Chi è Giorgia Meloni
Una neofascista filotrumpiana, nazionalista, sovranista, europeista, atlantista, razzista, xenofoba, antiabortista, maschilista, omofoba, clericale e oscurantista

Per quanto si sforzi di non alimentare polemiche e cerchi abilmente di nascondere la sua nera matrice ideologica, sul piano politico e personale, organizzativo e programmatico, Giorgia Meloni è la prima donna presidente del Consiglio dichiaratamente neofascista della storia repubblicana che, come lei stessa ha più volte dichiarato, si ispira apertamente al motto mussoliniano “Dio, patria e famiglia” che per lei non è solo uno slogan ma “il più bel manifesto d'amore ” coniato nel 1931 dal gerarca fascista Giovanni Giuriati (all'epoca segretario del Pnf).
Già nell'autunno di tre anni fa, nell'adunata di Piazza San Giovanni a Roma, dove il “centro-destra” si ritrovò per protestare contro il Conte2, Meloni esordì con il celebre motto del Ventennio, a lei sempre caro. "Sono donna, sono cristiana, sono madre e non me lo toglierete... Vogliono farci diventare genitore 1 e genitore 2, genere Lgbt, cittadini X, dei codici, ma noi non siamo codici, siamo persone, e difenderemo la nostra identità... Voglio dire - proseguì - che non credo in uno Stato che mette il desiderio legittimo di un omosessuale di adottare un bambino di fronte al diritto di quel bambino di avere un padre e una madre. Semplicemente perché l'omosessuale vota e il bambino no ".
Parole messe nero su bianco nel ddl n.307 depositato nel marzo 2018 da FdI in parlamento nel tentativo di modificare le norme sulle adozioni, di cui possono avvalersi soltanto "persone di sesso diverso unite in matrimonio da almeno tre anni".
Anche per quanto riguarda l'aborto, quando la Corte suprema degli Stati Uniti ha abolito il diritto all'interruzione di gravidanza, Giorgia Meloni ha messo le mani avanti, rifiutando ogni parallelo con l'Italia omettendo il fatto che nelle Regioni in cui FdI è al governo: Marche, Abruzzo, Umbria e da ultimo il Piemonte, sono stati già approvati incentivi economici per quelle donne che rifiutano l'interruzione volontaria di gravidanza esattamente come si legge nelle "Disposizioni per la promozione della natalità" presentate tre anni fa da Meloni a Montecitorio e che all'articolo 1 introducono "il reddito per l'infanzia" per "Scoraggiare il ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza".
Altro che “salvatrice della patria”, senza macchia e senza paura; altro che “giovane leader di un nuovo partito di destra con lo sguardo rivolto al futuro”, senza alcun legame con le ideologie del Novecento e col fascismo, che non ha mai accettato compromessi per arrivare a diventare la “prima donna votata dagli italiani” alla presidenza del Consiglio; altro che “astro nascente” della politica italiana, “figlia del popolo” con alle spalle un'“infanzia e un'adolescenza sofferte” che l'hanno forgiata e spinta alla militanza politica fino alla fondazione di Fratelli d'Italia nel 2012, il partito neofascista del terzo millennio, anche se tra i suoi vessilli non annovera più il fascio littorio, la camicia nera, l'aquila romana o la croce celtica, ma riporta sempre ben impresso il simbolo della fiamma tricolore del MSI, la stessa che arde sulla tomba di Benito Mussolini e tanto cara anche al fucilatore di partigiani Giorgio Almirante e alla quale ha detto la Meloni "non rinunciamo perché è la nostra storia ".
A testimonianza che la sua presa di distanza dai “regimi antidemocratici, fascismo compreso” e dalle “vergognose leggi razziali del 1938”, come ha detto nel suo discorso per la fiducia alla Camera, è solo di facciata.
Il progetto politico di ricostruzione nazionale per dare voce, proteggere e rappresentare tutti gli italiani che sono o si sentono "underdog", cioè "sfavoriti", illustrato dalla Meloni durante il suo discorso alla Camera sembra ispirato a quel suo originario richiamo al “fascismo sociale” che cerca di carpire il consenso dei ceti più disagiati, del sottoproletariato, della piccola e media borghesia, vittime delle feroci politiche neoliberiste degli ultimi decenni con la falsa promessa di un riscatto sociale. Neofascisti che condannano sì le leggi razziali ma rivendicano a tutto tondo il periodo dal 1922 al 1938, quello delle riforme e delle politiche sociali del fascismo, promesse e mai realizzate, e magari rilanciate successivamente dai repubblichini.
Insomma invocare demagogicamente “il popolo contro il potere”. La stessa strategia usata da Almirante per riportare il MSI in parlamento; la stessa strategia usata da Trump che nel 2017 vinse le elezioni presidenziali americane proprio rivolgendosi ai "forgotten people", ai "dimenticati, alle vittime delle diseguaglianze a cui nessun partito, istituzione, leader si interessa più”.
Nata a Roma nel 1977 passa i primi due anni di vita in una villa romana situata nel quartiere bene della Camilluccia. Pochi anni dopo il padre abbandona la famiglia e Giorgia Meloni rimane con la madre e la sorella e si trasferiscono alla Garbatella.
Nella sua autobiografia Meloni parla di lei bambina che, nonostante gli atti di bullismo subiti per il suo aspetto fisico, ha passato “anni felici” in una famiglia monogenitoriale che l'ha amata. Mentre oggi si è trasformata in una paladina della famiglia tradizionale e si batte contro le adozioni da parte di coppie dello stesso sesso, affermando che i bambini per essere felici devono avere diritto a una mamma e un papà e giustifica le sue posizioni omofobe contro il Ddl Zan contro i crimini d'odio: "una legge liberticida che punta solo ad introdurre un nuovo reato di opinione e a silenziare chi non si piega al pensiero unico " aggiungendo che: “Anche io sono stata vittima di bullismo, e sono etero. La Costituzione già condanna ogni discriminazione... Stilare un elenco più specifico diventa un’operazione pericolosa perché giocoforza finirebbe per escludere chi non è esattamente tutelato da norme specifiche ”.
 

Il “cerchio magico” neofascista
Frequenta il liceo linguistico Vespucci e a quindici anni si iscrive al Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del MSI, ma non per convinzione ideologica, si affretta oggi a precisare la Meloni premier, ma per reazione all’attentato a Paolo Borsellino e perché, si legge ancora nel suo libro, “il Movimento Sociale Italiano era del tutto estraneo alle ruberie e alla corruzione che venivano scoperchiate in quegli anni ” dalle inchieste di Mani Pulite.
Nella sua “nuova famiglia” missina la Meloni stringe rapporti coi massimi esponenti dell'organizzazione giovanile missina fra cui Fabio Rampelli, primo padrino politico di Meloni, Marco Marsilio, Andrea De Priamo, Carlo Fidanza, Francesco Lollobrigida, la cosiddetta “banda di Atreju”, praticamente tutto il gruppo dirigente di Fratelli d’Italia di oggi, tutti con una o più cariche di governo o sottogoverno, tutti eletti parlamentari, eurodeputati, governatori, consiglieri comunali a formare il cosiddetto “cerchio magico” neofascista della Meloni ora alla guida del Paese.
Sono gli anni in cui la Meloni sedicenne, nel 1996, elogia Mussolini come "Il miglior politico degli ultimi 50 anni " e celebra come "grande patriota " Giorgio Almirante teorizzatore del "razzismo del sangue" contro "meticci" ed "ebrei".
L'attuale struttura decisionale di FdI è incentrata sempre più sull'asse fra Meloni e Francesco Lollobrigida, a scapito anche del vecchio mentore Rampelli, a cui l'anno scorso è stata negata la candidatura a sindaco di Roma.
Lollobrigida, cognato della Meloni, sposato con la sorella Arianna Meloni, è invece l'attuale capo del “cerchio magico meloniano” e della segreteria politica, nominato prima capogruppo alla Camera di Fdi e ora ministro dell'Agricoltura e della Sovranità alimentare.
Lollobrigida l'11 agosto 2012 - da assessore alla Mobilità della Regione Lazio – è colui che fra l'altro ha inaugurato ad Affile, nella valle dell'Aniene, un mausoleo dedicato al gerarca fascista Rodolfo Graziani, detto "il macellaio di Etiopia", collaborazionista dei nazisti (condannato a 19 anni di carcere) e inserito dall'Onu nella lista dei criminali di guerra. “Lo ha voluto 'Lollo' quel monumento: lui ha ottenuto dalla Regione i 127mila euro necessari per costruirlo ” quando nel 2009 era consigliere regionale. Rivendicava fino a poco tempo fa la Meloni.
Un altro neofascista che fa parte del “cerchio magico meloniano” è Francesco Acquaroli, governatore delle Marche. Nel 2019 Acquaroli partecipa a Acquasanta Terme (Ascoli) a una cena commemorativa della marcia su Roma. La serata è organizzata dai vertici locali di FdI.
Del “cerchio” fa parte anche Marco Scurria, uno dei capi del movimento Fare fronte, cognato dello stesso Rampelli e eurodeputato alla guida della Foundation pour l'Europe des Nations, uno dei ponti europei di Fdi, costruito (anche) con lo scopo di accedere ai finanziamenti di Bruxelles.
Tra i fedelissimi c'è il responsabile Giustizia di FdI, Andrea Delmastro, biellese. Il 7 settembre 2019 è sul palco della festa di CasaPound a Verona. Nel '92, da militante del Fdg, invita a Biella lo storico negazionista David Irving, che difende Hitler e sostiene che i campi di sterminio sono un'invenzione.
 

Un partito di corrotti e mafiosi
È Rampelli a lanciare la scalata elettorale della Meloni candidandola a soli 21 anni al consiglio provinciale. La sponsorizza in tutte le successive fulminee tappe della scalata tra cui la candidatura al congresso di Azione Giovani, a Viterbo nel 2004, dove la Meloni sconfigge Carlo Fidanza. Ciononostante Fidanza rimane un fedelissimo e l'anno scorso da eurodeputato di Fdi è stato immortalato mentre faceva il saluto romano e inneggiava a Hitler durante un appuntamento elettorale. Vanta due procedimenti giudiziari a suo carico nell'ambito dell'inchiesta sulla “lobby nera” indagato con altri appartenenti all'estrema destra per finanziamento illecito al partito e riciclaggio.
Dal giugno 2022 Fidanza è indagato anche per corruzione: in occasione delle amministrative 2021 “Costrinse alle dimissioni dal consiglio comunale di Brescia il consigliere di FdI Giovanni Francesco Acri (anche lui indagato) per far insediare il suo fedelissimo Giangiacomo Calovini. In cambio, il figlio di Acri è stato assunto come assistente di Fidanza al Parlamento europeo, quando non aveva ancora compiuto diciotto anni”. Ma per la Meloni Carlo rimane “Uno dei pochi capaci di studiare quanto me ".
Fidanza non è certo l'unico dirigente di Fdi coinvolto in inchieste giudiziarie per reati gravi e infamanti che vanno dal riciclaggio al finanziamento illecito fino alla bancarotta e alla corruzione come ad esempio quella del pm Paolo Storari sugli appalti truccati alla Fiera Milano.
Per non parlare della sindaca di Terracina, Roberta Tintari "modello di buon governo" di FdI a livello locale, arrestata a fine luglio perché ritenuta il terminale di un "sistema" che nel corso degli anni ha elargito in via illecita concessioni demaniali e appalti pubblici in cambio di sostegno elettorale.
Un “sistema” di cui facevano parte anche il vicesindaco Pierpaolo Marcuzzi (per il quale la procura si prepara a chiedere il giudizio per falso, tentata truffa, turbativa d'asta), l'ex presidente del consiglio comunale Gianni Percoco e, soprattutto, l'europarlamentare Nicola Procaccini, uomo di strettissima fiducia meloniana e ora sotto inchiesta per turbativa d'asta e induzione indebita a dare e promettere utilità.
Tra gli indagati di FdI figurano: Tommaso Foti, onorevole di Piacenza, sotto indagine per corruzione e traffico di influenze illecite. Indagato per autoriciclaggio è anche il deputato lucano Salvatore Caiata, imprenditore eletto con i pentastellati e poi passato a Fdi, di cui ha ricoperto l'incarico di segretario regionale (si è dimesso dopo aver ricevuto l'avviso di garanzia). Indagato anche il geometra Francesco Lombardo, candidato al consiglio comunale di Palermo, ma in odore di mafia. Mentre il consigliere regionale di Fdi Domenico Creazzo non ha fatto in tempo a partecipare al primo Consiglio della legislatura calabrese dopo le elezioni del gennaio 2020 che l'hanno arrestato. La Dda di Reggio Calabria lo accusa di voto di scambio. Sei mesi prima era finito agli arresti anche Alessandro Nicolò, già berlusconiano, diventato l'uomo forte di Fdi a Reggio tanto da essere indicato come capogruppo alla Regione. È accusato di associazione mafiosa e tentata corruzione. Nicolò è stato scarcerato nel dicembre 2021, dopo 28 mesi di detenzione. In Piemonte a finire condannato è stato l'ex assessore Fdi (ed ex sottosegretario) Roberto Rosso, anch'egli come Nicolò con un passato in Forza Italia: 5 anni per voto di scambio politico-mafioso. I giudici hanno stabilito che durante la campagna elettorale per le Regionali 2019 Rosso ha dato soldi a due ndranghetisti nell'area di Carmagnola, tra Torino, Asti e Cuneo, per avere sostegno elettorale. Ciononostante Meloni, con perfetta faccia di bronzo, continua a ripetere che: "Se vi trovano con le mani nella marmellata, ve le taglio! ".
Un po' meno conosciuta è invece la militanza, che Meloni non ha mai chiarito, insieme al neofascista Simone Di Stefano, leader di CasaPound, e i suoi rapporti con i "fascisti del terzo millennio" fra cui il pluripregiudicato di Forza Nuova Giuliano Castellino e il cosiddetto "barone nero" dell'estrema destra milanese ("Fare Fronte") Roberto Jonghi Lavarini.
 

La scalata politica con AN
Nel 1996 il MSI si trasforma in Alleanza Nazionale. Alla guida della cosiddetta “svolta di Fiuggi” c’è Gianfranco Fini e l’obiettivo è quello di allargare la casa politica dei missini agli altri fronti della destra, come repubblicani e cattolici. Il Fronte della Gioventù si trasforma in Azione Studentesca. Giorgia Meloni ha appena 19 anni, ma subito ne diventa responsabile nazionale. Nel suo libro Meloni racconta che il passaggio da MSI a AN per il movimento giovanile è qualcosa di naturale. “Era un modo per rendere più appetibili le nostre istanze ”, dice. E ancora: “Al movimento giovanile, in particolare romano, che non aveva mai vissuto di nostalgia e aveva sempre ragionato da avanguardia rispetto al MSI, fu immediatamente chiaro che AN fosse quella fase storica più adatta all’obiettivo di far vincere le nostre idee ”.
Nel 1998 Meloni viene eletta consigliera della Provincia di Roma, ruolo che ricopre fino al 2002. Nel 2004, al congresso di Viterbo, viene eletta segretaria di Azione Giovani. E due anni dopo, nel 2006, a soli 29 anni, viene eletta alla Camera dei deputati nella lista di Alleanza nazionale. Diventa anche vicepresidente della Camera. È la più giovane parlamentare della XV Legislatura.
Nel 2008 entra a far parte del IV e ultimo governo Berlusconi ed è ministra per la Gioventù, la più giovane della storia repubblicana.
Due anni dopo, luglio 2010, Fini viene azzoppato dallo scandalo giudiziario sollevato dallo stesso Giornale di Berlusconi sulla lussuosa villa di Montecarlo lasciata in eredità al partito da un camerata ma svenduta per 300 mila euro dal tesoriere di AN al cognato di Fini, Giancarlo Tulliani. Attaccato e ricattato su più fronti, Fini è costretto a sciogliere il partito e aderire al Popolo della Libertà fondato da Berlusconi proprio per fagocitare tutte le anime nere del “centro-destra”.
Questa volta però la Meloni si oppone, non parla più di “passaggio naturale” ma di un “passaggio sofferto ” perché, scrive nel suo libro: “Rischiava di annacquare le nostre idee ” e di spegnere per sempre la fiamma tricolore, la stessa che adesso arde sul simbolo di FdI.
La rottura definitiva fra Meloni e Fini avviene quando quest'ultimo pone fine alla alleanza con Berlusconi e fonda Futuro e libertà. "Ancora oggi non so spiegarmi le scelte di Gianfranco Fini – dice la Meloni - Non mi capacito di come l'uomo che aveva dedicato una vita a far crescere la destra in Italia, che l'aveva tirata fuori dai margini dell'arco costituzionale per farne una forza di governo, abbia fatto tutto ciò che poteva per distruggere quel patrimonio ".
 

La fondazione di FdI
Nel 2011, travolto dagli scandali, dallo spread e dal debito pubblico alle stelle, il governo Berlusconi cade ed è sostituito da Monti. Berlusconi decide di sostenerlo, ma la Meloni non approva nemmeno questa scelta e nel 2012 si candida alle primarie del PdL come gesto di sfida, racconta lei stessa, nei confronti di Berlusconi che però non accetta il confronto e annulla la consultazione.
È la goccia che fa traboccare il vaso ”, scrive Meloni nel suo libro. E così, insieme al camerata Ignazio La Russa, eletto presidente del Senato, e all'ex democristiano e berlusconiano della prima ora, Guido Crosetto, nominato ministro della Difesa, e col sostegno di tutta la peggiore feccia fascista, ex democristiana e ex berlusconiana, decide di fondare il proprio partito FdI basato sul trinomio mussoliniano Dio, patria e famiglia, sull'identità nazionale, sul conservatorismo, sulla visione patriarcale della famiglia, sull'oscurantismo clericale nei confronti della donne e sulla difesa dei patrii confini anteposta alla difesa dei diritti civili, della tutela dei più deboli, dei migranti, delle minoranze, degli omosessuali che, secondo la Meloni, rischiano di “scardinare le appartenenze nazionali, creare un miscuglio indistinto di culture, per avere un mondo tutto uguale fatto di gente debole ”.
 

Santa alleanza nera con le organizzazioni fasciste europee e mondiali
A livello internazionale i punti di riferimento della Meloni sono fra gli altri l'ala più radicale dei repubblicani Usa e in particolare Steve Bannon, l'ideologo trumpiano poi arrestato per frode, reticenze e oltraggio al Congresso americano in riferimento all'assalto a Capitol Hill.
Il 24 settembre 2018 Bannon viene ospitato e celebrato come una star ad Atreju, l'annuale festa di Fdi che si tiene vicino al Colosseo, e Meloni aderisce al suo cartello sovranista "Movement".
A livello europeo ci sono il fascista premier ungherese Victor Orbán che nel 2019 fu il primo premier straniero ad essere osannato dalla platea di Atreju che gli dedicò le strofe di "Avanti ragazzi di Buda".
Poi ci sono il sodale polacco del PiS Morawiecki ; il Rassemblement National di Marine Le Pen e soprattutto il fronte dell'estrema destra spagnola e i neofranchisti di Vox .
Una santa alleanza nera riunita sotto il Gruppo dei Conservatori e riformisti europei di cui Meloni è presidente che la esaltata in più occasioni. Prima fra tutte durante il suo intervento di Marbella, il 16 giugno scorso, al termine della campagna per le elezioni in Andalusia dove la Meloni lancia un vero e proprio manifesto politico, incentrato sul patriottismo, la lotta all'aborto, alle identità di genere, agli immigrati, all'islam.
Nell'ottobre 2016 invece, quando Orban decide di innalzare un muro di 523 chilometri di filo spinato lungo il confine con la Serbia e la Croazia per arginare l'immigrazione, sulla sua pagina Facebook Meloni esulta e difende a spada tratta la caccia all'immigrato del governo ungherese fino alla dichiarazione pronunciata un paio di mesi fa in Romania: "Non vogliamo mescolarci con altre razze ".
A marzo e poi a maggio del 2021 arringa sui social: "Il blocco navale che chiede Fratelli d'Italia è una missione militare europea, fatta in accordo con le autorità del Nord Africa, per impedire ai barconi di partire in direzione dell'Italia. È l'unica misura seria per contrastare il business dell'immigrazione clandestina, e fermare le morti in mare. Ma capisco - aggiunge sarcastica - sia un discorso troppo difficile da comprendere per i paladini dell'accoglienza a tutti i costi ".
Il 10 ottobre scorso, ospite al congresso madrileno del partito nazionalista spagnolo, Meloni ha ribadito: "Sono sotto attacco le nostre radici cristiane in nome di un relativismo assoluto e un ateismo aggressivo... Sì all'universalità della croce, no alla violenza islamista. Sì ai confini sicuri e no all'immigrazione di massa. Sì al lavoro dei nostri cittadini, no alla grande finanza internazionale. Sì alla sovranità del popolo, no ai burocrati di Bruxelles. Sì alla nostra civiltà e no a coloro che vogliono distruggerla... Se i musulmani pensano di portare la guerra santa in casa nostra, è arrivato il momento di prendere provvedimenti drastici. Intendiamo difendere le nostre radici classiche e cristiane dal processo di islamizzazione dell'Europa, se ne facciano una ragione i buonisti e i sultani di mezzo mondo... Il velo islamico non rappresenta in alcun modo i valori europei... Siamo la nazione che l'anno scorso ha fatto scappare centomila italiani all'estero e in tre anni ha portato in Italia 500mila immigrati, per lo più africani. Penso che ci sia un disegno di sostituzione etnica".
Tutto ciò secondo la Meloni va impedito anche con una proposta di legge, depositata a inizio legislatura, per introdurre nel Codice penale il reato di integralismo islamico. L'obiettivo è punire con il carcere (fino a sei anni) i "cattivi maestri del sedicente Stato islamico ”.
Una vera e propria crociata antislamica che ha fatto scolorire perfino la maglietta anti-Maometto indossata sedici anni orsono dal ministro leghista Calderoli, con la sua scia di rivolte e sangue nel Maghreb.
 

L'ascesa elettorale di FdI
Alle elezioni politiche del 2013 FdI raccatta appena il 2% dei voti validi ma riesce ad eleggere comunque un manipolo di deputati candidati nella coalizione di “centro-destra” di cui fa parte.
Nel 2018 il risultato migliora e il partito della Meloni, che ne è diventata presidente nel 2014, arriva al 4%, ma, al contrario dei suoi alleati, decide di non partecipare ai vari governi delle larghe intese, delle ammucchiate e degli inciuci elettorali. Dai banchi dell'opposizione si scaglia contro la spartizione del potere e delle poltrone da parte dei partiti di maggioranza governativa e si propone come unica forza antisistema capace di intercettare e sfruttare in termini elettorali il crescente malcontento popolare.
Non a caso a conclusione del suo discorso alla Camera Meloni ha rivendicato con grande “orgoglio” di essere: “la prima donna incaricata come premier, provengo da un'area culturale che è stata spesso confinata ai margini della Repubblica, e non sono certo arrivata fin qui fra le braccia di un contesto familiare e di amicizie influenti. Rappresento ciò che gli inglesi chiamerebbero l'underdog. Lo sfavorito, che per affermarsi deve stravolgere tutti i pronostici ”.
Guai a toccargli le forze di polizia. Al grido di "Difendiamo chi ci difende " la Meloni vuole cancellare la legge dal 14 luglio 2017, n. 110, che ha altresì introdotto il reato di istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura. Un progetto affidato al deputato-questore della Camera Edmondo Cirielli, ex ufficiale dei carabinieri definito dalla stessa Meloni "una colonna di Fratelli d'Italia " che promette: "Cancelleremo questa orribile norma della tortura sul piano giuridico che criminalizza e discrimina le forze dell'ordine " in seguito alla condanna di cinque agenti della penitenziaria del carcere di San Gimignano (Siena).
E guai a continuare a finanziare massicciamente il reddito di cittadinanza, da lei definito “metadone di Stato ”, perché quei finanziamenti vorrebbe destinarli a tagliare le tasse alle imprese, incentivate così, a suo dire, ad assumere.
 

Una sfegatata presidenzialista
Nella visione politica di Meloni il Paese Italia deve diventare una "Nazione" abitata non cittadini ma da "patrioti" e la sua cultura va sostituita con “valori identitari ” che la fondatrice di Fd'I vuole presto trasformare in leggi, immigrazione, gender, sicurezza, confini, "identità", famiglia; e riforme costituzionali per aprire l'era della donna sola al comando.
Anche attraverso una martellante campagna social alla cui guida c'è Tommaso Longobardi, web influencer nemmeno trentenne che ha militato in Nazione futura e Gioventù nazionale, allievo di Casaleggio, che sta a Meloni come Morisi stava a Salvini e Rocco Casalino a Giuseppe Conte.
Da scardinare c'è l'attuale assetto costituzionale, troppo influenzato dalla Resistenza. Prima, Seconda o Terza Repubblica? "Queste numerazioni mi hanno stancato", sostiene la Meloni: "L'unico cambiamento vero sarebbe passare dalla Repubblica del Palazzo alla Repubblica degli italiani. E questo può avvenire solo con una riforma presidenziale della Costituzione ". Insomma il ducismo in salsa presidenzialista . "Il punto è tutto qui - insiste nel libro - Un popolo libero e maturo sceglie ed elegge i propri governanti, senza lasciare al Palazzo la possibilità di distorcerne la volontà. Un popolo sotto tutela, considerato incapace di autodeterminarsi, deve invece accontentarsi di una forma mediata di democrazia: nella quale ha la possibilità di dire la sua, ci mancherebbe, ma poi sono altri a decidere chi sarà il capo del governo, e pure il Capo dello Stato ".
Un sistema di "semipresidenzialismo" alla francese, come indica la proposta di riforma costituzionale di FdI, che conserva la figura del premier e prevede un governo sottoposto alla fiducia delle Camere per instaurare una "democrazia decidente".
 

2 novembre 2022