovo Senato definito il “tempio della democrazia” la Segre non ha mai ricordato le nefandezze compiute dagli occupanti nazisti e dai fascisti loro alleati, non ha mai usato la parola nazifascista e non ha mai nominato le leggi razziali lo sterminio degli ebrei, la lotta di Liberazione e le decine di miglia di partigiani morti per liberare l'Italia, ma addirittura si è augurata di festeggiare insieme ai fascisti il 25 Aprile.
Ha attaccato l'astensionismo che a suo dire è cresciuto per colpa della “politica urlata”. Ha invocato “rispetto per gli avversari” e rivendicato per “la maggioranza uscita dalle urne il diritto-dovere di governare” perché “le Istituzioni della Repubblica sono di tutti e devono garantire tutte le parti” compreso i fascisti all'interno di “un nucleo essenziale di valori condivisi, di istituzioni rispettate, di emblemi riconosciuti”.
“Le grandi nazioni – ha aggiunto la Segre - dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività civili, ritrovandosi affratellate attorno alle ricorrenze scolpite nel grande libro della storia patria. Perchè non dovrebbe essere così anche per il popolo italiano? Perché mai dovrebbero essere vissute come date "divisive", anziché con autentico spirito repubblicano, il 25 Aprile festa della Liberazione, il 1 Maggio festa del lavoro, il 2 Giugno festa della Repubblica? Anche su questo tema della piena condivisione delle feste nazionali, delle date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore dell'esempio, di gesti nuovi e magari inattesi”.
 
La Russa ringrazia e piccona la Costituzione
Un discorso condiviso in pieno da tutti i senatori che hanno applaudito a più riprese la Segre e un invito a nozze per il camerata La Russa che prima di sedersi sullo scranno più alto del Senato ha ringraziato la Segre per il servigio reso omaggiandola con un mazzo di fiori bianchi, baci e una cordiale stretta di mano.
Non a caso il primo “ringraziamento sincero” nel suo discorso di insediamento La Russa lo ha rivolto proprio “alla Presidente di questa giornata, senatrice Segre, che non voglio chiamare Presidente provvisoria, ma Presidente morale. Non c’è una sola parola di quello che ha detto che non abbia meritato il mio applauso”. “Non voglio fuggire a queste date” da condividere insieme, ha rilanciato La Russa, ma “Vorrei aggiungere la data di nascita del Regno d'Italia”. Uno sfregio alla Repubblica e una esaltazione della monarchia.
Un altro “ringraziamento di cuore” La Russa lo ha rivolto proprio al rinnegato (PCI-PD) Violante ricordando il passaggio del suo discorso di insediamento da presidente della Camera in cui l'ex magistrato auspicava di di “costruire la Liberazione come valore di tutti gli italiani. Grazie Violante per questo lascito ancora attualissimo”.
Ringraziamenti più che meritati elargiti con grande soddisfazione da La Russa che non si è lasciato sfuggire la ghiotta occasione per rivendicare “con grande orgoglio e onore” tutta la sua storia politica e personale di picchiatore e provocatore fascista ricordando fra l'altro che: “Ho cominciato a fare politica appena nato, perché mio padre (federale di Paternò, provincia di Catania e poi senatore missino al fianco del fucilatore di partigiani Almirante ndr) faceva politica; faceva - come me - l’avvocato, aveva le sue idee, che non ha mai rinnegato... io ho cominciato a fare politica nelle organizzazioni giovanili: l’ho fatta nei momenti duri, durissimi, della contestazione” organizzata dal movimento studentesco a Milano. “Sono stato sempre un uomo di parte”, ha aggiunto La Russa, con “posizioni” che “insieme a tutta la mia parte politica non ho mai tradito. Un insegnamento - consentitemelo - che a livello personale ho appreso da mio padre, che è stato senatore di questa Repubblica, e a livello politico dal non dimenticato onorevole Pinuccio Tatarella”.
In chiusura La Russa ha sferrato l'ennesima picconata alla Costituzione rilanciando con grande enfasi il “cavallo di battaglia” dei fascisti per l'elezione diretta del capo dello Stato affermando fra l'altro la “necessità di aggiornare non la prima parte della Costituzione, che è intangibile, ma la parte che merita più efficienza, più adeguatezza ai nostri tempi, più capacità di dare risposte ai cittadini, più capacità di appartenere alla volontà del popolo. Io credo - ha auspicato La Russa - che questo Senato, in questa legislatura, potrà farlo: direttamente, con una legge che promuova una Costituente, oppure con una Bicamerale.
Sono vari i modi, ma l’importante - come mi hanno insegnato fin da ragazzo - è che vi sia la volontà politica, che è la cosa fondamentale, di realizzare queste riforme. Se c’è quella volontà, le riforme passeranno”.
Si tratta dell'ennesima conferma che oramai sia la destra che la sinistra del regime capitalista neofascista si riconoscono intorno alla Costituzione e sono in combutta per completarne attraverso il presidenzialismo la metamorfosi neofascista.

19 ottobre 2022